Non passava giorno – cap. 21

foto personale
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Paolo telefonò a Matteo per parlare di Laura dopo l’ultima telefonata deludente. Lei gli appariva come una persona sfuggente e misteriosa, la mitica sfinge. Non riusciva a venirne a capo. Gli piaceva, lo intrigava ma rimaneva avvolta in un bozzolo di seta, inaccessibile e imperforabile.

La telefonata, ammetteva Paolo, era stato un autentico disastro. Si era mosso con l’impaccio e la disinvoltura da elefante in un negozio di cristalleria senza avere il coraggio di parlare con chiarezza e decisione.

Si rimproverava che doveva prendere l’iniziativa già alcuni mesi prima, dopo l’incontro a Cernobbio. Aveva ragionato come se Laura lo dovesse corteggiare, cercare, mettersi prona ai suoi piedi. In realtà era lui che la cercava e la desiderava. Una visione distorta della realtà.

Ciao” disse al pronto di Matteo “Affronto subito l’argomento: Laura”.

Dimmi, ti ascolto…” rispose l’amico, rassegnato all’ennesimo sfogo, cercando di dissimulare il fastidio di discutere ancora di lei. ‘Paolo non lo capisco’ pensò Matteo. ‘Non ha compreso che Laura non lo vuole’. Era sicuro che dopo Cernobbio avesse smesso di pensarla e i sei mesi di silenzio gli aveva dato la certezza ma l’argomento era ancora lei. Dunque, rifletté, nonostante tutti i proclami, sbandierati ai quattro venti, lui continuava a farci un pensiero. Immaginava già il tenore della telefonata.

Oggi, dopo quasi sei mesi, l’ho contattata” riprese Paolo “per invitarla a cena. E’ finita che mi ha messo giù il telefono. Sono deluso di me stesso”.

Matteo sentì un grosso sospiro dall’altra parte, mentre la voce di Paolo aveva ripreso a parlare. ‘Stento a riconoscerlo’ si disse rassegnato. Laura l’aveva stregato a tal punto che Paolo non riusciva a staccare il pensiero. “Non dirmi” disse Matteo, tentando di non ironizzare troppo, “che hai preso una sbandata tale da uscire di strada con la testa? Ci conosciamo da una vita. Non parlavi così nemmeno a quindici anni! Non sei più un ragazzino, ma un professionista affermato!”

Matteo, non scherzare!” lo interruppe Paolo con voce affranta, che non comprendeva quale particolare della ragazza l’avesse colpito: l’aspetto, i capelli rossi, la personalità ma forse era un mix di tutto questo. Matteo non poteva percepire il suo tormento. ‘É vero che una certa pigrizia mentale mi hanno impedito di contattarla in questi mesi’ si disse, ‘ma l’approccio è sempre fallimentare da qualunque parte lo si voglia osservare’.

Paolo provò a spiegare all’amico quali sensazioni la ragazza gli avevano stimolato e avvertiva che Matteo si tratteneva nel rispondergli per non esacerbare le sue pene amorose.

La telefonata proseguì per diverso tempo, finché Matteo non gli propose di incontrarsi a casa sua per discutere di Laura. Sperava di riuscire a farlo ragionare. Questa sera era libero, perché Sofia con un messaggio l’aveva avvertito che trascorreva la serata con Laura. ‘Senza di lei mi sento perduto’ rifletté. ‘Se dipendesse da me, l’avrei sposata l’altro ieri’.

Alle otto. Una pizza e una birra, buona musica e tante parole. Ciao” disse Matteo, chiudendo la telefonata.

Paolo pensò che, se l’amico aveva avuto il potere di calmarlo, dentro gli bruciava il rifiuto di Laura. Aveva sperato che in questi sei mesi avesse cambiato opinione, che il ricordo dell’ex fosse stato cancellato. Evidentemente aveva commesso un errore di valutazione nel progettare il loro futuro. Doveva pensare a una nuova strategia nell’assalto a Laura senza coinvolgere Matteo e Sofia, come intermediari o guardaspalle, doveva fare tutto da solo. Stasera ne avrebbe parlato con Matteo ma doveva diventare più aggressivo, trovare la chiave giusta per aprire il cuore della ragazza. Stentava a riconoscersi, perché nella professione era determinato e implacabile negli affondi, mentre con lei era irresoluto e indeciso.

Sofia nella pausa pranzo stava nel bar sotto l’ufficio, circondata dal frastuono delle voci di impiegati e funzionari, che consumavano il loro pasto con la voracità. Avrebbe desiderato invece pace e silenzio.

‘Oggi’ pensò, osservando attorno le persone, ‘vorrei essere servita da un cameriere per assaporare la lentezza del cibo. Invece sono qui a sgomitare per un posto. Sento gomiti che premono senza delicatezza. Percepisco che, come un avvoltoio appollaiato sulla mia spalla, qualcuno speri che gli lasci in fretta il posto. Ammetto, si disse sconsolata, che aveva ragione Marco, quando affermava che non si sarebbe mai adattato alla vita di Milano, troppo anonima e frenetica. É tornato nella sua tranquilla città di provincia a condurre una vita meno di corsa e più rilassata. Stasera gli chiederò come si vive in provincia. Chissà se un giorno non decida di abbandonare questa metropoli di stressati ed esagitati per una delle città che le fanno corona’.

