Il mazzo di fiori – parte undicesima

Squilla il telefono di Ricardo.

“Pronto” risponde nel suo tipico accento romano.

Il commissario resta in silenzio, ascoltando quello che gli dicono. Ludmilla cerca di captare cosa gli stanno comunicando ma non afferra manco una sillaba. Non presta attenzione al procuratore che ha il suo cellulare ma è concentrata sul poliziotto che sta rispondendo.

“Va bene. Ho capito. Tra non molto sono in ufficio. Ti richiamo” dice a conclusione della telefonata.

Lopapa, che è rimasto muto, riacquista la parola.

“Signorina Presente, ho ascoltato solo la solita voce che mi informa che l’utente chiamato non è raggiungibile e di riprovare più tardi”.

“Non è possibile!” esclama la ragazza contrariata.

“Perché?” le domanda il procuratore, inarcando una sopracciglia.

“Ho fatto il numero di Teresa e ha risposto il commissario Ricardo” riafferma con decisione Ludmilla.

“Vuole provare lei?” dice porgendole il telefono.

“Certamente!”

“Non mi crede?”

“No!”.

Lopapa sorride divertito e lo allunga alla ragazza che lo afferra prontamente. Febbrilmente compone il numero di Teresa. Sul display compare numero e nome. Si rilassa. E’ certa di non aver commesso errori. Dopo uno squillo ascolta esterrefatta la voce preregistrata che la informa che il cliente non è raggiungibile. Rimane basita e annichilita.

“Eppure…” si dice, mentre apre il registro delle chiamate. Le scorre. “Teresa, Teresa, Teresa, Teresa… No non mi sono sognata. Ci sono solo chiamate identificate da Teresa. Qui gatta ci cova”.

Non dice nulla. Guarda imbronciata ora l’uno ora l’altro e pensa che la vogliono uccellare ma lei non ci sta.

“D’accordo. Ho preso un abbaglio” comincia con voce seria come se recitasse un mea culpa, mea maxima culpa. “Però ora mi dovete dire che cosa è successo a Teresa. Teresa Lopiccolo”.

Ludmilla ha il volto scuro con gli occhi ridotti a una fessura per la rabbia e la frustrazione.

“Non lo sappiamo. Speravamo che lei ci dicesse qualcosa” risponde Lopapa. “C’è una giovane donna che aspetta di essere identificata”.

Ludmilla rabbrividisce, intuendo la triste realtà. Tace, vuole ascoltare cosa le dicono. Lei ha già parlato a sufficienza. Adesso è arrivato il loro turno di scoprire la carte. Tutti stanno zitti, aspettano che sia lei a dire qualcosa. Il silenzio è surreale, finché Ricardo non lo rompe.

“Mi sembra che abbiamo inscenato una bella commedia. Ma è venuto il momento di esporre con chiarezza i fatti. Parla lei oppure io?” domanda rivolgendosi al procuratore, che annuisce per conferma.

“Bene. Ascoltami, Ludmilla” inizia il commissario, volgendo il capo verso la ragazza. “Venerdì scorso c’è stato un incidente in Corso Giovecca all’altezza del Parco Massari. Una Smart ha sbattuto contro il muro di cinta e una donna è morta…”.

“Per un incidente si muove polizia e magistratura?” esclama stupita, perché le appare illogico un simile spiegamento di forze.

“Forse l’hai letto sulla cronaca di Ferrara che…”

“No. Non ricordo di aver letto nulla in proposito su questo incidente. Non metto in dubbio che ci fosse scritto ma sono argomenti che sorvolo nella lettura del giornale. Preferisco letture più piacevoli” lo interrompe la ragazza.

“…sei una ragazza sveglia” dice con un sorriso Ricardo. “Proseguo il discorso. Subito è apparso un caso ambiguo. I medici hanno gettato l’allarme. Pare che un proiettile abbia colpito la donna…”.

Ludmilla prova un brivido di paura, ascoltando quelle parole.

“Il dottor Lopapa era il procuratore di turno sabato e l’ha preso in consegna. Domenica è stato rinvenuto nella macchina un cellulare che non era più funzionante. La sim era ancora buona ma ci mancava il PIN per attivarla. Fortuna vuole che nella borsa della donna ci fosse un biglietto con quattro cifre, che si sono dimostrate la chiave di apertura”.

Il commissario trae un respiro dopo il monologo detto quasi in apnea.

“Quindi l’avete messo su un telefono nella speranza che qualcuno chiamasse. Ma credo che chiedendo al gestore vi avrebbe saputo dire il nome del proprietario…” disse Ludmilla, che comincia a comprendere cosa fosse successo.

“Certo, ma avremmo perso tempo. Poi c’erano chiamate senza risposta da identificare. Insomma d’accordo col procuratore abbiamo fatto l’esperimento. Pienamente riuscito”.

“Ho capito il pesce, che ha abboccato all’esca, sono stata io” ribadisce indispettita la ragazza.

I due uomini ridono alla battuta e stanno per riprendere il discorso e porre altre domande, quando Ludmilla ricomincia a parlare.

“Teresa… Teresa Lopiccolo non possiede un auto. Di questo ne sono certa. Non sapevo nemmeno che avesse la patente. Ha detto una Smart?” chiede volgendo il viso a Ricardo, che rimane sorpreso ma non troppo.

“Sei sicura?” incalza Lopapa, rimasto muto fino a quel momento.

“Sicurissima!” replica decisa la ragazza.

“Aveva il ragazzo?” le chiede il procuratore.

“Che io sappia no. Ha sempre detto che non conosceva quasi nessuno a Ferrara, anche se viveva qui da molti anni”.

“Conosci di quale regione era originaria?” interviene Ricardo, che sospettava che non fosse ferrarese.

“Dalla Puglia. Mi ha accennato una volta che i suoi erano ritornati là. La città non la so o può darsi che l’abbia dimenticata”.

“Sei sicura?” le chiede Lopapa, che ha preso qualche appunto. “Si era trasferita a Ferrara coi genitori, che poi erano tornati al paese di origine oppure?”

“Non era molto loquace su questo punto, né io ho mai indagato a fondo. Ricordo, erano i primi giorni che lavorava con me, che mi disse che la madre era tornata a … il nome non lo rammento ma era una città pugliese. Il padre non so ma la madre di certo sì”.

“Sai dove abita?”

“L’indirizzo esatto no ma basta chiedere al nostro servizio del personale, loro hanno tutte le informazioni. Comunque era in via Porta Mare o da quelle parti. Di certa abitava da sola”.

“Bene” dice il procuratore. “Ti chiediamo un piccolo sforzo. Identificare il cadavere. La vista non sarà piacevole ma cercheremo di ridurre il disagio”.

Ludmilla sbianca. Il pensiero di vedere un cadavere le dà la nausea. Non sa se sarà in grado di reggere.

“Quando?” chiede facendosi coraggio.

“Anche subito. Il tempo di arrivare alle camere mortuarie del vecchio Sant’Anna” risponde Lopapa. “Vieni anche tu, Ricardo?”

“Sì. Il tempo di una telefonata e sono pronto. Con quale macchina andiamo?”

“Con la tua. Mi evito di predisporre l’uscita di una delle nostre”.

Il terzetto usce nel parcheggio della procura e si avvia verso l’ospedale.

Ludmilla s’è seduta dietro ed è tesa. Si è dimenticata dell’ufficio, del servizio del personale, di tutti. Pensa solo a Teresa e alla sua fine, se è effettivamente lei.

I due uomini chiacchierano come se la ragazza non ci fosse.

“Sei in grado di descriverla?” chiede bruscamente Lopapa che ha smesso di parlare con Ricardo.

“Certamente. Piccola. Più bassa di me. Rotondetta e coi capelli ricci…” comincia Ludmilla, mentre il commissario entra nel parcheggio di fronte alle camere mortuarie.

“Che colore?”

“Castano scuri. Anche se a volte le piaceva schiarirli un po’”.

“Siamo arrivati” dice Ricardo mettendo fine alla descrizione.

Il poliziotto confabula con un inserviente, che accompagna il terzetto in un’area riservata.

Lopapa prende sottobraccio Ludmilla, che percepisce calore e fiducia. Sente che sarà una prova non indifferente da superare, perché ha la quasi certezza che la donna sia proprio Teresa.

L’ambiente è freddo e puzza tremendamente di acido fenico, disinfettanti e di morte. Entrano una stanza illuminata da neon violacei che rende l’ambiente ancor più spettrale.

Da uno scomparto una persona con un camice verde estrae un carrello e lo mostra alla ragazza, che porta la mano alla bocca.

“E’ sufficiente così” afferma perentorio il procuratore, stringendo con vigore Ludmilla.

Usciti in silenzio, lungo il corridoio si ode solo il suono dei tacchi di plastica di Ludmilla, che si lascia abbracciare da Lopapa.

“Non è stata una visione esaltante” si dice la ragazza, che conserva nitido l’immagine del viso della donna. “Non credevo che la morte potesse distorcere così i lineamenti”.

Escono nel parcheggio e traggono un sospiro di sollievo, prima di risalire in macchina.

“E’ lei?” chiede senza perifrasi il procuratore.

Il mazzo di fiori – decima parte

Il dottor Chiumento si chiede perché la polizia indaga su Teresa Lopiccolo. Si sente inquieto, non tranquillo. Chiama Sara.

“Mi dica, dottore?”

“Ha notizie della signorina Presente?” domanda senza tradire alcuna emozione.

“No. Veramente credevo che fosse già passata da lei”.

“Grazie” le dice, congedandola con la mano.

Riflette e si chiede se ha commesso errori.

Ricardo e Ludmilla salgono al primo piano. Il procuratore aggiunto Lopapa li sta aspettando.

“Prego, accomodatevi” dice ricevendoli sulla porta.

Osserva la ragazza. Pare che sia il suo tipo. Longilinea, dalle curve morbide ma non spigolose. Due splendidi occhi azzurri. La osserva per bene.

Ludmilla avverte lo sguardo indagatore che la sta sezionando come se fosse un reperto da analizzare. Si sente impacciata. Non è abituata a essere osservata. Si siede ma si sente agitata internamente.

“Dunque lei” comincia Lopapa “è la collega di una ragazza che si chiama Teresa Lopiccolo. Dico bene?”

“Sì” risponde incerta. Vorrebbe domandare, vorrebbe sapere ma qualcosa la frena.

Il commissario sorride ma resta interdetto. Si aspettava un’altra reazione. “Questa benedetta ragazza è un mistero per me” ragiona, rimanendo in silenzio.

“Perché dice che il telefono è della sua collega?” le domanda cortese con un bel sorriso stampato sulla faccia.

“Veramente” interrompe Ricardo “il telefono è mio. La sim non lo so”.

Lopapa annuisce ma finge di non aver ascoltato la precisazione del poliziotto.

“Mi dica, signorina. Perché ritiene che il telefono, che ha il commissario Ricardo, dovrebbe appartenere alla signorina Lopiccolo? Non abbia timori nel rispondermi”.

“Ma a Teresa cosa è capitato?” domanda timidamente, pensando al peggio.

“Non lo sappiamo” replica calmo il procuratore. “Ma risponda alla mia domanda”.

“Dottor…” comincia Ludmilla, interrompendosi subito, perché non conosce chi le sta davanti.

“Che sbadato!” esclama. “Non mi sono presentato. Ma tu, Ricardo, non potevi farlo?” lo rimbrotta amichevolmente.

