Il mazzo di fiori – parte ventiseiesima

Felice si domanda cosa sa la ragazza di lui. L’ha seguita più volte ma lei non ha mai dato segno di conoscerlo. Pensa che questo sia un buon segno.

“Più resto anonimo, più tengo lontano i guai” riflette, mentre nel letto finge di vedere la televisione.

E’ single ma gli piacciono le donne e Teresa era un bocconcino niente male. Scuote la testa perché questa sua passione sta rischiando di travolgerlo.

“Mi ha accusato di essere il padre di suo figlio! Ma non è vero assolutamente! Ho usato tutte le precauzioni del caso, anche se lei rideva di questo! Ma ero il solo uomo che frequentava?” si chiede, spegnendo la TV.

“L’avrei anche sposata ma lei mi prendeva in giro. Mi diceva che non era una donna da mettere in gabbia! Forse aveva ragione ma me ne ero innamorato. Avevo perso la testa”.

Però adesso trema per il timore di essere coinvolto in questa brutta storia. Sa che ne uscirebbe bene. E’ in grado di giustificare tutto ma finire sulle cronache cittadine proprio non gli garba.

“E’ meglio starne fuori” dice, spegnendo la luce nel tentativo di dormire un po’.

Chiumento si gira nel letto, incurante degli sbuffi della moglie.

“Cos’hai?” gli chiede infastidita la donna. “Non stai fermo un attimo!”

Lui non risponde. E’ inquieto. La vicenda di Teresa l’ha messo in apprensione. Deve fingere sia in ufficio sia a casa. Lo stress lo sta divorando.

“Si può sapere cos’hai?” domanda sbuffando irritata. Prende il cuscino e scende dal letto per dirigersi verso la camera degli ospiti.

“E vattene” si dice in silenzio Chiumento, per nulla addolorato dalla defezione della moglie. Si sopportano a vicenda da anni. Ognuno conduce la propria vita fregandosene dell’altro ma non pensano minimamente a divorziare. “Troppe grane, troppo gossip. Meglio fingere di essere una coppia unita” convengono entrambi. Le due figlie sono grandi e tra non molto se ne andranno, lasciandoli soli con la loro insofferenza reciproca.

“Quella strega di Teresa ha tessuto bene la sua tela. Mi ha impietosito per farsi assumere. Si è dimostrata disponibile al sesso. Anzi l’ha proposto lei esplicitamente. Io come un tordo ci sono cascato. Non chiedeva nulla, anzi era riservata più che mai. In ufficio mi dava del lei. Mi chiamava dottor Chiumento. Nessuno ha mai sospettato che ci fosse qualcosa tra noi. Sembrava una situazione ideale, finché… non è uscita con quella richiesta. Una barcata di soldi per stare zitta oppure avrebbe spifferato ai quattro venti che era incinta per colpa mia! Una puttana altro che donna innamorata!”

Si interroga se Teresa non ha lasciato documenti compromettenti per lui. Scuote la testa incredulo, pensando che lui, un uomo di cinquant’anni, stava con una ragazzina che avrebbe potuto essere sua figlia. Però lo aveva fatto ringiovanire nello spirito e dimenticare quella vecchia frigida di sua moglie. Erano lustri che non faceva più sesso con lei. “Per la precisione dopo la nascita di Lorenza, la secondogenita” conferma ripensando ai momenti di piacevoli sensazioni trascorsi con Teresa.

“Avrei voluto ucciderla, dopo che aveva minacciato lo scandalo. Sarei stato disponibile ad assoldare un killer per farla fuori ma…” riflette mentre scivola in un sonno agitato e poco ristoratore.

Carlo, seduto sul divano, sorseggia una Heiniken ghiacciata. E’ tranquillo anche se un po’ amareggiato perché Ludmilla non ha risposto al suo sms. Sorride sornione e ne conosce i motivi.

“Come poteva rispondere, se ho nascosto il numero?” dice ridendo.

