Una storia così anonima – parte trentesima

Les Auberiaux, 16 novembre 1307, primo albore – anno secondo di Clemente V

Pietro ha dormito vestito, tenendo sempre un occhio aperto. Ha sistemato dietro la porta una sedia con sopra una brocca d’acqua. ‘Se qualcuno tenta di entrare’ ragiona il frate ‘il fragore della brocca che cade mi sveglierà di sicuro’. Manca poco al primo albore quando viene destato da un fracasso infernale nel corridoio. Si chiede cosa stia succedendo. Porte che sbattono, passi concitati, parole confuse e irate, strepiti femminili. ‘É un buon momento che sgattaiolare via senza essere notato’ si dice, infilando il mantello e raccogliendo la sacca da viaggio già pronta dalla sera. Apre la porta e osserva un grosso assembramento di persone qualche piede di liprando più avanti. In silenzio infila le scale buie ed esce nella strada illuminata da una pallida luna. Non gli interessa cosa sia avvenuto nella locanda. ‘Non sono egoista’ pensa ‘ma devo mettere molta strada tra me e il mio angelo custode, se voglio raggiungere l’obiettivo. La presentazione di Maria al tempio è fra cinque giorni. Non conosco la strada e devo prestare molta attenzione a non smarrirmi’.

Raggiunto il maniscalco, dove ha lasciato il suo bardo, lo chiama, si fa aprire e lo ringrazia per avviarsi a lasciare il villaggio. Sommariamente si è fatto spiegare quale strada prendere. Fatte poche miglia, si ferma ai margini di un boschetto per le orazioni del mattino che non ha ancora recitato.

Locanda de I tre cervi, 15 novembre 1307, ora seconda – anno secondo di Clemente V

Come vi chiamate?” chiede Louis de Chevalier alla donna, che giace sotto di lui.

Agnes” risponde col respiro affannato per il peso dell’uomo.

Bel nome, Agnes” dice l’uomo, che non le concede tregua.

La donna trattiene a stento le lacrime. Non si diverte per nulla, sopraffatta dal dolore al basso ventre. É da diverse ore che subisce senza fiatare, senza emettere un lamento. ‘Pare che le sue risorse fisiche siano inesauribili’ pensa Agnes, che riflette a come mettere fine al supplizio. ‘Il mio Claude dopo una volta crolla addormentato. Questo no. Continua, continua come un martello sull’incudine’. I cinque denari d’argento sono al sicuro a casa. Insieme agli altri risparmi consentirà loro di andare a Poitiers per aprire una piccola attività. ‘Certo se riuscissi a mettere le mani sulle due monete d’argento, sarebbe meglio’ si dice. Rimpiange che il suo Claude non l’abbia fermata, quando ne ha parlato con lui della notte. Le sembra che l’uomo abbia rallentato e si stia spostando per riprendere fiato. Trattiene il respiro e si sposta leggermente. Il dolore è acuto.

Dove credete di andare?” esclama irato Louis, mentre la afferra saldamente. “La notte non è nemmeno cominciata”.

Agnes capisce che sarà difficile uscire integra dalla stanza. “Da nessuna parte” afferma docile “volevo svuotare la vescica che mi duole”.

L’uomo ride, mentre la penetra con violenza. “Tra un po’ la svuoterete. Ora la riempiremo per bene” esclama Louis, che scarica dentro di lei i suoi liquidi.

Ad Agnes scivola una lacrima di dolore e di rabbia. ‘Questo mostro sta abusando di me’ ragiona ‘senza sosta e ritegno’. Sopporta, stringe i denti, non si lascia scappare un lamento. Deve fingere, se vuole avere una chance per fuggire da Louis. Stremata, dolorante in ogni parte del corpo aspetta che l’alba si presenti per farlo. Manca poco al primo albore, quando l’uomo cade addormentato, stanco per la maratona notturna. La donna silenziosamente e con destrezza si sfila dal corpo del suo aguzzino seminudo. Infila la veste rimasta sul pavimento. A tentoni cerca la borsa coi soldi, che afferra saldamente. Apre la porta che cigola con violenza e si lancia nel corridoio buio.

Dove volete andare?” urla Louis, alzandosi dal letto. Inciampa nel pitale, che produce un frastuono incredibile. Spalanca la porta semi aperta e cerca di capire dove si è diretta dal rumore dei passi. “Sgualdrina. Ladra” urla, mentre rovina rumorosamente a terra, inciampando nei mutandoni non trattenuti dai legacci. Si aprono le porte delle altre camere. “Cosa succede?” grida un uomo. “Dov’è la ladra?” chiede un altro, mentre Louis faticosamente si rimette in piedi, tirando su le braghe. “Non lo so” risponde. “Mi ha derubato, prendendo il sacchetto dei denari”.

Che succede?” dice la locandiera, svegliata dal rumore delle urla degli ospiti. Regge un moccolo acceso per far luce, mentre si avvia verso le stanze del piano superiore.

Hanno derubato questo cavaliere” fa una voce nel buio. “Quale cavaliere?” domanda stupita la donna, che illumina debolmente il corridoio. “Questo” indica un altro uomo immerso nell’oscurità. La locandiera si avvicina a qualcuno che sta bestemmiando. Lui continua a urlare frasi sconnesse.

Siete voi il cavaliere derubato?” fa la donna alzando la bugia per rischiarare il viso della persona. Riconosce in quel viso la persona che ha trescato con Agnes nella sala da pranzo. ‘Ben vi sta!’ pensa la locandiera con una smorfia di disgusto.

Sì” risponde Louis. “Se mi fate luce, corro a prenderla”.

La donna si mette di fronte minacciosamente. ‘Lui sarà grande e grosso. Ma io so dove ha il punto debole’ ghigna silenziosa. “Intanto spiegatemi chi vi ha derubato” fa lei.

La vostra serva” risponde sgarbatamente l’uomo.

Come potete affermarlo?”

Era nella mia stanza” replica Louis infuriato, perché la donna gli sta facendo perdere tempo prezioso.

