Disegna la tua storia con un’immagine di Etiliyle – Sghego e il suo esercizio

Questa splendida immagine di Etiliyle mi ha dato lo spunto di creare un nuovo racconto ambientato a Venusia.

Buona lettura.

Venusia è un minuscolo puntino nella pianura di Ludilandia. Non c’è nulla a parte Sghego e poco altro.

Sghego fa da bar, trattoria e ritrovo per i venusiani. Insomma se si vuole incontrare qualcuno, quello è l’unico posto. Non c’è altro: o prendere o lasciare.

Quattro tavoli sotto il pergolato e altrettanti al suo interno. Un tavolo è sempre occupato da quattro venusiani che passano mattina, pomeriggio e sera a giocare a carte. Sono ospiti fissi e non fanno nient’altro che partite interminabili. Insieme alle napoletane non manca mai il calice di vino rosso, che viene centellinato come una reliquia.

Il gioco preferito è la scopa. Più di rado si gioca allo scopone scientifico, più complesso e impegnativo. Le coppie sono fisse e le partite accanite. Non di rado finisce a spintoni e urla con invettive che le sentono tutti i venusiani. In questi casi Sghego interviene a riportare la calma. Due pacche sulle spalle dei contendenti e la minaccia di tenerli lontani dai suoi locali per molto tempo. Uno spauracchio per Mario, Martino, Alberto e Marino, i quattro dell’Ave Maria del gioco. Un DASPO in piena regola che agisce da deterrente. Si mettono calmi in un amen. Il solo pensiero di essere banditi per mesi o per sempre fa sparire tutti i propositi bellicosi. In realtà è più scena che arrosto.

D’estate sotto il pergolato, d’inverno all’interno. Pioggia o neve non li scoraggia a venire puntuali come orologi svizzeri alle nove del mattino. Si siedono nel tavolo in angolo, tolgono le carte dal suo contenitore e Alberto estrae il quaderno dalla copertina nera e dai fogli a quadretti. Qui sono appuntati date e ore d’inizio partita dove segnano i punti delle coppie.

«Dovevi calare il sei e non il cinque» redarguisce Mario prendendo un ori dal tavolo.

Il suo compagno, Martino, scuote il capo e disquisisce sulla sua giocata. «Non conosco le tue carte ma quel cinque ha un senso» e cala un altro cinque di denari per recuperare la carta precedente.

Il mucchietto di prese sale davanti a Mario ma Alberto fa scopa con un Re e sogghigna felice. «Così si gioca, pantofoloni» ride felice.

Alberto richiama l’attenzione di Sghego per ordinare un altro giro di vino e qualche tartina. «Mettila sul conto di Mario e Martino» sghignazza irriverente. «Tanto questa partita l’hanno già persa».

«Non dire gatto, se non l’hai nel sacco» rimbecca acido Martino, che con un asso prende tutto e chiude la partita.

Quello che rende unico Sghego, oltre ai quattro giocatori, è il posto. Incassato tra due case con davanti il viale alberato, coi muri ricoperti dall’edera dona un senso di tranquillità. Il pergolato è ricoperto dalla vite americana, che in autunno si colora di rosso. L’edificio è un vecchio stabile di pietra ingrigita dal tempo. La pavimentazione è un acciottolato leggermente sconnesso formato da sampietrini di porfido scuro. L’interno è spartano. Un bancone non più lucido, che mostra tutte le sue smagliature legate alle diverse generazioni che si sono alternate dietro di esso, ha alle spalle uno specchio che occupa tutta la parete. Quattro tavoli di ferro smaltato occupano la sala interna e stanno tra il bancone e la porta d’ingresso. Una porta girevole consente l’accesso alla cucina e alla dispensa. Le pareti avrebbero necessità di una bella rinfrescata ma Sghego afferma che così hanno un’aria vissuta.

 

Disegna la tua storia con un’immagine di Marzia – La stanza

Marzia mi ha lanciato un nuova sfida. Partendo dall’immagine che segue, devo costruire una storia.

fornita da Marzia

Io ci provo. Il giudizio lo lascio a voi.

Buona lettura

Carola è sempre stata curiosa. Ama le avventure, che qualche volta hanno rischiato di finire male. Come quella volta che ha azzardato l’esplorazione della Fortezza da sola.

La Fortezza è il simbolo di Venusia, un patrimonio comune a tutti i venusiani. Non ha padroni, fuorché gli abitanti di Venusia. Si erge sulla montagna, quel dosso alto poco più di duecento metri, tanto che chiamarla così fa sorridere tutti fuorché loro.

La Fortezza è un luogo ricco di misteri, abitato da fantasmi e frequentato solo dai più coraggiosi. Carola è una di questi.