Poi un’ombra passa davanti ai suoi occhi. Posa la bottiglia di birra sul pavimento e riflette sugli ultimi avvenimenti. Qualcuno lo aveva invitato a inviarle un mazzo di fiori e scriverle un biglietto enigmatico. “Lei è perdutamente innamorata di te” gli aveva suggerito subdolamente. E lui aveva abboccato. “Perché uno solo?” si era detto. Così aveva deciso di mandarle ben due mazzi assieme a frasi intriganti. Non ci aveva riflettuto neppure un attimo su quell’invito. Non si era posto neppure una domanda, perché uno sconosciuto, o quasi, lo spingeva a quel gesto d’amore tanto folle, quanto inutile.

“Sì, inutile” afferma, riafferrando la bottiglia. “Lei non mi ama, né credo che lo farà in futuro”.

Dopo una lunga sorsata posa nuovamente la Heiniken sul pavimento.

“Chi è veramente quel tizio? Perché ha affermato che lei mi ama alla follia? Come fa a conoscerla e a sapere questi particolari?”

Si abbandona sullo schienale del divano e chiude gli occhi. L’innamoramento gli ha giocato un pessimo scherzo, facendo perdere la razionalità di cui è dotato. Si interroga quali obiettivi in realtà nascondeva quel suggerimento. Quella persona conosciuta quasi casualmente al bar di fronte al Castello sembrava invece ben informata su di lui.

“Devo chiamarla” si dice, afferrando il telefono. “Voglio chiarire un particolare, perché un dubbio sta affiorando nella mente”.

Sta componendo il numero di Ludmilla, quando sente suonare alla porta. Lascia il telefono sul divano e va al videocitofono. Ha un motto di sorpresa.

“Ciao” dice un volto conosciuto. “Posso salire un attimo?”

“Sì” risponde Carlo, colto in contropiede da quella apparizione, e apre il portone.

Sull’uscio di casa riflette per quale motivo è venuto a trovarlo. Da oltre una settimana non l’aveva visto né sentito.

“Ciao, accomodati” gli dice, mettendosi da parte.

L’uomo entra e poi si gira verso Carlo.

Flop! E Carlo si affloscia sul pavimento.

Ricardo è inquieto. Gli ultimi eventi non gli piacciono. “Ne devo parlare con Carmelo domani. E’ meglio fare chiarezza su alcuni particolari” mormora nel dormiveglia.

Dorme vestito, perché ha la sensazione che possa succedere qualcosa di strano. La telefonata di Ludmilla è stato un campanello d’allarme, le riflessioni in ufficio gli hanno messo fretta di approfondire alcuni aspetti che sono stati sottovalutati.

Ricardo occupa un bel bilocale luminoso non molto lontano dalla questura. E’ single e finora non ha pensato a farsi una famiglia. “Questo mestiere è faticoso e non consente molti svaghi. Non ci sono orari, feste comandate e ferie. Di sicuro non sarei in grado di stare molto insieme a loro. Quindi…” aveva detto più volte a chi gli chiedeva perché non aveva preso moglie. Una donna a ore gli tiene in ordine l’appartamento, lava e stira camice e indumenti intimi. Il resto lo porta nella tintoria sotto casa, con la quale ha stipulato una specie di contratto. Per il mangiare si arrangia. Se non ha voglia di prepararsi qualcosa, fa un salto in una trattoria vicino alla questura oppure in pizzeria da Pulcinella.

Ricardo continua a girarsi inquieto nel letto, mormora parole sconclusionate e pensa a Ludmilla. Gli piace la ragazza e avverte che anche lei prova qualcosa verso di lui. Ricaccia indietro questo pensiero ma il viso liscio e quegli occhi azzurri ritornano sempre lì, davanti a lui.

Sbuffa, scalcia le coperte, non riesce a dormire, quando un trillo insistente mette fine al suo non sonno.

“Chi è che rompe?” si chiede mentre osserva le luci della radiosveglia.

“Pronto” dice, rispondendo al telefono.

“Ah! Commisa’, t’ho svegliato?”

“No, no! Facevo quattro passi per il letto. Svelto dimmi, perché altrimenti mi riaddormento” esclama il commissario alquanto infastidito.

“Hanno trovato un morto ammazzato”.

“E mi chiami per questo alle due di notte?” replica inferocito Ricardo. “Chi è di turno stanotte?”

“Princigalli, commisà…”.

“…allora che muova il culo lui” esclama ancor più infuriato per la telefonata.

