Ringrazio Musa per la gentile nomina

da bloodivy
da bloodivy

Come ormai saprete ho una certa allergia per i tag e quant’altro. Tuttavia quando li ricevo faccio un sorrisone a trentadue denti bianchi, tipo quelli degli spot pubblicitari dei dentifrici sbiancanti, Poi di buon grado mi adeguo e ringrazio.
Questa volta il turno dei ringraziamenti è per Musa, che con molta gentilezza mi ha nominato per un tag nuovo di zecca. Datato 18 agosto 2015, quando la calura impazzava e faceva impazzire 😀 ecco IF I WERE… una specie di candid camera senza specchio. L’idea è partita da bloodivy, che l’ha proposto e cammin facendo è arrivato a Musa e di lì a me. Una lunga e probabilmente sfibrante intervista sul modello del “se io fossi”, immaginando che chi si iscrive ad un blog per seguirlo, sia anche interessato a conoscere meglio il blogger che lo scrive.
Le (solite) regole:

  • Mantenere l’immagine all’inizio di questo post
  • Citare il paziente zero da cui è partito il tag,  :) bloody ivy  e da chi siete stati nominati
  • Rispondere nel modo più breve possibile alle domande sottostanti
  • Nominare (almeno) 10 blog e avvisarli

Il primo requisito è stato assolto. Se non l’avete capito, l’immagine è proprio quella lassù in cima
Il paziente zero è stato nominato e anche l’ultimo, Dunque siamo a quota due con il rispetto delle regole.
Adesso viene il bello o il brutto, a seconda dei punti di vista. Spero che nessuno sbuffi e abbandoni la lettura.
Ecco le deomande Se io fossi ...
se tu fossi un romanzo? Bella domanda! Murble, murble.. Scelgo tutta la produzione di Gianni Rodari
se tu fossi un film? Ah! domanda pericolosa. Risposta zero film. Posso?

se tu fossi cattivo, dannatamente cattivo ? E come potrei essere dannatamente cattivo, quando sono dannatamente buono?

se tu fossi una musica? Uh! altra domanda scivolosa. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

se tu fossi una fiaba? Uhm, fatemi pensare… Le fiabe del focolare dei fratelli Grimm

se tu fossi un’opera d’arte? Notte stellata di Van Gogh

se tu fossi un artista? Botticelli, Benvenuto Tisi da Garofolo, Cosmé Tura e la lista continua.

se tu fossi una poesia? L’infinito di Leopardi e non solo quella.

se tu fossi una frase? Impossibile trovarne una.

se tu fossi un personaggio storico? Nessuno. Io sono unico – un pallone gonfiato 😀

se tu fossi un mezzo di trasporto? Le nuvole vanno bene?
se tu fossi una città? La mia città: Ferrara

se tu fossi un personaggio dei fumetti? Paperino. E’ troppo simpatico nella sua sfortuna e poi si chiama Paolino

se tu fossi un colore? giallo

se tu fossi un profumo? altra domanda spigolaosa. Odio i profumi.

se tu fossi un suono della natura? il fischio del vento

se tu fossi un fiore? una rosa rossa o l’iperico

se tu fossi un animale? Orso, of course

se tu fossi una pianta? zamia. In seconda battuta la stella di Natale

se tu fossi una pizza? Margherita

se tu fossi un dolce? Torta margherita

se tu fossi una bevanda? acqua naturale

se tu fossi una salsa/ un condimento per le patatine fritte? mostarda di Digione

Terza regola assolta, più o meno.
La quarta la lascio in sospeso. Chi volesse stare al giochino può mettere le sue risposte tra i commenti.
 

Una storia così anonima – parte ventiseiesima

dal web
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Poitiers, 15 novembre 1307, primo albore – anno secondo di Clemente V

