Non passava giorno – Cap. 42

Le linee parallele si incrociano
Le linee parallele si incrociano

Il sole era già alto sull’orizzonte quando Laura e Marco aprirono gli occhi dopo il sonno mattutino.

La luce era rimasta sempre accesa ma non aveva impedito loro di dormire diverse ore di un sonno profondo e senza visioni oniriche particolari.

Laura si era svegliata qualche minuto prima di Marco e ne osservava le nudità mentre inalava gli odori senza provare quel senso di vergogna e di colpa che aveva accusato in precedenza. Per lei era tutto naturale adesso, esattamente come bere un bicchiere d’acqua. Non sentiva la spinta irrefrenabile a correre in bagno a togliersi gli umori del rapporto sessuale ma ne provava piacere.

Si domandava quanto a lungo poteva assaporare la vista di Marco, le carezze, i baci. Sapeva che da domani o anche da questa sera forse apparteneva a un’altra, che avrebbe goduto delle sue attenzioni, della sua sensibilità e delicatezza. Laura invece sarebbe stata sola nel letto a rimpiangere le mani, le parole che aveva assaporato in queste lunghe ore trascorse insieme.

Laura cercò di pensare, se esisteva una strada per tenerlo vicino a lei, per potere goderlo nei fine settimana ma dovette desistere, perché non c’erano soluzioni all’altezza dei desideri.

Accontentiamoci di quello che ho avuto in queste ventiquattro ore’ si disse, chiudendo le palpebre che si erano riempite di lacrime. ‘Poi vedremo cosa succederà’.

Marco, aprendo gli occhi, la vide e la strinse con vigore a sé senza dire nulla. Sapeva che le parole non sarebbero uscite oppure non avrebbero avuto la naturale chiarezza di sempre. Quindi era meglio tacere.

Avvertì dentro di sé un vuoto, un senso d’impotenza, domandandosi, perché era venuto. Averla rivista aveva riacceso la fiamma, mai sopita, di un amore tra due anime differenti. Aveva coscienza del conflitto lacerante che gli aveva macerato i pensieri, le azioni negli ultimi mesi della permanenza a Milano. Aveva sperato di chiudere per sempre quel capitolo ma qualcuno era riuscito a fargli riaprire l’armadio dei ricordi. Adesso il fantasma del passato riemergeva dal profondo e gli riproponeva la solita domanda: ‘Cosa fare, dove andare, come agire, chi amare’.

Marco, attento ai pensieri, ai gesti, adesso intuiva le difficoltà nella gestione dei suoi sentimenti verso Laura. Si sentiva come una volpe intrappolata nella tana senza trovare una via di uscita sicura.

Qualsiasi strada presentava aspetti positivi e negativi in ugual misura ma non poteva perdere tempo nel cercare una soluzione, che in otto mesi non aveva rintracciato. Entro poche ore doveva prendere la decisione, se rinunciare a Laura oppure al mondo familiare di Ferrara.

Questi pensieri stavano a indicare che era giunto a un bivio per scegliere il percorso da fare nel futuro. Doveva decidersi se affidarsi ai sentimenti che provava oppure alla sua razionalità. Doveva evitare di contraddirsi, modificando i punti di vista ogni qualvolta qualcuno non era d’accordo.

Laura ricambiava la stretta, perché era combattuta tra il sentimento verso Marco e inseguire i propri sogni professionali. Aveva capito che l’uomo, che stava abbracciando con tanto amore, l’avrebbe resa felice dal punto di vista sentimentale ma era altrettanto conscia che si sarebbe sentita insoddisfatta nel giornaliero.

Il mio è amore puramente fisico oppure esiste quella affinità, che permette la convivenza tra un uomo e una donna?’ si domandò Laura, socchiudendo gli occhi.

Con Marco si sentiva sicura e protetta tanto che riusciva rilassarsi fino a perdere la nozione del tempo e dello spazio. I cinque anni con lui erano stati felici e sereni ma aveva avvertito nel tempo un distacco incerto tra loro, un qualcosa d’indistinto, che non rendeva piena la simbiosi d’intenti e di obiettivi. Aveva percepito come se un muro sottile li dividesse senza capire cosa fosse. Adesso aveva compreso: era la percezione di due mondi paralleli posti su piani non intersecanti. Mondi a cui nessuno dei due avrebbe voluto rinunciare senza ripudiare le proprie intime convinzioni. Volersi bene era anche abdicare da una parte di sé da donare come pegno d’amore all’altro. Tuttavia avvertiva quel pizzico di egoismo che le impediva questo sacrificio.

