Amanda 7

Il giorno prima ha nevicato furiosamente e la neve adesso ricopre ogni cosa. Pietro osserva dalla porta finestra del terrazzo la montagna bianca che si è accumulata ai suoi angoli.
Il sole risplende nel cielo stranamente terso e azzurro come da mesi non si vedeva. La temperatura si aggira attorno allo zero.
“Fortunatamente la neve di primavera dura lo spazio di un giorno e poi lascia il posto al verde del prato. Però questa non pare temporanea e chissà ..”.
Pietro sta facendo queste riflessioni, quando sente un soffio d’aria scorrere lungo la schiena come se qualcuno velocemente fosse passato dietro di lui.
Si volta ma non nota nulla. Tutto appare immobile: le tende sono ferme, il lampadario non si sposta neppure in maniera impercettibile.
“Eppure non mi sono sognato! Ho percepito nettamente uno spostamento d’aria come se qualcuno si fosse mosso velocemente alle mie spalle”.
Si guarda intorno alla ricerca di un qualsiasi segnale che indichi la presenza di qualcuno. Si interroga non su chi possa essere ma sul come abbia potuto entrare nella casa.
Controlla le finestre della sala: tutte chiuse ermeticamente anche perché molta neve è adagiata sul vetro. Prosegue il giro di ispezione nell’ingresso dove trova la porta chiusa con l’allarme inserito. Va in cucina ma anche qui la porta finestra è chiusa dall’imposta, bloccata dall’interno. Sale in mansarda e constata che i velux sono serrati senza possibilità di apertura, perché sono ricoperti da uno strato abbondante di neve. Rimane la stanza dove riposa Amanda. La camera è in penombra per favorire il sonno della bambina. Una piccola luce rischiara debolmente un angolo. Si avvicina cautamente al lettino per non svegliarla. Però avverte una presenza. Si irrigidisce e muove gli occhi ora a destra ora a sinistra alla ricerca dell’intruso. Trattiene il respiro e vorrebbe fermare i battiti del cuore che sembrano rimbombare nel silenzio della casa.
Nulla.
Eppure i sensi percepiscono che qualcosa sta alterando l’equilibrio della stanza.
“Cos’è?” si chiede inquieto.
“Chi è?” riflette angosciato.
“Da dove è entrato?” urla dentro di sé.
Lo sente muoversi con disinvoltura come se conoscesse perfettamente la dislocazione degli ostacoli. Ne avverte la presenza senza riuscire a intercettarla. Sono solo sensazioni ma precise e inconfutabili. Muove un passo con cautela senza lasciarsi aggredire dall’ansia. Rimane calmo o almeno questa è la sua intenzione. Si avvicina al letto per osservare Amanda e la trova con gli occhi spalancati.
“Ciao, papi” grida una vocina dolce rompendo un silenzio carico di angoscia.
“Sei sveglia” le chiede con delicatezza prendendole una mano.
La bambina lo osserva con i suoi occhi grigio verdi che brillano come se fossero fosforescenti. Un lieve sorriso increspa le labbra mentre si alza col busto appoggiandosi al cuscino.
“E’ venuta”.
“Chi è venuta?” replica con il tono della voce tra lo stupito e il curioso.
“Chi è venuta?” ridomanda come se la prima fosse andata perduta.
Amanda sorride e scuote il capo, muovendo i lunghi capelli rossi che ondeggiano sulle spalle.
“Amanda”.
Pietro rimane sbigottito. E’ senza parole. Non può essere lei, perché è stata sempre lì, nella sua stanza. E poi non avrebbe senso. Non può essere nemmeno quella Amanda della quale cinque anni prima ha letto il blog, il diario e che è morta per mano di Klaus, almeno così c’era scritto nei fogli. E’ una figura fantastica, che non appartiene alla realtà di tutti i giorni ma solo alla fantasia di qualcuno a lui sconosciuto.
“Anche se fosse esistita, ormai è morta da molti anni. Non può essere il suo spirito, perché la presenza che ho avvertito e che tuttora percepisco chiaramente è quella di un essere vivente. Si ode il respiro cadenzato e quasi sibilante. Sposta l’aria al suo passaggio. Un essere incorporeo non lascia queste tracce. Dunque è una persona viva e dotata di corpo. Perché la vista non riesce a inquadrarla, quando gli altri sensi lo fanno?”
“E cosa di ha detto la signora?” chiede con naturalezza alla bambina.