Pietro si alza al primo albore per raggiungere la cappella per le funzioni del mattino. La borsa di tela ricevuta a Autricum è sempre ben stretta al suo corpo. Non sa cosa contenga ma deve conferire col cardinale Caetani sul suo futuro. Attraversa il cortile interno. Sta scendendo una pioggia sottile e gelata, che penetra nelle ossa. La chiesa è illuminata dalle candele, mentre il freddo è pungente. Sono pochi coloro che assistono alla prima funzione della giornata. Pietro resta defilato in una zona d’ombra osservando l’officiante e i fedeli. Un paio di laici e due monaci benedettini sono nei primi banchi. Il sacerdote recita le preghiere in un latino stentato. Pietro vede un confessionale aperto e si confessa per la comunione. Al termine della funzione resta ancora qualche minuto per pregare in solitudine. Alza gli occhi per avviarsi all’uscita, quando nota un movimento furtivo. Qualcuno si è nascosto dietro una colonna. Finge di non averlo visto. Avverte un senso di pericolo. Sta coi sensi all’erta, mentre esce per ritornare alla sua stanza. La pioggia è cresciuta d’intensità e il buio è ancora netto. Avverte che quella persona cammina alle sue spalle, sempre più vicina. Sarebbe un ottimo momento per essere colpito a tradimento. Buio e nessuno a fargli da scudo. Allunga il passo e con rapidità infila il portone, nascondendosi in un angolo oscuro. Sembra un laico. Questo lo inquieta non poco. ‘Chi sarà? Per conto di chi agisce?’ si domanda, mentre osserva i movimenti dell’inseguitore. Se volesse, potrebbe piombare alle sue spalle e immobilizzarlo. Tuttavia vuole studiarne le mosse. Vuole comprendere quali sono le sue intenzioni e per chi agisce. ‘Sono arrivato ieri sera al vespro. Ho fatto una frugale cena al refettorio e poi mi sono ritirato nella mia stanza’ si dice, mentre osserva cosa fa e dove va ‘Non conosco nessuno a parte Philippe e il cardinale. Credo che il mio arrivo sia passato quasi inosservato. Ma forse mi sbaglio’.

Rimane nell’ombra in silenzio. L’uomo si muove silenzioso come un gatto. É incerto sul da farsi. La preda è svanita come una bolla di sapone. Impreca. Pietro lo legge sul labiale e aspetta la prossima mossa. Lo vede avviarsi verso il corridoio che conduce alla sua stanza. Esce dal buio e si trasforma da preda in cacciatore. Lo segue con passo felpato. Pare che solo loro due siano svegli nel palazzo apostolico.

Se l’uomo cammina senza il minimo rumore, Pietro è più silenzioso ed evanescente. Si muove nell’ombra di corridoi male illuminati senza perderlo di vista. Si ferma davanti a una porta, che riconosce come sua. Lo osserva maneggiare intorno alla maniglia, prima che sparisca dentro. ‘Ora so che non è un amico o un messaggero del cardinale’ si dice Pietro, rimanendo in una zona non illuminata. Aspetta che l’intruso se ne vada per seguirne le mosse.

L’attesa non tarda molto a essere soddisfatta. L’uomo esce visibilmente corrucciato. Si guarda intorno alla ricerca della preda che pare essere svanita nel nulla, prima di avviarsi verso una destinazione sconosciuta. Pietro con passo felpato lo segue con discrezione, sempre tenendosi al riparo dell’oscurità. Percorre corridoi che non conosce, scale che non sa dove portano. Esce nel cortile sotto il loggiato per entrare in una porta sconosciuta. Il frate memorizza tutto anche se il buio non lo agevola, prima di riprendere la strada della sua stanza.

Poitiers, 15 novembre 1307, ora seconda – anno secondo di Clemente V

Luis de Chevalier è irritato. ‘Per la seconda volta quel frate malefico mi è scivolato fuori dalle mani’ borbotta innervosito, mentre si avvia verso l’appartamento del cardinale Colonna. ‘Mi chiedo come ha fatto a Autricum a capire che ero alle sue spalle. Ma qui è ancora più inspiegabile. Nessuno era a conoscenza della mia presenza’ si dice, aprendo una porta per sedersi su una poltrona di raso rossa. L’appuntamento col cardinale è all’ora terza. Deve pazientare, mentre prepara il discorso difensivo. ‘Non sarà felice sapere che ho mancato la preda’ pensa. ‘Ma il compito che mi ha affidato Guillaume de Nogaret era più semplice. Seguire il frate e consegnare un messaggio. Non certamente quello di sicario’.

Poitiers, 15 novembre 1307, ora terza – anno secondo di Clemente V

Pietro al rientro nella sua stanza la trova in completo disordine. ‘Quello che cercava, non l’ha trovato’ riflette sul possibile mandante e sui motivi. ‘É forse il contenuto di questa sacca di tela? Oppure era alla ricerca di qualche messaggio?’ Scuote la testa. Blocca la porta, prima di cominciare le orazioni del mattino. Per un lungo tempo è concentrato sulle preghiere senza pensare ad altro.