Avrebbe desiderato rivedere Laura e Marco, riuniti di nuovo insieme. Sperava che, risolte le loro incomprensioni, sarebbero tornati come ai tempi felici dell’università. Giorni che le sembravano lontani e sbiaditi come un cencio lavato troppe volte. Rifletté che erano una bella coppia, mentre aspettava il tramezzino caldo ordinato, urlando per farsi capire.

‘Lui, alto e atletico, lei dalla figura snella e slanciata. Si amavano, come non avevo mai visto in altre coppie’ rievocò quei momenti felici e sereni.

Rammentava che Marco era rispettoso e non le faceva mai uno sgarbo. Non le diceva mai nulla di scortese, non alzava mai la voce, nemmeno quando nella concitazione del dialogo cercava di spiegare il suo punto di vista. Lei era single in quegli anni ma si era sentita sempre benvenuta tra loro, anche se a volte percepiva una punta di insofferenza da parte di Laura per la sua presenza come terzo incomodo. L’amica non le aveva mai voluto dire il motivo per il quale Marco se ne era andato all’improvviso ma forse non lo sapeva nemmeno lei con precisione. ‘Chissà’ rifletté Sofia, ‘se stasera conoscerò le motivazioni della loro rottura’. Era immersa in questi pensieri, quando il tramezzino le apparve dinnanzi fumante e vischioso.

‘Diamine, ero talmente concentrata a pensare a Laura e Marco’ pensò, ‘che non mi sono accorta che il mio pasto è servito!’ Sofia iniziò a mangiarlo ma ritornò con la mente ai pensieri che gli affollavano la mente.

‘Credo’ si disse, ‘senza sbagliarmi, che Marco volesse vivere una vita scandita da piccoli piaceri e da ritmi diversi. Laura si sarebbe adattata? Non lo so. Conoscendola, penso di no. Inizialmente avrebbe accettato per amore di Marco un lavoro di serie B, vivere in una piccola città dove i piedi e le biciclette sono il mezzo di trasporto più usato. Ma poi?’. Non terminò il ragionamento, perché avvertì un gomito piantato nella schiena. Ne aveva mangiato solo qualche boccone. Presa la bottiglietta dell’acqua quasi piena, depose il resto del cibo sul piatto, uscendo.

‘Meglio!’ pensò. ‘Digiunare mi farà bene’. Appena fuori dal bar respirò una bella boccata di smog, che la fece tossire. ‘Questa è una camera a gas! Come invidio Marco! Stasera chiedo asilo politico nella sua città. Ma come si chiama ‘sta città da favola dove l’aria è limpida e le persone camminano tenendosi per mano?’ Ridendo si avviò verso l’ufficio.

Le quindici erano passate da poco, quando Marco si diresse verso il garage in centro a Milano per parcheggiare la macchina. Sperava che ci fosse un posticino per lui e disponibile fino a domani sera. Sapeva che sarebbe stato difficile trovarne uno libero, perché era il più vicino a Piazza Duomo.

Ebbe fortuna e si avviò verso la casa di Laura, mentre rifletteva sull’impatto che avrebbe avuto su di lui, rivedendola dopo tanto tempo. Non era in grado di determinare quali sensazioni gli avrebbe provocato la sua vista. Si pose la domanda, se sarebbe stato in grado di ricacciare indietro il sentimento che provava per lei. In questi mesi gli aveva fatto compagnia di giorno e di notte, discreto e riservato.

Adesso con apprensione e qualche titubanza stava andando da lei per ascoltare i suoi problemi, senza immaginare l’argomento. Non intuiva quale segreto avesse custodito durante gli anni trascorsi insieme. Doveva pazientare qualche minuto, perché presto l’avrebbe scoperto.

Avvertì che dentro di lui affioravano delle sensazioni, mai scomparse, nei confronti di Laura.

Non passava giorno – cap. 20

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Ciao” disse Marco, “c’è un problema per domani”.

Di che genere?” chiese Agnese con apprensione. Immediatamente pensò a una pessima notizia.

Marco modulò la voce alle circostanze, prima di riprendere a parlare. “Vorrei spiegare, raccontare ma rischio di essere frainteso” fece, cercando le giuste parole, unite al tono della voce. “Credo di non essere in grado di esprimermi adeguatamente, senza ingenerare confusione e malintesi”. Fece una pausa in attesa delle reazioni di Agnese. “Ma ti assicuro che sono sincero, come lo sono stato in precedenza” concluse Marco.

Ti ascolto” disse la ragazza freddamente. “Parla senza troppi giri di parole, andando direttamente al sodo”.

