Capitolo 45

La primavera mostrava il suo volto sorridente e rinnovato, come Laura verso Alfonso, che dopo il periodo trascorso a Parigi era rientrato a Ferrara. La missione aveva avuto successo e forte dell’appoggio francese percepiva di essere ancora saldamente seduto sul trono. Il ducato nella sua integrità non era ancora salvo ma il tempo avrebbe smussato gli angoli e riconosciuta la sua autorità su tutti i possedimenti.
La relazione con Laura diventava sempre più stabile come le voci che circolavano che il duca avesse un’amante segreta, mentre si allentava il legame con la duchessa.
“Chi sarà mai?” si chiedeva la gente, avvezza alle avventure galanti di Alfonso. “E’ la solita passione effimera oppure stabile?”. Però nessun volto nessun nome prendeva corpo e le chiacchiere si infittivano
Nel mentre la gravidanza di Lucrezia proseguiva tra alti e bassi, tra le cure del governo durante l’assenza del consorte e quelle private relative ai parenti. Si sentiva sempre più debole ma nello stesso tempo determinata e ottimista a portare a compimento anche questa ottava gestazione
Anche la duchessa aveva un amore non troppo segreto, Francesco Gonzaga, suo cognato. Nella primavera del 1519 moriva consumato dal cosiddetto mal francese, lasciandola nello sconforto. Si ritrovava sola col consorte che dopo il rientro in città era sempre più distante e senza l’affettuoso sostegno del duca di Mantova. La cognata Isabella, che non era mai stata tenera con lei, strappò la lettera abbastanza formale che Lucrezia le aveva inviato per le condoglianze.
La duchessa avvertiva che qualcosa era mutato, nonostante si fosse avvicinata alla religiosità in maniera quasi totale, indossando il cilicio sotto la veste ducale.
Arrivò maggio mentre lei era sempre più inquieta. Non le erano sufficienti confessori e padri spirituali, comunicarsi tutti i giorni e pregare. Il peso dei suoi trentanove anni li avvertiva tutti, mentre la gravidanza si complicava. Il 15 di giugno del 1519 nacque una bambina, Isabella Maria, ma la duchessa fu assalita dalla febbre, mentre la figlia fu battezzata in gran fretta.
Il 24 giugno se ne andò, ormai incapace di comprendere il suo stato.
Alfonso in quei giorni non vide Laura, che l’aspettò paziente, sapendo che la duchessa era morente. Non si augurava che morisse nella speranza di succederle nel letto ufficialmente ma pregò per la sua anima.
Quando il paggio le recapitò il messaggio che era morta, sbiancò e si ritirò nella sua stanza, perché non voleva vedere nessuno. Si raccolse in preghiera e raccoglimento, pianse lacrime sincere. Comprese che da questo momento la sua vita sarebbe cambiata.
“Come?” si chiese. “Sarà nell’amore per Alfonso oppure nell’essere abbandonata?”
Non immaginava come sarebbe stato dipinto il domani ma doveva guardare avanti. Non era come pensava sua madre nel caso che tra lei e il duca ci fosse stata rottura. Era certa che avrebbe trovato un’altra persona con la quale condividere la vita.
“Ho solo diciannove anni e un’intera esistenza da consumare” rifletteva mentre pregava e piangeva la duchessa.
Era una calda sera di fine luglio, quando Laura incontrò Alfonso per la prima volta dopo la morte di Lucrezia. Erano seduti sotto il pergolato del casale del Verginese e parlavano tra loro sottovoce come se avessero paura che il vento potesse carpire loro dei segreti.
“Mi siete mancato, Alfonso. Ho percepito un vuoto dentro di me che non riuscivo a riempirlo. Però la morte della Duchessa, i funerali e il lutto hanno congiurato contro di noi” gli disse la ragazza, guardandolo negli occhi.
“Avete ragione. Tutto ha cospirato ma la morte di Lucrezia mi ha colpito” rispose il duca, tenendole le mani.
“Perché? Non pensiate che sia insensibile alla morte di qualcuno. Ho pianto lacrime sincere. Ho pregato con fede per la sua anima nella speranza che il buon Dio l’accolga in Paradiso. Ma vi domando cosa vi ha colpito, se volete dirmelo”.
“Ho sempre ritenuto Lucrezia una donna determinata nel raggiungere gli obiettivi che si prefiggeva. Anche in questa occasione l’ha dimostrato. Era malata ma ha sopportato la gravidanza con orgoglio, decisa a portarla a termine. Dopo la nascita della bambina, è stata assalita dalle febbri da puerpera e perdeva sangue dal naso. Però non era sua intenzione lasciarci. Temeva la morte, nonostante si fosse avvicinata a Dio. E’ rimasta aggrappata alla vita con tutte le sue forze ..”.
Alfonso fece una breve pausa, mentre Laura lo ascoltava in silenzio.
“Dunque era vero quel che hanno detto dopo la sua morte” rifletteva tacendo. “Non volevo credere alle voci circolate secondo le quali la duchessa aveva vissuto gli ultimi attimi nel terrore di morire”.
La ragazza raccolse le sue forze per formulare una domanda al duca.
“Come avete intuito che la vostra amata consorte fosse terrorizzata dalla morte imminente?”.
“Quando alcuni giorni dopo la nascita di Maria Isabella fui ammesso finalmente al suo capezzale, lessi nel suo viso stravolto dalla febbre, l’ansia, l’angoscia che la morte fosse accanto a lei. Sono sbiancato in viso per la consapevolezza di questa realtà. Non sono stato in grado di controllare le mie emozioni. Così lei ebbe la certezza che nonostante fosse decisa a vivere, non ce l’avrebbe fatta. Solo dopo questo incontro, è riuscita a distendere i lineamenti, preparandosi per la morte imminente”.
“Quel che dite è terribile e nello stesso tempo straordinario. Difficilmente una persona accetta serenamente un verdetto tanto spaventoso quanto irreversibile”.
“Basta. Parliamo d’altro. Lasciamo questi ricordi in un angolo” disse Alfonso per chiudere questo argomento.
Aveva provato commozione per la perdita della duchessa ma doveva guardare avanti e pensare al futuro che si apriva dinnanzi a lui.
Quel futuro aveva un nome Laura.