Ludmilla tace. Osserva ora l’uno ora l’altro. Non sa come muoversi e cosa dire.

“Il dottor Lopapa” dice Ricardo, indicando l’uomo di fronte. “Lei è Ludmilla Presente” aggiunge concludendo le presentazioni.

“Un nome curioso. Presente. Immagino che quando era a scuola…” afferma il procuratore, ridendo senza concludere la frase.

“Dunque stava dicendo, signorina Presente” dice incoraggiandola a parlare.

“Dottor Lopapa mi chiede perché sono convinta che quel telefono appartenga a Teresa? Prenda il mio cellulare e cerchi Lopiccolo Teresa. Componga il numero e aspetti. Poi ne parliamo”.

Ludmilla allunga il suo telefono a Lopapa, che lo prende e fa come gli ha suggerito la ragazza.

Mentre Ludmilla sta facendo quell’esperimento, Chiumento si domanda con un filo di inquietudine cosa hanno scoperto i poliziotti. La poltrona gli pare un letto di chiodi, facendolo agitare non poco.

Osserva l’orologio.

“Diamine già due ore che la Presente è uscita. Non sarà per caso capitato qualche incidente spiacevole anche a lei?” si chiede silenziosamente, mentre il telefono squilla.

“Pronto” risponde.

“Dottor Chiumento? Sono Anselmi, il commesso”.

“Dica pure. La sto ascoltando”.

“Sono davanti al portone della signorina Lopiccolo…”.

“Ebbene?” lo stimola Chiumento.

“Ho chiesto informazioni…”.

“Parli Anselmi più spedito, Non dica una parola ogni cinque minuti” esclama spazientito.

“Le dicevo. Ho chiesto informazioni e mi hanno detto che non vedono la signorina da venerdì mattina. La vicina di porta l’ha sentita uscire come al solito venerdì mattina e poi più nulla. Dunque l’appartamento è vuoto” conclude il commesso.

“Grazie, Anselmi. Ha svolto un buon lavoro. L’aspetto nel mio ufficio”.

Il dottor Chiumento si rilassa e riprende a esaminare le carte sulla scrivania con un pensiero fisso ‘perché la polizia indaga su Lopiccolo’.

Carlo esce dall’ufficio e raggiunge il bar dove Ludmilla di solito consuma il pasto di mezzogiorno, quando non scappa a casa. Si siede a un tavolino vicino alla vetrata. E’ un ottimo punto di osservazione per vedere l’ingresso di R&S. Tra non molto dovrebbe comparire lei. Sorseggia una birra e mangia un tramezzino.

Passano i minuti. Gli impiegati escono alla spicciolata ma di Ludmilla nessuna traccia. Si stupisce, perché stamattina è andata regolarmente in ufficio.

“E’ stata forse male?” si domanda, mentre afferra dalla tasca dei pantaloni il telefono.

Squilla una, due tre volte. Poi ascolta una voce maschile dal marcato accento romano.

“Pronto”.

“Mi scusi ho sbagliato numero” farfuglia incerto l’uomo, chiudendo la conversazione.

Ricontrolla il numero due volte e il nome associato.

“Eppure corrisponde” dice scuotendo la testa.

“Qualcosa non torna in tutto quello che sta avvenendo” mormora, mentre paga la consumazione. Esce e si avvia alla macchina. Ha la mente frastornata e non riesce a capacitarsi su quello che sta succedendo. Era in ufficio poche ore prima, adesso pare volatizzata. Quello che lo inquieta di più è la voce maschile.

“E’ possibile che sia con un uomo?” si domanda, avviando il motore.

Un pizzico di gelosia attraversa i suoi pensieri. Anche questo particolare non collima con la personalità della ragazza.

“No, no! Non può essere” riflette, mentre fermo al semaforo non vede scattare il verde. Una strombazzata lo risveglia dal torpore delle sue considerazioni. Solleva la mano in segno di fastidio, mentre innesta la prima per ripartire.

“Non posso richiamare, perché, se risponde ancora una voce maschile, non può credere all’errore” si dice, mentre gira a vuoto in macchina. “Dov’è?”

Guarda l’ora nel computer di bordo.

“Merda! E’ già ora di tornare in ufficio”.

Il dottor Chiumento è in ansia, mentre passeggia nei vialetti del Parco Massari. E’ una bella giornata tiepida che ripaga un week end da dimenticare. Non gli interessa il tempo se è bello o brutto ma vorrebbe conoscere gli sviluppi della signorina Lopiccolo. Non sa nulla e questo gli mette ansia.

“La Presente non si è vista. Ho provato a chiamarla ma risponde un uomo. Che fine avrà fatto?” si domanda senza trovare una risposta soddisfacente.

Si avvia per ritornare in ufficio. La passeggiata non l’ha calmato. Anzi ha rinfocolato lo stato di ansietà che aveva prima di uscire.

“Speriamo che ci siano notizie positive al rientro in ufficio” afferma, cercando di pensare positivo.

Lopapa rimane interdetto. Ha ricevuto due misteriose telefonate, da quando tiene in mano il telefono della ragazza.

“Quali misteri nasconde la signorina Presente?” si domanda, mentre si accinge a provare a chiamare il numero di Teresa.

Però sono state le due chiamate precedenti che lo infastidiscono.

“Uno è un numero privato” si dice, mentre memorizza ora e risposta di questa chiamata. “L’altro è un cellulare. Due chiamate una di seguito l’altra. E tutti i due gli uomini hanno dichiarato di aver sbagliato numero”.

Scuote la testa. Pensa che dovrà chiedere spiegazioni.

“Ci sono state due chiamate sul suo telefono” dice a Ludmilla.

“Chi erano?” domanda pronta.

“Se non lo sa lei, io lo ignoro”.

“Come faccio a risponderle, se non mi dice il chiamante” replica prontamente.

“Uno è un numero privato. Forse tramite un centralino telefonico. L’altro è un cellulare”.

“Se non è associato a un nome, vuol dire che probabilmente ha sbagliato numero” taglia corto Ludmilla.

“E va bene. Facciamo la prova che dici” conclude Lopapa, cercando sotto la T Teresa.

La trova e chiama.

E …

Il mazzo di fiori – parte nona

Ludmilla ammutolisce. E’ basita. Si chiede perché risponde ‘Polizia’ e non Teresa. Sta per chiudere frettolosamente, quando quella voce dalla chiara inflessione romana le pone una domanda.

“Chi sei?”

“Ludmilla” risponde d’istinto, pentendosi subito dopo avere pronunciato il proprio nome.

“Ludmilla e poi?”

“Presente”

“Mi prendi in giro?” replica con tono non proprio amichevole.

“No. Non la sto prendendo in giro. Mi chiamo Ludmilla Presente”.

La ragazza sente ridere dall’altra parte.

“Mi scusi, come fa a rispondere al telefono della collega Teresa?” domanda, uscendo dal guscio.

“Le domande le faccio io, signorina” dice con voce autoritaria.

“Non mi lascio intimorire da lei. La denuncio alla polizia” esclama Ludmilla, che ha dimenticato quale è stata la prima risposta.

“Bene. Cosa denunci. La polizia sono io” dice ridendo l’anonimo conversatore.

La ragazza ammutolisce. Le mancano le parole. Si interroga, perché la polizia ha il telefono di Teresa.

“E’ successo qualcosa a Teresa?” domanda cauta.

“Non lo sappiamo” risponde con tono misterioso. “Ma tu chi cercavi?”

“Chi?” dice facendo una breve sospensione. “Glielo ho detto. Teresa…”

“Teresa e poi?” la interrompe. “Come si chiama questa benedetta Teresa?”

“Teresa Lopiccolo” risponde a malincuore nel fornire tutte queste informazioni a un interlocutore del quale ignora l’identità.

“E’ vero che ha detto ‘Polizia’ ma potrebbe essere un fake. Potrebbe fingere di essere un poliziotto. Perché ha il telefono di Teresa? Perché fino a poco fa era spento o non raggiungibile?” sono le domande che frullano nella testa della ragazza.

“Come faccio a sapere se lei è veramente un poliziotto?” domanda decisa Ludmilla, che si sta riprendendo dallo shock di udire una voce non familiare.

“Ah! Ah!” risponde ridendo. “Decisamente sospettosa. Come fai a verificare? Vieni in questura e chiedi del commissario Ricardo…”.

Un brivido percorre il corpo della ragazza. “Dunque se mi invitano in questura, vuol dire che è successo qualcosa a Teresa” si dice prima di rispondere.

“Commissario Riccardo ? E poi?” chiede non convinta del nome.

“Commissario Ricardo con una sola c. Paolo Ricardo. Ti aspetto” dice chiudendo la conversazione.

Riflette. Qualcosa non torna nella conversazione col presunto commissario.

“Sara” dice, chiamando la ragazza del personale. “Novità su Teresa… sulla Lopiccolo?”

“No. Abbiamo mandato un commesso a casa sua. Aspettiamo che ritorni o ci comunichi qualcosa”.

“Io ho qualche fatto inaspettato. Fresco, fresco…”.

Non sente dire nulla dall’altra parte. Allora prosegue.

“…Ho chiamato il cellulare della Lopiccolo e ha risposto”.

“Ha risposto lei?” esclama Sara visibilmente sollevata.

“No”.

“No? E chi?” chiede con tono ansioso.

“La polizia” replica laconica Ludmilla.

“La polizia? Madonna Santissima… allora è successo qualcosa di grave alla Lopiccolo!” dice allarmata Sara. “Forse sarebbe bene informare il dottor Chiumento di questa novità”.

“D’accordo lo chiamo” e chiude la conversazione.

“Sono Ludmilla Presente. Dottor Chiumento?”

“Sì, mi dica”.

“Ci sono delle novità sull’assenza della signorina Lopiccolo” comincia Ludmilla, subito interrotta dall’interlocutore.

“Assenza della signorina Lopiccolo? Non ne sapevo nulla” afferma con tono deciso il responsabile del personale.

Ludmilla descrive con poche parole i fatti della mattinata.

“Se mi dà il permesso, io uscirei per andare in questura dal commissario Ricardo” conclude la telefonata.

“D’accordo. Al suo rientro potrebbe passare da me?” dice Chiumento.

“Certamente”.

La ragazza si prepara a uscire e raggiungere in bicicletta la questura.

Al piantone domanda cortesemente: “Ho un appuntamento col commissario Paolo Ricardo…”.

“La faccio accompagnare subito. La sta aspettando” risponde il poliziotto con premura e affida la ragazza a un collega.

Dopo un breve tragitto, bussano a una porta al primo piano.

“Avanti”.

“E’ arrivata la signorina…” dice il poliziotto impacciato.

“Accomodati” afferma il commissario, facendo ampi gesti a Ludmilla. E rivolgendosi all’accompagnatore, dice: “Puoi andare. Se ho bisogno, te chiamo”.

Dopo una breve riflessione, prima che il giovane sparisca, gli ordina: “Anzi fai portare due caffè. Lo prendi, vero?”

Ludmilla annuisce col capo mentre si siede di fronte al commissario. Lo osserva. Le sembra molto giovane. Senza dubbio è un bel ragazzo dai capelli castano scuri ben curati. Anche il viso le piace. Regolare con due occhi neri, grandi come un lampione.