“Non è una signora, papi! E’ Amanda! Viene sempre a trovarmi e mi fa compagnia. La tata non l’ha mai vista perché arriva silenziosa e silenziosa se ne va”.
Pietro resta in silenzio perché scopre qualcosa che non conosceva. Però resta al gioco e continua a parlare con Amanda su come le tiene compagnia questa misteriosa figura. Non vuole mostrare la sua contrarietà per evitare che lei si chiuda alle confidenze.
“Anche oggi è venuta. Cosa ti ha detto?”
“Non è ancora andata via” risponde la bambina.
Pietro sgrana gli occhi e si morde la lingua prima di rispondere. Conta mentalmente fino a dieci prima di chiederle dov’è in quell’istante.
“E’ lì, accanto a te che ti ascolta”.
Lui ha un sussulto e si gira di scatto a destra ma vede solo la piccola illuminazione nella presa elettrica. Poi con lentezza volge lo sguardo a sinistra ma osserva solo il chiarore che filtra dalla porta. E’ basito, incredulo. Percepisce chiaramente il rumore silenzioso di un respiro, il profumo di una donna ma non scorge nulla. Come se fosse un fantasma.
“E lo è!” dice a se stesso.
“Ma papi… Ti sta osservando! Aspetta solo che tu le stringa le mani. Si sente tanto sola ..” riprende Amanda.
“Come se fosse facile stringere la mano a un fantasma!” commenta muto.
“Se è questo quello che vuoi..” e sente due mani fredde afferrare le sue.
Gli sembra di stringere le mani di un morto: gelide e ossute. Un brivido percorre la schiena ma deve fingere.
La situazione gli appare assurda. Una donna sconosciuta, morta molti anni prima si è materializzata accanto a lui senza che la vista riesca metterla a fuoco. Una donna che porta lo stesso nome di sua figlia con la quale si intrattiene quando lui è al lavoro. Per caso nella giornata odierna è a casa perché la forte nevicata ha messo out le comunicazioni. Se non ci fosse stato questo eccezionale vento, lui avrebbe continuato a ignorare che questa donna fa visita alla figlia.
“E’ incredibile! Lo raccontassi, qualcuno mi prenderebbe per matto! Eppure ..” continua a riflettere velocemente mentre il gelo si trasmette lentamente dalle mani alle braccia.
“Noi non ci conosciamo, Amanda. Ho letto qualcosa ma ..”.
“Ma papi! Lei non ti sente! Devi parlare con la mente. Devi stabilire un contatto mentale per colloquiare con lei!” lo interrompe la figlia rimproverandolo.
“Ma ha solo quattro anni, mia figlia! Un contatto? Come quella volta .. l’ultimo giorno della vacanza alla baita con Elisa!” esclama in silenzio.
Pietro si concentra per scoprire come stabilire l’apertura del flusso delle idee tra lui e Amanda.
“Ma sarà Amanda oppure è un’altra persona?”.
Mille pensieri lo distolgono dai suoi propositi, gli tolgono la concentrazione, gli impediscono di parlare con la donna misteriosa.
“Papi, è semplice. Non devi avere paura. Basta .. e ..”
Pietro si concentra, vorrebbe vederla materializzarsi dinnanzi a suoi occhi. Un rivolo di sudore scivola dalla fronte. La tensione cresce, finché come un boato esplode la voce di Amanda nella sua mente.
Come per incanto la vede e resta a bocca aperta.
“E’ Elisa!” si lascia sfuggire.

Amanda 6

Pietro era ancora immerso nei suoi ricordi di molti, troppi anni prima. Il fuoco languiva stancamente non più alimentato con continuità come i pensieri che stancamente vagavano per la mente.
Percepiva un senso di stordimento, di angoscia che gli chiudeva la gola.
“Dove sarà Amanda? E Elisa perché è sparita senza lasciare tracce? E Marco? Non ho mai capito la sua figura. Eppure era una pedina grossa nell’ingranaggio che mi ha trascinato in questa avventura”.
Un profondo sospiro uscì dai polmoni di Pietro come un piccolo tornado, mentre lui ravvivava il fuoco morente.
Elisa era stata una breve meteora, una parentesi bellissima, che ha riempito la vita di Pietro. Però era stata Amanda il regalo più bello.
Sentiva che qualcosa si era modificato senza comprendere quale aspetto e in quale maniera si sarebbe manifestato.
L’uomo si immerse un'altra volta nei suoi pensieri e un nuovo flashback illuminò la sua mente.
Questa nuova sequenza di ricordi lo riportarono a quando Amanda aveva quattro anni.