Il cielo è imbronciato di pioggia, lattiginoso e umido. La luce arriva smorzata nella stanza di Pietro, che con metodo la rimette in ordine. Riflette ancora sugli ultimi avvenimenti, che a un occhio distratto appaiono slegati tra loro. Anche se non l’ha visto in faccia è convinto che l’uomo è lo stesso, che l’ha seguito verso Autricum. ‘Mi domando, perché non ha provato a tendermi un agguato lungo la strada? Anche se l’ho seminato, sapeva dove trovarmi. Dunque l’ordine di uccidermi proviene dall’interno di questo palazzo’ si dice, sedendosi su una poltroncina di velluto verde. C’è qualcosa che lo turba. ‘La chiamata del Papa è strana. Non comprendo cosa di tanto urgente l’abbia spinto a convocarmi. Il viaggio è stato avventuroso e ricco di insidie. Sono finito tra le braccia del grande accusatore dei mie confratelli francesi. Ho rischiato molto senza l’intervento provvidenziale dell’arcivescovo di Sens. Il cardinale Caetani mi ha affidato un compito oscuro a cui teneva molto’. Tanti pensieri, tanti dubbi, quando udì un bussare discreto.

“Chi siete?” chiede Pietro, mettendosi sulla difensiva. Ormai diffida di tutti.

“Sono Angelo Capitanio, il cappellano privato del cardinale” mormora in maniera appena percettibile un uomo dalla classica inflessione romana.

“Quale cardinale?” replica Pietro che non comprende questa reticenza.

“Se mi fate entrare, ve lo dico”.

Il frate è incerto sul da farsi. Pensa a un trucco per fargli aprire la porta. Tuttavia da lì deve uscire, quindi il rischio di un’imboscata esiste sempre. Apre con cautela la porta e vede un giovane sacerdote dal viso roseo e nessun altro.

“Prego, entrate” gli dice Pietro, che non abbassa la guardia.

Il giovane entra velocemente e gli consegna un messaggio. “Viene dal cardinale Caetani” fa il cappellano, che si appresta a uscire.

“Aspettate. Non sono pratico di questo palazzo” dice il frate, trattenendolo per un braccio.

“Vi ascolto”.

“Uscendo da qui si arriva a un cortile interno” comincia Pietro, mentre il giovane annuisce con la testa. “Se faccio cinquanta passi verso manca, trovo un portone. Dove mi conduce?”

Il prete resta in silenzio prima di rispondere. “A cinquanta passi si accede agli appartamenti privati dei due cardinali italiani. Caetani e Colonna”.

Pietro sorride, prima di porre una nuova domanda. “In che rapporti sono i due cardinali?”

Il cappellano stringe le labbra come per suggellarle e non lasciare uscire parole di troppo.

“Capisco e comprendo la vostra ritrosia nel rispondere” fa il frate, che comincia a inquadrare meglio la situazione. “Rispondo io per voi. Se sono nel vero, annuite con la testa”.

Angelo fa segno affermativo col capo. Confermerà oppure no l’intuizione di Pietro.

“Dunque i due si guardano in cagnesco e tramano sgambetti. Le due famiglie stanno su opposti fronti. Lo so per certo. Una guerra che dura da tempo”.

Il giovane annuisce, mentre il frate prosegue: “Riferite al cardinale, che al primo albore qualcuno ha tentato di uccidermi”.

Il cappellano sguscia fuori rapido, mentre il frate richiude con dolcezza la porta. Apre il messaggio.

All’ora sesta andate a confessarvi

Lo brucia usando una candela e disperde le ceneri. ‘Dunque un nuovo mistero’ si dice Pietro, che si prepara a raggiungere il refettorio.

Nei suoi spostamenti non ha notato nulla di insolito né visi noti all’infuori di quello di Philippe. É relativamente tranquillo per il momento, quando all’ora sesta è di nuovo nella chiesa per confessarsi per la seconda volta. La cappella è più luminosa rispetto al primo albore e odora di incenso e cera che brucia. Non va subito all’unico confessionale. Le funzioni del mattino sono terminate, mentre la chiesa appare deserta. Pietro si sposta in modo visibile, prima di entrare in una zona poco illuminata. Finge di pregare ma osserva con occhi indagatori eventuali presenze sospette. Passano i minuti ma tutto appare tranquillo. Nessun movimento sospetto, totale assenza di fedeli o di officianti. ‘É giunto il momento di confessarsi’ si dice, avviandosi deciso verso il confessore. Si inginocchia e pronuncia le frasi di rito. Non sa chi sta dietro la grata. Aspetta che parli per capire chi è. É meglio usare prudenza, si dice, terminato il pater noster.

“Vi sento diffidente” mormora una voce nota.