“S’è mosso ma il dottor Lopapa ha chiesto esplicitamente di lei” risponde con tono sommesso il centralinista della questura.

“Potevi dirlo subito” dice Ricardo stupito.

“Non ce l’ho fatta…”.

“…e il morto ammazzato dov’è?” domanda, interrompendo le giustificazioni.

“E’ in via Frescobaldi…”.

“Ho capito. Avverti il magistrato che tra dieci minuti arrivo” dice chiudendo la conversazione.

Impreca sommessamente, mentre infila le scarpe e prende le chiavi della macchina.

“Me lo sentivo che sarebbe stata una brutta notte. Chissà perché Carmelo vuole proprio me. Ora volo là e lo imparerò” borbotta, mentre chiude la porta del bilocale.

Il mazzo di fiori – parte venticinquesima

Ricardo è nel suo ufficio dopo la lunga chiacchierata con Lopapa. Analizza gli schemi del procuratore. Qualcosa non gli torna.

“Ha ragione, Carmelo. Il killer ha usato i fiori come esca. Ma non è sufficiente. Manca qualche tassello” ragiona il commissario.

Riguarda lo schema e scuote il capo perplesso. Riflette provando di crearne uno nuovo.

“Il killer sicuramente è stato ingaggiato dall’esterno. Ma da chi?”

Prova a mettere al centro il sicario e intorno i nomi.

“Tarek, il tunisino. Certamente no. Si è già esposto con la Smart… sarebbe autolesionismo puro. E poi… lo dovrò interrogare. La sua versione zoppica e non è credibile”.

Fruga tra le carte e osserva la fotografia della carcassa dell’auto. Un particolare lo colpisce: il colore. Prende l’immagine e la mette in evidenza. Un primo tassello va a posto. Riprende l’esame delle persone.

“Ludmilla… no. E’ l’esca involontaria con il suo mazzo di fiori. Ma non sono riuscito ancora a collocarlo nel punto giusto. Alex e Felix potrebbero essere ma di loro non conosco nulla. Forse uno di loro è il padre del bimbo che Teresa aspettava”.

Fa una pausa su questi nomi. Si domanda se sono di fantasia oppure sono reali. Scuote il capo. Li accantona per il momento, prima di riprendere l’analisi.

“Maria Russo è una donna enigmatica, fredda. Per quali motivi avrebbe ingaggiato un sicario per uccidere la figlia? Perché è rimasta a Ferrara? Non mi sembra un movente valido. Ci dev’essere qualcosa sotto che ancora non abbiamo scoperto. Carmelo è stato abile nel bloccarla in città e affidarla a Ludmilla senza manifestare il proprio interessamento e renderla diffidente e guardinga nelle risposte”.

Si appoggia allo schienale e intreccia le mani dietro la nuca. Sente squillare il telefono, quello delle emergenze. Lo afferra, presagendo delle nuove rogne.

“Pronto”.

“Ricardo? Ludmilla…”

Sente una voce agitata e immediatamente spinge un pulsante.

“Problemi?” chiede Ricardo, tentando di dare un tono normale alla risposta.

“Problemi? Se telefono vuol dire che ci sono e anche grossi..” dice la ragazza tutta agitata.

“Calmati. E racconta cosa è successo” replica il commissario col tono sicuro di chi ha in pugno l’intera vicenda.

Mentre dice queste parole, un ispettore mette la testa dentro.

“Aspetta a raccontare” le intima Ricardo, mettendo in mute il telefono. “Contatta la pattuglia 103” dice al nuovo arrivato. “Chiedi se hanno notato qualcosa di strano nell’ultima mezz’ora e di’ loro di stare in allerta. Manda un’altra squadra a rinforzo. Non devono usare avvisatori acustici o visivi. Tutto chiaro?”

“Sì”.

“Sono pronto ad ascoltarti, Ludmilla”.

“Mezz’ora fa qualcuno ha suonato alla porta ma abbiamo finto di non esserci. Eravamo impaurite ma sufficientemente tranquille, perché in strada c’è una vostra pattuglia. Poi circa cinque minuti fa ho ricevuto una telefonata anonima inquietante ‘Lo so che sei in casa. Non mi sfuggirai‘. A questo punto sono stata presa dal panico e mi sono messa in contatto con te”.

