Capitolo 10

Il bosco era umido per le piogge dei giorni precedenti, quasi inzuppato d’acqua tanto che faticano a camminare.
Dopo pochi passi Elisa disse che lei ritornava indietro “Troppa umidità! Troppo fango” e riprese la strada della baita.
Pietro illuminato di sbieco dai raggi del sole si fermò, gettò lo sguardo verso di lei e invertì la strada per raggiungerla.
Ancora una volta una sensazione strana lo pervadeva senza che lui riuscisse a comprenderne i motivi. Gli sembrava che qualche entità lo osservasse, ne scrutasse i movimenti, ne seguisse le mosse.
Si fermò, osservò alla sua destra e alla sua sinistra senza scorgere nulla se non qualche felce che dondolava al vento. Un richiamo di un uccello lacerò il silenzio dell’aria, lo stesso che aveva udito seduto sul fuoristrada, mentre scrutava Elisa nella ricerca infruttuosa.
Però non era questo grido che gli provocava angoscia, era qualcosa d’altro non meglio definito.
Riprese a camminare, mentre sentiva alle sue spalle i passi leggeri di Marco. Con la coda dell’occhio ebbe l’impressione che qualcosa di fulvo lo seguisse nascondendosi alla vista.
Fece un’altra sosta, mentre il compagno lo raggiungeva. La sensazione di essere tallonato continuava a rimanere appiccicata alla schiena.
“Hai paura?” gli chiese Marco.
“No. Semplicemente osservavo il bosco. E’ bello e sano. Il sole gioca tra gli alberi” mentì Pietro cercando di dissimulare l’irrequietezza interiore.
In silenzio percorsero gli ultimi passi prima di sbucare nella radura, dove Elisa li stava aspettando.
E’ una donna bellissima, affascinante. Dove l’avrò conosciuta? Se davvero ho avuto la fortuna di incontrarla. Devo farmi forza per affrontare la domanda scomoda, ma non posso cullarmi ancora a lungo nell’incertezza.
Erano questi i pensieri di Pietro, mentre l’osservava la figura della donna avvolta nei raggi del sole.
“Siamo tornati anche noi. C’era troppa umidità e fango. Sarà per un’altra volta”.
Elisa aveva riflettuto e adesso si sentiva pronta a esporre l’idea che da qualche ora frullava nella testa senza che avesse il coraggio di uscire.
Pietro era veramente l’uomo che cercava, che aveva tentato inutilmente di dimenticare. Percepiva che la passione cresceva veloce come la marea sulla spiaggia. Aveva aspettato a lungo che lui la notasse, ma adesso era lei che doveva prendere l’iniziativa. Lui sembrava refrattario al suo fascino oppure era solo un modo per invischiarla per bene nella tela che aveva tessuto con molta perizia e abilità.
“Marco” esordì cauta “Se io e Pietro decidessimo di restare per qualche giorno qui, avresti delle obiezioni?”.
Marco la scrutò con attenzione per nulla sorpreso “No. Come pensi di organizzarti?”
Pietro sussultò perché qualcuno prendeva delle decisioni a nome suo senza interpellarlo. Lui non poteva subire passivamente che lei, la bella sconosciuta, decidesse che si dovevano trattenere lì per qualche giorno. Aveva degli impegni e delle scadenze inderogabili, quindi lui avrebbe opposto un rifiuto anche se lo solleticava l’idea di trascorrere qualche giorno in questo luogo solitario e carico di suspense con lei.
Lui in determinate circostanze era un maniaco della programmazione che poi abbandonava seguendo l’ordine dell’istinto ovvero per non c’era nulla di più esaltante che l’improvvisazione totale.
Questa era appunto una di quelle circostanze che amava maggiormente.
C’erano mille problemi logistici da sistemare: doveva concordare le giornate di ferie con l’azienda, doveva prendere del vestiario adeguato per una zona di montagna, doveva procurarsi delle scorte di cibo, doveva verificare che il generatore funzionasse. Insomma aveva tanti tasselli da incastrare e non riusciva a metterne insieme due.
“Non ho la più pallida idea” disse candida Elisa, attirandosi lo sguardo cupo di Pietro.
“No, non è possibile” cominciò col tono un po’ iroso “Lunedì ho un impegno professionale irrinunciabile”.
“Dunque questa richiesta rimane congelata” aggiunse sorridente Marco “Quando volete… Avete il mio numero” e si diresse verso la baita.
Elisa rossa in viso per la collera o l’imbarazzo gli girò le spalle dirigendosi verso l’abete oggetto delle sue attenzioni.
Pietro aveva capito di avere sprecato un’opportunità, ma quello che aveva detto non poteva essere ritirato.