“Nun ciai d’avé paura, signorina diffidente!” comincia il commissario, riscuotendola dai suoi pensieri “Sono la polizia oppure no?”

Una franca risata accompagna le parole.

“Non lo mettevo in dubbio” borbotta incerta la ragazza “ma sa…”

“Cosa?” domanda curioso Ricardo.

“…leggono di tante false telefonate…” incespica sulle parole Ludmilla “…che un minimo di prudenza serve…”.

“Ora che dice? Sono o non sono il commissario Ricardo?” la incalza il poliziotto.

“Beh! Forse… sì… ma…” balbetta smarrita.

“Vuoi vedere la mia carta di identità?” le chiede il commissario divertito.

“Uffa! Basta con questa conversazione assurda” replica Ludmilla, riprendendo il controllo delle sue parole. “Ma a Teresa cosa è successo?”

Una bella risata accompagna l’ultima uscita della ragazza. Ricardo l’osserva con attenzione. La trova carina, non bella. Preferisce una donna più formosa. Lei è alta e magra con poche curve. Poi quei capelli biondi, lisci e lunghi fino alle spalle non sono quelli che gradisce maggiormente. Gli piacciono le donne dai capelli corvini e mossi. “Ma che stiamo a fà, Billi e Romigioli? E vabbé non è malaccio” si dice al termine dell’ispezione visiva.

“Mi dica, la prego,” continua Ludmilla interpretando il silenzio del commissario come un evento negativo “Teresa che fine ha fatto?”

“Qui le domande le faccio io” riprende con fare serio il commissario. “Hai detto di chiamarti Ludmilla Presente…”.

“Sì”.

“… e questa Teresa…” continua con tono autoritario il poliziotto.

“…Lopiccolo…” aggiunge la ragazza.

“…Lopiccolo” ribadisce il cognome. “Chi sarebbe?”

“…come le ho detto, è la mia collega di ufficio. E oggi non si è presentata al lavoro e non ha avvertito nessuno” prosegue Ludmilla per nulla intimidita dal tono di Ricardo.

“E allora?” domanda il poliziotto.

“Lei ha risposto al numero di Teresa” esclama la ragazza alzandosi dalla sedia.

“Siediti e calmati” le ingiunge il commissario.

“Mi siedo se lei mi dice cosa è accaduto a Teresa” dice con tono di sfida Ludmilla.

“Non lo so cosa sia accaduto alla tua collega” replica pacatamente il poliziotto.

“E lei perché è in possesso del telefono di Teresa?”

“Ti ho già detto che le domande le faccio io”.

“Ma voglio conoscere che fine ha fatto Teresa” esclama contrariata Ludmilla.

“Non saprei. Dunque dici che questo telefono è di Teresa”.

“Sì. Risponde al numero tre sette zero tre uno…”.

“Veramente il telefono è mio” replica divertito.

“Ma il numero è di Teresa” ribadisce Ludmilla sempre in piedi.

“Certo la sim. Non sappiamo ancora di chi è. Però se dici che appartiene a Teresa… vuol dire che è sua”.

“Dunque mi dice cosa è capitato a Teresa?”

“Non lo sappiamo ma a questo punto…” dice Ricardo, afferrando il telefono.

La ragazza si rilassa un frazione di secondo prima di assumere di nuovo un cipiglio battagliero.

“Dottor Lopapa? Sono Ricardo, il commissario Ricardo che sta seguendo il suo caso”.

Ludmilla non riesce a sentire la risposta ma intuisce che stanno parlando di Teresa.

“Una signorina, Presente Ludmilla afferma che la sim dovrebbe appartenere a una certa Teresa Lopiccolo, collega di lavoro della signorina qui presente…”

La ragazza vorrebbe conoscere quello che i due si stanno dicendo ma non afferra una sola sillaba pronunciata dal dottor Lopapa.

“Va bene tra qualche minuto siamo da lei…”.

“Ma chi è questo Lopapa?” si domanda curiosa.

“A tra poco” replica chiudendo la conversazione il poliziotto.

Ricardo fa un’altra telefonata.

“Anto’ prepara la macchina di servizio. Tra un minuto siamo giù” dice a qualcuno il commissario.

Poi rivolgendosi a Ludmilla, le dice: “Andiamo. Il dottor Lopapa ci aspetta nel suo ufficio”.

Mentre si avviano al portone di ingresso, la ragazza non riesce a trattenere la domanda: “Il dottor Lopapa chi è?”

“La nostra signorina curiosa non smette di fare domande” risponde con tono ironico senza svelare l’identità della persona.

In un batter d’occhio arrivano in via Mentessi.

Il mazzo di fiori – parte ottava

Ludmilla ha letto il giornale ma l’articolo, nel quale si parla del misterioso incidente, non l’incuriosisce. Lei non sa che è avvenuto alle sue spalle. Ignora tutto, perché quel venerdì era troppo presa dal mazzo di fiori e dal biglietto. La domenica pomeriggio scorre uggiosa e senza sussulti. Rilegge solo gli appunti ricavati da Google sulla scrittura senza arrivare a nessuna conclusione. La linea ADSL continua a latitare e il call center a prenderla per i fondelli.

Al lunedì mattina arriva come di consueto in perfetto orario al posto di lavoro e si stupisce dell’assenza di Teresa.

«Forse non sta bene e ha avvertito il personale dell’assenza» dice con se stessa, mentre si collega al sito www.Felicicom.it per segnalare il guasto.

Impreca e si agita, perché deve registrarsi sul sito. Non l’aveva ancora fatto.

“Che due palle!” strepita in silenzio, mentre compila tutti i campi. “Uffa, anche un email di conferma devo mandare!”

Impreca come uno scaricatore di porto, usa il turpiloquio per scaricare la tensione. Tra parolacce e imprecazioni sottovoce riesce finalmente a spedire la sua segnalazione. Che ha come conclusione una garbata mail di riscontro asettica e fredda, generata in automatico da qualche software non umano.

Gentile signora Presente,

abbiamo ricevuto la sua segnalazione e entro tre giorni, come da contratto, risolveremo il suo guasto. Nel frattempo può navigare senza problemi.

Lo staff di Felicicom

www.Felicicom.it

Messaggio generato in automatico.

Noreplay

“Ma che stronzi” impreca sottovoce, rossa in viso per la rabbia. “Pure per il culo mi prendono! Tre giorni per risolvere il guasto? Come da contratto? Ma quale fesseria ho combinato passando da Telecom a Felicicom?”

Non si dà pace. Si agita e prosegue nell’esternare con parolacce il comportamento del gestore. Impegnata com’era, non si ricorda più dell’assenza di Teresa, finché non arriva una telefonata.

“Signorina Presente” dice una voce femminile che Ludmilla non riconosce. “Dai riscontri all’ingresso non risulta entrata la signorina Lopiccolo. Le ha per caso telefonato?”

Sussulta, si guarda intorno con lo sguardo smarrito, prima di rispondere.

“No, Teresa… la signorina Lopiccolo non ha telefonato. Ho pensato che avesse telefonato a voi” replica, associando la voce a qualche nuova collega dell’ufficio Personale.

“Conosce qualche indirizzo della collega assente, dove possiamo rintracciarla?”

“Perché?” domanda stupita.

“Non risponde al telefono di casa…”

“Ha il numero del suo cellulare?” la interrompe Ludmilla sempre più sorpresa.

“Quello pare chiuso, perché segnala che l’utente non è raggiungibile” conclude la voce anonima.

“Io conoscevo solo quello, a dire il vero” borbotta la ragazza, cercando mentalmente di ricordare qualche altro indirizzo.

Un silenzio imbarazzato coinvolge entrambe, prima che lei riprenda a parlare.

“Forse si è sentita male…” dichiara con la voce incrinata dalla preoccupazione. “Non crede che sia il caso di mandare un commesso a verificare a casa?”

“Sì, direi che è la soluzione più razionale. Grazie. Se per caso si fa viva, mi avverta. Sono Sara” dice chiudendo la telefonata.

Ludmilla è inquieta, perché non comprende questo silenzio. Le sembra anomalo.

“In due anni Teresa ha sempre rispettato i regolamenti. Non ha mai sgarrato una volta. Le assenze sono sempre state annunciate in anticipo. Se era ammalata, mi avvertiva la sera precedente o alla mattina prima che uscissi di casa. Cosa sarà successo per impedirle di telefonare?” diceva, osservando il posto di lavoro dell’assente.

Si è dimenticata della sua battaglia col gestore telefonico. Adesso prioritario è conoscere i motivi che impediscono a Teresa di comunicare con lei. Si alza e va alla postazione della ragazza alla ricerca di qualche indizio per rintracciarla.

“Ricordo che parlava di un ragazzo che le piaceva…” disse parlando da sola come una matta. “Però è sempre stata riservata e, a parte quell’accenno appena sussurrato, non ne abbiamo mai fatto motivo di una chiacchierata”.

Scuote il capo, mentre apre un cassetto della scrivania.

“Merda!” esclama, vedendone il contenuto. Solo qualche penna e una cucitrice. “Quest’altro è chiuso a chiave. Questo è vuoto. Ricerca inutile”.

Il tavolo della scrivania di Teresa è ordinato. Non c’è nulla fuori posto, né un post-it, appiccicato al monitor del computer, con qualche annotazione. Ruota il viso verso il suo posto di lavoro e ride.

“Lei ordinata e precisa. Io caotica e confusionaria”.

Anche l’armadietto personale è chiuso. Torna alla sua scrivania ma non demorde nelle sue ricerche. Pensa ai comportamenti di Teresa, quando arriva dopo di lei o esce prima.

“Cosa fa?” si domanda.

Sembra che questi due momenti siano un buco nero, perché non ricorda nulla in particolare.

“Entra. Mi saluta” dice nel tentativo di ricostruire quegli istanti. “Ma, cazzo, che fa? Si siederà pure! Aprirà quel cavolo di armadio! Lo ricordo sempre aperto, quando è in ufficio!”

Scuote la testa. I capelli biondi ondeggiano ma i ricordi continuano a mancare.

“Se è aperto e ora è chiuso, vuol dire che l’ha fatto prima di uscire venerdì! Quel giorno Teresa se ne è andata prima di me! Dunque… Possibile che ci sia un vuoto di memoria?”

Guarda l’ora e impallidisce. Sono due ore che sta in ufficio e non ha combinato nulla. Cerca di concentrarsi ma non ci riesce. Ha un pensiero fisso: Teresa. Si alza di nuovo e perlustra l’altra scrivania alla ricerca della chiave.

“Eppure deve esserci!” esclama infuriata.

Tasta con la mano sotto il bordo ma è tutto liscio. Torna a esaminare i cassetti aperti. Uno è vuoto senza ombre di dubbio, l’altro ha un pennarello rosso, una biro nera e un cucitrice verde.

“No. Nei cassetti non c’è nulla, a meno che non siano magici con cassettini segreti a scomparsa” sbotta senza ridere alla sua battuta.

Si china sotto la scrivania. Vede la base del computer con delle chiavi appoggiate sopra. Le afferra col cipiglio del trionfatore.

“Eccole finalmente!” esclama sorridente.