“Vorrei tornare alla mia magione” risponde Pietro.

Al frate pare di udire una breve risata. ‘Forse è suggestione’ riflette. Resta in silenzio, lascia l’iniziativa al suo interlocutore. Finge di confessare i suoi peccati.

“Un’ultima missione vi aspetta. Recatevi a Rhedae. Un cavaliere vi consegnerà una cassetta di legno. Contiene un bene prezioso, che non deve cadere in mano di altre persone. Conservatela con cura. Se nessuno verrà a cercarvi, alla vostra morte il segreto del luogo dovrà essere trasmesso a persona fidata. Così nei secoli futuri, finché un nuovo messia non la reclamerà” dice la voce, scandendo con cura le parole.

“Ma questa Rhedae dove si trova?” chiede Pietro.

“Nella Linguadoca. Nella terra dei Catari, sui primi contrafforti della catena di montagne che ci separa dalla Spagna” risponde con pacatezza.

“L’oggetto di Autricum? A chi lo devo consegnare?” domanda il frate.

“É destinato all’abbazia di Chiaravalle. Il monaco Berthod se ne prenderà cura. Ora partite al più presto e in gran silenzio. Il cavaliere aspetterà il vostro arrivo fino al vespro del giorno che celebra la presentazione di Maria al tempio. Andate in pace” conclude la voce.

“Amen” replica Pietro.

Un storia così anonima – parte venticinquesima

dal web
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Lione, 23 febbraio 2015, ore quattro

“Luca, Luca” dice Vanessa, scuotendolo.

Il ragazzo grugnisce. Vorrebbe dormire, anzi vorrebbe continuare quel sogno interrotto bruscamente dalla compagna.

“Che c’è?” domanda con la voce impastata dal sonno. “Qualcuno tenta di forzare la porta?”

La ragazza ridacchia sommessa. Nel buio agita i suoi capelli rossi. “No, no!”

“Beh! Allora che c’è?” esclama il ragazzo, alzando un poco il tono della voce. “É già ora di alzarsi?”

“Ma no” sussurra Vanessa, che si copre per bene.

Luca comincia a spazientirsi. ‘Mi sveglia. Gli pongo delle domande. Lei risponde con un banale no’ pensa, mentre sbadiglia rumorosamente. Gli viene un dubbio. C’è troppo buio per essere mattino. “Ma che ore sono?” domanda, credendo di conoscere la risposta.

“Sono già le quattro” afferma la ragazza.

Luca si sveglia di botto. ‘Già le quattro? Avrà voglia di scherzare?’ si dice arrabbiato.

“Come già le quattro? Dirai appena le quattro?” sbotta irritato il ragazzo. “Soffri di insonnia?”

Vanessa ride sommessamente. Lo percepisce infuriato e non vuole innervosirlo ulteriormente.

“Ma no, sciocchino! Stavi russando come un trombone” dice la ragazza.

“E per questo mi svegli nel cuore della notte?” replica Luca stizzito.

“Che altro potevo fare perché tu smettessi?” si difende Vanessa.

“Due tappi di cera nelle orecchie” afferma il ragazzo leggermente addolcito.

“Non li avevo”.

“Andavi a comprarli o li chiedevi alla reception” dice Luca, che ridacchia nemmeno troppo silenziosamente.

“Non ci avevo pensato” risponde la ragazza. “Visto che sei sveglio, voglio chiederti se ti sei fatto un’idea del nostro inseguitore”.

“Alle quattro del mattino?” fa il ragazzo. “A quest’ora le persone normali dormono e non pensano a degli energumeni. Non ci ho pensato, perché sognavo beatamente”.

“Cosa?” domanda Vanessa curiosa.

“Ti abbracciavo teneramente” dice Luca, ridendo.

“Allora sciocco, fallo! Mi è venuto freddo” fa la ragazza, coprendosi con le lenzuola.

Sono svegliati da un bussare discreto alla porta e dal trillo della radio sveglia.

“Uffa, chi è che rompe?” sbuffa Luca sciogliendosi dall’abbraccio di Vanessa.

“Femme de chambre” dice una voce femminile.

“Ma ce l’ho già” replica divertito il ragazzo, mentre lei, irritata dalla battuta maschilista, gli dà dei piccoli pugni sul petto.

“Non fare battute stupide! É la cameriera che ci porta la colazione in camera” lo redarguisce Vanessa. “Adesso apriamo”.

La ragazza spinge giù dal letto Luca, che dice: “Mica la posso aprire in mutande!”