“Hai fatto benissimo!” risponde Ricardo. “Ora tranquillizzati. La pattuglia sotto casa è stata messa in allarme. State lontane dalle finestre. Anzi se puoi tira giù le serrande senza esporti. Domani verrà a prenderti un paio di agenti in borghese per andare in ufficio. Un’agente in borghese prenderà la tua Bianchi e farà il solito percorso. Notte e stai serena”.

Il commissario riflette sugli ultimi avvenimenti e si chiede il motivo della telefonata, che gli pare ambigua. Prima di proseguire nei ragionamenti, si attiva per avere i tabulati delle ultime telefonate ricevute e fatte da Ludmilla. Spera di ricavare delle utili informazioni. Si interroga se lui e Carmelo non abbiano per caso preso delle strade sbagliate nelle indagini.

“Quali misteri ha nascosto Teresa? Devo scavare più a fondo nella vita della ragazza. E’ rimasta per quattro anni tra il momento della partenza della madre e l’impiego presso R&S senza sostegno economica in apparenza. Come ha vissuto questi anni?”

Prende degli appunti: anagrafe civile, contratto dell’ultima casa, interrogatori dei vicini di casa, esame dei conti correnti. “Ne parlerò con Carmelo” si dice. “Poi valuteremo come procedere”.

Squilla di nuovo il telefono: sono quelli della squadra 103.

“Dimmi, Antonio” risponde sconsolato, perché ipotizza già la risposta.

“Sì, un uomo ha suonato al portone ma non abbiamo compreso quale campanello abbia premuto. Ci siamo messi in allerta…” racconta il poliziotto.

“Ma non avete fatto nulla, immagino! Suppongo anche che non siate in grado di descriverlo, perché c’era buio o eravate troppo distanti?”

“Sì” ammette con voce moscia Antonio.

“Quali erano le istruzioni?”

“Tutte le situazioni sospette devono essere verificate” risponde il poliziotto.

“Invece di starvene al calduccio in macchina, dove sicuramente siete stati già individuati, dovevate pattugliare le vie intorno a turno, cercando di non farvi notare. Sta arrivando una seconda pattuglia. Voi vi spostate dopo l’incrocio e loro faranno quello che non avete fatto voi. Domani mi farete rapporto” dice, chiudendo la telefonata.

Ricardo è di malumore. Una giornata lunga e snervante, senza approdare a nulla di concreto. Si appresta a tornarsene a casa con la speranza che non ci siano altri intoppi prima di domani. Da’ le ultime istruzioni per il giorno successivo. Si domanda se non sta impiegando troppo personale per un caso che non è stato preso in considerazioni dai giornali nazionali. Spera di riuscire a risolverlo, prima che arrivi alle orecchie del questore, col quale ha qualche ruggine in sospeso.

Ludmilla è nervosa. La telefonata con Ricardo non l’ha tranquillizzata per nulla. Avverte un senso di minaccia non ben definito. Si domanda come poteva quell’uomo conoscere due aspetti della sua esistenza: dove abita e il numero di telefono. La voce era sconosciuta e priva di inflessioni dialettali. Fredda come il marmo, precisa come un raggio laser, anonima come buio.

Decide di porre qualche domanda a Maria. E’ rimasta sempre impassibile, né un sussulto di paura, come se si aspettasse quell’intrusione. Ancora una volta percepiva una nota stonata nel comportamento della donna.

“Maria” comincia Ludmilla “quando ha sentito per l’ultima volta Teresa?”

“Non ricordo ma anni fa” risponde atona senza modificare l’espressione del viso.

“Uno, due, tre anni?” insiste la ragazza.

“No sacciu” dice la donna.

Ludmilla abbozza. “Sto fresca se comincia a parlare in dialetto” si dice pensierosa. “Su questo versante trovo un muro invalicabile. Devo cambiare argomento”.

Riflette ma trova solo domande scontate e risposte scontate. Decide di parlare di Lecce, San Cataldo, delle Puglie in generale. Il ghiaccio tende a diventare acqua, l’espressione del viso della donna si distende. Parla volentieri della sua terra.