Apre il cassetto chiuso. Nessuna sorpresa. Un pacco di assorbenti, un taccuino, un’agenda e qualche altra cianfrusaglia di poco conto. Prende il taccuino. Lo sfoglia con cura. Poche le pagine scritte e tutte con annotazioni relative a password e account. Nulla di interessante nell’immediato. Apre l’agenda e sfoglia la rubrica. Qualche nome, qualche numero. Si siede di nuovo alla sua scrivania con taccuino e agenda. Ha deciso di passarli pagina per pagina alla ricerca di qualche chiave per risolvere il mistero. Si sente tanto Poirot o Miss Marple. Sorride. Uno è calvo con due baffetti curiosi, l’altra è una vecchiettina terribile. Due figure lontane mille miglia dalla sua.

Il taccuino continua a deluderla. Solo nomi di account e relative password. L’agenda è un po’ più interessante. Alcuni nomi con relativi telefoni, una data cerchiata per il 10 novembre con accanto un nome: Maria, che compare anche nella rubrica con un numero da utenza fissa. Il prefisso non le dice nulla.

“A malapena conosco quella di Ferrara e Bologna. Telefono oppure no?” si domanda, mentre con la mano arriccia una ciocca bionda. “E poi cosa le dico?”

Sfoglia qualche altra pagina con annotazioni marginali, di poco conto.

Prende il telefono e compone il numero. Suona libero. Uno, due, tre, quattro squilli. Al quinto sente una voce femminile dall’inconfondibile cadenza meridionale.

“Pronti, chi parla?”

“Buongiorno, signora. Cercavo Teresa” dice con tono sicuro Ludmilla.

“Qui non ci sta nessuna Teresa” risponde con voce dura la donna.

“Mi scusi. Devo avere sbagliato numero. Mi perdoni,” aggiunge melliflua “ho composto 0823 75…”

“No. Il prefisso è 0832” risponde troncando quello che Ludmilla si accingeva a dire.

“Oh! Che sciocca! Ho invertito due numeri. Mi scusi ancora per il disturbo, signora…” dice lasciando in sospeso il resto.

“…Maria” aggiunge la donna, abboccando all’esca della ragazza.

“Signora Maria è stata paziente nell’ascoltarmi. Sono Ludmilla. Buona giornata” la saluta chiudendo la telefonata.

“Dunque è la Maria dell’agenda. A quale città corrisponde?” si chiede, mentre digita furiosamente ‘Prefissi telefonici italiani’.

Trova che corrisponde a Lecce. Sorride, perché qualche frammento le torna in mente.

“Teresa mi ha accennato che è nata in Puglia. La città non la ricordo. E poi la famiglia si è trasferita a Ferrara. Lei è rimasta, i suoi familiare sono tornati alla città di origine. Forse Maria è la madre o la zia oppure…”.

Non ha sentito nulla dal Personale e decide di provare a chiamare il numero di cellulare. Comincia a inserire le cifre tre sette zero tre uno…fino a pigiare il tasto col l’icona del telefono. Si aspetta di ascoltare la voce che le annuncia che il cliente non è raggiungibile ma a sorpresa sente uno, due tre squilli e poi una voce maschile.

“Polizia”

Il mazzo di fiori – parte settima

La Nuova Ferrara del 22 settembre 2013

Il mistero si infittisce.

Dal nostro inviato

Il mistero diventa sempre più fitto. La giovane donna, dell’apparente età di trent’anni, è ancora sconosciuta nell’identità. Ma quello che crea maggior suspense in questo momento è la dinamica dell’incidente. Trapella dal riserbo dei vigili urbani una notizia sconvolgente, se fosse vera. La giovane, alla guida della Smart, che si è schiantata inspiegabilmente contro il muro di cinta del Parco Pareschi, sarebbe morta per un colpo di un’arma da fuoco.

I medici del Pronto Soccorso hanno notato un foro sospetto sulla tempia all’altezza dell’occhio sinistro e un altro sulla guancia destra. Il cadavere è in attesa di autopsia. Il magistrato è intervenuto chiedendo tutta la documentazione ai vigili che hanno eseguito i rilievi. La Smart è stata posta sotto sequestro. Sulla vicenda è scesa una capa di silenzio, legata al segreto istruttorio. Le indagini proseguono.

Abbiamo contattato il tunisino, Tarek Ben Hamman, il proprietario della Smart incidentata. Ha negato di conoscere la donna e non si spiega come potesse esserne alla guida. “La Smart era sotto casa, ieri mattina, quando sono uscito per recarmi al lavoro in bicicletta” ha dichiarato al nostro cronista. “Le chiavi erano in casa”. Chi possa averle prese e consegnate alla donna resta un altro mistero da risolvere.

Dunque questo inspiegabile incidente racchiude tre segreti da svelare. Il primo dare un’identità alla giovane donna. Il secondo capire se veramente è stata uccisa con un colpo d’arma da fuoco. Il terzo come sia riuscita a prelevare le chiavi della Smart. Ma forse ci sarebbe un quarto quesito da chiarire, se il punto 2 fosse accertato. Chi aveva interesse a ucciderla?

A tutt’oggi sembra un giallo in piena regola, come se fosse uscito dalla penna di Van Dine, il giallista famoso per i delitti della camera chiusa.

Per il momento ci dobbiamo accontentare di poche notizie e di molti dubbi.

L’uomo ripone il giornale sul tavolino del Caffè del Corso senza dare segni di emozione. Calmo e distaccato finisce il caffè, che è diventato freddo, facendo una smorfia di disgusto. Si alza con calcolata lentezza, ripiega il giornale con cura e paga la consumazione.

Uscito, cammina nella via, non ancora animata della domenica. Poche macchine, pochi pedoni, qualche bicicletta. La solita mattinata domenicale prima dell’animazione del mezzogiorno.

Riflette su quello che ha letto da qualche minuto e si stringe nelle spalle. Sa che è praticamente impossibile risalire a lui. L’unica persona che può farlo è morta. Non era questo il suo piano ma adesso deve improvvisare, andare a braccio e non conosce il finale.

Lopapa, il magistrato di turno, impreca sottovoce nell’ufficio presso il tribunale, mentre legge le carte del caso che gli è capitato fra capo e collo.

“Nemmeno di domenica si sta in pace” esclama, mentre sta fumando il sigaro. Sarebbe vietato, come ammonisce un vistoso cartello alla sua sinistra, ma vista la desolazione del luogo, se lo permette in barba a tutti i regolamenti.

“Devo disporre l’autopsia su come è effettivamente morta” comincia a scrivere su un blocco per raccogliere le idee. “Poi cercare di svelare l’identità della donna. Ah! Dimenticavo. Devo ordinare una ricognizione sulla Smart alla ricerca di un eventuale proiettile. Poi devo nominare un consulente per comprendere il punto dal quale è stato esploso l’eventuale colpo. Poi…”.

Il magistrato si stira sulla poltrona di pelle nera, sbadigliando vistosamente. Allunga le gambe sotto il tavolo.

“Però un caffè ci starebbe bene. Mi schiarisco le idee e poi…”. Si alza e va verso il punto di ristoro al piano, non prima di avere spalancato le finestre per allontanare il puzzo del sigaro fumato e nascondere l’infrazione, che lui dovrebbe sanzionare.

“Caro, Lopapa!” lo apostrofa un collega, dandogli una pacca sulle spalle. “Come mai da queste parti?”

Il magistrato lo guarda male e sarebbe pronto a sparargli contro un insulto velenoso, quando conta fino a dieci prima di replicare.

“Non riuscivo a dormire e quindi…” esclama con un sorriso ironico.

“Non sapevo che soffrissi di insonnia” risponde il collega sorridente.

“Nemmeno io, fino a questa mattina” afferma con una smorfia eloquente del viso. “Posso offrirti un ottimo caffè delle macchinette? Così ci svegliamo entrambi”

“Pensa! MI hai rubato il pensiero” replica con un sorriso sarcastico.

Lopapa lo prende sotto braccio per raggiungere la stanza, mentre mentalmente gli dà dello stronzo. «Chi crede di infinocchiare il nostro Valentuzza! Lui nordista crede di essere superiore agli umili terroni. Sfotti, pure ma le somme si tirano alla fine».

Ludmilla è sempre senza ADSL e non può essere diversamente. Il call center la prende in giro. Le chiede se vuole parlare con un umano ma dopo quindici o sedici minuti di attesa tra musichette sincopate e spot pubblicitari, che le fanno saltare i nervi, sente una voce melliflua che la prega di riappendere e riprovare più tardi oppure di collegarsi al sito www.felicicom.it.

“Merda!” esclama dopo l’ennesima prova di ottenere ascolto. “E pure mi sfotte, lo stronzo! Telecom aveva molti difetti ma il 187 funzionava seriamente. Scaduto il termine, rientro all’ovile”.

Guarda fuori. La giornata non è ottimale ma restare in casa senza fare nulla è deprimente. Decide di uscire.

“Comprerò il giornale e un libro. Almeno avrò qualcosa da leggere”.

Si prepara con calma, perché sa di non avere fretta. Scende e inforca la bicicletta per raggiungere il centro. Si ferma dal giornalaio e compra La Nuova Ferrara. Dopo la pedalata la posteggia nella rastrelliera davanti al Caffè del Corso.

“Un caffè e una brioche integrale vuota” dice al bancone, mentre si osserva intorno.

Tutti i tavolini sono occupati, molti clienti stanno in piedi in attesa di essere serviti. Si stupisce ma ci vuole poco, perché di solito alla domenica poltrisce a letto fino a mezzogiorno tra PC e una rivista, acquistata nei giorni precedenti.

Apre distrattamente il giornale nell’attesa di veder comparire caffè e brioche. Scorre con la vista i titoli, quelli scritti ben in grande. Non ha tempo di leggere gli articoli e si accontenta di quelli.

«Li leggerò con calma a casa, seduta in poltrona» si dice, ripiegandolo con cura.

Fatta colazione, scende per Corso Martiri verso il listone, la grande piazza di fianco alla Cattedrale. Osserva distratta le vetrine. Non si accorge che due occhi la stanno seguendo da quando è uscita dal caffè, dopo la colazione. Cammina assorta nei suoi pensieri, perché continua a pensare al mazzo di fiori.

«Chi sarà mai la persona che mi ha fatto omaggio di quelle magnifiche rosse rosse e bianche?» riflette senza trovare una soluzione al quesito. «Eppure qualcuno deve essere stato. Ma perché? E poi quel biglietto intrigante ‘Può un gesto bastare più di mille parole?‘. Cosa voleva dirmi con quelle parole?»

Sono due le molle che la convincono testardamente a inseguire una risposta: conoscere l’ignoto ammiratore e il perché lo ha fatto. Questi pensieri non l’abbandonano per un attimo. Si stringe nelle spalle, mentre due occhi continuano a seguirla.

Il mazzo di fiori – parte sesta

Ludmilla sposta vaso e biglietto in cucina. Non pare intenzionata a separarsene. E’ in pigiama, irriconoscibile coi capelli irti sul capo e senza trucco. Sembra malata, tanto è pallida. Alza le spalle, perché sa che nessuno la vedrà ridotta in quello stato. Si aggira come un automa per la piccola cucina, perché la mente è tutta rivolta a quello che ha letto sulla grafia fino a pochi minuti prima.

“Una persona creativa e piena di fantasia che però sa rimanere fredda e dolce allo stesso tempo. Un bel rompicapo!” si dice inquieta. Prova a pensare alle persone che conosce senza trovare delle somiglianze.

“E se fosse donna?” ragiona ad alta voce. Questo dubbio riaffiora senza vedere un volto definito. “Veramente…”.

