Un pomeriggio diverso

Matteo dopo aver parcheggiato la macchina in Prato della Valle si incamminò a piedi per via Roma.
“Una passeggiata fino al Pedrocchi mi farà bene” pensava svogliatamente, mentre gli occhi guardavano passanti e vetrine senza che l’immagine rimanesse fissata nelle mente.
Micaela gli aveva fatto perdere la testa senza capire il perché e cosa l’aveva colpito in lei.
“Certo è una bella ragazza” continuava a ragionare dentro di sé “I capelli rosso ramati si notano, gli occhi mobili ed intelligenti non fanno fatica a colpire chi li osserva. Però non sono stati questi particolari fisici a coinvolgermi nei sensi. No, non è stato questo”.
Era un pensiero fisso che non l’abbandonava da quando era tornato a casa furioso per essere stato lasciato così in Piazza delle Erbe.
“Cosa sto andando a fare?” si domandava stupito “Laura non mi interessa. E’ una brava ragazza, ma non è quella che cerco! Rischio di alimentare delle attese false”.
Continuava a camminare con passo svelto e deciso come un automa caricato a molla, mentre aveva un solo pensiero: Micaela.
Si dava del somaro, perché era stato troppo impulsivo nelle sue avance senza nemmeno chiedersi se lei lo aveva accettato. Il temperamento focoso ed irascibile si sovrapponeva al quello dolce e romantico in un alternanza di luce e di ombra. Ora prevaleva l’uno ora l’altro. Questa mattina aveva prevalso il lato oscuro ed era stato un patatrac.
Però lui non riusciva a dominare il lato marziano del suo carattere, che esplodeva all’improvviso come la sarabanda finale dei fuochi d’artificio. Certamente si imponeva di rimanere calmo e razionale, ma bastava poco per dare fuoco alle polveri e lo spettacolo pirotecnico iniziava non sempre positivamente perché non riusciva ad incanalare le proprie energie là dove la ragione imponeva di andare.
Così anche questa mattina era stato troppo irruente, ma su questo ci aveva già riflettuto. Adesso doveva pensare a come ricucire lo strappo, mentre si domandava nuovamente perché aveva accettato l’invito a uscire con Laura.
Era immerso nei suoi pensieri come la carena di una nave scivolava veloce sul mare verde bottiglia, quando sentì un forte richiamo “Matteo, sono qua! Dove stai correndo?”
Si fermò come folgorato da un’improvvisa saetta, mentre si guardava intorno un po’ smarrito. Tutti i passanti lo guardavano incuriositi, mentre lui si sentiva nudo e svuotato da ogni energia.
La mise a fuoco, mentre attraversava la strada verso l’ingresso del caffè Pedrocchi.
Laura era senza dubbio una bella ragazza dai capelli castano chiari tendenti al dorato, longilinea e minuta. Era dotata di un’intelligenza pronta e pratica, dal temperamento vivace ed allegro. Era responsabile della segretaria, che guidava con mano ferma e decisa, in un grande studio notarile nel centro di Padova. Da grande appassionata d’arte appena poteva non mancava di frequentare mostre, musei e monumenti. Quel sabato pomeriggio era libero da impegni, che spesso la tenevano occupata tra genitori, casa da accudire ed il lavoro extra allo studio, dunque era proprio l’ideale per andare a visitare nel Palazzo della Ragione la mostra sull’arte orafa, che le avevano detto essere fantastica.
Non gradiva molto visitare luoghi d’arte da sola perché diceva “E’ come fare all’amore con un manichino gonfiabile”. Quindi cercava sempre un compagno d’avventura tra i non molti amici che aveva. L’unico abbastanza disponibile era Matteo, mentre gli altri con una scusa od altro trovavano sempre la maniera per defilarsi. Aveva provato ad intrufolarsi in quelle comitive organizzate,ma dopo le prime esperienze si era detta “E’ meglio andarci da sola che con quella pattuglia di vecchi rincitrulliti, bavosi e perennemente stanchi, pronti solo a mangiare ed infilare velocemente i servizi igienici”.
E così spesso soffriva in silenzio senza poter scambiare alcuna opinioni con qualcuno sul cromatismo di Van Gogh o i tenui acquerelli di Boldini o la pittura bizzarra di Dalì.
Era andata abbastanza bene questa volta, perché Matteo aveva accettato il suo invito e sarebbe stato un magnifico pomeriggio da trascorrere in sua compagnia.
“E’ il compagno ideale, perché ha sensibilità ed intelligenza. E poi ha una cultura veramente fuori del comune. Conosce tutto, sa riconoscere particolari quasi invisibili” era solita ripetersi quando pensava a lui “Non ha un carattere facile ed a volte sembra un musone solitario, ma quant’è dolce e romantico” continuava sospirando, perché avrebbe voluto avere una storia con lui.
Si erano conosciuti quasi per caso un paio d’anni fa a Ferrara: lui frequentava ancora l’università nella città estense, lei era una dei tanti turisti a visitare la mostra di Gauguin a Palazzo dei Diamanti. Stanca ed accaldata si era rifugiata nel vicino parco sedendosi sull’unica panchina libera vicino ad un ragazzo dal viso dolce, che sembrava assorto e distaccato dal frastuono allegro di bambini e genitori che affollavano il posto. Lo osservò e subito un’empatia la travolse spingendola a parlare con lui, che inizialmente sembrava impacciato e timido. La conversazione poi si librò leggera come una piuma svolazzando in qua e in là su molteplici argomenti, tanto da decidere di trascorrere il resto della giornata insieme.
Dopo quel pomeriggio piacevole ed diverso si sentirono qualche volta senza mai incontrarsi per un cumulo di imprevisti, finché due anni fa ricevette una telefonata inaspettata.
“Ciao”; esordì Matteo “Ti ricordi di me?” “Certamente” rispose Laura sorpresa di sentire la voce di lui che era finita da tempo nell’album dei ricordi piacevoli.
“Da pochi giorni abito e lavoro a Padova. Hai impegni per stasera?” le chiese senza troppi giri di parole.
Laura avrebbe voluto dire subito “No, sono liberissima”, ma preferì prendere tempo, non accettare con troppo entusiasmo l’invito, farsi desiderare un po’ e disse che sarebbe stata contenta di incontrarsi in un giorno non ben definito più avanti.
Adesso si domandava se aveva fatto bene a tenere un comportamento un po’ freddo e distaccato quella prima volta, ma ormai non c’era più l’opportunità per retrocedere le lancette dell’orologio perché il tempo fugge e scorre via. Era inutile recriminare sulla quella decisione ed era meglio pensare al presente.
Laura lo abbracciò con calore baciandolo sulle guance, mentre provava un brivido di freddo lungo la schiena. Cancellò subito la sensazione di gelo dal corpo ed allegra s’incammino verso l’ingresso della mostra, tenendolo abbracciato con calore.
(capitolo 6)

