Capitolo 43

Mentre Giacomo si girava per scoprire il volto della misteriosa dama che si era accostata alla schiena, udì un leggero fruscio come se qualcuno fosse uscito furtivamente dal letto. Allungò una mano, sentendo solo l’impronta calda di un corpo, quello di Eleonora.
“Madonna Giulia!” esclamò sorpreso, voltandosi.
“Messer Giacomo, quando vi ho visto ieri sera, ho percepito prepotente la voglia di sentire il vostro calore ..”.
“Solo perché mi avete visto?”.
“No, era tempo che provavo nostalgia di voi ma non potevo, ero bloccata dalla duchessa Anna ..”.
“E il vostro cavaliere?” chiese curioso, abbracciandola.
“E’ noioso e saccente. Una vera nullità rispetto a voi” disse con un tono di disgusto. “Ora starà vagando alla ricerca di una nuova preda. Anzi penso a quale stia puntando come un cane da caccia. L’ho abbandonato al suo destino ..”.
Giacomo era perplesso e rifletteva pensieroso sulla singolare situazione, nella quale si trovava.
“Dama Eleonora mi ha invitato alla sua festa e ha stabilito di dividere la mia persona con dama Costanza. Una specie di staffetta, che secondo le aspettative non dovrebbe creare problemi a nessuno dei tre. Madonna Isabella, la mia consorte, è un’aggiunta inaspettata dell’ultima ora. Credo che dovrò onorarla, visti gli avvenimenti più recenti. Al momento è sotto gli effetti di una droga o pozione strana e magica ma si sveglierà eccitata come una cagna in calore e stimolata da tante attenzioni. Farò fatica a trattenerla e sottrarla agli assalti di tanti cavalieri. Se non lo faccio ora, la perderò per sempre. Dama Giulia avrebbe dovuto essere fuori dai giochi, perché aveva un amante ufficiale ma pare che abbia avuto un ritorno di fiamma verso di me. Delle tre è quella che gradisco maggiormente ma non posso scontentare le altre due. La gestione di tre dame non è un problema di poco conto per non creare una situazione di malumori e risentimenti. Ma in realtà sono quattro e la situazione diventa quasi insostenibile. In questa vita scopro sempre novità di ogni genere. Non posso affermare di rimanere annoiato o senza dovermi occupare di qualche madonna. Dame e cavalieri gareggiano nel passare da un’alcova all’altra come api sui fiori. O si rimane sempre giovani, magari con l’aiutino di qualche pozione magica o si tira le cuoia”.
Giacomo era perplesso e rifletteva su questi aspetti del tutto inaspettati, quando si staccò da Giulia come se gli procurasse fastidio.
“Vi sento freddo, messere” disse la ragazza delusa dall’atteggiamento poco caloroso dell’uomo “Forse non gradite la mia presenza?”
“No, no” si affrettò a dire. “Stavo semplicemente ragionando su ..”
“Su cosa, se non sono indiscreta”.
“Su di voi, sulla festa e sull’epoca nella quale viviamo”.
“Su di me? E cosa, di grazia?” chiese curiosa la donna.
“Madonna Giulia, nel vedervi accanto a me sono rimasto sorpreso, piacevolmente e gradevolmente sorpreso. Sono passati molti mesi dall’ultima volta che ci siamo visti e credevo che ..”.
“E proprio per questo che ho convinto dama Eleonora a cedermi il suo posto per un poco, così che possa rinsaldare la nostra vicinanza. Quel lontano ricordo sbiadito è ancora nitido. Aver trascorso troppo tempo alla corte della duchessa Anna mi ha intristita, incupita. Avevo la necessità di annusare il vostro odore, di percepire il vostro calore ed eccomi qua. Le sensazioni che provo sono le stesse di un tempo. Direi sono ancora migliori come il buon vino invecchiato”.
Giulia rimase un istante in silenzio prima di riprendere a parlare.
“Circolano delle strane voci tra gli invitati alla festa. E’ stato un continuo parlare, un sussurrare più o meno convinto che ha tenuto desti dame e cavalieri. Ognuno diceva la propria opinione. Su un aspetto erano tutti d’accordo. Quell’Iside ha offerto uno spettacolo strepitoso, incarnando la dea come mai nessuna altra c’era riuscita. Nessuno l’aveva mai vista prima di questa notte ma qualcuno afferma che sia la vostra consorte ..”.
Giacomo ebbe un breve sussulto, perché non si aspettava questa domanda da parte di Giulia.
“Da tutti gli altri sì, ma da lei proprio no. Altro che odore o calore! Lei è stata mandata avanti per chiedermi conferma delle chiacchiere. Costanza non sa nulla, almeno credo. Eleonora tiene la bocca cucita nella speranza che l’accompagni anche il prossimo anno. Giulia usa la seduzione per strapparmi una risposta in nome di una vecchia amicizia”. Sospirò, perché immaginava che questa domanda sarebbe stata ripetuta troppe volte nel corso di quei giorni. Non poteva negare l’evidenza, ma anche affermare che era la sua consorte, sarebbe stata una sofferenza. Da qualunque parte girava il problema, capiva che era stato un errore madornale acconsentire che Isabella partecipasse alla festa. Adesso c’era poco margine per gestire la situazione. «E’ meglio affrontare il toro per le corna. Posso muovermi con maggiore libertà nel contrastare la fila di cavalieri pronti all’assalto di Isabella» rifletté prima di rispondere.
“Si” replicò laconico.
Giulia aveva avuto buon fiuto ma non si aspettava una risposta così immediata. Però rimase perplessa, perché quell’uomo, che aveva conosciuto come affettuoso e gentile, si stava rivelando cinico, avendo assistito allo spettacolo notturno senza intervenire. Per lei come donna sarebbe stato inaccettabile. Si scostò da Giacomo, lo fissò con gli occhi ormai abituati alla penombra prima di prorompere in una predica.
“Sono delusa di voi ..”.
“Perché?” chiese sapendo già la risposta.
“Mi chiedete il perché? Mi pare ovvio. Se io fossi stata al posto di quella dama e il mio cavaliere avesse presenziato impassibile a quanto è avvenuto, non l’avrei mai più voluto vedere e forse anche di peggio ..”.
“Madonna Giulia, se voi foste stata al posto della dama di stasera, significa che volevate essere lì nella parte di Iside. E il vostro cavaliere cosa doveva fare? Prendervi a schiaffi oppure legarvi al colonnato del vostro palazzo? La mia consorte desiderava partecipare alla festa. L’ho accontentata, ignorando che voi l’avreste designata come Iside. Dovevo forse alzarmi e dire «Madonna, torniamo a casa». Sarei diventato lo zimbello di tutta Ferrara. Ho cercato solo di restare calmo, trattenendo l’ira che avevo in corpo. Oggi sarà un altro giorno. Però sono rimasto deluso dalla vostra domanda. Non mi aspettavo che voi me l’avreste chiesto. Dagli altri si ma da voi no”.
Detto questo, Giacomo si alzò tirando i pesanti tendaggi per far entrare il sole, mentre la donna era rimasta in silenzio nel letto.
“Voi se volete, potete stare. Io mi preparo per la nuova giornata”. Detto questo si diresse verso una stanza dove avrebbe trovato acqua fresca e i suoi indumenti.
 