Un giorno di giugno di qualche anno addietro Carola si è inerpicata sulla montagna passando nel bosco degli spiriti, altro luogo poco amato e frequentato dai venusiani.

Arrivata dinnanzi al grande portone di quercia, che è sempre chiuso si ferma a rifiatare. Per aprirlo serve una robusta chiave, che pende malinconica dal battocchio di ottone. Lo sanno tutti dove si trova e basta infilarla nella toppa e girare con foga per aprire il battente che silenzioso si apre.

Dunque Carola, dopo aver provato a spingere il portone, qualora qualche altro ardimentoso fosse entrato prima di lei, prende la chiave che è di proporzioni generose e pesa un chilo e mezzo. La infila nella serratura e la gira con forza. Dopo un mezzo giro si blocca. Riprova. Niente dopo un mezzo giro non ha intenzione di muoversi.

Carola freme per la novità che la incuriosisce. “Cosa la blocca?” si chiede con lo sguardo meravigliato. “È la prima volta che mi capita”. Osserva la chiave ma non nota nulla di strano. Dà una sbirciatina nella toppa e non vede nulla.

«Questa è proprio bella» esclama con voce squillante. «La chiave si rifiuta di girare».

Ha appena finito di dire queste parole che la chiave infilata nella serratura inizia a girare in silenzio come se fosse dotata di anima. Carola non si scompone nel vederla ruotare senza che qualcuno la muova. Spinge il pesante portone che cigolando sui cardini si apre mostrando il suo interno polveroso. Ride soddisfatta e incuriosita. “Si tratta del famoso fantasma Beniamino” si dice, mentre varca la soglia. “Tutti ne parlano ma nessuno l’ha visto. Sarò io la prima vederlo?”

Muove alcuni passi verso l’androne, quando il portone in silenzio si chiude, lasciandola al buio. Carola come è abituata a fare porta a tracolla uno zainetto rosso, dove appesa c’è una potente torcia. La prende e illumina l’androne. Il fascio luminoso percorre le pareti e il pavimento. Non ci sono tracce di passaggi umani ma nemmeno di animali. Questa la rassicura. Nessuno è pronto a giocarle qualche brutto scherzo.

Con passo marziale si dirige verso lo scalone che porta al piano nobile. Sente solo il rimbombo delle sue scarpe sul pavimento lastricato con pietre d’ardesia. Un suono familiare per lei. Procede senza cautele convinta di essere sola o al massimo seguita dal fantasma.

Salita al primo piano percorre il corridoio che la porterà alla stanza dei giochi. L’ha chiamata così perché ci sono bambole rotte e carrozzine sgangherate. È la sua stanza preferita. “Strano” pensa vedendo la porta socchiusa. “Di solito è chiusa”. Un raggio di luce filtra dall’apertura come se ci fosse una fonte luminosa attiva là dentro.

Le finestre sono sempre chiuse. L’impianto elettrico non esiste. Dal soffitto pende un lampadario di rame dove le candele sono consumate da secoli senza che nessuno abbia mai provveduto a cambiarle.

La curiosità in Carola aumenta un passo dopo l’altro. Si chiede chi abbia aperto le finestre o messo candele nuove nel lampadario.

«Forse è stato Beniamino» borbotta, stringendosi nelle spalle.

Spinge la porta è nota che c’è ancora più disordine. Una carrozzina per bambole rovesciata, pezzi d’intonaco caduti dal soffitto. Il lampadario penzola sghembo.

Carola guarda stupita che tutto è fuori posto. Non ricordava nulla di simile quando un mese prima l’aveva visitata. Le imposte sono aperte e le finestre lasciano entrare l’aria fresca del mattino che solleva minuscoli vortici di polvere.

Sta lì a bocca aperta nel centro della stanza, quando sente chiudere la porta e lo scatto della serratura. Si gira ma non vede nulla. Prova a fare forza sulla maniglia ma il battente rimane fermo.

«Forza Beniamino» esclama con voce squillante Carola per nulla impressionata. «Fatti vedere, così possiamo giocare insieme».

Però tutto tace e la porta rimane chiusa.

Passano i minuti lenti e la situazione non si sblocca. Carola dà segni di nervosismo, camminando per la stanza a scatti. Si avvicina alla finestra ma questa guarda il cortile d’onore al centro della fortezza. Anche l’altra finestra dà sull’interno. Le sembra di udire delle voci. «Aiuto» urla sperando che qualcuno ascolti il grido.

Le parole si perdono come inghiottite da un buco nero. Eppure ne è certa di aver udito voci familiari. Si sporge ma riesce a vedere solo uno spicchio del cortile. Un acciottolato scuro di pietre di fiume. Si siede sconsolata sul pavimento coperto di polvere appoggiandosi con le spalle alla parete, quando sente girare la chiave dall’esterno. Si stava rassegnando a passare la giornata chiusa là dentro, quando vede spuntare la testa castana di Sandra.