“Mettiti qualcosa e sbrigati. Mi è venuta fame” afferma Vanessa, che si tira le lenzuola fin sotto il mento.

“Fare moto notturno” comincia il ragazzo, che ridacchia “stimola l’appetito”.

“Smettila con queste battute da caserma. Vai ad aprire” lo sollecita la ragazza.

Finita l’abbondante colazione a base di caffè, tè, brioche calde e marmellate varie, Luca mette le mani dietro la nuca.

“Ora possiamo discutere sulla questione posta alle quattro di notte” dice il ragazzo.

“Quale?” chiede Vanessa, fingendo di averla dimenticata.

Luca ride. Conosce il suo pollo. Lei non scorda nulla. “Non fare la finta tonta! Con me non attacca”esclama sornione il ragazzo.

Alla ragazza piace questo giochetto e rimane seria e compunta. “Ma alle quattro dormivo” afferma con solennità.

“Hai ragione. Alle quattro dormivo. Tu mi hai svegliato” dice il ragazzo col viso serio delle grandi occasioni. “Se non ti ho strangolata è perché ti voglio bene. Ma torniamo al quesito oppure ne vuoi parlare mentre siamo in viaggio?”

Vanessa ridacchia e gli scocca un bacio. Un amico così non lo può perdere. “Cominciamo adesso e proseguiamo in macchina” fa, mentre scende dal letto.

“Tornata la memoria?” chiede ironico Luca.

“Sì” replica, mentre si fionda in bagno. “Occupato”.

Il ragazzo scuote la testa. A volte è irritante in certi atteggiamenti, altre è deliziosa, riflette, mentre mette il vassoio sul tavolino della stanza.

“Allora, dimmi cosa ne pensi” dice la ragazza sotto la doccia.

Il ragazzo ragiona su quella misteriosa figura. É dalla notte precedente che ci pensa. Non è riuscito a inquadrarla per niente.

“In effetti vedo degli aspetti contraddittori” afferma Luca, mentre infila nello zaino quello che non gli serve per partire. “A volte mi sembra un personaggio del passato”.

“Perché?” lo interrompe la ragazza, che si sta asciugando.

“Quando l’ho intravvisto dal citofono, mi è sembrato che indossasse un mantello simile a quello dei templari” dice il ragazzo, che aspetta paziente la liberazione del bagno. “Se era lui al telefono, anche dalla voce pareva un personaggio del passato”.

Vanessa ride, mentre si asciuga i capelli. “Uffa! Non riesco a sistemarli!” fa innervosita.

“Forse c’è un parrucchiere nei paraggi. Come si chiamano in Francia?” fa Luca, mimando modi affettati.

“Coiffeur” suggerisce la ragazza seccamente, avvolta nel telo da bagno.

L’osserva attraverso la porta aperta. Non ne avrebbe bisogno ma è un rito per lui. Quei capelli rossi e quegli occhi verdi lo fanno impazzire. La figura esile ma tonica le conferisce un sex appeal fuori del normale. Se non fosse per il carattere, talvolta scorbutico e irritante, sarebbe perfetta. Si riscuote dai suoi pensieri e riprende il discorso sul misterioso inseguitore.

“Però a quanto pare sa guidare, telefonare e mangia pure” dice il ragazzo, ignorando la precisazione di Vanessa. “Tuttavia la domanda che mi assilla è come ha saputo delle nostre ricerche e dove abbia attinto l’indirizzo e numero di telefono”.

“Non saprei come aiutarti” fa la ragazza che lascia cadere sul pavimento del bagno il telo, rimanendo nuda.

É consapevole che Luca la sta guardando ma con fare indifferente torna nella camera per cercare l’intimo da indossare.

“No fare quello sguardo lussurioso. Mai vista una donna nuda?” fa Vanessa, che infila minuscole mutandine di pizzo nero.

“Sì ma lo spettacolo” esclama il ragazzo.

“Non farti venire idee malsane” lo interrompe la ragazza. “Basta e avanza stanotte”.

Vanessa mette un reggiseno che evidenzia i minuscoli seni. Completa la vestizione con una canotta nera, sulla quale infila una polo azzurra, e con un paio di jeans neri di Armani.

“Che fai lì, imbambolato?” lo rimbrotta la ragazza. “Tra dieci minuti siamo di partenza”.

Recuperata la macchina si mettono in viaggio per Parigi, sempre seguiti dall’ignoto inseguitore.

“Il nostro uomo è sempre dietro di noi?” chiede Vanessa che fatica a non voltarsi.

