Non passava giorno – cap. 24

foto personale
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Paolo dopo la telefonata era inquieto, non riusciva a stare fermo, continuava a pensare e muoversi nello studio senza costrutto con la mente che mulinava a vuoto. Aveva le stesse sensazioni di chi aveva visto il proprio negozio saccheggiato e distrutto da una folla inferocita: desolazione e rabbia.

‘Sono troppo nervoso oggi’ si disse, mentre si dirigeva verso la porta.

Percepiva la necessità di uscire e camminare a piedi. Doveva scaricare la tensione, accumulata nella giornata, perché Laura l’aveva stregato, avvolgendolo nelle spire della pazzia amorosa. Se si guardava allo specchio, non poteva che dire ‘Hai portato il cervello all’ammasso’.

Si fermò alla reception, comunicando che non sarebbe tornato fino a domani. Diede istruzioni, che lo potevano contattarlo, solo se avessero urgenza di comunicargli qualcosa. “Dev’essere qualcosa di terribilmente urgente” precisò, uscendo con l’impermeabile sul braccio e la borsa in mano. Dopo aver salutato, sparì giù per le scale.

Oggi“ disse una delle ragazze, strizzando l’occhio alla collega, “l’architetto è un po’ strano”. Un’altra replicò che era da diversi giorni che non sembrava lui. “Pare la controfigura di una persona totalmente differente dal solito”.

Tutte dicevano la loro opinione, perché avevano notato che ultimamente era irascibile e irritabile per un nonnulla. “Forse è innamorato!” dissero in coro, ridendo.

Ma dai! L’architetto innamorato?” replicò una di loro incredula. Provava gelosia, perché covava un innamoramento segreto non corrisposto. Non l’aveva mai visto con una donna fissa, anzi non l’aveva mai visto con una donna qualsiasi. Quindi non poteva essere innamorato. Dedusse silenziosamente.

Lui fece i cinque piani a piedi con passo svelto senza prendere l’ascensore, come era solito fare, e ben presto si ritrovò in Corso Vittorio Emanuele. Si guardò intorno per stabilire la direzione da prendere: Piazza Duomo o San Babila. Volse lo sguardo ora a destra ora a sinistra. D’istinto prese la decisione di procedere verso Piazza Duomo, perché non aveva chiare le idee su come trascorrere il tempo nell’attesa.

Il pensiero era fisso su Laura, che l’aveva colpito fin dal primo istante. Gli sembrava di percorrere un labirinto senza trovare la via d’uscita. Era uscito da poco più di un anno da una storia, che gli aveva fornito diversi insegnamenti. Aveva compreso che tra lui e la compagna non dovevano esserci più di quattro o cinque anni di differenza. Paolo aveva solo ventisette anni, quando aveva iniziato la relazione con Roberta, che ne aveva trentotto. Un bel differenziale che si era tramutato ben presto in un macigno. Lui ancora acerbo e inesperto, lei più smaliziata e matura. Inoltre aveva capito, e come lo aveva capito, che una storia con una donna separata oppure divorziata difficilmente poteva andare a buon fine, se lei aveva figli maschi. Roberta era divorziata con due figli già grandi. Uno di dieci e l’altro di dodici. Troppi ostacoli e troppe difficoltà si erano frapposte tra loro: la differenza di età, la maturità del carattere, i figli da gestire, incomprensioni e litigi.

‘Roberta è stata un incubo’ rifletteva con una punta di astio, mentre camminava lentamente. Ricordava che la novità di una donna matura nel pieno della fioritura sessuale era stata una rivelazione appagante. Se a questo dettaglio si aggiungeva la voglia di Roberta di dimenticare il divorzio, la relazione all’inizio era stata stimolante sia sessualmente, che psicologicamente. Aveva scoperto solo a posteriori l’inquietudine amara di dedicarsi a figli non suoi. Loro l’avevano considerato un intruso, perché non avevano accettato che Paolo si fosse sostituito o tentasse di sostituirsi al padre naturale. Lui, senza la minima esperienza in questo campo, aveva fatto una prolungata sequela di errori tanto lunga che il rapporto con loro si era tramutato in un conflitto permanente. Inoltre, pur riconoscendo in Roberta una donna dal carattere forte e deciso, si era accorto troppo tardi che lei pretendeva di essere accudita e protetta dal compagno. Lo shock di essere stata scaricata da marito per essere sostituita da una donna più giovane era stato un evento troppo traumatico da superare con le sue sole forze. Infine la grande responsabilità di crescere due figli in un momento delicato della loro esistenza l’avevano indotta a cercare in Paolo il surrogato del marito. Il nuovo compagno doveva accudirla e proteggerla, liberandola dalle incombenze del quotidiano. Questo tuttavia non era preventivato da Paolo, che non ambiva essere il sostituto di un’altra figura maschile o la sua fotocopia. Paolo voleva essere accettato per quello che era con i pregi e i difetti che portava in dote. Intuiti gli errori, che stava commettendo e prima che fosse troppo tardi, con una grande dose di cinismo aveva troncato la relazione, ignorando il dramma esistenziale di Roberta. Si disse che donne prive di storie di convivenze o di matrimoni in frantumi erano merce rara e pregiata da corteggiare senza indugi.

Guardò sconsolato l’ora: erano solo le quattro e ne mancavano altrettante prima dell’incontro con Matteo. ‘Cosa faccio?’ si domandò preoccupato e smarrito. Dopo una breve riflessione decise di puntare alla Caffetteria del Corso, dove sperava di trovare un tavolo appartato per ragionare su di sé, su Laura, sulla sua vita presente e futura.

Doveva fermarsi a riflettere, se non voleva finire in tilt.

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