E come mai era lì?” chiede inflessibile la locandiera. ‘Quella sgualdrina farà poi i conti con me’ riflette.

Doveva farmi un certo servizio. Ma ora spostatevi che la vado ad agguantare” dice l’uomo, cercando scostarla.

La donna non si sposta. Con decisione toglie la sua mano dal braccio. “Voi da qui non vi muovete, se non rispondete con umiltà alle mie domande”.

Louis è interdetto. Per la prima volta una donna gli tiene testa e lo mette in difficoltà. “Cosa volete sapere?” sbotta irosamente. “L’ho pagata per tenermi compagnia durante la notte. E lei cosa fa? Mi deruba e scappa!”

Una sonora risata si ode alle spalle dell’uomo. L’ilarità pare contagiosa. “Volevate pagarla in natura” esclama un altro, suscitando un nuovo scoppio di risa sguaiate.

Agnes non è una donna di malaffare. É onesta e pulita. Tornate nella vostra stanza e raccogliete le vostre cose. Andatevene al diavolo” gli urla la locandiera, che si avvia verso la sua stanza, lasciando al buio gli uomini. ‘Quella zoccola è l’ultima volta che tresca coi clienti per arrotondare la paga’ ragiona con fredda e lucida ira la donna. ‘Domani la caccio via’.

Agnes, lasciata la locanda, si precipita nella sua abitazione. “Claude, svegliati. Vestiti e raccogliamo le nostre cose” dice la ragazza, che infila un una sacca tutto quello che è a portata di mano. “Dobbiamo andarcene dal villaggio. Subito”.

Perché?” domanda Claude, che sta prendendo i suoi oggetti. “É ancora notte”.

Non perdere tempo. Ti racconto tutto, mentre camminiamo” replica Agnes, che aggiunge alla borsa sottratta a Louis, i loro risparmi.

Dopo poco escono dal villaggio, dirigendosi a piedi verso Poitiers.

Louis de Chevalier, infuriato per essere stato derubato e scornato per la figura misera che ha fatto, si veste e raccoglie tutti i suoi oggetti e lascia la stanza.

Se mi aprite, me ne vado” urla rabbiosamente l’uomo.

Un attimo” dice una voce poco femminile. “Tempo di scendere”.

Louis non vuole rinunciare ai suoi denari. ‘Non erano molti, per fortuna’ si dice, mentre impaziente aspetta la locandiera. ‘Il grosso è cucito dentro il farsetto’.

Con calma la donna si presenta e si avviano alla porta di uscita, che trovano curiosamente aperta.

Dove abita questa Agnes?” chiede Louis con scortesia.

Non sono tenuta a dirvelo” replica seccamente la locandiera, che si chiede il motivo che la porta sia aperta. É sicura di averla chiusa per bene la sera precedente.

Bestemmiando, il cavaliere esce nel buio della notte e si guarda spaesato intorno. ‘Non so dove abiti quella lurida ladra, né a chi chiedere’ riflette. Mentre ragiona sul da farsi, ha una visione che lo lascia basito. Tra gli uomini che si sono precipitati fuori dalle loro camere non ha riconosciuto il frate che deve seguire. ‘Per Giove, quel malefico monaco mi è sgusciato ancora un volta tra le mani’ pensa adirato. ‘Ha colto l’occasione di quella baraonda per fuggire indisturbato’. Lo scorno è doppio. Una nuova figuraccia nei confronti del cardinale e l’umiliazione patita per colpa di una donna. ‘Quella Agnes ricorderà per tutta la vita il piacere che le ho dato’ si dice, ridendo amaro. ‘Quelle poche monete d’argento se le è guadagnate’. Cerca di orientarsi per raggiungere la stalla dove ha il cavallo. Tra poco l’alba illuminerà la strada. Poi si metterà sulle tracce di Pietro. Non gli importa nulla di Agnes e dei denari rubati.

Louis arriva alla stalla, dove ha ricoverato il suo cavallo. Bussa alla porta con violenza per farsi aprire. Il maniscalco si affaccia alla finestra. “Chi è l’insolente che mi butta giù dal letto?” domanda, mentre cerca di mascherare l’ira sul viso.

Aprite. Mi serve il mio cavallo” replica il cavaliere con la voce alterata dalla collera. “E fate in fretta, se non volete finire appeso a quest’albero”.

Il maniscalco, un uomo grande e grosso, avvezzo a picchiare sull’incudine, non ha timore di quel villano. Apre, mostrando la mano armata con una pinza di generose proporzioni. Louis si calma a quella vista. Sa che finirebbe male, se continua le intemperanze. Sellato il cavallo, si informa sul frate.

É passato un monaco a ritirare la sua cavalcatura?” chiede con tono più dimesso.

Sì” replica il maniscalco.

Sapete dov’è diretto?” fa Louis, che gli allunga un denaro d’argento nella speranza che risponda.

No. Ha pagato e se ne è andato” dice l’uomo, chiudendo il portone alle spalle del cavaliere.

‘É andato verso oriente oppure verso il meridione?’ ragiona, mentre arrivato al fiume lo attraversa, puntando verso est.

Terminate le orazioni, Pietro sprona al galoppo il bardo, seguendo le indicazioni del maniscalco. Prosegue a tentoni, facendo lunghe deviazioni per evitare città e grossi villaggi, che possono costituire un pericolo per lui. Passano i giorni, senza avere la percezione se Rhedae sia vicino oppure lontana. il 21 novembre arriva in prossimità dei primi contrafforti dei Pirenei. La zona è avvolta nella nebbia.

Non passava giorno – cap. 11

Buona sera a tutti. Eccomi di nuovo tra voi dopo una full immersion nel progetto che in pratica è arrivato in porto.
Tra qualche giorno vi darò notizia della sua fine e qualche altra indicazione utile.
Riprendo letture, commenti, risposte e in particolare riprendo la pubblicazione delle nuove puntate dei due romanzi, che sono su Orsobiaco e qui.
Comincio con la storia di laura, di marco e tanti altri che arriva al capitolo 11. Per leggerlo lo troverete qui,
La storia di Vanessa e Luca riprenderà presto.
Buona lettura e sogni d’oro.
 