Lui era incerto di come recuperare la situazione, ma per ogni motivazione trovava delle controindicazioni. E rimase fermo osservando con cura ogni mossa della donna.
Poi decise e cingendole le spalle disse: “Stasera sei mia ospite a cena. Va bene il ristorante al Borgo?”
Lei girandosi con le guance bagnate da lacrime amare replicò “Qui sarebbe stato magico!”.
E abbracciati rientrarono nella baita.

Capitolo 9

Pietro si stava riponendo la domanda del giorno precedente: “Chi è Elisa?”. Lui continuava a non capire chi potesse essere, poiché aveva passato in rassegna tutte le conoscenze femminili, che si potevano contare sulle dita di una mano, senza trovare una corrispettiva figura che si adattasse a lei.
Devo chiederle dove mi ha conosciuto o continuare a fingere di sapere chi è? Eppure viso e nome non mi dicono nulla. Proprio nulla. Una ragazza così attraente non la posso dimenticare con molta facilità! Nonostante tutto rimane una sconosciuta. Una magnifica sconosciuta!  Non conosco nulla di lei. Non so dove abiti. A Belluno? A Longarone? A.., ma dove? Sento l’angoscia crescere, ma la devo dominare.
Elisa si stringeva a lui come a cercare protezione, mentre si avviavano a seguire Marco.
Quest’uomo che emana un calore incredibile mi attrae. Vorrei essere solo con lui, fra le sue braccia, ma non posso. Riesco a percepire solo il calore che il suo corpo emana senza assaporare il profumo della sua pelle. Quando potrò essere sua?
Erano queste le riflessioni di Elisa mentre sbirciava nella porta socchiusa.
“Cos’è?” chiese osservando degli strani macchinari fermi e impolverati.
“E’ il generatore di corrente. Per accendere le lampade alla sera” rispose pacato Marco “Qui non arriva la corrente elettrica. O usi le lampade a petrolio o accendi queste macchine. Ci sono anche pannelli fotovoltaici, non riescono a garantire la produzione di energia per tutto. La luce a volte è insufficiente”.
“E come funzionano?” disse di nuovo Elisa incuriosita.
“Con il gasolio. Un motore diesel aziona il generatore” replicò incuriosito “Come mai sei interessata a questo? Pensi già di trasferirti qui?”.
“No. Sono una donna!” replicò sorridente e si strinse ancora di più a Pietro, che era rimasto in silenzio e indifferente alla funzione delle macchine, alle domande curiose della donna, a tutto quello che in quel momento si svolgeva intorno a lui.
“Di qui si scende in una cantina fresca. Ma accanto al forno, all’esterno, c’è anche un’altra dispensa dove si possono conservare altre scorte. Meglio che in frigorifero. In quella porta c’è anche l’unico servizio della baita. Uno scaldabagno a legna riscalda l’acqua prelevata da una cisterna che raccoglie acqua piovana e quella di un torrentello vicino. Per l’acqua da bere o cucinare c’è un piccolo impianto per la potabilizzazione. Non manca nulla o quasi… Diciamo che mancano gli abitanti”. E fece un largo sorriso.
Marco si accorse che questi particolari li stavano interessando poco, quindi si affrettò a salire verso la camera da letto posta nel sottotetto.
Elisa e Pietro lo seguirono in silenzio, perché avrebbero voluto essere soli, ma non era possibile.
La camera era ampia e prendeva luce da un lucernaio che si apriva sul tetto e una piccola finestra sull’ingresso. Un letto matrimoniale era posto nel centro, nel punto più altro della stanza. Una stufa di maiolica azzurra,addossata alla testata, provvedeva al riscaldamento dell’ambiente. Un armadio basso occupava la parete di fronte, mentre il pavimento di legno era ricoperto da un tappeto di lana.
Il letto era sistemato con cura, come se qualcuno l’avesse rigovernato di recente, la stufa era pulita e pronta all’uso con accanto un cesto di ciocchi di legna asciutta.
“Oh!” esclamò Elisa “Che bella e calda camera! Ma ci vive qualcuno?”
Marco sorrise di nuovo e non rispose, mentre osservava ora l’uno ora l’altra. Adesso era sicuro di avere acceso i loro interessi. E ne rimase soddisfatto. L’obiettivo era raggiunto.
Ridiscesero le scale che portavano al pianoterra nell’ampia stanza che rappresentava il cuore pulsante della baita.
“Che ve ne pare? Mi sembra veramente accogliente questo posto” disse sornione mentre si sedevano attorno al tavolo.
“Fuori c’è ancora un altro piccolo edificio. Un forno a legna, una dispensa e una legnaia. Una tettoia serve come riparo per il fuoristrada”.
Pietro era rimasto sempre in silenzio, quasi assente, ma vigile e attento ad ogni particolare.