Sarei capace’ si domandò Laura, ‘di offrire questo dono a Marco? Marco avrebbe capito il senso delle mie rinunce? A parti invertite sarei in grado di fare di comprendere i suoi disagi?’

Domande, ancora domande. Dubbi e incertezze. Laura non trovava una risposta convincente, né percepiva che Marco potesse risolvere gli affanni che la tormentavano.

Marco messosi a sedere con la schiena appoggiata alla spalliera del letto la sistemò appoggiandola al petto e le cinse le spalle. Aveva letto nel pensiero di Laura tutti i crucci e i tormenti che l’assillavano da quando si era svegliata. Dubbi che erano anche suoi. Dunque era venuto il momento di parlarsi con chiarezza sul loro futuro.

Marco non aveva idea né da dove cominciare il discorso, né sul come si sarebbe snodato, ma percepiva la necessità di parlare, di spiegare, di chiarire.

Laura” cominciò Marco cercando le parole adatte, “penso che dobbiamo fare chiarezza nel nostro rapporto”.

Deglutì più volte, cercò di calmare la mente, perché faticava a trovare le frasi giuste. Da quando era arrivato, era successo tutto in fretta, perché si erano abbandonati ai loro sensi, come naufraghi sulla spiaggia deserta, senza pensare ad altro. Le ore passate insieme erano state molto intense e appaganti, senza che rimpiangesse di quanto era avvenuto. Si concentrò sul suo viso.

Quando sono arrivato ieri pomeriggio” esordì Marco, fissando un punto della faccia di Laura, “ho provato la sensazione di un ritorno in un ambiente familiare. La tua presenza, il tuo calore, il tuo volermi bene, la tua gelosia sono state sensazioni tangibili e importanti per me”.

Si fermò di nuovo. Doveva trasmetterle come fosse disorientato e incerto su cosa fare, perché non era certo delle sue intenzioni.

Ma ci riuscirò?’ si chiese Marco, socchiudendo gli occhi. Il cuore gli diceva ‘lascia tutto, torna qui, sta accanto a lei, sposala e sì felice’. Però si domandò, se ne fosse intimamente convinto oppure volesse convincere la parte razionale, che lo spingeva nella direzione opposta. Tuttavia qualcosa gli suggeriva che il suo posto era a Ferrara e non a Milano. ‘Chi dice il vero?’

Marco avvertiva il conflitto lacerante tra l’irrazionale e il razionale, mentre a fatica le parole uscivano dalle labbra.

Volle analizzare per l’ultima volta la questione, che non riusciva a risolvere, scomponendola in parti elementari. Marco disse che sentiva Milano come una città estranea alla sua natura, come la grande matrigna che lo sovrastava, lo schiacciava ed lo opprimeva. Il modo di vivere, di respirare in questa metropoli non gli era congeniale, perché percepiva tensione, stress, frenesia. Lui amava la campagna, ritmi di vita blandi, il contatto fisico con la natura e le persone.

Percepisco” precisò Marco, aggrottando la fronte, “le stesse sensazioni di Narciso quando si specchia nell’acqua. Sicuramente da questo punto di vista mi sento egoista, perché penso in prima battuta soltanto a me stesso, come se gli altri non esistessero”.

Proseguì che avrebbe voluto vivere in un ambiente dai contorni limitati come quello dove era nato e vissuto fino a vent’anni. Si sentiva un provinciale con visioni ristrette, non gli sembrava di essere moderno, globalizzato o cittadino del mondo ma questa era l’essenza della sua natura.

Qui, fra queste quattro mura e con la tua vicinanza fisica e psichica mi sento bene” disse Marco, stringendola ancora più forte. “Ma appena esco, provo disagio e vengo preso dall’ansia, dalla voglia di fuggire lontano”.

Con queste parole Marco interruppe il lungo monologo.

Qualcosa di strano stava ferma nell’aria, gelando l’atmosfera allegra e gaudente, mentre restavano immobili e muti. Il filo del discorso pareva interrotto senza che nessuno cercasse di riannodarlo con un nodo provvisorio e penzolava nel vuoto.

A Laura si inumidirono le ciglia con le lacrime, mentre il cuore batteva tumultuoso e la mente faticava a seguire il ragionamento.