Ringrazio Carla

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Rompo il fermo blog per un ringraziamento. Carla ha avuto la gentilezza di nominarmi per questo simpatico tag ideato da Dama col capello.
Riporto le solite regolette
Ringraziare chi nomina ed utilizzare il logo
Nominare 15 blog (non se stessi o chi vi ha nominati, lasciando spazio agli altri) ed avvertirli.
Scrivere un post per mostrare il premio
Raccontare, brevemente, com’è nato il proprio blog e dare dei consigli a chi si cimenta da poco.
La prima è stata assolta.
La seconda pure
La terza… nomino tutti indistintamente
La quarta è quello che leggete adesso.
La quinta  ci provo
Se parlo di WP, è storia recente -5 febbraio 2010 –  Di sicuro non sarei approdato qui se Splinder non avesse chiuso i battenti. Ma mia vita da blogger comincia il 15 gennaio 2007 su Windows Space Live che ho chiuso ne marzo dello stesso anno. Dopo un mese sono approdato su quell’isale felice che era Splinder e lì son rimasto fino alla sua chiusura.
Perché aprire un blog? Era un modo per dare sfogo alle mie manie di scrivere qualcosa, di pubblicare qualcosa che avevo ritrovato dopo molti anni: il quaderno delle poesie giovanili. Un inizio timido, quasi silenzioso per capire gli umori di chi aveva avuto il gentile pensiero di leggere le mie schifezze. Poi, come si dice, l’appetito vien mangiando e ho fatto il salto di qualità. Scrivere racconti brevi, lunghi e romanzi a puntate. Non mi giudico. Lasdcio questo compito agli altri. Non sarei il migliore giudice, anzi tutt’altro.
Preferisco il clima ovattato del blog a quello concitato e rumorso dei social, da cui giro al largo.
Consigli? No. Suggerimenti? Sì. Sii sempre te stesso, senza cercare il Like ma usando la forza delle idee. Non importa se qualcuno le contesta. Difendele se le trovi coerenti con te stesso.
E adesso torno al mio silenzio.
A presto, spero
 

Nuovo post su Caffè letterario.

Questo è un reblog manuale, perché quello automatico è scomparso. Su Caffè Letterario c’è un nuo post. Un altro racconto che parla dei nostri giorni. Buona lettura.
O.T. comunicato di servizio.
Per le prossime due o tre settimane sono costretto a rallentare le mie attività di lettura, commento e risposte ai vari blog amici. Non assicuro di commentare, al massimo un ‘mi piace’ lo posso mettere. Per quanto riguarda il mio sono ancora indeciso se pubblicare una nuova puntata della storia di Vanessa e Luca, e quella di Marco e Laura. Perché? Se pubblico e qualcuno commenta mi piace rispondere per non apparire maleducato. Quindi ci penso. La pausa? Ho in mente un paio di progetti e per realizzaqrli mi serve tempo. Tutto qui.

non passava giorno – cap. 10

foto personale
foto personale

Laura non aveva nessuna intenzione di cominciare una nuova storia. Quella con Marco era finita in malo modo. Era stata una delusione cocente, che aveva lasciato una ferita profonda. Doveva metabolizzare la rottura improvvisa senza spiegazioni. Doveva analizzare gli aspetti, che non avevano funzionato nel loro rapporto, e le motivazioni, che lo avevano fatto sparire dalla sua esistenza. Adesso all’orizzonte era apparso Paolo, che aveva mostrato senza tanti giri di parole un interesse verso di lei.

Decise di cancellare dai suoi pensieri entrambi. Si concentrò su un unico obiettivo senza altre distrazioni: il suo futuro professionale. ‘Per i problemi del cuore c’è tempo’ si disse. ‘Possono aspettare’. Puntò tutta la sua attenzione sulle offerte ricevute, spedì altri curricula. Era alla ricerca di un posto in grado di soddisfarla professionalmente oltre che economicamente. Sul tavolo c’erano diverse proposte in attesa di essere visionate. Non aveva nessuna fretta, perché non aveva problemi finanziari impellenti. Tuttavia desiderava affrancarsi il prima possibile, come aveva fatto Sofia.

Nelle due settimane successive fece molti colloqui al termine dei quali ridusse la scelta fra tre offerte, che aveva trovato interessanti. Prima di prendere una qualsiasi decisione, si concesse una settimana di vacanza in montagna. Il clima era ancora mite e soleggiato. Le giornate erano sufficientemente lunghe. Rimaneva solo la scelta della la località.

Laura amava la montagna con i suoi silenzi, i suoi profumi, i suoi rumori, la trovava più rilassante del mare, che fino a diciotto anni aveva dovuto subire per seguire i genitori sulla Riviera ligure. Era un rito, che tutti i milanesi doc eseguivano nel mese di agosto. Quel mese lei l’avrebbe voluto cancellare dal calendario. Lo odiava. Non sopportava le grida dei bambini, i corpi seminudi, spesso orribili a vedersi, il miscuglio di odori sgradevoli e la sabbia che s’insinuava ovunque.

A diciotto anni si ribellò e decise di non partire con loro. “Se mi date quanto spendete per me, vado in montagna con Sofia e ci rivediamo a casa”. Da quel momento il mese di agosto era trascorso in montagna con l’amica, esplorando anno dopo anno varie località alpine. Il rito agostano proseguì anche dopo avere conosciuto Marco. Lui preferiva tornare a Ferrara. Quel periodo, libero da esami, rappresentò un distacco benefico tra loro e servì a rinsaldare il loro legame.

‘Potrebbe essere il turno della Valtellina, Bormio’ si disse, dopo avere esaminato diverse località. Era una vallata bellissima con il parco dello Stelvio, a portata di mano. Un’occasione per conoscere un angolo di Lombardia, che non conosceva. Senza prenotare partì, sicura di trovare una camera di suo gradimento.

Il viaggio fu un disastro tra strettoie, lavori in corso e deviazioni. Raggiunto Bormio, parcheggiò nella centralissima Via Roma.

