Il Borgo – Capitolo 13

In realtà la fanpage non fu pubblicata come sperava Laura, perché alcuni intoppi, la presentazione per nulla accattivante la bloccarono per i correttivi necessari. Anche l’incontro programmato saltò a data da destinarsi, perché non riuscirono a trovare una data che potesse andare bene a tutti.

La ragazza, lavorando alla fanpage, si dimenticò di tutto il resto, studi compresi. Sembrava che dentro di lei ci fosse un fuoco sacro da tenere ben acceso. Rispondeva a monosillabi alla madre quando tentava di carpire qualche segreto sulle sue attività e sul rapporto con Giacomo.

Erano passate tre settimane da quella prima visita al Borgo e due da quando aveva ascoltato la voce che implorava soccorso. Non erano più tornati lassù, perché il tempo incerto e i fine settimana piovosi lo sconsigliavano. Per questo motivo sentiva un grosso peso sul petto, perché temeva che il Borgo non si aspettasse più nessun aiuto da parte loro.

Le era stato detto che per mettere in moto l’operazione di recupero avrebbe dovuto contattare il sindaco di Castel del Rio, nel cui territorio comunale ricadeva la giurisdizione del Borgo.

C’è tempo” disse mentre eseguiva gli ultimi ritocchi alla pagina su Facebook, che voleva pubblicare prima possibile dopo il ritardo accumulato con la precedente versione. “La fanpage deve essere accattivante al massimo per attirare il maggior numero di persone”.

Era intenta a rimuginare questi pensieri, quando il telefono prese a squillare. Lo guardò infastidita, cercando di leggere il nome dello scocciatore. “Giacomo! Che vuole a quest’ora?” disse osservando l’orario 23 e 08.

Ciao” rispose brusca.

Avevo voglia di sentire la tua voce” disse il ragazzo con un sospiro.

Ma non ci siamo sentiti via Skype pochi minuti fa?” replicò infastidita e un po’ sgarbata.

Allora buona notte” aggiunse deluso, chiudendo la conversazione.

Laura rimase sorpresa e scosse il capo, perché non aveva compreso pienamente il senso della telefonata, perché se doveva comunicare qualcosa di importante avrebbe dovuto tenere ben altro atteggiamento.

Se aveva voglia di cazzeggiare, non sono dell’umore buono” disse riponendo il telefono. “Ora è meglio che vada a letto. Questa telefonata fantasma mi ha tolto tutte le idee. Speriamo che domani vada meglio”. Spento il PC si preparò per dormire.

Però il sonno tardava a venire, mentre lei si girava e rigirava nel letto. La chiamata di Giacomo non l’aveva inquadrata, anzi l’aveva destabilizzata come se avesse avuto il potere di ricordarle che era una donna giovane e bella.

Accidenti! Certo lo so che sono una ragazza! Ma ora è prioritario far partire il progetto del recupero. Ci sarà tempo …”. Fece una pausa nelle riflessioni, mentre si voltava dal lato destro a quello sinistro. “Forse voleva dirmi … ma no! Di sicuro voleva dire qualche sdolcinatezza”.

Emma ascoltava in silenzio tutto quel vociare sommesso della figlia, che tanto basso non era. Si interrogava perché fosse sempre così ruvida coi ragazzi finché questi delusi e impauriti non scappavano.

Quel Giacomo mi sembra molto paziente, visto che resiste per ore ad ascoltare mia figlia che pare sempre pronta a mangiarlo o spellarlo vivo” rifletté sentendola agitarsi nel letto.

Si diceva, sconsolata, che era inutile parlare di questi argomenti col marito, perché gli uomini discutono solo di calcio e non capiscono nulla dei sentimenti.

Se a Ernesto chiedo qualcosa del Bologna, di Malesani, di Di Vaio o Perez, gli si illuminano gli occhi e parte in quarta a disquisire come dovrebbero disporsi in campo e quale tattica tenere. Se invece parliamo di nostra figlia, di un possibile ragazzo, alza le spalle e grugnisce qualche parola. Che è tocca, che dovrebbe farsi benedire a Sarsina per diventare più malleabile e incatenare un pretendente, che rimarrà zitella a vita. ‘Ce la dobbiamo tenere per sempre, Emma! Chi vuoi che prenda una matta per le mani!’ E ogni discorso è troncato, mentre torna a leggere lo Stadio”.

Scuoteva la testa la donna, mentre si preparava per la notte.

Mentre la madre era impegnata in queste riflessioni amare, Laura era sempre più agitata nel sonno che andava e veniva come la luce del faro. Brevi sonnellini, intervallati da risvegli bruschi. Il Borgo che la rimproverava che l’avevano abbandonato. Giacomo che voleva dirle qualcosa ma che non capiva o forse non aveva tempo di ascoltare.

La notte si stava consumando tra sogni e incubi, quando la sveglia suonò con insistenza. Doveva recarsi con urgenza alla segreteria di facoltà per sistemare alcune pratiche burocratiche per il prossimo esame. Nelle ultime settimane, assorbita com’era dal progetto del Borgo, aveva rimandato di giorno in giorno l’espletamento di queste incombenze noiose ma fondamentali, se voleva utilizzare l’appello di fine settembre. Il primo a inizio mese era già volato via ma al secondo appuntamento non poteva mancare. Laura, zittita con una manata la suoneria, si alzò stanca, assonnata e terribilmente irritata, perché nulla andava secondo i suoi voleri.

Devo sbrigarmi, se voglio essere alle nove in segreteria” si disse mentre trascinava i piedi verso il bagno.

La chiamata di Giacomo della sera precedente continuava a frullarle per la testa. “Cosa voleva dirmi?” si domandò, quando udì la voce della madre. “Laura, qualcosa che non va?”. “No, mamma. Ho semplicemente dormito male” rispose sapendo di mentire.

Pensò che le mamme si preoccupavano troppo delle faccende personali dei figli, impicciandosi di questioni che non le riguardavano. “Mia madre conferma la regola” disse mentre faceva la doccia.

Ti preparo la colazione oppure la fai fuori?” le chiese tutta premurosa.

Uffa! Non lo so ancora … Forse un bel caffè forte e nero lo prendo volentieri” disse con tono leggermente addolcito.

Si vestì in fretta, perché come al solito era in ritardo e si precipitò di corsa in cucina, mentre sentiva l’inconfondibile aroma del caffè che borbottava nella Moka Bialetti. Stava sorseggiando quel liquido nero e bollente, quanto il telefonò segnalò con le noti di una musichina una telefonata.

Emma gettò uno sguardo sul display illuminato e lesse un nome. “E’ testardo il ragazzo! Ma anche paziente” si disse in silenzio, sorridendo.

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