Ti propongo di spostare la pedalata progettata per domani a mercoledì.” replicò Marco senza esitazioni e con tono franco e deciso. “Di per sé la richiesta non sarebbe problematica. Ma ti pregò. Ascolta con attenzione quello che ho da dirti. Poi prenderai la decisione che ritieni opportuno”.

Fece una breve pausa, sperando di udire la voce della ragazza, che rimase in silenzio. “Se la risposta fosse negativa” aggiunse, “ne sarei rammaricato. Però capirei il tuo rifiuto, perché sarebbe logico”.

Agnese si chiese dove volesse arrivare con quel discorso fumoso. Se era solo lo spostamento della data, non comprendeva il resto delle parole. Le sembravano spiegazioni inutili, perché la loro era una semplice conoscenza casuale. Tuttavia decise di dargli credito e di ascoltarlo.

Dimmi” replicò recisa ma col tono di chi era rassegnata di al peggio.

Marco si rinfrancò, perché Agnese non aveva chiuso il dialogo ed era disponibile a sentire le sue spiegazioni. La informò della telefonata di Laura. “Ho ricevuto mezz’ora fa una chiamata del tutto inaspettata, che mi ha colto di sorpresa” cominciò con tono calmo il ragazzo. “É la mia ex con la quale ho rotto otto mesi fa bruscamente senza troppe spiegazioni. Da quel momento non ci siamo più sentiti, né visti come se fossimo due estranei”.

Una breve pausa per riprendere fiato prima di aggiungere: “Avrei potuto dirti un’amica, ma sarebbe stata una pietosa bugia”.

Il tono delle ultime parole era sincero ma Agnese rimase in silenzio, ascoltando quello che aveva da dirle. Marco, rassicurato dalla mancanza di risposte sgradevoli, proseguì nel discorso. Gli aveva chiesto di raggiungerla a Milano con urgenza per parlare di un problema non ben specificato. Non era riuscito a sapere nulla di più di quello che le stava dicendo. Aveva percepito, che fosse preda di una crisi nervosa. Non aveva potuto rispondere negativamente alla sua richiesta, perché i cinque anni passati con lei non si potevano dimenticare con facilità. Per Marco veniva la parte più complicata della telefonata, perché doveva convincere Agnese della sincerità delle sue parole.

Se mercoledì ci vediamo, come spero” le disse, “ti spiegherò le motivazioni per le quali le ho detto addio. Sono leale con te e non nascondo nulla dietro veli o cortine di fumo”.

Tacque in attesa che Agnese parlasse. Non sentendo altro che il respiro tutt’altro che silenzioso, capì che non doveva metterle fretta. Avrebbe aspettato la risposta con pazienza. Marco era combattuto tra il pensiero di rivedere Laura e la voglia di conoscere di più Agnese.

Lei rimase zitta, incerta tra dirgli ‘No, grazie. Corri dalla ex e addio’ o ‘Si, va bene. Vediamoci alle nove al bivio dell’altra volta’. Non rispondere aveva poco senso perché le possibili risposte erano solo due. Si chiese se era meglio riflettere o affidarsi all’istinto per la risposta. Il fatto che lui rivedesse la sua ex ragazza le dava da pensare, che stava perdendo tempo ma percepiva un filo di sincerità nelle sue parole.

Marco intuì il disagio di Agnese dal prolungato silenzio e comprese pure le perplessità, perché avrebbe trascorso due giorni e una notte con Laura. Una risposta negativa gli sarebbe dispiaciuta, perché voleva conoscerla meglio dopo quella prima volta. Pensò che sarebbe stata una buona opportunità trascorrere la giornata con lei. Marco ribadì con forza che esprimeva quello che pensava senza nascondere nulla.

Agnese trasse un profondo sospiro. “Ti sento sincero. Meriti la fiducia che chiedi” gli rispose con la voce roca, spezzata dall’ansia e dalla paura, che i sogni sperati andassero in frantumi. “Va bene per mercoledì”.

Grazie“ rispose Marco rilassato, “spero di non deludere le tue attese”.

Ci credeva fermamente alle sensazioni che percepiva, perché nei prossimi giorni finalmente avrebbe eliminato dall’armadio gli scheletri, sgombrando il campo da equivoci o segreti, che avrebbero potuto diventare imbarazzanti e ingombranti in seguito. ”Alle nove di mercoledì” le disse.

Alle nove. Sii prudente, vorrei vederti” replicò Agnese, che si era ripresa dal momento di smarrimento. Le era sembrato di essersi persa in un bosco sconosciuto e folto dal quale adesso ne era uscita.

Marco riempì un borsone e partì per Milano.

Sofia lesse un nuovo SMS. ‘Alle tre vedo Marco. E’ con noi a cena. Laura’ e si chiese il motivo senza trovare una risposta logica.

Laura scese dalla soffitta coi fogli, il vestito rosso, che aveva trovato in una scatola di cartone. Dopo una doccia veloce, provò l’abito decidendo di indossarlo, perché si sentiva, come se avesse avuto addosso una corazza.

Seduta sul divano aspettò con impazienza l’arrivo di Marco.