Girò a piedi alla ricerca di un hotel. ‘Settembre non è certamente un periodo del tutto esaurito’ pensò. ‘Quindi mi posso permettere di scegliere quello che più mi aggrada’. Camminò nel paese col naso all’insù, valutando con cura alberghi e pensioni. Mentre era impegnata nella selezione, si sentì rinascere. La stanchezza era stata cancellata, le tensioni interne si erano stemperate. Dopo il lungo passeggiare per le vie e le discrete domande poste a passanti optò per l’hotel Posta.

L’esterno appariva moderno. Nascondeva al suo interno una gradita sorpresa: erano stati conservati molti particolari della vecchia struttura, quando nell’ottocento era il posto di scambio dei cavalli. La stanza assegnata era accogliente e aveva servizi eccellenti. ‘É un hotel di prim’ordine’ si disse compiaciuta per la scelta.

Un tempo clemente e soleggiato, abbastanza insolito in montagna nel mese di settembre, allietò il suo soggiorno. La settimana letteralmente volò. Laura si rigenerò tra passeggiate solitarie nei boschi ed escursioni nei dintorni. Prima di cena frequentò le terme, dove la tonificante cascata termale le diede un’ebbrezza mai provata. Si sentì rinascere. Era un’altra persona, quando distesa e rinfrancata riprese la strada per Milano.

Al rientro ebbe chiaro quale offerta avrebbe scelto. Il ricordo di Marco pian piano sbiadiva, anche se rimaneva vivo nel subconscio. La mente non era più un alveare impazzito, dove i pensieri entravano e uscivano vorticosamente. ‘É stata la vacanza che mi serviva’ si disse.

Contattò l’azienda prescelta per l’ultimo e definitivo colloquio. Era una società di rilievo, che produceva linee merceologiche diversificate. Assunta come assistente del product manager per gli articoli da montagna, inizialmente si sarebbe occupata della gestione dei prodotti per rilevare inefficienze e sprechi e per ottimizzare il loro ciclo di produttivo. Dal 10 ottobre avrebbe preso servizio per iniziare una vita diversa da quella vissuta fino a quel momento.

L’ingresso nel mondo del lavoro avvenne per Laura dalla porta principale. Aveva un ufficio luminoso tutto per lei, accanto a quello del diretto superiore. Trattata con deferenza, come se fosse una personaggio importante, Laura ricambiò con l’impegno quotidiano. Fin da subito fu apprezzata per la cordialità, la gentilezza e il sorriso sincero.

Il lavoro impegnativo, la concentrazione sulle mansioni ricevute fecero impallidire il ricordo di Marco e dimenticare la delusione subita. Psicologicamente si sentiva meglio ma la ferita era lungi dall’essere cicatrizzata. Era sufficiente un ricordo o un pensiero per farla sanguinare.

Diversi corteggiatori cercarono di fare breccia nel suo cuore senza successo. Non si sentiva pronta a una relazione stabile.

Erano passate diverse settimane da quella sera di inizio settembre, quando Matteo con tono guardingo esplorò la possibilità di farsi accompagnare da Sofia il 10 novembre a Cernobbio.

Tutti gli anni il suo studio organizzava il primo o il secondo week end di novembre nella prestigiosa Villa d’Este un meeting forum sulla gestione dell’azienda e sulle normative. Quest’anno il tema verteva sulle novità fiscali, introdotte dagli ultimi provvedimenti governativi, e si teneva nel secondo fine settimana del mese. Lo studio lo realizzava per una clientela selezionata. Convegno dopo convegno aveva avuto un successo crescente sia per i temi trattati che per il prestigio della sede prescelta.

Se avesse accettato, avrebbe messo a tacere le malignità che aveva dovuto sopportare negli anni passati. Era un modo per presentarla ufficialmente come la sua ragazza. ‘Un fine settimana con Sofia’ pensò ‘sarebbe stupendo’. Tuttavia conosceva la sua avversione verso questo tipo di mondanità. Per strapparle il consenso doveva agire con molta discrezione e diplomazia. Quindi decise di affrontare l’argomento con tono distaccato e noncurante, partendo da lontano.

Conosci Cernobbio?” le domandò, mentre prendevano un aperitivo in Galleria Vittorio Emanuele.

No” rispose asciutta Sofia. Fu incuriosita dalla strana domanda ma allo stesso tempo era diffidente. ‘Matteo non parla mai a vanvera’ pensò. ‘Dove vuole parare?’

Il ragazzo fece una pausa, come se fosse rimasto soddisfatto dalla risposta.

Non hai mai visto Villa d’Este?” riprese dopo aver addentato un tramezzino. “Quel posto che a settembre per una settimana è al centro del mondo finanziario e politico. Pieno di vip, di capi di stato, di politici influenti”.

Sofia non comprendeva l’obiettivo di Matteo con quelle domande. Rimase in silenzio ma attenta a quello che voleva dirle.

Il mio studio programma da diversi anni a Villa d’Este un meeting per una clientela selezionata” disse il ragazzo con tono distaccato.

La ragazza arricciò il naso. ‘Cosa m’interessa sapere quali eventi organizza il suo studio?’ si disse, acuendo la percezione che presto avrebbe compreso il senso di quelle affermazioni.

Le spiegò come sarebbe stato molto impegnato nel ricevere e salutare i partecipanti, come dovesse presenziare a cene e pranzi, alle presentazioni e tavole rotonde e a tutto quello che ruotava intorno al forum. E concluse che sarebbe stata una fatica tipo quelle mitiche di Ercole e non certamente una passeggiata distensiva.

Sei impegnata il secondo week end di novembre?” le chiese, rompendo gli indugi.

Sofia si irrigidì, mettendosi sulla difensiva. Smise di mangiare le patatine, rimanendo in silenzio.

Si, lo so che non ami cene e pranzi ufficiali” fece Matteo, sorseggiando il suo drink.

Ma perché mi chiedi se sono libera tra due mesi?” domandò Sofia, che stava mettendo insieme i pezzi del puzzle.