Riflessioni

Micaela era rientrata visibilmente contrariata salutando a malapena la madre prima di rinchiudersi nella sua stanza.
Scelse un CD anni settanta, mise le cuffie per non disturbare nessuno e si sdraiò sul letto ad ascoltare la musica.
Però la testa continuava a ronzare come un alveare impazzito con i pensieri che entravano ed uscivano in continuazione senza un attimo di sosta, mentre lei si sentiva su piani sensoriali diversi: da un lato la fredda razionalità che le imponeva di analizzare criticamente il suo operato, dall’altro le calde emozioni che aveva sentito pervadere i sensi e le sensazioni.
Continuava a ripetersi che non avrebbe dovuto accettare l’invito di oggi, anzi non avrebbe dovuto nemmeno dare il suo numero a Matteo, ma quell’impulso sincero e spontaneo era sorto senza troppi ragionamenti sotto la spinta di una sensibilità emotiva non razionale.
“Ormai è troppo tardi per tornare indietro.” disse mentre fischiettava il motivetto che le cuffie diffondevano nella sua mente “A volte sono troppo impulsiva e mi lascio trascinare dalla voglia di trovare un uomo come lo sogno tutte le notti. Fisicamente non ha molta importanza, purché non ci siano difetti troppo invalidanti o palesi. Però è il carattere che conta. Voglio essere trattata alla pari: dividere oneri e onori in casa e fuori. Voglio essere rispettata per quello che sono”.
Tolse CD e cuffie, alzandosi dal letto e disse “Ora basta piangere e recriminare. Fra due settimane ho un esame cruciale per il percorso che mi sono fissata. La ricreazione è finita, si torna allo studio”.
Aprì il libro, ma era svagata con la testa altrove come se fluttuasse in un mondo popolato di fantasmi e amebe, che la sfioravano dicendo “Vieni con noi nel mondo incantato dei sogni”.
La concentrazione era ridotta al lumicino tanto che dopo dieci minuti era ferma ancora sulla figura di pagina 256 senza nemmeno sapere cosa stava guardando.
Si riscosse e decise di riporre il libro, tanto era un inutile esercizio tenerlo aperto, perché la mente vagava altrove alla ricerca delle risposte che non era in grado di soddisfare.
Chiamò Silvia perché voleva confrontarsi con lei, che era più intuitiva e meno impulsiva senza trovarla.
Tornò alla musica e al letto nella speranza di quietare il tormento interno.
Doveva riflettere con molta serietà su di sé, sul rapporto che stava avviando con Matteo, sugli impegni prossimi e su quelli futuri. Insomma doveva fare una panoramica a 360° della sua vita.
Era sua abitudine programmare ogni dettaglio, a riempire la giornata con impegni sostenibili senza perdersi in sogni inutili. Però sembrava che il treno fosse uscito dai binari senza che lei se ne accorgesse, aveva deragliato in prossimità della stazione in aperta campagna. Intorno c’era il nulla, solo campi di erba medica appena tagliata. Adesso doveva rimetterlo prontamente in grado di riprendere la corsa per raggiungere l’obiettivo che si era prefissata. Oppure restava lì impantanata nella tela che li ragno aveva tessuto velocemente sopra di lei.
Rimise le cuffie per ascoltare ancora musica, per calmare il furore interno che la stava bruciando con troppa foga.
“Devo parlare subito con Silvia oppure il flipper dice ‘GAME OVER’. Dove sarà mai? Di solito è sempre in casa, ma oggi sembra volatilizzata” diceva fra sé sperando in una telefonata che non arrivava mai.