“Come l’ombra ci segue sotto il sole” risponde ridendo Luca, mentre escono dal centro di Lione.

“Che nome in codice gli diamo?” fa la ragazza.

“Henri de Caron, come il poco astuto inseguitore di Pietro” dice il ragazzo, sorridendo.

“Bene” annuisce la ragazza “Hai un’idea del tragitto da seguire?”

“Pietro ha detto che la strada costeggia un fiume. Credo che si riferisca alla Saône. Dunque puntiamo verso Chalon-sur-Saône, seguendo il fiume, come ha fatto settecento anni fa il nostro templare” conclude Luca, che pare avere il navigatore al posto della testa.

Dopo una buona mezz’ora di silenzio, Vanessa riprende il discorso sul misterioso inseguitore, che non li perde di vista.

“Nessuna idea su Henri?” chiede la ragazza, chiudendo un periodo di afasia totale.

“No” risponde laconico il ragazzo.

“Per caso non c’era qualcuno nella sala di lettura della biblioteca a Ferrara?” domanda la ragazza, che sta cercando un momento, dove le loro strade si sono incrociate casualmente con l’ignota persona che li segue.

“No, no” replica Luca, scuotendo il capo. “C’era solo una ragazza. Però non era interessata a me e a quello che facevo”.

Vanessa riflette su questo particolare. ‘Se la ragazza era concentrata sulla sua lettura, difficilmente era interessata a Luca’ si dice. Ripensa alla sala Borsa. Al massimo poteva essere noto il suo indirizzo e non il numero di telefono di Luca. Quindi è da scartare come ipotesi.

“Ma il volume l’hai preso da solo oppure è stato un bibliotecario a portartelo?” fa la ragazza, che pensa di essere sulla strada giusta.

É stato un bibliotecario, un inserviente a metterlo sul tavolo dinnanzi a me. Mi ha detto: ‘Fate attenzione‘”.

La ragazza sorride soddisfatta. “Ci scommetto che è stato quell’inserviente a mettere Henri sulle nostre tracce”.

“E come?” domanda stupito Luca.

“Di certo hai lasciato i dati del tesserino, dove ci sono di certo anche indirizzo di casa e telefono” esclama esultante la ragazza.

Il ragazzo ammette mentalmente che ha ragione. Non ci aveva pensato per nulla, dando per scontato che fosse un luogo neutro.

“Ti concedo questa affermazione. Potrebbe essere vera” dice il ragazzo, che si pone altri dubbi. “Come faceva a conoscere il contenuto delle cronache settecentesche che ho selezionato? Non era l’unica”.

“Te lo concedo” fa la ragazza con tono magnanimo “ma tra tutte ne hai scelto due. Quelle più interessanti e intriganti”.

“E va bene” concorda il ragazzo. “Come faceva a conoscere cosa avrei letto?”

Vanessa sorride soddisfatta. ‘Sì, è l’ipotesi giusta’ si dice e aggiunge ad alta voce: “Di certo la sala è monitorata. L’inserviente ha visto come armeggiavi con scanner e telefono. Due più due fanno quattro”.

“Ti concedo questo, che potrebbe spiegare l’inquietante telefonata” ammette rassegnato Luca. “Ma come conosceva il tuo indirizzo di Bologna?”

La ragazza resta in silenzio per qualche istante. L’obiezione dell’amico è pertinente e logica. Riflette per trovare una spiegazione plausibile. L’ha seguito da Ferrara? No, non è verosimile, si dice prima di arrendersi. “Su questo punto non riesco a trovare una spiegazione, salvo che ti abbia tallonato, quando di notte sei arrivato a casa mia” pensa a voce alta.

“Potrebbe essere” esterna il ragazzo “ma perché farsi vivo ventiquattro ore dopo?”

I due ragazzi rimangono in silenzio per un po’, finché Luca non lo interrompe.

“Come abbia fatto a scovarci, non l’abbiamo capito per intero. Tuttavia è il nostro angelo custode” dice, ridendo.

“A Parigi cosa facciamo?” chiede Vanessa.

“Arriviamo fino a Place du Châtelet, visto che il castello non c’è più. Ci cerchiamo un albergo per la notte e un ristorante per mangiare” risponde il ragazzo.

E Henri?” domanda la ragazza.

Ci seguirà come un cagnolino fedele” replica ridendo il ragazzo. “E adesso parliamo d’altro”.

Dopo una sosta a metà percorso sono quasi le venti, quando arrivano in Place du Châtelet, sistemandosi in un albergo nelle vicinanze.