Pietro si domandò, mentre osservava le lingue di fuoco che avevano iniziato a guizzare, sui motivi di questo suo divagare nel passato.
“Non è da me tornare al passato. Ho sempre guardato avanti nel futuro. Ma ora mi ritrovo con lo sguardo che spazia a … A quanti anni prima?”
Aveva perso il conto da quando Amanda era uscita dalla sua vita come se avesse voluto fermare il tempo. Sapeva solo che lei aveva venticinque anni quando se ne era andata di casa. Per un curioso scherzo del destino aveva esattamente gli stessi anni di Elisa, quando lei aveva fatto irruzione dentro l’esistenza di Pietro, cambiandone il senso e le prospettive.
Non ne aveva mai percepito i motivi di quegli avvenimenti, ma sapeva solo che era finalizzato a diventare il proprietario del bosco degli elfi.
“Mi domando perché hanno scelto me tra milioni di persone come colui che doveva sovraintendere alla conduzione del bosco. Quale era il reale obiettivo? Era forse Amanda? Oppure un altro che non conosco? Eppure sia Marco sia Elisa, pur essendosi volatilizzati, sono sempre presenti nella mia vita. Prima con Amanda, poi seguendola con discrezione. E ora… Cosa mi riserverà il futuro? Ho strane sensazioni. Come se … Negli anni passati non avvertivo queste presenze. Venivo qui, passavo le mie ferie passeggiando tra questi alberi amici. Però oggi sento delle forze misteriose che aleggiano intorno a me. Forze amiche o nemiche? Questo non riesco a captarlo ancora”.
Pietro si alzò dalla vecchia sedia di legno dura come un ramo nodoso e si affacciò alla finestra, osservando l’abete posto in fondo alla radura. Ricordò un particolare curioso del testamento di Klaus che lo nominava proprietario del bosco.
“L’abete non va abbattuto per nessuna ragione. Se muore, deve rimanere lì finché il tempo non lo ridurrà in polvere. L’area prospiciente va tenuta curata, con particolare attenzione al cespuglio di more. Nessuno deve profanare quel lembo di bosco”.
E lui aveva rispettato con cura le disposizioni testamentarie. L’abete era ancora lì, imponente e rigoglioso. L’area era stata conservata come nel 2009: sgombra da erbacce e ricca di flora spontanea: genzianelle e altri fiori alpestri. I fiori nascevano liberi senza che nessuno ne cogliesse uno. Il cespuglio di more selvatiche cresceva e fruttificava anno dopo anno secondo un ciclo vecchio di secoli. Nessun frutto veniva colto: erano il pasto di uccelli e animali.
Adesso Pietro osservando con attenzione quell’abete notava qualcosa di stonato senza comprenderne i motivi. Nonostante tutto sembrava esattamente come trent’anni prima, c’erano particolari che non quadravano. Il quadro d’insieme sembrava monco, quasi come se mancasse qualche aspetto che era ormai diventato familiare al suo occhio.
Si concentrò ma non riuscì a mettere a fuoco il dettaglio fuori posto. Scosse il capo e tornò alla sedia accanto al camino. Questa sensazione lo accompagnava da qualche giorno distraendolo dalle normali occupazioni.
“E’ forse questa sfasatura impercettibile alla mia vista che mi costringe a rivolgermi al passato? Perché affiorano questi ricordi dismessi tanti anni fa?”
Arrivato a sessantotto anni li sentiva tutti nonostante il fisico asciutto e ancora tonico. Percepiva quel senso di solitudine che lo immalinconiva in misura superiore agli anni precedenti.
Amanda gli mancava terribilmente, aveva lasciato un vuoto dentro di lui che non era mai riuscito a colmare.
Alimentò il fuoco con nuova legna ma poi tornò alla finestra a osservare l’abete alla ricerca del particolare che non era capace di individuare. Non sapeva il motivo per il quale esaminando quell’albero gli veniva naturale associarlo a Amanda.
“Ma quale Amanda? La nostra figlia, mia e di Elisa oppure quella donna misteriosa morta per mano di Klaus, il vecchio proprietario? E poi perché la mia mente torna a quando Amanda aveva quattro anni? Un’età insignificante per lo più. Un episodio del tutto trascurabile. Eppure non trovo pace finché non ho ricordato quel 30 marzo del 2014. Sembra che rileggendo quel giorno riesca a placare l’ansia che mi pervade”.
E cominciò a riportare a gallo quei frammenti di vita.

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