Tra le donne che frequenta o ha frequentato nessuna ha le caratteristiche dell’identikit tracciato da Google. Sembra un miscuglio di volti, shakerati tra loro per dare origine a un mostro, un Frankestein in gonnella. Scaccia l’immagine ma nemmeno tra i pochi maschi che conosce trova delle somiglianze.

“E’ inutile cercare quello che non c’è”.

Apre il frigo. E’ quasi vuoto, come verifica visivamente. Non si stupisce, perché è normale per lei.

“Non amo vedere il frigo pieno” dice ridendo, mentre chiude la porta. “Devo uscire, se voglio mangiare qualcosa”.

Si sente impigrita ma deve scacciare l’apatia. Va in bagno malvolentieri per mettersi in condizione di andare al supermercato un po’ presentabile.

Per Teresa era il primo giorno di lavoro. Piccola, rotondetta e coi capelli ricci si presentò una mattina di ottobre di due anni prima all’ingresso del palazzo, dove aveva la sede la società R&S. Era intimidita. Non conosceva cosa avrebbe fatto e con chi. Mille dubbi si attorcigliavano nella testa, uno per ogni riccio.

“Buongiorno. Sono Teresa Lapiccola. Sono una neo assunta” borbottò, strascicando le parole.

Dalla guardiola la osservarono e poi abbassarono lo sguardo. Teresa allungò il collo senza vedere nulla. «Cosa guardano?» si domandò, mentre udì il clack della porta che si apriva.

“Entri, signorina Lapiccola. E si accomodi nel salottino uno” udì una voce gracchiante fuoriuscire dal vetro.

Spinse la porta e si chiese come aveva potuto udire quelle parole. Il vetro pareva omogeneo e non aveva scorto altoparlanti sulla divisoria. Scosse la testa e si incamminò, cercando il salottino uno.

“E’ il primo a sinistra”. Ancora quella voce metallica suggeriva la direzione da prendere. Teresa pareva smarrita. Udiva ma non capiva come potessero giungere fino a lei le parole. Spinse la porta socchiusa e si sedette su una poltroncina rossa. In punta, appoggiata scomodamente, teneva le mani sulle ginocchia come per darsi coraggio.

“Buon giorno, signorina Lapiccola”. Sobbalzò, perché non si era accorta dell’arrivo di una donna non giovane e nemmeno vecchia. Giudicò che aveva un’età indefinita. Si alzò di scatto, diventando rossa. La signora sorrise e allungò una mano.

“Benvenuta tra noi”.

Teresa non spiaccicò parola. «Bell’inizio!» si congratulò con se stessa, dandosi della somara, mentre stringeva fiaccamente quella mano tesa.

“Venga. L’accompagno nell’ufficio, dove è destinata. Poi il dottor Chiumento la convocherà per fare due chiacchiere” le disse avviandosi verso l’ascensore.

La ragazza la seguì in silenzio. Pareva affetta da afasia, perché non era uscito dalle sue labbra nemmeno un piccolo sospiro.

“Ecco Ludmilla Presente, la sua compagna di ufficio. Le darà tutte le indicazioni” disse con tono professionale e freddo.

Teresa rimase folgorata. Percepì subito che era scattato feeling con lei. Alta, bionda, dalle forme perfette. Le sembrò una diva. Del tutto differente rispetto lei.

“Ciao” le disse, avvicinandosi.

“Teresa” mormorò in maniera appena percettibile. La sua avventura lavorativa cominciava nel migliore dei modi o forse nella maniera più impacciata che avesse potuto immaginare.

Ludmilla, mentre pedala verso il supermercato, ripensa alla prima volta che ha visto Teresa. Non capisce perché riaffiori quel ricordo. Eppure è vivido nella sua mente.

“Una ragazza piccola, cicciotella, come un puffo, e un casco di ricci biondi in testa”. Ecco come le si presenta l’immagine della ragazza. “Era talmente impacciata che a stento ho udito il suo nome. Che impressione ho avuta? Negativa!” dice ridendo, mentre posteggia nella rastrelliera la bicicletta, che chiude con cura.

Scaccia quel pensiero senza risultati apprezzabili. Teresa torna sempre a galla come un sughero.

“Perché scorgo la visione della mia compagna d’ufficio?” si domanda varcando la soglia. “Non mi pare che possa corrispondere alle descrizioni che ho letto. E poi perché doveva mandarmi un mazzo di rose con quella frase?”

Scuote la testa e comincia a girare per le corsie, riempendo il cestello di plastica rossa con quello che le serve. Non ha una lista, né ha un’idea precisa di quello che vuole comprare. Va a tentoni come è solita fare in queste occasioni o forse sempre. Cammina, osserva, prende in mano un prodotto, lo ripone sullo scaffale e prosegue. Ogni tanto ne depone uno nel cestello. Il supermercato si svuota, mentre Ludmilla si aggira ancora al suo interno. Guarda l’ora, sussulta ed esclama: “Capperi! Sono già le due! Il tempo è volato. Mi serve di qualcosa di pronto da fare al volo in pochi minuti! Altrimenti finisce che pranzo, merenda e cena diventano un tutt’uno!”

Sorride a quello che ha appena detto ma non si scompone. Continua con flemmatica lentezza il giro degli acquisti. Oggi vuol godere la vita lentamente.

Controlla il cestello e non vede nulla di veloce da usare subito a casa. Va al banco della gastronomia per acquistare affettati e formaggi.

“Per fortuna non c’è nessuno!” riflette, mentre ordina prosciutto crudo di Parma.

Dà un’occhiata svelta ai piatti pronti. Niente di interessante. Prende un po’ di spinaci già cotti e cipolline al forno come verdura.

Freme perché vorrebbe essere già a casa a consultare il web. Paga e pedala con furia sulla via del ritorno.

Apre il computer e esclama stizzita: “Cazzo, manca la connessione!”

Controlla il router, tutto a posto fuorché la lucina di internet.

“Merda!” continua a imprecare.

Prende il contratto, sottoscritto da appena una settimana, per leggere le istruzioni in questi casi.

«In caso di guasti alla linea ADSL contattare il sito www.felicicom.it oppure comporre il numero verde 800.XXX.YYY. La chiamata è gratuita solo dai telefoni fissi…» legge ad alta voce.

Le verrebbe da ridire, se non fosse incavolata.

“Perché ho lasciato la vecchia e malandata Telecom?” si chiede sconsolata. “Almeno il 187 funziona, anche se spesso ho imparato a memoria i loro stacchetti musicali”.

Composto il numero verde, ascolta la solita voce registrata.

“Tenete il contratto a portata di mano. Se è sì, premette 1, altrimenti un tasto qualsiasi…”.

“Cominciamo bene…” dice Ludmilla, premendo il tasto.

“Premette 1 per un offerta commerciale…”

“Non ci penso proprio” esclama mentalmente.

“2 per la linea ADSL…”

“Perfetto!” esclama la ragazza, pigiando il 2.

“…premette 1, per segnalare un guasto, un tasto qualsiasi per uscire…”.

Senza fare commenti, preme il tasto.

“Per segnalare il guasto, compilate il questionario presente sul nostro sito www.felicicom.it” e ascolta i ringraziamenti per la chiamata.

Ludmila è basita. E’ rimasta senza parole. Si domanda come può scaricare il questionario se manca il collegamento.

“Stronzi!” è la prima parola che le esce di bocca dopo l’afasia totale che l’ha colpita.

“Non posso mica pensare di andare in un Internet point o comprarmi uno smartphone per poter compilare il famoso questionario” urla nel silenzio dell’abitazione.

Torna a osservare il router e le sue luci verdi. E’ tutto come prima.

“Chi posso chiamare?” si domanda. “Carlo? Verrebbe di corsa ma io non lo sopporto. E poi è pronto a fare un buridone1. Altri ragazzi non ne conosco”.

Si siede sconsolata osservando le luci che si muovono inutilmente. Quella buona, di Internet, è spenta.

“E vabbene. Lo farò lunedì dall’ufficio” esclama arrabbiata.

Guarda l’ora e dice scuotendo la testa: “Tanto vale aspettare un paio d’ore. Pranzo e cena saranno un tutto unico”.

Arrabbiata, mentre soffia come una gatta inferocita, mette in frigo gli acquisti del supermercato.

1“buridone” è un termine tipico emiliano eccheccàz. A Ferrara significa saltare addosso. Altrove Merdaio, bolgia.

Il mazzo di fiori – Quinta parte

Inizia una nuova giornata. E’ sabato e Ludmilla rimane nel letto più a lungo a crogiolarsi. La giornata è differente rispetto a venerdì appena passato: più grigia, più umida, più fredda. Non invita ad alzarsi. La mente continua a girare a vuoto sul misterioso ammiratore.

“Chi sarà mai?” si domanda, ammirando lo splendido vaso, riempito da quel mazzo di fiori enigmatico.

Si avvolge nelle lenzuola e guarda l’orologio.

“Sono solo le nove. Dove devo andare?” si chiede, tirandosele fin sotto il mento.

Non ha una risposta, anzi non ne ha nessuna. Le piace porsi delle domande pleonastiche che non hanno una possibile replica.

Non ama poltrire, non ama annoiarsi. Desidera muoversi, essere sempre in movimento. E’ abituata a svegliarsi presto e uscire con qualsiasi tempo, come tutte le mattine della settimana, all’infuori della domenica, quando invece preferisce starsene nel letto. Oggi, no. Non ne ha voglia. Fiori e biglietto sono un mistero che vorrebbe scoprire, che la sta appassionando. Vorrebbe capire chi si nasconde dietro quella frase. La curiosità la pungola ma si limita, al momento, a osservarli sul tavolino nell’angolo della camera.

Vorrebbe un caffè. Anzi vorrebbe che le fosse portato a letto ma nessuno può soddisfare il suo desiderio. E’ single in attesa di un possibile pretendente, che non arriva mai.

“Come dovrebbe essere?” riflette, ben sapendo che nessuno le va a genio.

“Sono difficile e pretenziosa” continua nella riflessione. “Nessuno ha le caratteristiche che desidero”.

Pigramente si stiracchia ma non decide di uscire dalle lenzuola.

Ripensa al giorno precedente. Un mazzo di fiori e uno splendido vaso. Ragiona su quello che ha letto su Google sul possibile autore del biglietto. Scuote la testa, perché non ci ha capito nulla.

“Che vuol dire ‘quadratura’?”

Ludmilla cerca di comprendere cosa significa ma trova semplicemente un’analogia astrologica.

“Le quadrature tra due astri di solito non sono buone. Anzi manifestano contrarietà. Forse lo scrivente, che ha come caratteristica la quadratura, non preannuncia nulla di buono. Sarà vero oppure ho preso una cantonata?”

Decide di alzarsi per prendere il PC dal tavolo di cucina, dove l’ha lasciato la sera precedente. Lo fa a malincuore, perché uscire dal calduccio del letto la disturba.

La ragazza si appoggia alla testata del letto col computer sulle gambe. Ricomincia da Google. Rifà la ricerca. Adesso i risultati sono tantissimi: oltre 2 milioni e mezzo in mezzo secondo. Trova sempre al primo posto ‘Analisi on line della scrittura‘. Si alza di nuovo. Prende una lente di ingrandimento, un righello e un blocco di carta bianca a righe, come quello che ha usato a suo tempo a scuola. Le serve un piano d’appoggio. Si aggira per casa, finché non approda in cucina a prendere un vassoio di legno. Quello che usa per la colazione. Del caffè si è dimenticata, assorbita dalle ricerche di quanto le serve. Finalmente torna a letto, sistemandosi comoda.