“Quindi oltre al periodo estivo, volendo si può vivere anche d’inverno?” domandò con voce neutra.
Marco sorrise accennando con la testa ad una risposta positiva. Aggiunse che non esistevano i servizi tipici di città, ma la luce era assicurata dal generatore e dai pannelli, il riscaldamento dal camino e dalla stufa, l’acqua era potabilizzata da un piccolo impianto. “Una vita spartana, ma sufficientemente confortevole” concluse.
Pietro tornò in silenzio a ripensare all’assurdità del momento: un bosco enorme da comprare, una baita ben attrezzata, una donna affascinante e misteriosa ma del tutto sconosciuta, una sensazione di benessere accompagnata da emozioni piene di mistero e in parte di ansie e angosce.
La vicinanza di Elisa era l’appagamento fisico, la baita era il timore psicologico e l’aria cupa di un temibile segreto. Erano due emozioni contrastanti che lottavano tra loro ciascuna per avere la supremazia sulla sua mente.
La donna osservava i lineamenti di Pietro, ne scrutava gli occhi per penetrare nell’intimo senza riuscire a percepire se il sentimento che stava crescendo in lei era comune oppure no. Però lei sentiva dei turbamenti che aveva già provato nel passato senza che diventassero delle realtà concrete. Quell’umido tra le gambe era la prova della disponibilità sessuale, ma solo in questo posto. Era incerta se assumere l’iniziativa, ma qualcosa doveva fare per non lasciare esplodere a vuoto la propria carica sessuale come una bolla di sapone.
Marco adesso era in silenzio e aspettava che loro avanzassero proposte, mentre osservava il viso di Pietro che sembrava imperscrutabile e quello di Elisa che ardeva per la passione.
“Andiamo a passeggiare nel bosco?” chiese rompendo quella calma carica di tensione.

Capitolo 4

Marco lo esaminava con curiosità misto a disappunto, perché aveva parlato a lungo senza che l’altro seguisse i suoi ragionamenti.
“Che gusto c’è” si disse silenziosamente “a ripetere tutto senza l’assicurazione che non vada via per la tangente una seconda volta”.
Iniziò a riflettere se questo uomo fosse seriamente intenzionato all’acquisto del bosco o se fosse solo una banale scusa per fargli perdere del tempo. Però sembrava una sfinge, non era in grado di perforare quel muro granitico che aveva frapposto tra loro. A parole pareva seriamente intenzionato ad avviare l’affare, ma poi si smarriva in mille altri pensieri che non riusciva a cogliere nella loro interezza, e così gli dava l’impressione opposta.
Eppure gli era stato simpatico fin dalla prima parola della telefonata. Doveva riconoscere che dopo molti mesi di inutili annunci, questa era la prima volta che si discuteva con serietà della vendita del bosco.
“E’ il caso di chiudere qui il discorso?” si domandava assillato da nuovi crucci e perplessità “Oppure mi conviene procedere?” e scelse la seconda opportunità.
“Cosa non è chiaro nella vendita?” chiese cortesemente cercando con scarso successo di moderare il tono della domanda.
“Veramente.. Uhm! Forse..” Pietro iniziò a balbettare nel tentativo di non urtare la sensibilità di Marco nella ricerca delle parole giuste “Insomma… Facciamola breve. Dove è localizzato il bosco. Quale ampiezza ha. E quanto vuoi” e si appoggiò con tutto il peso allo schienale della sedia come se si fosse sgravato da un peso.
“Il posto è sulle pendici dell’Antelao che danno su San Vito…” e fece una breve pausa, mentre Pietro annuiva come se avesse chiaro la localizzazione.
In realtà non sapeva nemmeno che esistesse un paese che aveva quel nome. Aveva una vaga idea, ma molto, molto incerta, dove fosse il monte, che secondo lui era vicino a Cortina, ma non troppo.
“C’è una vallata stretta che parte da San Vito dietro la chiesa e si inerpica verso il rifugio Galassi..” ricominciò Marco con la sua litania.
“Si, ho capito.” lo interruppe Pietro che stava andando nuovamente in tilt “Ho capito che partendo da San Vito si sale verso il bosco..”
“Diciamo che è vero in parte, perché si deve percorrere un tratto di strada che porta verso il rifugio Scotter-Palatini. In realtà un chilometro o poco più dopo il ristorante si prende una deviazione, una strada sterrata che entra in un fitto bosco e conduce alla baita. Quel fitto bosco è in vendita. E..”.
Pietro scuoteva il capo, perché non lo interessavano questi dettagli per raggiungerlo anche perché non aveva una pallida idea dove fosse ‘sto San Vito. Lui si era fermato a Longarone, dove lavorava e non era mai andato oltre in questi dieci anni.