Silvia era l’amica più cara, che aveva conosciuto all’asilo, con la quale aveva fatto un lungo percorso scolastico. Si trovavano a meraviglia per la naturale empatia che le accomunava, Non c’erano particolari interessi in comune, ma era sufficiente un gesto, un occhiata fugace per far scattare la sintonia intellettuale che c’era fra loro. Quando uscivano con gli amici, non c’era mai competizione reale nello scegliere il ragazzo con il quale passare il pomeriggio o la sera, anche se apparentemente sembrava che si accapigliassero tra loro per avere le attenzioni del prescelto. Un segno convenzionale, uno sguardo innocente era il segnale, poi tutto era un gioco, una finzione scanzonata, che commentavano ridendo nella loro intimità di amiche.
Mai uno screzio aveva offuscato con una nube tempestosa la loro amicizia, composta di lunghe chiacchierate, nelle quali confidavano a vicenda i loro problemi, le loro ansie, le loro gioie, le loro aspettative.
Avevano pochi punti in comuni, tra i quali spiccava la passione per la divinazione con l’astrologia e i tarocchi. Era un interesse molto distante dalla loro natura razionale e concreta, ma era alimentata dall’intuizione e dalla sensibilità quasi mediatica che possedevano. Sia Silvia, sia Micaela non amavano leggere i propri transiti o i responsi dei tarocchi, ma affidavano questo compito all’altra per poi contestare l’interpretazione.
Micaela era sulle spine, perché ricordava che qualche tempo prima Silvia aveva letto nei tarocchi che lei avrebbe incontrato un uomo che le avrebbe fatto perdere la testa con una storia fosca e passionale, che sarebbe finita in tragedia. L’amica era seria, ma lei aveva riso dicendo “Io perdere la testa per un uomo conosciuto casualmente? Hai sbagliato la lettura della carta!” “No” rispose cocciuta Silvia “questo re di coppe  rovesciato vicino al sei di spade, alla regina di spade e al cavaliere di bastoni parla chiaro”. Avevano questionato a lungo sulle carte rimanendo ognuno della propria idea
Ora questi ricordi tornavano a galla come il corpo del suicida rimasto a lungo sul fondo del fiume e non facevano un bello aspetto.
“Si, ” diceva tra se Micaela, “dobbiamo parlare e capire bene il significato di quella sequenza. Perché tarda a chiamarmi?”
La musica dei Van der Graf Generator adesso era libera di diffondersi per la stanza senza le costrizioni delle cuffie, mentre la ragazza aspettava la melodia “Aqualung”; dei Jethro Tull uscire dal telefonino.
(capitolo 5)

Spicchi di oroscopo

Dalla pagina del sito www.internazionale.it , una rivista on line di digest’s vario, la frase seguente associata all’oroscopo del cancro, redatto da Rob Brezsny.
L’oroscopo è veramente singolare perché ad ogni segno sono poste delle frasi anziché le usuali predizioni.
Leggiamo insieme
Il tuo credo per gli ultimi tre mesi del 2008 sarà un pensiero di Nikos Kazantzakis: “Se crediamo tanto in qualcosa che ancora non esiste, lo creiamo. Le cose che non esistono non le abbiamo desiderate abbastanza”. Imprimi queste frasi nel tuo subconscio, Cancerino. Falle diventare una parte di te, che respira con te a ogni respiro e che sogna ogni tuo sogno. Così potrai trasformarti in un mago, in grado di desiderare con l’intensità di dieci persone messe insieme.
Credo che aggiungere qualcosa si toglie quel filo di ottimismo che spinge il cancro a sognare per trasformarlo in realtà.
Però molto pertinente è anche la previsione del capricorno.
Molte società statunitensi non pagano le tasse. Negli ultimi sette anni 1,3 milioni di aziende hanno guadagnato più di mille miliardi di dollari senza versare un solo centesimo al fisco. Astrologicamente parlando, Capricorno, è il momento di fare qualcosa di simile. Non continuare a farti prosciugare i tuoi averi in modi che hai sempre ritenuto inevitabili. E non mi riferisco solo ai soldi, ma anche alla tua energia emotiva e psichica. Esiste una scappatoia legale o morale che puoi sfruttare per liberarti da un peso che ti trascini dietro da tempo?
A parte questi spicchi di oroscopo singolari ed originale, merita una visita per gli articoli contenuti.