Appoggia il biglietto sotto una pagina bianca, avendo la cura di far combaciare il bordo superiore del biglietto con una riga del foglio. Poi ricalca l’intero messaggio sul blocco.

“Fa attenzione!” si dice quando sbava nella trascrizione di una lettera. Suda, impreca, si agita ma alla fine le riesce un lavoro quasi perfetto. Lo ammira e si congratula da sola. «Sono veramente brava!»

Col foglio in mano comincia il test on line dal sito.

“Praticamente le righe sono orizzontali” e passa alla schermata successiva.

Qui entra in crisi. Prende il biglietto e osserva i margini.

“Quello di sinistra com’è?” si chiede, mentre legge le scarne indicazioni presenti. “Parla di due o tre caratteri. E come faccio a saperlo?”

Afferra il righello e misura lo spazio a sinistra.

“Circa 3 cm. Ora misuro tre caratteri… oppure solo due?”.

Controlla ‘Può’ e deduce che le prime due lettere occupano lo spazio di 2,2 cm. E aggiungendo la terza, si arriva a poco meno di 3 cm. Dunque spaziatura normale” esclama trionfante. Che strada avesse scelto la sera precedente, non lo ricorda. Prosegue col margine superiore.

“Le indicazioni parlano di due o tre righe. Qui il messaggio è praticamente centrato, Stesso spazio sopra e sotto. Che faccio? Normale oppure non riesco a decidere?”

Riflette e poi lo considera normale.

“Il biglietto è scritto su due righe, quindi… differisce dall’esempio. Colpo di genio! Secondo me, se avesse riempito il biglietto avrebbe lasciato in alto due o righe, come in basso. Quindi margine superiore normale”.

Quindi di pagina in pagina arriva a leggere il seguente responso.

Caratteristica Principale : Originalità.


La Scrittura Esaminata dimostra un certo equilibrio tra attività e ponderazione, tra lavoro e pausa. L’energia fluisce a dovere sotto il controllo della volontà.

Alcune componenti denotano un equilibrio tra la tendenza di aprirsi agli altri ed all’ambiente e la necessaria prudenza e diffidenza.

Abbiamo poi rilevato che razionalità ed emotività sono ben bilanciate, conciliando armonicamente le componenti tecniche e quelle intuitive.

Questa scrittura inoltre denota un rapporto equilibrato tra costanza ed innovazione, tra il rispetto dei modelli ed il gusto di costruirne di nuovi. Difficilmente avrà grandi fedi o vocazioni ed altrettanto difficilmente avrà grande creatività o immaginazione.

Infine questa scrittura è equilibrata quanto a chiarezza, risultando ragionevolmente leggibile pur con qualche personalizzazione e manierismo. Ciò denota che un sano desiderio di essere compresi convive con un certo margine di indipendenza.

Trascrive il testo sotto la frase ricopiata e scuote la testa. Ne è scaturita una nuova definizione, difforme da quella che ha letto la sera prima.

“Questa mi sembra più chiara!” esclama. “Però ne so quanto prima. Sono ancora in alto mare. Uomo o donna?”

Scuote il capo, perché il mistero invece di chiarirsi si infittisce. Prosegue alla ricerca di qualche altra indicazione.

Scorre l’elenco dei risultati di Google e si imbatte in SAPERECOMEFARE. Rimane incuriosita dalle prime parole.

’15/feb/2013 – Oggi la grafologia si è evoluta nella “psicologia della scrittura“, che va …. assolutamente assurgere a metro di analisi o addirittura diagnosi di…’

La parola psicologia la spinge a leggere il testo. Ci sono esempi con brevi descrizioni.

“Se prima è stato un rompicapo, una specie di scioglilingua, qui si va a spanne. Pochi esempi e lontani dal testo del biglietto. Comunque proviamo a leggere”.

Il primo esempio è relativo a come si scrivono le righe.

“Uhm! Decisamente i tre esempi proposti sono riduttivi” dice pensosamente. “L’unico che si avvicina un pochino è il rigo aderente”.

Legge cosa sta scritto a fianco.

Chi scrive aderente ha una visione realistica delle cose, le accetta così come stanno, non tenta di migliorarle o di cambiarle. Sul lavoro è un valido collaboratore.

“Passiamo sotto. La scrittura è grande o piccola?” si domanda, prima di optare per quella grande. “In realtà sarebbe una via intermedia. Ma pensiamo in grande”. Ride per la battuta.

Chi ha una scrittura grande tiene se stesso nella massima considerazione. È suscettibile, esige soddisfazioni per le offese reali o immaginarie. Tende ad imporre agli altri il proprio stile di vita e il proprio modo di pensare.

Il passo successivo è l’esame della spaziatura. Nuovi dubbi arrovellano la testa di Ludmilla.

“Spazi piccoli? No, di certo. Spazi grandi? Forse! Leggiamo cosa c’è scritto”.

La scrittura con larghi spazi tra le parole esprime un’ampia visione mentale. Appartiene a chi possiede senso critico, è obiettivo nelle valutazioni, lungimirante, non è impulsivo, non si entusiasma facilmente, ha un’inclinazione per le attività intellettuali e per le scienze.

Non ha dubbi sulla definizione di scrittura chiara od oscura.

“Sicuramente è chiara. Anzi chiarissima!”

La scrittura chiara è di chi pensa e agisce con chiarezza. È corretto nel rapporto con gli altri e apprende con facilità.

L’andatura le rimane ostica, come la pendenza.

“Che vuol dire? Scrittura calma o nervosa?”

E’ incerta come interpretare i due esempi.

“Boh! Optiamo per quella calma” decide alla fine.

La scrittura calma indica pazienza, animo quieto, capacità educative, azione pacifica e serena.

Altro dilemma sulla pendenza.

“Oddio. Non pende né a destra né a sinistra. Ma l’esempio visivo è fasullo. Induce a riflettere su qualcosa sul quale non c’è niente da pensare! Dunque eretta”.

La scrittura eretta esprime un atteggiamento piuttosto freddo di chi tiene sotto controllo i propri sentimenti e le proprie sensazioni.

Ormai era quasi arrivata in fondo. E’ rimasto solo l’esame della t e della i.

“Qui si va sul velluto” esclama rilassata. “Esempi chiari e notevole aderenza con lo scritto. Dunque la t ha taglio basso. ‘Esprimono democraticità, disponibilità a tenere conto delle esigenze altrui.‘. La i è chiarissima, perché il punto è un segno particolarmente riconoscibile. Come afferma la noticina è ‘un tratto immediato e spontaneo e rivela con precisione alcuni aspetti del carattere‘. Nessun dubbio nemmeno qui. Il punto è un bel tondo e quindi…” conclude leggendo l’ultima interpretazione.

I punti a forma di cerchio sono di chi in generale aspira alla chiarezza. Le sue azioni e decisioni possono venire danneggiate dall’eccessiva cura dei particolari, che può rasentare la pignoleria.

“E moh! Che me ne faccio?” sbotta delusa. Non sa come mettere insieme questi spezzoni, né gli danno un quadro che possa permetterle di fare una specie di identikit dell’ammiratore.

Si alza. Ormai è oltre mezzogiorno e si dirige in cucina

L'incontro – Capitolo 37

Ora il cerchio si è chiuso e la storia è terminata.
Poi penserò a qualcosa di altro da postare su questo mio blog.
Per il momento godetevi (ma non ne sono sicuro) la lettura.
Arrivederci a presto

Ludmilla e un mazzo di fiori – terza e quarta parte

Parte terza

Calle ambiance
Crista de Sèvres – Calle ambiance

Ludmilla continua a pensare alle rose, al biglietto e come sistemarle in casa. Il sole rosseggia basso sull’orizzonte. E’ stata una giornata calda nonostante che da domani cominci ufficialmente l’autunno. Il suo è un pensiero fisso dove collocare il mazzo, perché non ha mai posseduto un vaso, degno di tal nome.

«Quando mai qualcuno si è scomodato per regalarmi dei fiori? Nemmeno un fiore di campo!» riflette, quando, come folgorata da un’idea improvvisa, si ferma e torna sui suoi passi verso il centro città.

Infila contromano una via laterale piuttosto stretta per raggiungere più in fretta via San Romano.

“Lì sicuramente troverò un negozio dove acquistare un vaso di cristallo” si dice, mentre pedala allegra.

Sta fischiettando un motivetto e ride, perché era da un’infinità che non canticchiava il motivo dei Jethro Tull ‘My God’.

«The bloody Church of England in chains of history requests your earthly presence at the vicarage for tea.»

In poco tempo arriva a destinazione e rammenta che fino a pochi anni prima era piena di negozi e ricca di vita, mentre adesso ha troppe vetrine malinconicamente vuote e opache per lo sporco.

“Non è più la via che ricordavo una volta” dice parlando a voce alta. “Ora si vendono solo cianfrusaglie nei negozi dei cinesi. I quelli storici hanno chiuso o per la crisi del commercio o perché sono morti i vecchi proprietari. Che tristezza”.

Muove la testa per scacciare questi pensieri, mentre, scesa dalla bicicletta, entra in uno dei pochi esercizi storici superstiti, dove si vendono articoli per la casa.

“Vorrei vedere dei vasi di cristallo” dice alla signora che l’accoglie con un sorriso.

“Di che forma o genere?” le domanda cortese.

“Non ho un’idea precisa, a dire il vero” ammette senza provare vergogna.

“E’ un regalo?”

“No, mi serve per la casa ma lo vorrei comunque importante”.

La donna si allontana, mentre Ludmilla si guarda in giro. Era da un paio di anni che non entrava in questo negozio. Lo trova cambiato, forse a causa della nuova proprietà oppure perché sono modificati i gusti della gente. I prodotti le sembrano meno raffinati e più dozzinali, molti oggetti si trovano anche a minor prezzo sugli scaffali degli ipermercati.

E’ immersa in queste considerazioni, quando la proprietaria ritorna con tre vasi di cristallo, che dispone sul banco senza dire una parola. Aspetta che la cliente parli, mentre sorride compiaciuta.

Ludmilla li osserva in silenzio senza chiedere nulla, né prezzo né marca.

“Prendo questo” le dice, indicandone uno che assomiglia a un mazzo di fiori ma forse nemmeno. La forma la colpisce immediatamente, scartando gli altri due, più normali come modelli.

“Ottima scelta. Secondo me è il più bello dei tre” dice la donna. “E’ in offerta promozionale per settembre. Un Cristal Sèvres da collezione. Un autentico gioiello. Solo 288 euro. Pensi: risparmia quasi cento euro!”

La ragazza deglutisce vistosamente senza aprire bocca. Ormai non poteva pentirsi della scelta e fare marcia indietro

«Mi piace la linea ma mi prosciuga le finanze» riflette, rammaricandosi di non aver chiesto in anticipo informazioni sui prezzi, prima di indicare quello che voleva comprare. «Oggi è un giorno speciale. Questo mazzo di fiori richiede un vaso speciale. Crepi l’avarizia!»

“Mi fa una confezione regalo?” le domanda mentre fa un po’ di conti sulle sue finanze non troppo floride, meditando che ha speso quasi tutti i risparmi del mese.