L’uomo li segue dopo poco, prendendo alloggio nello stesso hotel.

Una stanza accanto ai signori prima di me” chiede cortese alla receptionist, che inarca un sopracciglio per lo stupore.

Vanessa e Luca non sanno che nella stanza accanto sta il loro inseguitore e si preparano per recarsi al ristorante.

non passava giorno – cap. 5

dal web
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Le due amiche stavano attorno a un tavolo della Caffetteria del Corso con due uomini incontrati per caso a prendere l’aperitivo. Sofia era scatenata e sembrava un fiume in piena, mentre Laura partecipava alla conversazione senza entusiasmi. Pareva l’acqua immota dello stagno, agitata ogni tanto da qualche sassata maliziosa.

Pensierosa e priva di stimoli osservò Sofia ‘É una ragazza impulsiva’ ragionò Laura. ‘Si lascia trasportare dalla sua vivacità e agisce senza riflettere troppo’. Lei aveva sperato in una serata tranquilla per ragionare sulla rottura con Marco. ‘Forse ho preteso troppo’ concluse in silenzio. ‘Pazienza’. Si rassegnò a trascorrerla con questi due sconosciuti.

Laura valutò i due uomini. Dovendo effettuare una scelta, le sue preferenze cadevano su Paolo, che le appariva più posato e tranquillo. Era un bel uomo alto e dai lineamenti delicati. Parlava in modo misurato e riflessivo. Matteo le apparve più spontaneo nei gesti e nelle parole ma anche meno attento nell’esprimere giudizi, che creavano scompiglio.

L’uomo, captando i pensieri di Laura che fluivano liberi nell’aria viziata del locale, le domandò, perché fosse poco presente nella conversazione. “Forse la nostra compagnia ha scombussolato i tuoi piani?” s’informò in modo discreto, avvicinandosi al suo viso. Paolo voleva abbattere quel muro di silenzio che si frapponeva fra loro, visto che avrebbe fatto coppia forzosamente con Laura, la quale non rispose.

La tua amica è una fiumara gonfia d’acqua” continuò con tono ironico e pacato. “Pare una massa liquida, che travolge quello che incontra sul suo cammino verso il mare. Parla in continuazione. Senza un attimo di pausa”.

Laura accennò col capo che era d’accordo con le sue parole.

E’ veramente simpatica e piena di brio” concluse Paolo, prima di rilanciare la domanda ‘Cosa fai? Studi o lavori?’. Tacque, aspettando le risposte, che tardavano ad arrivare.

Laura si trovò in difficoltà, perché le risposte erano difficili da formulare. ‘Non studio, né lavoro’ avrebbe potuto tranquillamente rispondere. Tuttavia preferì soppesare con cura le parole. Non era sua intenzione svelare i dettagli della sua vita. Stava cercando di capire l’atteggiamento da tenere. ‘É meglio aprirsi completamente oppure lasciare zone d’ombra?’ Scandendo con lentezza le parole, rispose cauta. “Avevamo deciso di prendere un aperitivo. Il fortuito e fortunato incontro con voi ci ha scompigliato piacevolmente i programmi” disse con un sorriso pallido. “Siete due persone simpatiche. É gradevole stare in vostra compagnia”.

La risposta generica non soddisfaceva le attese di Paolo, che le tornò a chiedere sommessamente. “Ma cosa fai?”

Non lavoro” iniziò Laura, senza rivelare che aveva terminato gli studi. “Sul mio futuro professionale non ho le idee chiare o, meglio, non ho deciso. Per il momento sto alla finestra e mi prendo una pausa distensiva”.

La risposta sobria di Laura rendeva enigmatica la sua figura, senza che Paolo avesse capito molto di lei. Si stava ponendo l’interrogativo, se fosse il caso di avviare un discreto corteggiamento oppure di prendere quello che la serata avrebbe riservato. A suoi occhi Laura appariva come una ragazza intelligente, dotata di fascino e di personalità decisa e matura. Doti non facili da rintracciare insieme. Quello, che lo rendeva perplesso, erano i suoi atteggiamenti difensivi e guardinghi. Pareva più una donna in relazione che single. Questo pensiero gli procurò dei fastidi.

Paolo non aveva ancora assorbito il burrascoso rapporto con una donna separata, più vecchia di lui, che era finito in malo modo. Non era sua intenzione ripetere l’errore. ‘É meglio rimanere single piuttosto che avere per compagna una donna separata o divorziata e più anziana per giunta!’ rifletté amaramente, mentre pensava alla prossima mossa. Laura gli piaceva. Gli sembrava adatta alla sua personalità. Trovava gradevole il modo con il quale lei conduceva la conversazione. ‘Chissà se ha un compagno?’ si domandò. ‘Sta sulla difensiva e non lascia trapelare nulla’.