Non era uno che durante i week end batteva tutte le località circostanti, anzi preferiva girare per la città, prendere l’aperitivo alla Caffetteria Belluno, leggere e dormire. Se si muoveva andava verso la costa piuttosto che verso la montagna.
Ancora una volta dimostrava incoerenza perché stava trattando l’acquisto di un bosco posto a circa 1300m di altezza e di una baita isolata e senza le comodità cittadine.
“Dimmi. Quale è l’estensione del bosco?” Pietro chiese interrompendo la descrizione di come raggiungere la baita.
“Il bosco è ampio. Mille pertiche” e vista l’espressione di dubbio si affrettò ad aggiungere “Un’estensione enorme! Un milione di metri quadri! Ed è bellissimo”.
“E cosa me ne faccio di tanti alberi!” sbottò Pietro che già si vedeva nei week end tra abeti e larici a cercare funghi, come se il bosco fosse già suo.
Marco accennò ad una risata subito repressa prima di proseguire.
“Ogni pertica costa duecento cinquanta euro. La baita, così com’è, altri cinquantamila euro. In totale sono trecento mila euro. Veramente un affare. Non convieni?”
Pietro deglutì vistosamente perché, se per i centocinquanta mila euro per comprare casa a Belluno aveva fatto i salti mortali nel racimolarli, non riusciva a immaginare come avrebbe fatto per una cifra doppia.
“Sì, sì..” balbettò cercando di dissimulare l’impatto dei trecento mila euro richiesti “Ehm! Sì, sembra un vero affare per un bosco di quell’estensione…Uhm! … Ma la baita.. Sì, la baita come è? Ci sono lavori da sostenere? Sai… devo valutare tutto”.
Marco, divertito per il siparietto inscenato da Pietro, sorrise  e volle rassicurarlo.
“Per il pagamento.. Ti ho visto incerto.. Beh! per il pagamento ci metteremo sicuramente d’accordo. Un prestito in banca, qualche soldo come caparra e il resto con calma. Ah! Mi sono dimenticato di aggiungere che nel prezzo è compreso anche un fuoristrada. Senza di questo raggiungere la baita è un po’ complicato, a meno che non preferisci farti una bella passeggiata da San Vito.. Ah! Ah!” e accompagnò l’ultima affermazione con una sonora risata.
Pietro era senza parole come se una scossa elettrica avesse paralizzato la lingua. Sentiva la gola secca e la bocca arida, come se avesse appena finito la traversata nel deserto con solo un bicchiere d’acqua per dissetarsi.
“Sì, sì.. veramente interessante” riuscì finalmente a dire “ma è possibile vedere il bosco? Così almeno mi faccio un’idea più chiara”.
Più parlava, più si intrappolava da solo. Un rapido esame del suo conto corrente lo fece rabbrividire.
“Se tutto va bene” rifletté “avrò qualche migliaio di euro. Chiedere ancora una sovvenzione ai miei non ci penso proprio. Sono veramente un pazzo! Ammesso che la banca mi conceda un prestito, ma non è detto, poiché sento voci di chiusura del rubinetto dei mutui, dovrò lavorare una vita intera per ripagare il debito”.
“Domani. Mi sembra una giornata adatta. Le previsioni danno una tregua nel maltempo e dovrebbe splendere un bel sole” replicò con immediatezza Marco “Hai impegni? Io sono libero”.
Pietro cominciò a farfugliare qualcosa che stava tra “ho un impegno” e “Buona idea!”, ma non si decideva cosa dire nel concreto, finché non pronunciò la frase fatale “Benissimo. Dunque domani andiamo a visitare il bosco”.
Marco era visibilmente soddisfatto perché forse aveva trovato quell’acquirente cercato per troppo tempo. In particolare era convinto che sarebbe stato un ottimo padrone e conduttore del bosco.
“Cosa preferisci: ti vengo prendere sotto casa oppure ci troviamo da qualche parte?” chiese garbatamente.
Pietro col viso in fiamme e la testa in subbuglio disse che potevano trovarsi alla Caffetteria Belluno, dove prima di partire avrebbero potuto fare colazione.
“Sta bene. Alle 10?”
“Okay! Alle dieci in punto qui” replicò seccamente.
“E’ stato un vero piacere averti conosciuto e grazie per il caffè. Però ora devo andare. Sarei rimasto volentieri ancora a chiacchierare con te, ma proprio non posso. A domani” aggiunse Marco mentre si alzava in piedi per salutare.
“A domani” disse Pietro in preda al panico per il pasticcio nel quale si era aggrovigliato.
Rimasto seduto senza nessuna voglia di proseguire la lettura dei giornali, stava meditando di alzarsi per saldare il conto, quando udì “Pietro! Pietro”.
Una voce femminile lo stava chiamando.