Pensavo” proseguì sornione. “Visto che per tre giorni sarò indaffarato senza poterci vedere o quasi, se”. Fece una pausa strategica, aspettando la reazione della ragazza che tardava ad arrivare.

‘No, grazie’ pensò di rispondere di primo acchito. ‘Se non possiamo vederci pazienza, sarà per i giorni successivi’. Si morse la lingua, contò fino a dieci prima di replicare.

Immagino cosa avrai voluto dirmi” gli disse irritata. “Potevi risparmiarti quel lungo giro di parole, andando al concreto della proposta”.

Matteo colse l’occasione per portare l’affondo.

Semplicemente avevo pensato di prenotare una junior suite per te a Villa d’Este per il week end” fece con tono deciso. “Mentre sarò indaffarato coi partecipanti, tu puoi goderti i vantaggi dell’hotel. Dal parco al beauty center, al lago”. Secondo lui era una bella maniera per trascorrere qualche ora insieme durante le cene e nei ritagli di tempo libero. “Inoltre abbiamo tutta la domenica per noi. Cosa ne pensi?”

Sofia perplessa non si aspettava di trovarsi a prendere una decisione senza riflettere. “Mi dai un giorno di tempo per pensarci?” gli chiese.

Sofia, “ riprese con tono calmo e suadente, “anche due o tre giorni! Non c’è fretta. Prenditi tutto il tempo che vuoi per riflettere. Non voglio metterti ansia o forzarti la mano”.

Matteo rimase in silenzio, mentre guardò con intensità la ragazza, che adesso era visibilmente confusa, perché era stata presa in contropiede. ‘Ho corso troppo con la fantasia’ si disse, finendo l’aperitivo. ‘La capisco che non le va di stare con un branco di vecchi, che pensano solo a rimpinzarsi di tartine, pasticcini, caffè e altre cibarie’.

Ora non pensiamoci più” disse per chiudere il discorso e cambiare argomento.

Una storia così anonima – parte ventinovesima

foto personale
foto personale

Poitiers, 26 febbraio 2015, ore dieci

Intraprendente il nostro Pietro” chiosa Luca al risveglio. “Parte per il sud della Francia senza nemmeno avere un’idea dove si trova la meta”.

Vanessa non risponde. Vorrebbe dormire ancora dopo la maratona del giorno precedente e la lettura notturna. Si copre il viso con le lenzuola.

Toh!” esclama il ragazzo divertito. “La nostra mancata pescatrice!”

Luca consulta le mappe online per valutare quante ore servano per raggiungere Rennes-le-Château. Tuttavia adesso ha fame. ‘Ieri in pratica abbiamo fatto un solo pasto e molti chilometri’ si dice, mentre chiude il computer. ‘Una bella colazione a base di viennoiseries calde e caffè nero bollente ci vuole proprio. Ma posso abbandonare Van?’ Scuote il capo. Sa che, se lo facesse, glielo rinfaccerebbe per il resto della sua vita.

Pensa a Henri e allo scherzetto che gli hanno fatto. Dubita che lui non ritorni presto a seguirli come nei giorni passati. ‘No, no. Non ce lo abbiamo tolto dalle palle. É un mastino. Conosce il percorso di Pietro. Quindi ce lo ritroviamo a Rennes-le-Château di sicuro. Spero qualche giorno dopo il nostro arrivo’ riflette, mentre sta escogitando un sistema indolore per tirare giù dal letto Vanessa.

‘É una brava ragazza. Una vera amica, che non esiterebbe a gettarsi nel fuoco pur di salvarti. Però te la raccomando con quel caratterino che si ritrova’ ghigna Luca, che apre con delicatezza le imposte. La stanza viene inondata dai raggi del sole. La giornata, dopo diversi giorni, è serena. Alcuni la colpiscono in viso.

Sei impazzito” strilla Vanessa, mettendosi ritta con una mano sugli occhi.

Il ragazzo sorride. La mossa non gli sembra che sia stata particolarmente astuta. Non ha pensato alla giornata serena dopo tanto grigio e nuvole nere. ‘Dovrò pagar dazio’ si dice ‘ma almeno è sveglia’. Evita qualsiasi battuta per non peggiorare la situazione.

Non hai fame?” fa Luca sornione. “Io ho un buco nello stomaco”.

Ordina la colazione in camera” afferma con decisione la ragazza, che appare piuttosto irritata. “Ho sonno e vorrei dormire”.

Non ti ricordi che ieri sera ci hanno detto che non servono la colazione in camera?” dice il ragazzo. “E poi sono già le dieci. Le colazioni le servono fino alle nove e mezza”.

Vanessa sbuffa, scende dal letto per avviarsi al bagno. “Sei un negriero! Me la pagherai” afferma la ragazza, chiudendo la porta alle spalle. “Sono quattro giorni che mi fai girare come una trottola”. Urla per farsi sentire.

Luca sorride, perché alla fine non si è arrabbiata più di tanto. “Ci aspettano più di cinquecento chilometri e quasi otto ore di viaggio”.

Non ci penso proprio” strepita attraverso la porta chiusa. “Come minimo si spezza il tragitto in due tappe. Ho il culo piatto a forza di stare seduta in macchina. Almeno fosse comoda”.

Luca sorride. ‘Il culo piatto? No, è sodo e tondo come una zucca violina’ si dice, mentre si prepara per lasciare la stanza.

Si fermano in una sala da tè poco distante dall’albergo, dove hanno alloggiato. Fanno una ricca petit dejeuner, che costa più un pranzo. Mangiano senza parlare più di tanto. Hanno sempre la bocca piena. Non è da educati farlo.

Possiamo fare un tragitto breve oggi e uno lungo domani” fa Luca, mentre sta guidando verso Limoges.

La ragazza non risponde subito. Il breve per Luca significano centinaia di chilometri. Quindi non c’è da fidarsi.

Spiegati meglio” dice Vanessa sulla difensiva, controllando la voce.

Il ragazzo ride. ‘Diffidente, Van’ pensa. “Se ci fermiamo a Brive-le-Gaillarde” comincia Luca, subito interrotto da Vanessa.

