Ottimo post di una bravissima blogger. Molto interessante e costruttivo è il tema che usando la tecnica di commentare un libro esprime le sue convinzioni

Capitolo 3 – Il giorno dopo

Goethe s’aggiustò il mantello e ad ampie falcate si diresse verso Angelica, che era rimasta ferma come pietrificata. Lei non aveva ben chiaro, se fosse contenta della presenza del poeta oppure se avesse sperato di non incontrarlo.
Solo pochi istanti fa ho desiderato ardentemente che fosse qui ad aspettarmi, ma ora sono in preda al panico nel vederlo! Cosa devo fare? Sono in confusione. Non so che cosa fare! Mein Gott! Cosa debbo fare? Helfe mir, du lieber Gott!”
Mentre lei, colta dal panico e in stato quasi confusionale, era ferma, incapace di muovere un solo muscolo del corpo, il poeta le prese una mano che baciò con passione e galanteria. Aveva compreso lo stato emotivo della pittrice e voleva cogliere il momento propizio.
Mia cara, sono veramente felice di incontrarvi!” disse con voce suadente. “Oggi è una giornata radiosa, perché il vostro splendore illumina i miei occhi. Avete trascorso una serena notte?”
Tacque un istante per osservare la donna, che aveva gli occhi smarriti e appannati dall’ansia. Era sicuro che la sua presenza aveva rotto un equilibrio emozionale assai precario, riprendendo a parlare.
Mi dovrete scusare se sono stato impulsivo, aggredendovi con le mie parole, senza lasciarvi il tempo di respirare dopo la passeggiata verso il vostro studio”.
Angelica si riprese e, tratto un profondo sospiro, rispose cautamente con la voce velata dalla passione. “Sono io che sono stata scortese con voi, perché non ho risposto al vostro nobile saluto. Non è rispettoso lasciare un ospite così illustre fuori dall’uscio. Venite ed entrate con me. Voi siete il benvenuto in questa casa!”
Prese per mano il poeta e lo condusse per le scale verso l’atelier, dopo avere attraversato il grande portone spalancato.
Lo studio era stato rigovernato e si presentava ordinato e pulito. Appariva luminoso rispetto al giorno precedente per lo splendido sole, che filtrava da un’ampia finestra che guardava verso un giardino interno. Una tela, appoggiata sul grande cavalletto, mostrava la figura della pittrice, appena abbozzata che risplendeva sotto i raggi solari che la colpivano.
Goethe si fermò sulla porta ammirando il quadro incompleto. “Voi siete veramente abile nel ritrarre i volti delle persone. Siete riuscita con pochi tratti di pennello descrivere la vostra radiosa bellezza”.
Poi entrò con passo deciso nella stanza, aiutando Angelica a togliersi il mantello che le lasciava visibile il solo viso.
Si sedette sulla poltrona di raso rosso come la giornata precedente, mentre la pittrice si apprestava a mescolare i colori che avrebbe usato tra un po’ e a scegliere i pennelli più adatti al quadro, sistemandosi dinnanzi a un grande specchio a pavimento.
Angelica si muoveva con leggerezza e naturalezza, come se nessuno fosse intento a osservarla. Aveva ripreso il controllo di sé e delle proprie emozioni mentre era raggiante per il corteggiamento discreto, ma evidente di Goethe.
I suoi 45 anni le pesavano psicologicamente, perché percepiva il timore che gli uomini non la degnassero più di sguardi maliziosi, preferendo donne più giovani di lei. Sentiva che la passione lentamente svaniva, perché sempre meno il desiderio si faceva strada dentro di lei.
Non mancavano i corteggiatori, spesso petulanti e insistenti, ma erano sempre più anziani, mentre lei preferiva i giovani, che diventavano sempre più rari.
Adesso aveva dinnanzi a sé un giovane uomo, famoso e amante delle belle donne, pronto a corteggiarla, a lusingare la sua vanità di femmina. Sentiva il desiderio che saliva verso il viso ed ebbe la certezza di essere ancora invitante nonostante l’età non più giovanile.
Si volse verso il poeta, che non staccava lo sguardo dal suo viso, cominciando a parlare con voce bassa ma piena di calore.
Voi siete molto paziente con me, visto che ieri sera sono stata fredda e distaccata. Oggi sarà un giorno diverso e, se il vostro invito a pranzare è ancora valido, sarà per me un vero piacere seguirvi nell’osteria da voi scelta”. Voleva trasmettere senza ombre di dubbio la sua disponibilità alle attenzioni del poeta.
Tacque e aspettò con ansia che Goethe dicesse qualcosa, mentre il cuore in tumulto batteva a mille per la passione. Le pareva essere tornata adolescente quando gli uomini la corteggiavano per la sua fresca bellezza, percependo sensazioni che credeva ormai spente.
Il poeta, senza dire nulla, s’alzò, la prese fra le braccia e, dopo avere tolto il pennello e la tavolozza dalle mani, la baciò con trasporto.
Angelica lasciò fare e rispose con analogo slancio, assaporando il lungo bacio, mentre il viso pallido acquistava colore sulle gote.
I due amanti erano in piedi nel centro della stanza mentre un silenzio carico di tensione aleggiava a mezz’aria. Erano una splendida coppia e sembravano fatti uno per l’altro.
Si staccarono e, guardandosi negli occhi, scoppiarono in un riso allegro e festoso, quasi irrefrenabile, perché nessuno dei due aveva pensato che sarebbe arrivato questo momento così presto.
Maestro, voi siete abile anche nell’arte amatoria e sapete come cogliere i fiori della bellezza” disse Angelica senza staccare lo sguardo da lui..
Goethe di rimando rispose immediatamente. “Voi siete una splendida rosa che matura sotto il sole di Roma! E’ piacevole cogliere fiori profumati in questo giardino rigoglioso e curato. Sarò un servo devoto per voi che mi terrete compagnia. Vi condurrò per mano in quella osteria a cui ho accennato ieri sera”.
La donna, che non aspettava altro che l’invito fosse rinnovato, replicò prontamente: “Siete galante e discreto come si conviene a un vero signore. Dunque non posso non accettare una lusinga così ben presentata. Sarà un vero piacere farvi compagnia per conversare amabilmente con voi, così virtuoso nell’eloquio. Quando vorrete, io sono pronta”.
Si pulì le mani in uno straccio, si sistemò il vestito, mentre osservava le reazioni di Goethe, che non si aspettava tanta arrendevolezza dopo il rifiuto della sera precedente. Lui c’era rimasto male, perché non credeva che si negasse al suo fascino ma adesso grande era stata la sorpresa, perché il giorno dopo mostrava nello sguardo e nelle parole che si era sbagliato. Quel viso pallido e quegli occhi scuri l’avevano colpito fino dal primo istante che aveva varcato la soglia dello studio tanto che aveva desiderato che diventasse la sua amante segreta.
Dopo aver riflettuto per un attimo, disse, sfoderando un dolce sorriso. “Voi siete la benvenuta al mio fianco e non aspettavo altro che il vostro consenso. Quindi mettiamo i mantelli e incamminiamoci verso il Tevere, mentre osserviamo lo splendido paesaggio di Roma illuminato dal sole”.
Richiusa la porta alle loro spalle, si incamminarono uno accanto all’altro verso l’osteria da Mario vicino al Tevere, parlando allegramente, tenendosi per mano.
Iniziò così la felicità sognata da entrambi.