Bene“ cominciò Paolo con pacatezza “ho trenta anni e lavoro in uno studio di architetti, come socio junior. Voglio crescere in fretta professionalmente, perché la mia aspirazione è di aprire uno studio tutto mio”. Fece una breve pausa e riprese. “Non ho capito quanti anni hai. Ma forse non me l’hai detto”.

Laura si sentì in trappola, perché non poteva eludere a queste domande dirette ed esplicite. Non poteva nascondersi dietro a quesiti non posti.

Hai ragione“ rispose, “non te l’ho detto. Ho venticinque anni e sono laureata da poco in ingegneria gestionale”.

Dopo una breve pausa Laura ricominciò. ‘Non ho le idee ben chiare sul mio futuro. Per il momento preferisco vagliare con attenzione le diverse proposte ricevute, alcune interessanti, altre meno. Le opportunità non mancano. Anzi sono fin troppo numerose. Le scelte possono aspettare alcune settimane. Non ho fretta, né necessità pressanti di iniziare un lavoro qualsiasi’.

Laura tacque guardando fisso negli occhi Paolo senza timori reverenziali, come le avevano insegnato nel corso sulla tecnica della comunicazione.

Paolo capì che questa donna dai capelli ramati e dal fascino discreto e avvolgente sarebbe stata un osso duro da conquistare, ammesso che fosse single e disponibile a essere corteggiata

Pur essendo più giovane di lui, pensava ‘Ha idee precise su cosa desidera da sé e dagli altri. Si muove con perizia e abilità nell’evitare trappole e insidie’. Man mano che lui conosceva qualche nuovo pezzetto della sua personalità, sentì crescere l’attrazione verso Laura. Nonostante queste sensazioni era arrivato alla conclusione che in lei non era scoccata nessuna scintilla o empatia verso di lui. Laura rimaneva fredda e distaccata, rassegnata a trascorrere malvolentieri con lui la serata

Per Paolo era chiaro che Sofia aveva accalappiato Matteo, che si era lasciato irretire dalla parlantina sciolta ed efficace della ragazza.

Laura sentiva crescere dentro di sé il fastidio di parlare controvoglia con una persona che al momento non provava nulla. Quello, che la frenava, era il pensiero di Marco. Era stato troppo importante per lei per relegarlo così in fretta tra ricordi remoti, perché era fresca la ferita della rottura. Non riusciva a immaginare di sostituirlo con Paolo. Sperava sempre che Marco si materializzi dinnanzi a lei da un momento all’altro.

‘Sarà anche un bel ragazzo, dai modi gentili e. affabili, colto e con le idee precise sul suo futuro’ rifletté Laura, mentre sorseggiava l’aperitivo ‘ma mi rimane un estraneo. Speriamo che la serata termini in fretta’. Voleva rimanere con i suoi pensieri e dubbi. ‘Accidenti!’ concluse amareggiata ‘Perché mi sono lasciata convincere a uscire?’

Sofia, come un fiume in piena che esonda nella campagna, traboccava di parole, di sorrisi, di risate. “Ragazzi,” cominciò “io e Laura avevamo deciso di trascorrere la serata attorno a un tavolo. Volete unirvi a noi per suggellare il nostro incontro?”

Laura disperata pensò che la frittata era fatta e che difficilmente si sarebbero levate dai piedi questi due uomini. ‘Speriamo che Paolo capisca e dica di no’ rifletté poco convinta.

A Matteo brillarono gli occhi. Avrebbe accettato senza proferire alcuna parola, mentre Paolo stava ragionando sulla risposta da dare. Non le piaceva la prospettiva di passare la serata in compagnia di una splendida donna, algida e distaccata, che assomigliava più a un manichino che a una persona. Sarebbe stato come entrare in un ristorante affamato senza poter mangiare nulla. Pur combattuto da mille dubbi, decise di rispondere positivamente. ‘Per stasera non ho impegni’ si disse. ‘Piuttosto che passarla annoiato davanti alla TV, è preferibile la loro compagnia. So di avere reso un grosso favore a Matteo’.

Non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione di cenare con due splendide ragazze” affermò Paolo galante. L’amico era raggiante, perché Sofia gli piaceva decisamente.

Dove?” chiese Paolo.

A casa mia” rispose una Sofia sorridente.