Niente nomi. Spara chilometri e tempi” esclama la ragazza.

Ho capito, ho capito. Sta tranquilla che oltre alla località ti avrei ragguagliata con chilometri e ore” dice Luca.

Tranquilla, mica tanto. Sei un negriero. Mi svegli all’alba, mi fai fare migliaia di chilometri al giorno, mi costringi a leggere fino a notte fonda. Posso stare tranquilla con te?” fa Vanessa, per nulla convinta dalle parole del compagno.

Luca ride di gusto, mentre la ragazza schiuma di rabbia.

E va bene. Allora il tragitto breve di oggi è di duecento e diciannove chilometri. Poco più di tre ore di marcia. Mentre la tappa di domani, sono trecento e tredici chilometri con quattro ore di cammino. Più o meno. La tappa sarebbe a Brive-le-Gaillarde” fa il ragazzo, che aspetta commenti dall’amica.

La seconda opzione, quale sarebbe?” dice la ragazza con tono ironico.

Si prosegue fino a Cahors. Chilometri trecento e dodici. Oltre quattro ore di viaggio. La seconda tappa è di soli duecento e ventisette chilometri e circa tre ore” conclude Luca.

Vanessa spalanca gli occhi gli occhi verdi e scoppia in una risata.

Sono stato divertente?” chiede il ragazzo, contagiato dall’ilarità della compagna.

Sì!” fa la ragazza. “Ora pensa a guidare. Quando siamo quasi a …”

Brive-le-Gaillarde” suggerisce il ragazzo.

Ci siamo capiti” dice Vanessa che continua a ridere. “Decidiamo se farci un’altra ora di viaggio oppure no”.

La stanchezza e il buio consigliano di fermarsi a Brive-le-Gaillarde. Hanno trovato traffico, che ha rallentato la loro marcia. Sono quasi le diciotto quando entrano nella città.

La mattina seguente si mettono in viaggio per Rennes-le-Château. La giornata è grigia. Dense nuvole li accompagnano fino a Couiza, dove iniziano i primi contrafforti dei Pirenei orientali. Le nubi basse non permettono di vedere né il colle dove sta la cittadina, né le cime delle montagne che dovrebbero essere alle spalle. Si inerpicano per una strada che taglia in due un bosco, che appare spoglio in questo periodo. Scheletri con le mani verso il cielo immersi nella nebbia.

Sembra di essere a Ferrara in Novembre” chiosa Luca, immerso in una foschia densa e lattiginosa.

Pensa a guidare” lo rimbrotta Vanessa. “Non ti distrarre con accostamenti inutili”.

Fatto l’ennesimo tornante sbucano fuori dalla nuvolaglia e vedono davanti a loro una cittadina arroccata sulla collina.

Ecco!” esclama Luca “Siamo arrivati”.

Vanessa stringe gli occhi ma non riesce a vedere quasi nulla. Quello che nota tra i rami spogli di piante enormi sono delle creste di un bianco sporco, che elevano le mani verso il cielo sereno.

Ma dove?” chiede la ragazza.

Il ragazzo guida con prudenza. La salita non è ripida ma deve fare attenzione.

Ora si è nascosta” dice sollevando per un istante gli occhi verso l’alto. “Ma tra poco… Ecco si vede la torre e qualcosa che assomiglia a un castello”.

Vanessa scuote il capo. Osserva qualcosa che poi si nasconde. Dopo l’ennesima giravolta il paese si presenta davanti a loro. Sembra disabitato. Grandi parcheggi fuori il perimetro delle abitazioni vuoti. Non si nota nessun movimento. Né di pedoni, né di auto.

Ma sei sicuro che sia questo il posto?” domanda Vanessa per nulla convinta.

Sì” fa Luca che si ritrova dinnanzi al naso un cartello, che non riesce a comprendere.

dal sito di Rennes-le-Chateau
dal sito di Rennes-le-Chateau

I fogli sono interdetti?” fa il ragazzo con ironia. “Che cavolo vuol dire?”

La ragazza ride con le lacrime agli occhi, mentre Luca entra nel centro abitato. La guarda stupito, perché non comprende l’ilarità dell’amica. Scuote il capo. ‘Non conosco il francese’ pensa ‘ma mi hanno sempre detto che assomiglia tanto all’italiano’.

Vuoi sapere cosa vuol dire?” fa Vanessa, mentre Luca parcheggia in un piccola piazzetta circondata da case basse.

Non muoio dalla curiosità. Però se vuoi” dice il ragazzo interrompendosi.

Dice semplicemente che gli scavi nel territorio comunale sono proibiti” traduce la ragazza.

Ma non dobbiamo scavare un bel nulla” afferma Luca, che spegne il motore. “Ci facciamo quattro passi in questa metropoli?”

Vanessa annuisce. Infila il piumino nero e lo chiude per bene. Il freddo è pungente. Intorno la neve arriva a quote basse. Girano per le strade, che sono deserte. Sembra che tutti siano chiusi in casa. Un solo ristorante è aperto con un unico cliente.

Toh! Chi si vede!” esclama Luca, come se si aspettasse quella vista.

Chi?” domanda curiosa Vanessa.

Il nostro Henri” fa il ragazzo, accennando con la testa l’avventore solitario del locale. “Ha capito che l’abbiamo fregato e senza perdersi d’animo è arrivato qui”.

La ragazza si aggrappa al braccio dell’amico, come per rincuorarsi. “E ora che facciamo?” chiede.

Nulla” dice Luca. “Mi sono appuntato un paio di gite”.

Cosa?” domanda scandalizzata Vanessa.

Il ragazzo si schernisce. “Lo sai che il francese non lo mastico. Sul sito di Rennes compare questo nome les gites, che sono forniti di camere. Chambres, sono sicuro, vuol dire camere. Poi il numerino, tre, è chiaro e lampante”.

Vanessa ride, mentre si stringe ancora di più addosso a Luca. “Impara le lingue” chiosa la ragazza. “Gite significa alloggio. Probabilmente è un bed & breakfast. Dove si trova?”

