Non passava giorno – cap. 25

foto personale
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Agnese aveva appena chiuso la seconda telefonata con Marco, quando si sedette sul divano, sentendo una lacrima scendere sul viso come la goccia di rugiada scivola leggera sul petalo di una rosa.

Dopo quel fortuito incontro con Marco nel settembre dell’anno precedente, aveva chiuso con Giulio, con il quale aveva convissuto quattro anni. Era stato un periodo più burrascoso di un mare a forza nove: litigi, rotture, riconciliazioni, tradimenti. Adesso che il rapporto tra loro era finito in maniera definitiva, per lei sarebbe stato difficile cancellare quel periodo dalla mente ma ci doveva provare, se non voleva impazzire.

I genitori non avevano mai visto di buon occhio quella relazione difficile e conflittuale, perché non ritenevano che fosse l’uomo adatto a lei. Però con la testardaggine tipica, di chi vuole rendersi indipendente e dimostrarsi capace di reggersi con le proprie gambe, era uscita di casa per avviare la convivenza con Giulio in un’abitazione che avevano acquistato insieme.

Agnese aveva un buon posto di lavoro, sicuro e vicino a casa. Lavorava nell’area marketing di un grosso centro commerciale ormai da oltre cinque anni dopo avere conseguito la laurea in economia. La sua grande passione era la bicicletta, che inforcava ogni volta che trovava del tempo libero. A lui non interessava perché non capiva la fatica di pedalare, quando in macchina stava comodo e arrivava prima.

Il giorno dell’incontro con Marco era stato terribile per lei: una litigata furibonda aveva sancito la fine di quell’unione tormentata e complicata, che era stata più spine che rose.

Agnese aveva preso la bicicletta per stemperare la tensione accumulata, forando in aperta campagna con il telefono inutilizzabile. Nel frattempo Giulio aveva caricato la macchina con le sue cose, andandosene per sempre. Al rientro aveva trovato la casa silenziosa, gli armadi svuotati dai vestiti come se fossero passati dei ladri.

Pianse per la rabbia e per l’affetto che provava per lui nonostante le difficoltà e le incomprensioni, che avevano tenuto compagnia alla loro relazione. Telefonò alla madre per informarla che Giulio se ne era andato.

Vieni immediatamente da noi” le disse col tono imperioso di chi non ammetteva repliche.

No, mamma” rispose con le lacrime che colavano copiose. “Questa è casa mia e resto qui. Stasera sarò da voi per parlare del futuro, del mutuo e di tutto quello che ruota intorno a me e a questa abitazione”.

Dopo avere tentato nei mesi successivi di ricomporre per l’ennesima volta la frattura tra loro e di trovare un accordo amichevole con Giulio, Agnese si accorse che stava sbattendo pericolosamente contro un muro invalicabile. Si rassegnò a considerare finita in modo irrevocabile quella relazione. Era del tutto inutile sognare la riconciliazione.

C’era il problema della casa da risolvere. Non fu facile raggiungere con Giulio un compromesso che potesse essere onorevole e soddisfacente per entrambi. Dopo strappi e ripicche lui rinunciò alla casa in cambio di un risarcimento economico, lasciando il mutuo a carico di Agnese.

Da due settimane avevano sancito l’intesa in modo ufficiale con scritture private, depositate presso un notaio. Agnese si era sentita finalmente libera di disporre della sua esistenza come meglio credeva senza vincoli e cappi. Così aveva riallacciato i contatti con gli amici, interrotti da tempo, assaporando una sensazione di libertà che aveva il gusto del gelato fresco in estate. Nella sua mente faceva capolino anche qualcosa d’altro. Dopo la chiusura definitiva con Giulio si sentiva pronta a ricominciare una nuova vita di coppia, perché grattacapi e contrattempi erano ormai alle sue spalle.

Quindi decise che era venuto il momento di approfondire la conoscenza con quel uomo alto e muscoloso, che era stato il suo angelo salvatore in quel lontano giorno di settembre, quando aveva forato in aperta campagna. Il suo istinto di donna unito a delle sensazioni positive le diceva che lui avrebbe potuto essere l’uomo giusto per lei.

Le giornate soleggiate e le ferie l’avevano spinta quel lunedì a telefonargli. Dopo la prima telefonata era euforica e allegra, fantasticava altri incontri e uscite insieme, mentre quella successiva l’aveva gettata nello sconforto.

Non aveva avuto il coraggio di dire ‘No, grazie, ma mercoledì non posso’ perché aveva percepito nelle parole della sincerità mai conosciuta finora. Il dubbio, che lui potesse riallacciare con l’ex ragazza, era troppo forte e tangibile per non essere preparata al peggio.

Si interrogava sui motivi per i quali Marco era stato reticente sui rapporti passati, rimandando ogni chiarimento a mercoledì. Rimaneva il tormento di una successiva telefonata, che annullasse il loro incontro in modo definitivo, perché era consapevole che cinque anni erano un periodo molto importante per essere cancellati con un tratto di penna. Di questo ne era ben conscia, perché la storia con Giulio, durata quattro anni, aveva lasciato tracce amare molto profonde dentro di lei. Anche se la storia era finita in maniera burrascosa, non era stata mai sicura che avrebbe saputo opporre una valida resistenza, qualora lui avesse tentato la riconciliazione. Lo aveva amato con tutti i suoi pregi e difetti.

‘Con gli uomini’ si disse, ‘non ho mai avuto fortuna. Forse è colpa mia, se li scelgo sbagliati’.

Chiuse gli occhi per non pensare a dopodomani.

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