Il giorno dopo

Goethe s’aggiustò il mantello ed ad ampie falcate si diresse verso Angelica, che era rimasta lì come pietrificata. Non sapeva se era contenta che lui fosse lì oppure se desiderava non incontrarlo.
“Solo pochi istanti fa ho sperato che lui fosse qui ad aspettarmi, ma ora sono presa dal panico di vederlo! Cosa devo fare? Sono in confusione. No so che cosa fare! Mein Gott! Cosa debbo fare? Helfe mir, du lieber Gott!”
Mentre lei colta dal panico e in stato quasi confusionale era lì incapace di muovere un solo muscolo del corpo, il poeta arrivò e presale una mano la baciò con passione dicendole “Mia cara amica, sono veramente felice di incontrarVi! Oggi è una giornata radiosa per me, vedendoVi così splendida! Avete trascorso una serena notte?”
Tacque per un istante osservando la donna, che aveva gli occhi un po’ smarriti ed appannati dall’ansia.
“Mi dovrete scusare se sono stato così impulsivo senza lasciarVi il tempo di respirare dopo la passeggiata verso il Vostro studio”.
Angelica si riprese e tratto un profondo sospiro rispose cautamente ma con la voce velata dalla passione: “Sono io che sono stata scortese con Voi, perché non ho risposto al Vostro nobile saluto. Non è rispettoso lasciare un ospite così illustre fuori dall’uscio. Venite ed entrate con me. Voi siete il benvenuto in questa casa!”
Prese per mano il poeta e lo condusse su per le scale, dopo avere attraversato il grande portone aperto sulla via.
Lo studio era stato rigovenato e uno splendido sole illuminava la tela appoggiata sul grande cavalletto. La figura della donna, sia pure appena abbozzata, risplendeva sotto i raggi del sole.
Goethe si fermò sulla porta ammirando il quadro incompleto e disse: “Voi siete veramente abile nel ritrattare i volti delle persone. Siete riuscita con pochi tratti di pennello rappresentare la Vostra radiosa bellezza.”
Poi entrò con passo deciso nella stanza, aiutando Angelica a togliersi il mantello che l’avvolgeva e che lasciava visibile il solo viso.
Si sedette sulla poltrona di raso rosso, mentre la pittrice si apprestava a mescolare i colori che avrebbe usato ed a scegliere i pennelli pù adatti al quadro.
Angelica si muoveva con leggerezza come se nessuno fosse lì intento ad osservarla, aveva ripreso il controllo di sé ed era raggiante per il corteggiamento discreto, ma evidente di Goethe.
Aveva 45 anni e aveva il timore che i giovani uomini non la degnassero più con sguardi maliziosi, preferendo le donne più giovani di lei. Sentiva che la passione lentamente svaniva, perché sempre meno il desiderio si faceva strada dentro di lei. Non mancavano i corteggiatori, spesso petulanti ed insistenti, ma erano sempre più anziani, mentre lei preferiva i giovani, che erano sempre più radi.
Ora aveva dinnanzi a lei un giovane uomo, famoso e amante delle belle donne, con cui si accompagnava spesso, ed era lì a corteggiarla, a lusingare la sua vanità di femmina  Sentiva il desiderio che saliva verso il suo viso e aveva la certezza che era ancora invitante.

Si volse verso il poeta, che non staccava lo sguardo dal suo viso, dicendo: “Voi siete molto paziente con me, che ieri sera sono stata fredda. Oggi sarà un giorno diverso e se il Vostro invito a pranzare è ancora valido, sarà per me un vero piacere seguirVi nell’osteria indicata.”
Tacque ed aspettò con ansia che Goethe dicesse qualcosa, mentre il cuore in tumulto batteva a mille per la passione.
Il poeta in silenzio s’alzò e prese fra le braccia Angelica, dopo avere tolto il pennello e la tavolozza dalla sue mani, baciandola con passione.
La donna lasciò fare e rispose con analogo slancio assaporando il lungo bacio, mentre il viso pallido acquistava colore sulle gote.
I due amanti erano in piedi nel centro della stanza e un silenzio carico di tensione aleggiava a mezz’aria. Erano una splendida coppia e sembravano fatti uno per l’altro.
Si staccarono e guardandosi negli occhi scoppiarono in un riso allegro e festoso, mentre Angelica diceva. “Maestro, Voi siete abile anche nell’arte amatoria e sapete come cogliere i fiori della bellezza”.
Goethe di rimando rispose “Voi siete una splendida rosa che matura sotto il sole di Roma! E’ piacevole cogliere così abbaglianti fiori in questo giardino rigoglioso e curato. Io sarò un servo devoto per Voi e se mi farete compagnia, Vi condurrò per mano in quella osteria di cui Vi ho accennato ieri sera”.
La donna, che non aspettava altro che l’invito fosse rinnovato, disse prontamente: “Siete galante e discreto e non posso non accettare una lusinga così ben presentata. Sarà un vero piacere farVi compagnia a pranzo per conversare amabilmente con Voi così abile nell’eloquio. Quando vorrete, io sono pronta”.
Si pulì le mani in uno straccio, si sistemò il vestito, mentre osservava le reazioni di Goethe, che non si aspettava tanta arrendevolezza.
Però la donna gli piaceva e desiderava che diventasse la sua amante segreta.
Dopo aver riflettuto per un attimo disse con un dolce sorriso. “Voi siete la benvenuta al mio fianco e non aspettavo altro che il Vostro consenso. Quindi mettiamo i mantelli e incamminiamoci verso il Tevere, mentre osserviamo lo splendido paesaggio di Roma.”
Indossati i mantelli e richiusa la porta alle loro spalle, si incamminarono uno accanto all’altro verso l’osteria vicino al Tevere, parlando allegramente.
Così iniziò la felicità sognata da entrambi.

(parte quarta)