Quasi di fronte a dove abbiamo parcheggiato” dice il ragazzo. “Però avrei fame”.

Hai il verme solitario?” lo rimbrotta la ragazza. “Sai dire solo ‘ho fame’. Andiamo a vedere se hanno camere libere. Poi ti accontento. Ti porto al ristorante”.

Come è buona lei!” replica sarcastico il ragazzo. “Se sono libere tutte e tre, le blocco. Così Henri rimane a bocca asciutta”.

Non passava giorno – cap. 9

Foto personale
Foto personale

Marco, alzatosi presto dopo la nottata agitata da sogni e rimpianti, aveva deciso di cancellare ogni traccia di Laura sia fisica sia virtuale dalla sua vita. ‘Quando?’ si era chiesto. La risposta non arrivava. Allora puntò a una passeggiata distensiva, mentre la giornata stava muovendo i primi passi.

‘Devo uscire all’aria aperta’ si disse vestendosi. ‘Devo scaricare lo stress, che non mi dà tregua’. Doveva ritrovare quell’equilibrio che si era frantumato attraverso i dubbi, le riflessioni e il rammarico su quella rottura inspiegabile a tutti’. Rischiava di bruciare a fuoco lento.

Guardò fuori dalla finestra. La giornata di inizio settembre, né fredda né afosa, sembrava l’ideale proscenio per una bella pedalata. Amava pedalare sulle strade di campagna. Per lui era un ritorno al passato. La Colnago da passeggio era parcheggiata nel garage di casa. Immaginò che fosse ricoperta da uno bello strato di polvere, perché ben raramente negli ultimi cinque aveva avuto l’opportunità di usarla. Quando veniva a Ferrara, non troppo spesso in verità, doveva ragguagliare i genitori sull’andamento degli studi, sulla relazione con Laura. E non solo quello. Quindi gli rimanevano pochi spiccioli di tempo libero per uscire in bicicletta.

Quando scese nel box, lui non era nella classica tenuta da ciclista. Aveva comode scarpe da ginnastica, pantaloncini corti e una maglietta leggera. Sotto il sellino in una piccola borsa c’era un tubolare di scorta per eventuali forature, sempre in agguato, e alcuni attrezzi di prima emergenza. Sotto la canna della bicicletta stava un contenitore non troppo ingombrante, che conteneva alcuni indumenti, un impermeabile e il telefonino.

Sotto il telo di plastica trasparente stava sonnacchiosa la bicicletta in attesa che Marco la facesse uscire dal letargo. Era tutt’altro che dozzinale, perché aveva un ottimo telaio con accessori di prima qualità. Il padre la teneva in ordine, oliata e pulita, perché fosse sempre pronta per lui.

Tolse il telo, saggiò le gomme che erano gonfie al punto giusto. ‘Papà, sei una persona eccezionale!’ si disse soddisfatto, mentre usciva sulla strada. Dopo le prime pedalate incerte, prese un buon ritmo. La brezza fresca del mattino gli accarezzava il viso, mentre usciva dalla città. Si sentì subito bene, dimenticando Laura, il sogno, i sensi di colpa. Era tornato adolescente, quando per scaricare le delusioni amorose e lo stress della scuola prendeva la bicicletta per un lungo giro su strade poco trafficate. Aveva avuto sempre il potere di fargli dimenticare le preoccupazioni.

Dopo pochi chilometri dalla mura cittadine svoltò a destra, imboccando una strada asfaltata stretta, che costeggiava una campagna curata. Il percorso si snodava tra filari di alberi e di siepi. Salvo le immancabile macchine agricole e qualche rara automobile, che strombazzava per far sentire la loro voce, era l’ideale per pedalare senza troppe ansie o timori.

La campagna riposava in attesa della semina autunnale con qualche campo già arato di fresco. Scoli secchi e canali d’irrigazione, pieni d’acqua verdastra stagnante, facevano da contorno. La vista era rilassante e l’occhio di Marco spaziava libero. Osservava i primi gabbiani e aironi cinerini, le iniziali avanguardie di uccelli acquatici, che si sarebbe installati tra zolle umide, pronte a raccogliere le sementi del frumento.

Percepiva di essere disteso, mentre assaporava delle sensazioni che credeva di avere smarrito. Pedalava di buona lena, quando gli parve di scorgere tra le basse siepi divisorie una figura, seduta sul ciglio erboso. Era ancora distante, un paio di curve più avanti. ‘Forse si sta riposando’ pensò Marco. ‘Oppure ha necessità di aiuto”.

Un paio di pedalate vigorose e qualche curva pennellata l’avvicinò a quella figura, un ciclista, che aveva le sembianze di una ragazza dal volto imbronciato e appoggiato sul palmo delle mani. Al suo occhio esperto non sfuggì che era in attesa del passaggio di qualcuno per farsi aiutare.

Fermatosi a un metro da lei, le rivolse la parole. “Salve, ha necessità di aiuto oppure si sta riposando?” le chiese con gentilezza.

La ragazza alzò lo sguardo per nulla amichevole. Lo squadrò dai piedi alla testa. “Mi serve aiuto” gli rispose secca con la voce acida per la rabbia repressa.

In che modo le posso essere utile?” disse Marco, ignorando il suo tono secco.

Ho forato. Non ho con me il materiale per eseguire la riparazione” affermò, addolcendo la voce. “Nemmeno il telefono mi è stato d’aiuto, perché è ammutolito dopo il primo squillo”.

Marco osservò il pneumatico floscio, sistemandosi accanto a lei. “Avrei un tubolare di scorta” fece con tono cortese, fingendo di non aver udito quel tono insofferente e arrabbiato. “Purtroppo non è adatto alla sua bicicletta. Posso prestarle il telefono, se l’offerta l’interessa”.

La ragazza lo guardò stizzita, quando Marco riprese a parlare senza attendere risposta. “Oh! Sono davvero desolato. Non mi sono presentato” esclamò. “ Marco e possiamo darci del tu”.

La ragazza superò il momento di rabbia e di stizza che l’aveva colta. “Agnese” rispose con tono addolcito. “Grazie per l’aiuto e l’offerta”.

