Non passava giorno – cap. 4

foto personale
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La sera precedente Marco aveva offerto una cena a tutto il gruppo per festeggiare la laurea conseguita con tanta fatica a luglio, party rimandato più volte, perché non tutti gli amici non erano disponibili. Era stata una serata allegra e gaia con Marco e Laura al centro della festa.

Lui rideva e scherzava con la morte nel cuore, perché sapeva che questa sarebbe stata la cena dell’addio.

Lei era raggiante, mentre si stringeva al suo uomo, ignorando la tempesta che si sarebbe abbattuta la mattina seguente.

Marco a notte inoltrata la riaccompagnò a casa, anche se Laura avrebbe voluto trascorrere il resto della nottata con lui per completare i festeggiamenti. Lui si scusò. “Mi sento stanco con la testa pesante per il troppo bere” le aveva detto sulla porta di casa. Le diede un bacio appassionato, prima di lasciarla. “Alle dieci al solito posto sotto il cedro del Libano. Notte!”

Alle dieci, amore mio”, rispose la ragazza con un tono triste quasi presagendo quello che sarebbe successo tra poche ore.

Non aveva sonno, non sentiva la stanchezza della giornata convulsa. Nell’appartamento per terra valigie e borsoni, pacchi e pacchetti erano pronti per essere caricati sulla macchina. Il resto degli oggetti, quelli più ingombranti e non indispensabili, sarebbero rimasti nell’abitazione. ‘L’affitto è pagato fino a fine anno. Non c’è fretta’ si disse. ‘C’è tutto il tempo per organizzare con calma il trasloco definitivo’.

Marco abitava in un bilocale grazioso e soleggiato nella periferia di Milano, che occupava da cinque anni. Per Marco e Laura era diventata la loro casa, riempita giorno dopo giorno coi ricordi della loro presenza.

Si era sentito prosciugato nello spirito e privo di energie, perché l’euforia iniziale del ritorno a Ferrara stava scemando, mentre si aggirava per le stanze semi vuote. I dubbi avevano fatto capolino minacciosi e avevano oscurato la gioia della decisione. Aveva creduto di averli disciolti. Adesso erano tornati a galla. Motivazioni e dilemmi si erano presentati sempre uguali. L’amore verso Laura, l’impossibilità della ragazza di adattarsi a un’esistenza diversa da quella attuale. Per lei era come iniziare una nuova vita con nuove amicizie e nuovi ritmi, chiudendo un libro per iniziarne un altro completamente differente.

‘Amo Laura, ma non posso trascinarla a Ferrara” si era detto per rafforzare la convinzione che la scelta operata fosse stata quella giusta. Lei aveva idee grandiose sulla futura professione con molte e ottime offerte. Aveva solo l’imbarazzo della scelta.

‘Non posso chiedere di sacrificare le sue aspirazioni e se stessa per seguirmi e per seppellirsi in una città di provincia’ si era detto più volte. ‘Ferrara non può offrirle interessanti prospettive professionali’. Secondo la sua visione della vita il lavoro avrebbe dovuto essere vicino a casa. ‘Posso offrirle solo il mio amore, che difficilmente avrebbe compensato quello che manca’.

Per lui questi cinque anni a Milano erano stati una tortura. Non si riconosceva più. Aveva perso la capacità di decidere rapidamente e bene. Si sentiva molle e indeciso. La sua fortuna era stata quella di aver incontrato Laura e un gruppo di persone eccezionali che gli avevano dato la forza per superare i momenti di crisi più acuti.

Marco continuò a divagare nel suo muoversi per casa agitato e angosciato. Il flusso dei flashback sembrava un torrente in piena, spumeggiante e tumultuoso, pronto a dilagare nelle aree circostanti.

Passò una notte insonne, popolata da incubi e pensieri, da dilemmi e pentimenti. Erano le otto, quando Marco si riscosse dal penoso dormiveglia inquieto e affannato. Impacchettò gli ultimi oggetti prima di uscire.

L’aria fresca del mattino aveva alleviato in parte le difficoltà della mente a mantenersi lucida, aveva spazzato via la stanchezza. Si sentiva pronto ad affrontare la prova più difficile della giornata: Laura.

Si fermò al solito bar per il primo caffè della giornata. Lo sorseggiò con lentezza senza avvertirne il sapore amaro. Mentre sbocconcellava svogliatamente la brioche integrale calda, pensò che tra poco avrebbe salutato per sempre Laura. Camminò con lentezza, perché non desiderava arrivare in largo anticipo all’appuntamento, per ridurre al minimo l’angoscia dell’attesa.

Il tarlo del dubbio aveva continuato incessante il suo lavorio dentro la mente. Si era chiesto, se fosse giusto chiudere il rapporto con lei e quali probabilità avrebbe avuto di trovare una donna dolce e sensibile come lei.

‘Devo mostrarmi deciso nel troncare’ si era detto, avvicinandosi al parco. ‘La decisione di tornare a Ferrara è presa. Non posso tornare sui miei passi. Ogni domanda alimenta i dubbi’. Era lacerato dall’indecisione ed era timoroso di non riuscire a trovare parole e tono giusti.

Alle dieci in punto era sotto il secolare cedro del Libano su quella panchina che consideravano di loro proprietà. Qui avevano tante volte parlato del loro futuro, mentre si tenevano per mano.

Laura, come al solito, era in ritardo.

Fu spiccio. Dopo i saluti le disse semplicemente ‘addio’. Si allontanò senza mai voltarsi, perché un groppo gli serrava la gola e le lacrime erano pronte a scendere impietose.

Partì senza indugi per Ferrara. Giunto a casa dei genitori, sorpresi dall’arrivo inaspettato, Marco si rifugiò nella casa di campagna. Come un eremita rimase lì per diversi giorni nel tentativo di dimenticare Laura, godendosi gli ultimi scampoli di una estate, che non voleva cedere il passo all’autunno. Nonostante fosse lontano da tutti, dalle maldicenze e dalle domande pettegole dei conoscenti, non ci riuscì. Cercò di stemperare l’amarezza del vuoto che Laura aveva lasciato dentro di lui, ascoltando il silenzio dei campi, interrotto dal cinguettio degli uccelli. L’ansia di dimenticare quel volto lo svuotò. Tutte le certezze, che avevano corazzato la sua mente fino a quel momento, si dissolsero. L’incapacità di superare questo frangente mise a nudo la sua fragilità emotiva. Percepì che era giunto il momento di tornare in città per affrontare le domande scomode, alle quali non avrebbe saputo rispondere con precisione. Doveva giustificare delle scelte, che apparivano incongruenti e illogiche. Se non lo faceva adesso, non ci sarebbe più riuscito. Rischiava di avvitarsi su se stesso.

I genitori cercarono di capire i motivi del ritorno improvviso e senza preavviso. Ottennero solo risposte vaghe ed evasive, che percepirono come un alibi. Nonostante tutti gli sforzi avvertirono l’inutilità di conoscere i reali motivi e ci rinunciarono. Erano infastiditi dai commenti maligni degli amici e conoscenti, che avevano accompagnato il rientro di Marco dopo gli anni vissuti a Milano. Tuttavia speravano col passare dei giorni di venire a capo delle motivazioni concrete.