Felice anno nuovo!

“Finalmente il 2007 è finito! Oggi inizia il 2008. Felice anno nuovo! E’ tempo di pensare alla soluzione dei problemi che il vecchio anno mi ha lasciato e cosa desidero fare nel 2008. Secondo le migliori tradizioni oggi che inizia il nuovo anno si fanno mille propositi da realizzare nel corso del 2008. Vediamo i cinque che secondo me sono i più importanti ed urgenti: a) perdere peso; b) pagare i debiti; c) risparmiare; d) essere al top della forma psicofisica; e) ? Quale potrebbe essere il quinto proposito da soddisfare nel corso dell’anno. Se ho preso la decisione di risparmiare del denaro nel corso dell’anno, potrei cominciare a fare economia sulle spese dell’assicurazione, cercando soluzioni più economiche per quella dell’auto e sugli infortuni.”

Anna aveva appena finito di scrivere questo sul diario nella pagina riservata al primo giorno dell’anno nuovo, quando si appoggiò allo schienale per riordinare tutte le idee, che erano molto confuse e disseminate tra la sua mente e il diario appoggiato sulle gambe.
L’anno appena trascorso era stato come si dice “horribilis” e di questo ne era consapevole.
Era diventata un’apprendista bulimica, mettendo qualche chilo di troppo sui fianchi e nell’addome. Qualche bello spirito le aveva detto che finalmente aveva le “maniglie di Venere”, ma questo non la metteva di buon umore, anzi la innervosiva come non mai.
“Perché?” si diceva affranta ed indispettita “Perché; aveva cominciato ad abbuffarsi come una porcellina all’ingrasso? Ora dovrò penare per smaltire tutti quei chili come non era successo nemmeno con la nascita di Matteo”.
Lo sapeva benissimo il motivo, ma voleva ingannare se stessa con questa pietosa bugia. I dissapori e la rottura con Marco, la depressione conseguente con qualche problema finanziario era questo il quadro che era stato dipinto dal destino in questo anno orribile, da dimenticare.
Ora doveva ritrovare quella serenità che le era tanto mancata, mentre doveva ritrovare la forma fisica, riducendo cibo e facendo più moto.
Matteo di moto ne faceva fare moltissimo ad Anna, ma non era quello giusto e poi la bulimia era troppo forte per pensare di smaltire la ciccia. Da domani, anzi da oggi stesso si era impegnata a fare una camminata di un’ora a passo svelto tutti i giorni senza se e senza ma con pioggia, neve, vento o sole.
Però il punto dolente era il denaro, che la tormentava come mille punture di spillo sulla schiena. Aveva accumulato troppi debiti senza opporre resistenza, anzi quasi a punirsi della nascita di Matteo, della rottura con Marco, della ciccia accumulata.
Aveva speso per dimenticare le delusioni di una vita fatta di sacrifici senza soddisfazioni e piaceri apparenti al di sopra delle sue possibilità. Ora doveva meditare su quelle spese che anziché donare piacere erano state presto dimenticate ed ignorate nella sua esistenza che andava a rotoli giorno dopo giorno.
Doveva tagliare i rami secchi, risparmiare per pagare i debiti, ma soprattutto per accumulare una piccola scorta per affrontare il domani con minore ansia.
Doveva vincere l’ansia che ogni giorno le toglieva il respiro, quando alla mattina si alzava dal letto dopo la notte agitata e sofferta.
Doveva crescere ed accudire un bambino nato in quell’anno orribile senza l’aiuto di nessuno, da sola. Ci doveva riuscire per dimostrare che lei era forte di carattere e di fisico anche senza l’aiuto di Marco.
Non doveva fare mancare nulla a Matteo, anche se non navigava nell’oro.
Anna si riscosse dai suoi pensieri e si domandava come avrebbe potuto tagliare le spese.
Nelle prossime settimane scadevano due polizze: quell’auto e quella sulla vita. “Ecco” si disse ad alta voce “Ecco da dove comincerò a risparmiare. Alcune compagnie fanno della pubblicità per polizze on line promettendo sconti faraonici. Andrò sui loro siti e mi farò fare dei preventivi”.

“Felice anno nuovo!” si disse da sola Anna sicura che il peggio fosse passato.

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