Febbraio era stato come al solito nevoso ma meno rigido del consueto. Verso la fine del mese le giornate erano fredde ma soleggiate. Un giorno, era il 22 febbraio del 1519, il paggio che Laura conosceva bene le recapitò una missiva.
 
«Mia adorata Laura!
Sono a due giorni di strada da Ferrara e aspetto il momento di potervi stringere a me.
Vostro Alfonso»
 
Il 24 febbraio il duca fece il suo ingresso in città acclamato e salutato da tutta la città. La missione francese era riuscita, sia pure parzialmente, e il ducato, almeno in parte, salvo. Subito organizzò un incontro con Laura, della quale aveva avvertito la mancanza nei lunghi mesi di lontananza.
La ragazza riprese gli incontri nella dimora di Rossetti dopo un lungo periodo costellato solo dal lungo silenzio dell’amato e dalle interminabili chiacchierate con la madre. Quel racconto aveva lasciato il segno nella mente della ragazza, che più di una volta aveva approfondito aspetti e particolari di quell’incontro.
“Madre, mi avete raccontato tutto oppure solo dei pezzettini?” chiese una sera mentre erano accanto al camino.
“Perché me lo chiedete? Pensate che vi abbia mentito?” replicò risentita, perché non voleva svelare anche il secondo incontro più drammatico del primo. Il famoso conte era morto mentre faceva all’amore con lei. Una situazione scioccante e al tempo stesso grottesca. Quasi era morta per lo spavento, sentendo sopra il suo corpo quello inerte dell’uomo, che la stava soffocando. Quel ricordo non era mai riuscito a cancellarlo dalla mente ma l’aveva occultato nel punto più profondo della mente.
“No, madre. Ragionavo che dopo avervi pagata con tutti quegli scudi d’oro, loro non si fossero accontentati. Ma forse mi sbaglio”.
“Figlia, avevo solo sedici anni e tanti ideali per la testa, amavo vostro padre e non volevo finire come Beatrice. Quindi resistetti a tutte le sirene dorate che mi proponevano. Vista l’inutilità delle proposte mi lasciarono in pace, mentre Beatrice, e forse altre, finirono nel gorgo delle donne di bordello”.
Laura ripensava a quest’ultimo colloquio, che giudicava equivoco e non chiarificatore, mentre si stringeva a Alfonso.
“Cosa state pensando, Madonna? Vi sento poco partecipe oggi come se un pensiero vi stia angustiando” le disse il duca, stringendola forte e con calore.
“Mi spiace, Alfonso, che vi sembri fredda dopo una così lunga astinenza. In realtà mi sembra ancora di sognare come nelle notti passate ..”.
“Chi sognate?”
“Voi. Tutte le notti mi siete apparso nel sonno. Sentivo la vostra presenza su di me, mentre la passione accendeva la mia mente. Poi mi svegliavo ed ero sola nel mio letto. Piangevo per la gioia di aver percepito che eravate con me, e per la tristezza che la realtà fosse diversa. Ecco perché potevo apparire distaccata, perché temevo che non fosse reale la vostra esistenza”.
Alfonso scoppiò a ridire, dicendo che c’era la sua ombra e non il suo corpo.
“Dammi un pizzicotto e mi sentirai urlare per il dolore” l’incitò il duca. “Sono reale e non un fantasma che appare nei sogni di una ragazza fresca e matura come voi”.
Laura scacciò tutti i pensieri e si strinse con vigore all’uomo che amava.
Dei discorsi della madre tutto sommato gliene importava poco. Adesso finalmente dopo molti mesi assaporava la gioia di giacere con Alfonso.