“Certamente!”

Pagato e infiocchettato per bene lo ripone con cura nel cestino anteriore prima di riprendere la strada di casa.

“Respira ancora!”

“No, è morta! Non vedi?”

“Eppure ha mosso gli occhi!”

“Vedi troppi telefilm coi medici del pronto soccorso!” replica uno del 118.

“Ti dico che ho visto muovere gli occhi. Ne sono certo. I pompieri non arrivano più?” riafferma con decisione l’altro.

“Non lo so” risponde alzando le spalle.

Nel mentre la piccola folla iniziale si ingrossa e il traffico rimane bloccato.

“Cosa è successo?” chiede una donna grassa con la bicicletta.

“C’è stato un incidente” dice un uomo dai capelli bianchi.

“Si è fatto male qualcuno?” domanda una ragazza che allunga il collo per meglio osservare la scena.

“Non lo so. C’è l’ambulanza e non sta caricando nessuno” replica un ragazzo col viso segnato dall’acne.

Le sirene dei vigili si smorzano, quando arrivano, facendosi largo tra la folla che occupa quasi tutta la strada.

Una vigilessa in carne cerca di far muovere l’ingorgo di macchine ferme. I primi clacson cominciano a strombettare. I pompieri sono bloccati nel traffico a trecento metri dal posto dell’incidente, finché un altro vigile non riesce ad aprire un pertugio per passare.

Dopo un’eternità il corpo viene estratto dalla Smart accartocciata contro il muro e caricato sull’ambulanza che a sirene spiegate corre verso l’ospedale che dista qualche chilometro.

La folla se ne va senza capire nulla della dinamica, perché ormai la curiosità è stata soddisfatta. Rimane la macchina ridotta a un ammasso di lamiere contorte, i segni sul marciapiede e i vigili che cercano di disciplinare il traffico. Scattano le foto, fanno i rilievi, si guardano intorno alla ricerca di qualche testimone, trovando solo il vuoto. Ormai è quasi buio e i lampioni si accendono prima con una luce rosata che diventa sempre più bianca. Il carro attrezzi staziona tranquillo, quasi sonnacchioso in attesa di risvegliarsi dal letargo e di imbarcare l’auto distrutta.

La giornata volge al termine.

Parte quarta

Ludmilla raggiunge l’abitazione col vaso ben infiocchettato e col mazzo di fiori, mentre la curiosità di conoscere l’ignoto ammiratore cresce in lei.

E’ veramente bello questo vaso. Un po’ caruccio…” dice ad alta voce, arricciando il naso. “…Ma ne valeva la pena”.

Sistema con impegno e precisione contenitore e rose, mettendoli in bella evidenza. Si ferma ad ammirare l’acquisto e l’omaggio floreale e continua a pensare a chi possa aver scritto quel biglietto.

Una grafia ordinata, precisa e asessuata” dice rileggendolo, mentre lo osserva con attenzione. “Le O sono tonde, le I hanno l’occhiolino. Le lettere sono raccordate tra loro senza stacchi. Chissà cosa significa tutto questo”.

Va in cucina per prepararsi qualcosa di veloce. Ha fretta di concentrarsi sul messaggio e sulla grafia. Sulla tavola sistema vaso e biglietto, che appoggia alla base di questo. Li osserva, mentre mangia mozzarella e insalata.

Sembra che abbia un chiodo fisso: capire il senso dell’omaggio e della bella frase, che legge in continuazione. Finisce in fretta la cena, perché vuol aprire il portatile e fare qualche ricerca in rete.

Su Google imposta ‘Esame della grafia’ e osserva i risultati: 153.000 voci trovate in 15 secondi.

Troppe” esclama sconsolata, scorrendo l’elenco. Il primo è ‘Analisi online della scrittura‘. Accede al sito, legge le istruzioni per analizzare le corrispondenze scrittura-significato.

Inizia a seguire le indicazioni per giungere all’individuazione della tipologia di grafia. Confronta biglietto con esempi di scrittura, finché non arriva al termine del test.

Ludmilla legge con avidità il responso.

Caratteristica Principale : Quadratura.


La scrittura esaminata dimostra un certo equilibrio tra attività e ponderazione, tra lavoro e pausa. L’energia fluisce a dovere sotto il controllo della volontà.

Alcune componenti denotano un equilibrio tra la tendenza di aprirsi agli altri e all’ambiente e la necessaria prudenza e diffidenza.

Abbiamo poi rilevato che razionalità ed emotività sono ben bilanciate, conciliando armonicamente le componenti tecniche e quelle intuitive.

Questa scrittura inoltre denota un rapporto equilibrato tra costanza ed innovazione, tra il rispetto dei modelli ed il gusto di costruirne di nuovi. Difficilmente avrà grandi fedi o vocazioni ed altrettanto difficilmente avrà grande creatività o immaginazione.

Infine questa scrittura è equilibrata quanto a chiarezza, risultando ragionevolmente leggibile pur con qualche personalizzazione e manierismo. Ciò denota che un sano desiderio di essere compresi convive con un certo margine di indipendenza.

Arrivata in fondo, ricomincia la lettura.

“Cosa vogliono dire queste parole?” si domanda, arricciando una ciocca dei capelli nervosamente. Non ci capisce molto e rilegge il risultato con curiosità. Non comprende per nulla chi potrebbe essere il potenziale ammiratore.

“Ma sarà un ammiratore? Oppure…”.

Il dubbio la sfiora ma lo ricaccia indietro. Rifà una nuova lettura del responso con la speranza di avere un lampo, un’intuizione che squarci quel velo di nuvole che le oscurano la mente.

“Che vuol dire ‘QUADRATURA’?” si domanda dubbiosa. “Poi non dice nulla se è un uomo o una donna. Parla genericamente di equilibrio, di volontà ma nulla più. Sono al punto di partenza. L’ignoto ammiratore continua a rimanere tale”.

Scorre la pagine fino in fondo e seleziona una ricerca correlata. ‘Calligrafia e Personalità’.

“Chissà se scopro qualcosa” dice mentre quasi istantaneamente le viene proposta la pagina iniziale dei risultati.

“Nulla di nuovo. Tutti vogliono qualche soldo per qualcosa che non merita”.

Continua a gingillarsi col biglietto. Ormai è diventata un piccola ossessione.

“Devo scoprire l’autore del biglietto. E’ se fosse donna?”

Un dubbio inquietante le tarla il cervello. Ha sempre pensato al maschile ma mai al femminile.

“Se fosse donna, cosa significherebbe questa bellissima frase?”

Passa il tempo, lo schermo del TV al plasma mostra delle immagini che scorrono senza che Ludmilla le fissi nella mente. Il suo unico pensiero è conoscere chi ha scritto il biglietto e la grafia non le viene in soccorso.

“E’ inutile” si dice, scuotendo la testa con i capelli ricci e lunghi che si agitano in qua e in là.

Si avvia in bagno a prepararsi per la notte.

Dal quotidiano di Ferrara del giorno successivo

la Nuova Ferrara – 21 settembre 2013

Inspiegabile incidente ieri sera in centro storico. Muore una giovane donna

dal nostro inviato

Ieri sera circa alle 18 in Corso Giovecca una giovane donna ha perso la vita, andando a sbattere contro il muro di cinta del Parco Pareschi. Trasportata al Sant’Anna di Cona, vi è giunta senza vita. Il decesso con ogni probabilità è stato istantaneo a causa del botto contro il muro. La dinamica dell’incidente è alquanto misteriosa e dubbia, perché non ci sono tracce di frenate sull’asfalto, né il coinvolgimento con altri mezzi. Fortunatamente sul marciapiede non transitava nessuno, altrimenti ci sarebbe stata una strage. I vigili urbani, accorsi dopo qualche minuto sul luogo dell’incidente, non si pronunciano, perché è tutto inspiegabile e qualsiasi ipotesi potrebbe essere valida. E’ emerso successivamente che la Smart è intestata a un tunisino in regola col permesso di soggiorno. Interpellato, non sa dare una spiegazione perché a guidarla fosse una giovane dall’apparente età di trent’anni, della quale non si conosce l’identità per assenza di documenti di identificazione. Dunque un mistero nel mistero avvolge questo episodio inquietante. Questo rende ancor più complicata la ricostruzione di quello che è avvenuto prima e dopo l’incidente. L’ipotesi più accreditata è che la ragazza abbia avuto un malore, perdendo il controllo del mezzo. Le indagini proseguono.

 
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Il mazzo di fiori – prima e seconda parte

Riprendo un romanzo, nato per caso e pubblicato le prime due parti pubblicato su questo blog e le altre due parti su Caffè Letterario. E’ stata una specie di sfida con Ludmilla che aveva postato un grazioso post con al centro un mazzo di fiori e relativo biglietto, chiedendo chi poteva essere. Da gioca nasce gioco e così ho proseguito nella scrittura.
Per comodità, spero, le ripubblico qui oggi e domani in modo che il lettore non debba trafficare troppo coi link alle quattro parti.
Oggi saranno riporposte unite la prima e la seconda parte. Domani la terza e la quarta. Poi la pubblicazione assumerà una cadenza settimanale in una giornata non ancora decisa.
Buona lettura.
Prima parte

“Un mazzo di fiori?” esclama Ludmilla, quando dopo la corsa mattutina in bicicletta entra nell’ufficio.

Si avvicina curiosa e trepidante, perché ha visto anche il classico biglietto appuntato con la spillatrice al cellophan della confezione.

«Può un gesto bastare più di mille parole?»

Rimane interdetta e piacevolmente sorpresa. Fiori e parole per lei vanno a braccetto.

Ludmilla è una bella ragazza solare e allegra ma poco disponibile a dare troppa confidenza a chiunque. Nutre una certa diffidenza verso chi le da del tu al primo incontro, che le rifila pacche sulle spalle e le parla come se si conoscessero da quando si sono trovati una accanto all’altro nella nursery dell’ospedale.

“E no! Lasciami almeno il tempo di capire chi sei! Poi sono pronta a concederti tutta la fiducia che vuoi ma al buio no!” Era questa la classica riflessione che faceva quando incontrava per la prima volta una persona che si comportava così.

Tutte le mattine, inforcata la Bianchi Gran Turismo, fa i due chilometri che la dividono dall’ufficio. Immancabilmente sia col sole, sia con la nebbia. Con la pioggia e la neve ricorre al bus, che lei aspetta pazientemente alla fermata vicino a casa.

Alle sette la sveglia la tira giù dal letto e con gli occhi assonnati e semichiusi si dirige in cucina per mettere sul fuoco la moka per il primo caffè della giornata.

“Se avessi un compagno…” riflette appoggiando il capo sul bancone, pronta a schiacciare un nuovo pisolino nell’attesa di sentire il gorgogliare che profuma di caffè. “Se avessi un compagno, me lo porterebbe a letto. Invece…”. Un nuovo lungo sospiro accompagna l’aroma inconfondibile che risveglierebbe anche una morta di sonno come lei.

Dopo la solita trafila del bagno per i trucchi e del rovistare nell’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare scende nel box per recuperare la Bianchi dalla tipica livrea azzurra e farsi i due chilometri che la separano dall’ufficio.

Tutte le mattine di ogni mese, estate e inverno, è la consueta pedalata che la sveglia totalmente, sentendo il frusciare del vento sulla pelle del viso.