Marco percepì che le sue parole erano state troppo crude, poiché avevano ferito Laura, che sperava di trovare una soluzione al loro problema. Lui sapeva, che, da quando era arrivato, non poteva alimentare speranze, perché il risveglio sarebbe stato rovinoso per entrambi. Sollecitò Laura a parlare ma un groppo alla gola le impedì di fare uscire dalla bocca dei suoni articolati. Marco aveva cognizione che il suo discorso era troppo improntato al proprio ego. Il paragone con Narciso, il senso di disagio a Milano erano troppo personali. Non aveva manifestato nessun afflato d’amore verso di lei, come se fosse stata un’estranea e non la compagna per cinque anni.

Laura aveva compreso che Marco stava indossando la corazza per superare la voglia di resistere con la forza al dolore che provava internamente.

Lei percepiva nelle sue parole l’esistenza di sola attrazione fisica e non la costruzione di legami duraturi per edificare la casa da condividere. Avvertiva la passione e non la decisione verso progetti comuni, un qualcosa che trascendeva il razionale. Però intuiva che la loro felicità dipendeva dalla direzione del loro amore e dalle risposte ai loro dubbi.

Cosa desiderava lei veramente. Seguire l’istinto o la ragione? Il nocciolo del problema continuava a ruotare intorno a queste domande.

Erano proprio le incongruenze tra le idee del giusto e dello sbagliato, sulla direzione da intraprendere verso l’amore oppure verso il desiderio, che non corrispondevano alle sue scelte di vita. Lei sentiva una forte attrazione verso Marco, rendendosi disponibile sessualmente. Forse non era innamorata ma semplicemente attratta per una misteriosa combinazione che complottava contro la sua psiche. Laura taceva, mentre Marco la stringeva a sé con delicatezza e forza allo stesso tempo in attesa di sentire la sua voce.

Considerato il suo silenzio, Marco capì che adesso era proprio finito il loro amore, sepolto sotto le parole appena pronunciate. Si chiese, se dovesse aggiungere qualcosa ma l’istinto gli dettò di stare zitto.

Sbirciò l’orologio, che segnava già mezzogiorno, e ritenne che doveva alzarsi per preparare il ritorno a Ferrara. Il distacco definitivo si era consumato in modo irreparabile.

Laura continuò a piangere in silenzio, come per liberare tutto quello che aveva represso in questi otto mesi di lontananza. Si rendeva conto che quello che aveva desiderato durante il periodo della loro separazione non funzionava. Era giunto il momento di ritornare alla normalità, a rapportarsi con il mondo intorno a lei, a essere se stessa per non cadere in un’altra crisi. Laura aveva compreso che Marco non poteva essere l’uomo, che cercava o desiderava. Marco non era disponibile a condividere gli anni futuri con lei. Era stato piacevole trascorrere con lui questa giornata, perché Marco le aveva estratto dal subconscio tutte le frustrazioni e le problematiche dell’adolescenza, che aveva pensato ingenuamente di seppellire nell’oblio. Non si sentiva ancora guarita del tutto ma la strada era stata tracciata e bastava seguirla per uscire dalle secche in cui si era impigliata per troppi anni.

Da queste consapevolezze traeva l’insegnamento che sarebbe stata male nei prossimi giorni ma le avrebbe dato la forza per superare le paure interne. Avrebbe chiuso un periodo della sua vita, bello e inebriante, e avrebbe ricominciato a cercare l’uomo che idealmente vagheggiava.

Laura doveva iniziare da subito a dare una svolta alla sua vita, gettando dietro di sé fantasmi e paure, gioie passate e desideri inespressi senza rimpianti. Doveva pensare da questo momento a Marco non più come un amico a cui poteva confidare le sue preoccupazioni o da cui poteva ascoltare osservazioni e riflessioni ma un estraneo da dimenticare definitivamente.

Marco” sussurrò Laura con la voce rotta dall’emozione e dal pianto, “quando ti ho chiamato ieri stavo leggendo un vecchio testo, una specie di fiaba, scritta tanti anni fa. Parlava di uno scoiattolo che incontrava il fantasma Aloisa. Ti ricordi l’ultima gita a Grazzano Visconti?”

Marco sollevò la testa e sorrise. “Credo che il destino non sia cieco. Mentre tu leggevi la fiaba, io guardavo le istantanee fatte quel giorno. Le ho con me. La fiaba possiamo leggerla insieme?”

Si” rispose Laura e allungò una mano per prendere i fogli stropicciati e logori, prima di risistemarsi su di lui.

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