“Non ho mai visitato la Puglia. La conosco per quanto letto sui giornali e nulla più” dice Ludmilla.

“Vieni a trovarmi il prossimo mese. Ti ospito a casa mia. Non è grande ma è comoda” replica Maria.

“Potrebbe essere una buona idea. Le giornate sono ancora lunghe e soleggiate in generale”.

L’atmosfera è mutata: da gelida a calda. La ragazza ritiene prematuro affrontare l’argomento marito, non la sente pronta a rispondere. L’intuito le suggerisce che forse capire, come l’ex marito le ha lasciate, possa risolvere qualche mistero. Niente di certo, solo sensazioni.

“Se la stagione è buona, puoi ancora fare il bagno e prendere il sole” prosegue Maria.

“Il mare l’ho visto sempre in estate. Qui a Ferrara in ottobre le giornate sono fredde e talvolta c’è nebbia”.

“Sì, lo so. Ho rimpianto tante volte il sole di Puglia” ammette con un filo di malinconia.

“Mi domando il motivo per il quale avete lasciato una terra generosa come la Puglia per finire a Ferrara, più chiusa e poco permeabile ai forestieri” le dice sorniona, cogliendo un attimo di ricordi tristi.

Ffanculo! Quiδδu cchillu de Ntuninu1!” esclama arrabbiata Maria.

“Quindi è stata colpa di tuo marito, se vi siete trasferiti a Ferrara” dice fingendo di aver capito l’imprecazione. In effetti non compreso nulla ma solo intuito il senso dell’imprecazione.

“Sì! Io non volevo ma lui ha deciso così”.

“Ma Tonino…”.

“No, Antonio”.

“Antonio è morto, dunque?” prosegue la ragazza.

“Macari!”

Ludmilla intuisce che non è morto ma è scappato di casa.

“Mi spiace che sia morto, lasciandovi in un mare di guai!”.

Figghia mia, non hai capito nulla. Non è morto! E’ scappato con una ragazzina. Cu mmuèri moi moi2!” esclama arrabbiata.

“Oh!” dice fingendo dispiacere. “E’ un vero mascalzone!”

“Anche di peggio! Sapessi dove si trova lo ucciderei con le mie mani!”

Ludmilla le stringe le mani per dimostrare la sua solidarietà. Però non comprende l’astio verso la figlia. “Non può essere solo il fatto che si sia rifiutata di tornare a Lecce. Il motivo deve essere un altro ma credo che sia inutile insistere. E’ già molto che abbia detto questo del marito” ragiona in silenzio, continuando a tenerle le mani.

“Non è mai piacevole essere abbandonati” aggiunge la ragazza.

Quella spudorata di Teresa è come lui! Crapazzoppa, curciperta e zoccula3. Solo pianti mi ha riservato” esclama, alzandosi.

Ormai è un fiume in piena, pronto a straripare da un momento all’altro. Ludmilla fa un viso triste di circostanza ma in cuor suo spera di capire l’astio della madre verso la figlia.

Ntuninu è un figghiu de puttana! Ha combinato solo casini e creato dei problemi. Quando doveva essere presente, non c’era mai! Maledetto il giorno che l’ho conosciuto. Sembrava un dio in terra, tanto era bello! E io sono caduto come un fico maturo ai suoi piedi!”

Maria è diventata paonazza per l’ira, mentre la voce si altera su toni striduli.

Calmati, Maria!” le dice dolce Ludmilla. “Antonio è un uomo da scartare, perché ti ha dato solo grattacapi”.

Teresa, quella spudorata, è come lui. Solo piangere mi ha fatto!” riprende come se gli inviti della ragazza non li avesse sentiti.

Ludmilla vuole conoscere qualcosa di più di Antonio. Intuisce che è un punto dolente e importante per comprendere qualcosa di più della situazione.

Ma perché avete lasciato Lecce?” le chiede.

Siamo scappati! Ecco perché ho dovuto abbandonare la mia casa!” replica stizzita.

Scappati?”

Sì, come dei ladri. Vent’anni fa! Scappati di notte!” urla arrabbiata.

Ludmilla le stringe la mano come per farle sentire la sua vicinanza.