“Oggi è il 20 settembre ed è venerdì. La settimana si chiude qui e domani è il primo giorno d’autunno” dice Ludmilla che sta entrando nell’ufficio, scoprendo che un ignoto ammiratore le ha fatto un omaggio floreale. Rosse rosse e bianche con qualche rametto di verde a far da cornice.

Si volge verso Teresa, la compagna con la quale condivide quello spazio, per interrogarla sull’ipotetico spasimante, perché nel suo immaginario pensa immediatamente al più classico dei principi azzurri, che arriva sul destriero bianco. Istantaneamente scaccia questa fantasia improbabile, perché finora del mitico principe azzurro non ne ha scovato le tracce. In realtà finora non ha incontrato nessuno di suo gradimento.

“Chi ha portato il mazzo?” le chiede con un filo di voce appena tremolante.

“Non lo so” risponde candida. “Era già qui, quando sono arrivata”.

“Eppure non può esserci arrivato da solo” replica Ludmilla con tono più rinfrancato.

“Chiedi in portineria. Forse loro lo sanno. Di certo è passato di lì”.

Detto e fatto: fa un salto all’ingresso ma la curiosità rimane intatta. Nessuno sa nulla. Nessuno ha visto entrare un mazzo di fiore. Nessun fattorino ha consegnato fiori.

“Forse” azzarda uno degli addetti. “Forse era nascosto sotto un impermeabile…”.

“Ma non è presto?” domanda stupita.

“Qualcuno lo porta già” risponde pronto.

“Chi sono i freddolosi?” chiede con tono incalzante Ludmilla.

“Non lo so” replica infastidito, alzando le spalle.

Delusa ritorna sui suoi passi. Il mistero continua. Anzi diventa più fitto.

“Non è possibile che si sia materializzato da solo” ragiona, rileggendo quel cartoncino color crema, dove una mano ignota ha vergato «Può un gesto bastare più di mille parole?» con una penna stilografica e inchiostro color seppia, perfettamente intonato al biglietto.

“Chi può essere?” si domanda nuovamente rigirando tra le mani quel rettangolo di carta di Pineider, raffinato e importante.

Si siede e tenta di concentrarsi sul lavoro. Niente da fare, il pensiero è fisso come un chiodo nel muro. Osserva colleghi e colleghe, quando entrano per conferire con lei nella speranza di cogliere un segno, un impercettibile indizio della mano misteriosa che ha vergato quella frase, che continua a frullare nella testa.

Qualcuno entra, lanciando un’occhiata distratta al mazzo che sta in modo appariscente sulla scrivania. Altri non lo notano per nulla come se fosse trasparente. Alcuni sorridono e azzardano un commento sul tipo «Compi gli anni?».

Nemmeno le telefonate sono d’aiuto. Tutte impersonali, distaccate, nessuna battuta o commento. Nulla di nulla. L’ansia di sapere cresce senza che uno spiraglio la illumini.

La mattina scorre lenta come se il fiume impetuoso, che scandisce il tempo, sia diventato un rigagnolo appena accennato, dove l’acqua ristagna tra i sassi.

Finalmente scocca l’ora della pausa pranzo. Ludmilla di solito inforca la sua Bianchi e con pedalate eleganti e decise torna nell’appartamento da single dove abita. Oggi però non ne ha voglia, preferisce fermarsi nel bar sotto l’ufficio a farsi un tramezzino e un bicchiere di vino bianco. Vuole camminare, riflettere, smaltire la curiosità. E pensa, mentre oziosa percorre i portici del Duomo. Le vetrine non la catturano, le persone sono fantasmi, mentre cerca di dare un senso a quel biglietto.

“Chi conosce la mia morbosa passione per la lettura?” si domanda, rigirando per l’ennesima volta quel biglietto.

Nessuna risposta fa capolino. Nell’ambito lavorativo nessuno è a conoscenza questo suo smodato amore per i libri. Mai una volta ha portato con sé al lavoro un volume, nemmeno tenendolo nascosto nella capace borsa che porta a tracolla. Nessuno di sua conoscenza l’ha sorpresa a leggere né di nascosto né apertamente.

Alla ricerca del biglietto fruga di nuovo nelle tasche, dove l’ha riposto. Si siede su una panchina all’ombra di una maestosa quercia e lo esamina con attenzione.

“Questa grafia è maschile o femminile?”

Nota le lettere arrotondate senza svolazzi, ordinate e precise. Consonanti e vocali sono unite tra loro, esattamente allineate come se posassero su un ipotetico filo perfettamente diritto.

“Potrebbe essere un uomo come una donna. Nessun indizio dichiara il sesso dello scrivente”.

Continua a pensare al maschile, non disdegnando una mano femminile.

“Chi usa ancora la stilografica?” si domanda incredula. “Ma sì! Solo un uomo potrebbe farlo! Solo un uomo sui quarant’anni potrebbe avere il vezzo di utilizzarla come indice di originalità e distinzione”

Di nuovo ripone con cura nella tasca interna della borsa il prezioso cartoncino e riprende la via dell’ufficio.

Mentre cammina assorta e dubbiosa, un viso la osserva e sorride.

“Quante volte ti ho vista entrare da Feltrinelli e sederti nel salottino a leggere qualche pagina di un libro. Quante volte sei uscita dalla libreria con un romanzo sotto il braccio” riflette sorridente. “Un mazzo di fiori ti ha spiazzata”

Parte seconda

La segue con l’occhio vigile e lucido, poi con le gambe. La può lasciare correre avanti in tutta tranquillità, perché sa perfettamente dove sta andando. Ludmilla è un libro aperto, come quelli che compra in libreria.

Quando la vede scomparire nell’ingresso dell’azienda dove lavora, accelera il passo, perché deve tornare in ufficio.

La ragazza non si è accorta di nulla, assorta nei suoi pensieri, ma non le era possibile perché ignora l’identità di quella misteriosa persona. Passata la portineria, sale le scale e entra nell’ufficio ancora vuoto. Si siede e osserva il mazzo con cura come se una folgorante ispirazione la guidasse a capire da dove arriva. La carta è anonima, la confezione potrebbe essere di un fiorista qualsiasi.

“Di sicuro non viene da un posto remoto tramite un servizio tipo Interflora. Di negozi di fiori non ce ne sono molti in città. Sono rimasti in pochi. Ma quale sarà?” si domanda, riafferrando il biglietto che era scivolato fuori dalla tasca.

Torna a guardare le rose, che non paiono soffrire la mancanza di acqua. Le sembrano vive, pronte a sorriderle, forse in modo enigmatico.

“Stasera come le porto a casa?” riflette, ricordando che non ha vasi adeguati. Non ci pensa per nulla di lasciarli in ufficio ad appassire.

«Rimane il problema dove collocarli. Comprare un vaso non ci penso proprio. Ma come faccio?» riflette, mentre un brivido le corre lungo la schiena.

“Ciao”.

Ludmilla sobbalza per lo spavento.

“Ti ho fatto paura?” domanda Teresa visibilmente dispiaciuta.

“Ero soprappensiero” risponde sollevando gli occhi.

“Non sei andata a casa?”

“No, non ne avevo voglia. Sono rimasta in città a gironzolare un po’…”.

“E a fare lo Sherlock Holmes!” soggiunse la collega.

Ludmilla arrossisce e non replica.

“Trovato qualcosa?” le chiede Teresa.

“No”.

“Eppure in qualche modo sono arrivati fin qui. Di certo non in volo”.

“Sì ma non capisco il gesto”.

“Un tuo ammiratore segreto!”

“Tanto segreto che non so come ringraziarlo” conclude Ludmilla con una punta di inquietudine.

Le viene un dubbio perché a presidiare la portineria si alternano due gruppi. Quello del mattino stacca alle 14 e quello del pomeriggio stacca alle 22.

“Forse sono arrivati ieri sera” dice in un sussurro, abbandonandosi sullo schienale della poltrona.

“Cosa?” domanda Teresa che non ha ben compreso quello che la collega stava borbottando.

“I fiori”.

“Come sono arrivati?”

“Non lo so ma vado a sentire il secondo turno, quello pomeridiano” dice alzandosi di scatto per precipitarsi fuori.

Arrivata in portineria trova due guardiani differenti rispetto alla mattina.

“C’eravate voi ieri pomeriggio?”

“Certamente. Come tutti i giorni di questa settimana” risponde uno dei due.

“Per caso hanno consegnato dei fiori per Ludmilla Cherchi?” domanda speranzosa.

“Sì. Perché?”

“Ah!” esclama felice. “Chi li ha consegnati?”

“Non saprei dirlo con certezza. Era un ragazzo coi capelli lunghi”.

“Ma no! Hai visto dei film!” esclama il collega. “Era una ragazza talmente magra che avrebbe potuto essere scambiata per un ragazzo”.

“Ma non ha detto nulla?” richiede con la speranza di scoprire qualcosa.

“Solo questo ‘Devo consegnare questo mazzo di rose alla signorina Ludmilla Cherchi’ e io l’ho accompagnata nel suo ufficio, perché pensavo che fosse ancora dentro”.

“Accidenti. Ieri pomeriggio ero in permesso” borbotta delusa.

Ringrazia i due guardiani e ritorna a capo chino in ufficio.

“Allora Sherlock?” le domanda ironica Teresa.

“Ne so quanto prima. E’ venuta una ragazza ieri pomeriggio alle diciotto. Chi sia e da quale fiorista sia stata incaricata non lo sa nessuno” replica affranta e delusa.

“Ha scelto un orario curioso per una consegna” nota con un pizzico di ironia la collega.

“Sì. Insolito e ben scelto per rimanere anonimo. I guardiani, non avendomi visto uscire, hanno pensato che fossi in straordinario e l’hanno accompagnata fino al nostro ufficio, trovandolo vuoto”.

“Per forza! Ero uscita un quarto d’ora prima. Però non sono convinta della casualità della consegna”.

Ludmilla rimane in silenzio e riprende a lavorare, anche se distratta dal pensiero di scoprire l’anonimo ammiratore.

Mentre la ragazza è immersa in mille congetture, un’altra persona sorride beffardamente.

“Immagino che sia in preda di mille dubbi nel tentativo vano di scoprire chi le ha mandato quel mazzo di fiori”.

Una telefonata interrompe le sue riflessioni che riprendono al termine della lunga conversazione.

“Ti conosco troppo bene per fare passi falsi. So quali sono i tuoi orari, quando sei in ferie. Non c’è angolo della tua vita che mi sia ignoto. Ti ho studiata, analizzata. Voglio rendere la tua vita…”.

Un nuovo squillo mette fine a questi pensieri.

Ludmilla alle cinque esce come al solito con un grande mazzo di rose. Prende la Bianchi e posa nel cestino davanti i fiori. Pedala con calma per evitare che cadano per strada.

Una macchina si stacca dal marciapiede e la segue a distanza.

Si muove lenta nel traffico cittadino, quando all’improvviso si ferma di schianto contro il muro del giardino Pareschi.

“É morta!”

“No, respira ancora!”

“Ti dico che è morta!” ribadisce una donna. “Guarda quando sangue esce dalla testa e scivola di lato dalla bocca”.

Sirene e lampeggianti blu appaiono sulla scena. Si fermano e prestano soccorso.

“Servono i pompieri!” dice concitato uno del 118.

Ludmilla pedala tranquilla, ignorando che una macchina la seguiva e adesso è immobile sul marciapiede contro un muro.

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