Si sentì in obbligo di mostrarsi cortese, perché, se Marco non fosse passato per quella strada, lei non avrebbe saputo come uscire da quella situazione. Non si vedevano case nelle vicinanze. Solo qualche indistinta forma in lontananza. Inoltre non era pratica della zona, perché era la prima volta che si avventurava da queste parti. Rischiava di vagare alla ricerca di aiuto.

Eseguito il cambio di sim, armeggiò a lungo con il telefono senza risultati apprezzabili, salvo alcune imprecazioni poco consone a una ragazza. Nessuno aveva risposto alle sue chiamate.

Sono desolata,“ disse Agnese sconsolata, “ma non trovo nessuno”.

Si diede della sciocca perché aveva lasciato a casa il tubolare di scorta. “L’esperienza mi sarà utile per la prossima volta” concluse.

Il paese più vicino non dista più di tre o quattro chilometri”. Le spiegò che c’era un vecchio artigiano, che riparava le biciclette, o almeno c’era fino a un anno. Marco le propose di salire sulla canna della sua bicicletta e aggiunse che con una mano potevano portare la sua incidentata.

Non sarà comodissimo. Ma possiamo farcela” concluse, sorridendo.

Agnese, rassegnata, allargò le braccia e si sistemò sulla Colnago di Marco, mentre si avviarono lentamente verso il paese. Rischiarono più di una volta di cadere. L’allegria per l’insolita avventura, che rompeva la monotonia della pedalata in solitario, li aveva contagiati come una malattia infettiva.

Arrivati, trovarono fortunatamente l’officina aperta.

Buongiorno,“ disse Marco, “questa mia compagna di viaggio ha forato, ma non abbiamo niente per ripararla. Lei potrebbe farlo?”

Certamente,“ rispose l’anziano artigiano, “ci sarà un po’ da pazientare”. Nell’attesa li fece accomodare all’ombra di una quercia nella corte. Intuendo che avessero sete fece portare loro qualcosa di fresco. Marco e Agnese si sistemarono su due sedie da bar un po’ sgangherate attorno a un tavolo rotondo di ferro con diverse traccia di ruggine. Una signora dai capelli candidi arrivò poco dopo con una bottiglia di acqua fresca, una birra e due bicchieri.

La ragazza aveva il viso cotto dal sole, come gambe e avambracci, che indicava con chiarezza che era una ciclista. La pelle candida, che faceva capolino dalla maglia intrisa di sudore, contrastava col colore di quella accanto. Aveva una corporatura minuta e ben proporzionata con muscolatura tonica, non troppo appariscente. Un caschetto di capelli scuri incorniciavano il viso dove spiccavano due bellissimi occhi blu, molto vivaci. Il seno sotto la tuta era sodo e non troppo pronunciato, come se fosse un’adolescente. Nel complesso era piacevole da vedersi, perché le forme erano proporzionate e armoniche.

Marco parlò di sé, mentre sorseggiava la birra. “Sono laureato di fresco in ingegneria gestionale” disse. “Al momento sto valutando le offerte ricevute”. Aggiunse che desiderava trovare qualcosa in zona, perché amava troppo Ferrara per lasciarla. “Ho venticinque anni. Tu cosa fai?”.

Agnese, dopo alcuni istanti di silenzio, rispose che era laureata in economia e commercio e lavorava da un paio d’anni nell’area amministrativa del centro commerciale Le Valli. La sua grande passione era la bicicletta, che inforcava ogni volta che gli impegni le lasciavano un po’ di tempo libero.

Oggi è una giornata di ferie non troppo felice per il momento” affermò, facendo un lungo sospiro. “A parte il tuo arrivo provvidenziale”. Ironicamente auto commiserandosi, aggiunse che era vecchia, perché aveva quasi ventinove anni e sarebbe rimasta zitella. Scoppiò in una gran risata. “Chi vuoi che mi prenda?” esclamò, ridendo. “Amo solo la bicicletta! Se potessi andrei a letto con lei”.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, come se avessero esaurito le parole per conversare. Agnese osservò Marco attentamente. ‘Mi sembra una persona tranquilla con le idee chiare in testa ma poco pratiche’ rifletté. “Cosa pensi di trovare in zona per sfruttare la tua laurea?” disse per dare corpo alle sue perplessità. “Non mi sembra che ci siano molte possibilità!”

Marco sorrise. “Qualcosa troverò, basta avere pazienza”.

Continuarono a parlare di ciclismo, di libri e di hobby come vecchi amici, mentre si dissetavano senza accorgersi che il sole era alto nel cielo. Il vecchio arrivò con la bicicletta di Agnese, scusandosi di averli fatti attendere più del tempo preventivato.

Ecco la vostra bicicletta, signorina” disse.

Quanto le devo per la riparazione?” gli chiese la ragazza.

Nulla. Ho messo una pezza, che le permetterà di arrivare a casa. Non avevo un tubolare adatto per sostituirlo” rispose.

Nulla?” fece Agnese con tono sconcertato e sorpreso. “Avete lavorato, ci avete offerto da bere e non volete nulla?”

Dal portafoglio nel marsupio tolse venti euro, che cacciò nella tasca del vecchio. “Non so come ringraziarvi perché ero in un bel guaio” gli disse. “Voi mi consentite di tornare a casa!”.

I due ragazzi, dopo aver salutato e ringraziato quella coppia di anziani gentili e simpatici, salirono sulle rispettive biciclette per tornare in città.

Erano ormai prossimi a Ferrara, quando Agnese disse: “Grazie, Marco. Sono stata molto felice d’averti incontrato e senza il tuo opportuno aiuto sarei ancora là sul ciglio della strada a meditare sui miei peccati. Prima di salutarci, possiamo scambiarci i nostri numeri di telefono?”

Eseguito lo scambio, immaginando un improbabile nuovo incontro, Marco salutò Agnese, che prese la prima strada sulla destra.

Ritornato a casa, dimenticò l’episodio e non ci pensò più per molti mesi.