Poi” riprende la donna, “è scappato di nuovo con una ragazzina, una compagna di Teresa! Stu puercu stia cu spia sempre le caruse4! Ci ha abbandonate in un mare di guai. Io sono tornata ma lei ha voluto rimanere. Aveva sempre degli uomini intorno. Una zoccula! Ecco come è vissuta!”

Poi si accascia sul divano, piangendo.

1Trad. Che si faccia fottere, quello stupido di Antonio

2Trad. Che possa morire all’istante

3Trad. Testarda, donna di facili costumi e puttana

4Trad, Quel porco stava sempre a insidiare le ragazzine

Rieccomi!

Grazie di cuore per tutti gli auguri e per le parole di sostegno. Sembra che tutto proceda per il meglio ma incrocio le dita per scaramanzia.
Lentamente e con pazienza risponderò a tutti e leggerò i vostri post e commenti.
A presto.

Il mazzo di fiori – parte ventiquattresima

Ricardo raggiunge Lopapa in ufficio.

Ti aspetto nel mio ufficio dopo avere accompagnato le due donne‘ gli aveva scritto un messaggio il procuratore, poco dopo che era uscito.

Il commissario si era domandato cosa volesse ma non poteva fare altro che rispettare l’ordine. Non aveva intenzione di polemizzare.

Si siede dinnanzi a lui e aspetta che cominci a parlare.

“Vedi” gli dice Lopapa, mostrando un foglio bianco pieno di righe, frecce, nomi e tante cancellature.

Ricardo allunga il collo ma fatica a comprendere quello che gli mostra. Resta in silenzio.

“Vedi” prosegue, indicando un nome che a fatica si legge. “Ho provato fare una bozza di schema degli avvenimenti, cercando di trovare un filo conduttore tra le informazioni a nostra disposizione”.

Ricardo sorride, anche se di primo acchito gli sarebbe uscita una fragorosa risata. Sa che il procuratore è particolarmente permaloso e non desidera inimicarselo.

Sembra una schema di un romanzo giallo. Sai quelli di Camilla Läckberg… Dove si intrecciano indizi e depistaggi…”

Lopapa lo guarda male ma poi ride.

“Sei un figlio di buona donna… Mi stai prendendo in giro…” esclama di buon umore.

“Ma no… Solo che vedendo quel caos di righe e di nomi, mi son detto ‘ assomigliano a quei thriller che vanno tanto di moda’. Ma battute a parte. In questo foglio… hai riassunto tutto?”

Una nuova risata di Lopapa riecheggia nell’ufficio.

“Ma dai! Ho provato mettere insieme uno schema sulle prossime mosse delle indagini. Allora seguimi” dice il procuratore mettendo il foglio in mezzo.

“La Lopiccolo muore venerdì 20 colpita alla testa da un proiettile…”.

“…A proposito degli esami balistici” interrompe il commissario. “Ti anticipo le risultanze del perito. Il fucile è un Barrett M98 Bravo. Probabilmente dotato di silenziatore, perché nessun testimone ha ascoltato il bang dello sparo. Un colpo letale! Un proiettile .438 devastante! Fucile costoso ma molto apprezzato per le dotazioni e il peso. Il proiettile è stato recuperato piuttosto ammaccato conficcato tra il bordo del marciapiede e la strada. Questo ci permetterà si studiare angolazione e traiettoria del colpo”.

“Uhm!” brontola Lopapa. “ Un fucile per pochi…”.

“Qualche settimana abbiamo ricevuto un’informativa dai servizi su questo modello. Pare, che ne sia arrivata una discreta partita con un barcone proveniente dalla Tunisia e diretto alla criminalità siciliana. I servizi suppongono che una parte sia finita alla Sacra Corona…”.

“E non se ne è accorto nessuno?” domanda stupito il procuratore.

“No! Sono arrivati smontati e in più spedizioni, nascosti tra gli indumenti delle donne. I servizi hanno ricevuto una soffiata ma ormai il carico era sparito. Sono rimaste solo tracce dei proiettili. E’ inquietante che sia stato usato qui a Ferrara”.

Lopapa soppesa le informazioni, si gratta la testa e riprende a parlare.

“Queste notizie rendono più chiaro un dettaglio. Ma procediamo con ordine. Al centro di tutto questo c’è Teresa Lopiccolo. Questa freccia conduce alla Smart e al tunisino…” e si interrompe come se riflettesse su questo nome.

“Pensi che il tunisino… come si chiama?” domanda Ricardo.

“Tarek Ben Hamman” precisa il procuratore.

“Pensi che Tarek sia coinvolto direttamente?”

“No, ma se la partita di fucili di precisione arriva dalla Tunisia, una pulce nell’orecchio mi disturba. Dunque queste due frecce portano a Tarek. Poi ci sono Alex e Felix, di cui non conosciamo nulla. Due volti anonimi. Non so il perché ma la Presente sa qualcosa di più di quel che ammette. Non capisco perché sia così reticente…”.

“Secondo me ti sbagli. Un conto è fare qualche congettura, un conto è avere elementi da mettere a disposizione. Penso che lei non sappia minimamente chi siano questi due uomini”,

“Uhm! La difendi troppo, la ragazza. Non sei obiettivo” sbotta Lopapa, mentre il commissario abbozza una difesa.

“Comunque proseguiamo. Di questo ne parliamo dopo. Poi c’è un misterioso mazzo di fiori che conduce a Ludmilla Presente…” dice il procuratore.

“Pensi che il famoso mazzo di fiori c’entri col delitto?” domanda un po’ stupito Ricardo.

“Sì ma in modo indiretto. Te lo spiego dopo. Infine la madre di Teresa, Maria Russo”.

“Sì. Quella donna mi ha lasciato una strana impressione. Fredda, distaccata, per nulla addolorata per la morte della figlia. Aggiungo anche quella strana risposta alla telefonata della Presente” esclama Ricardo.

“Concordo sulla diagnosi. Quella telefonata è stata sospetta. Le due versioni collimano. La Presente afferma di essere rimasta sorpresa dalla risposta. Maria Russo dice che ha detto di non sapere nulla di Teresa, perché la telefonata era ambigua. ‘Ha dichiarato di chiamarsi Ludmilla Presente ed essere una collega di Teresa ma ho pensato che potesse essere un tranello perché mia figlia forse si era cacciata in qualche guaio‘. Questo è quanto ha verbalizzato nell’interrogatorio del pomeriggio. Però la Presente ha mentito sul come ha avuto quel numero. Era nell’agenda della Lopiccolo sotto la voce Maria. Dubito che Teresa abbia lasciato un postit col numero sul suo monitor, perché erano almeno due o tre anni che madre e figlia non si parlavano. Almeno è quanto ha dichiarato la Russo”.

“Sì, anche per me quella versione è parzialmente falsa. Il cassetto della scrivania era aperto e quindi è possibilissimo che Ludmilla… Presente l’abbia letto e non trovato. Però…”.

“Un peccato veniale, senza dubbio” dichiara Lopapa. “Però questo mi fa pensare che abbia raccolto altre informazioni, che forse non collega alla Lopiccolo. Se l’informativa dei Servizi è corretta ho il presentimento che la madre sia coinvolta nel delitto. Quello che mi preoccupa è il silenzio del marito, o ex visto che è sparito sette anni fa e del quale si sono perse le tracce”.

“In effetti c’è da riflettere su questo. Perché non si è fatto vivo, quando l’identità della morte è stata svelata?” si chiede Ricardo. “Però non capisco il collegamento col mazzo di fiori”.

“Vedi, Ricardo” comincia Lopapa. “Non hai riflettuto sulla dinamica dell’omicidio…”.

“Non mi pare” replica piccato il commissario.

“Ragiona con me. Un killer non si apposta in una stanza disabitata con un fucile di precisione, se non è certo che la vittima passi proprio di fronte a lui”.

Ricardo aggrotta la fronte e ammette di non averci pensato.

“Quindi il killer, sapendo che Ludmilla fa un determinato percorso per andare a casa, ha mandato un mazzo di fiori e ha convinto la Lopiccolo a seguirla. Ingegnoso come stratagemma. Però…”.

“Nessun però. Devi recuperare il biglietto al più presto” afferma con tono imperioso Lopapa.

Ricardo annuisce ma alla fine non trova un filo logico che possa collegare uno o più protagonista della vicenda.