«Che ci fai qua dentro?» chiede basita, scorgendola col le mani che stringono le gambe.

«Niente» mormora con un filo di voce. «Ti aspettavo».

Citazioni – Sillabari di Parise – sentimenti

Ho letto con piacere Sillabari di Goffredo Parise – Ed. Adelphi un mix di piccoli raccontiil cui titolo inzia con ogni lettera dell’alfabeto.

Ho trovato due citazioni interessanti che ve le propongo.

“Un giorno un uomo aveva un appuntamento con una donna al caffè Florian, a Venezia, alle sette e mezzo di sera. Era l’inizio dell’estate, entrambi avevano un’età particolare, lui quaranta, lei trentacinque, in cui possono succedere molte cose nell’animo umano ma è meglio non succedano perché è tardi ed è inutile illudersi di tornare ragazzi.” (Grazia da Sillabari di Goffredo Parise)

È un’amara constatazione di questo scrittore, finito nel dimenticatoio. L’amore è qualcosa da maneggiare con cura, perché può fare male. I sentimenti a quell’età devono essere consapevoli senza abbandonarsi a quelli impetuosi e scanzonati di quando si ha quindici anni.

La seconda è questa.

“…un sentimento bellissimo ma diverso e non così allegro. No, quel sentimento senza nome era italiano e basta.

«Ma i sentimenti allungano o piuttosto accorciano la vita?» si domandò l’uomo e «sentì» che, per quanto ingiusta fosse, la seconda ipotesi era la più reale se non la più probabile.” ( Dolcezza da Sillabari di Goffredo Parise)

Anche qui Parise gioca coi sentimenti. Un sottile gioco di parole sui sentimenti che si provano.

Allegri ragazzi, sono tornato

Comincio col ringraziare tutti quelli che sono passati dal post precedente. Un abbraccio collettivo di tutto cuore. Poi leggerò i vostri commenti e risponderò a tutti.

È stata dura, lo ammetto e il blackout è stato più lungo del preventivato. Funziono ancora a scartamento ridotto ma ci sono. Devo riprendere il ritmo e mi servirà ancora qualche giorno.

Un’aritmia fortissima mi ha messo ko costringendomi al ricovero ospedaliero. Tornato a casa dopo qualche giorno, venerdì si ripetuto con minore intensità. Mi sono spaventato ma mi hanno rassicurato dandomi la bella notizia che si potranno avere altri episodi 😀 ma di non farci caso, perché il mio fisico deve ritrovare i nuovi equilibri. Beh! Almeno so come gestire quei momenti.

Grazie di nuovo a tutti.

Nel prossimi giorni tornerò a visitare i vostri blog.

Scrivere creativo – miniesercizio 81 –

Scrivere creativo dopo un lungo silenzio torna e propone un miniesercizio intrigante.

Questo esercizio, tornato a grande richiesta, è in collaborazione con goweddy.com, un progetto straordinario, che permette a chi sta per sposarsi di creare il proprio sito legato al matrimonio: dove si può organizzare tutto, mantenendo il romanticismo necessario.

Questo tipo di esercizio sviluppa la fantasia dello scrittore attraverso un approccio visivo statico: la fotografia.

Con i tre parametri definiti proponiamo una “confusione” mentale che può far scaturire una storia che non immaginavate neanche di poter pensare.

Per concludere: il limite di parole, che vi obbliga a non dilungarvi in concetti inutili o ripetitivi e a concentrarvi su un buon contenuto.

Inventate quindi una storia tra le 10 e le 200 parole avendo a disposizione:

– La parola GoWeddy

– Una donna che ha divorziato 7 volte

– Una città in cui piove 364 giorni l’anno

– La foto seguente

https://scriverecreativo.files.wordpress.com/2019/10/img_20190905_221936_645.png?w=700

Bea e Ico hanno un colpo d’ala: «Ci sposiamo». Però vogliono essere originali e scelgono per farlo Goweddy. Insomma un matrimonio 2.0 come non si è mai visto prima. Sì, perché Goweddy ti aiuta a creare il blog del tuo matrimonio, coinvolgere gli amici e preparare la lista di nozze. Mica fichi tutto questo!

Bea è speciale: una collezionista di matrimoni falliti. Ico lo sa ma la cosa lo intriga. Lui è al primo. Ha solo vent’anni mentre Bea è più scafata: ne ha ventuno ma con sette divorzi alle spalle. Ma siamo in Italia! È vero, ma basta scegliere mete esotiche che non trasmettono documenti all’anagrafe e il gioco è fatto. Sposarsi e il giorno dopo chiedere il divorzio.

Adesso il problema è una location fuori del comune.

«E se c’inventiamo un matrimonio virtuale?» suggerisce Bea a cui luccicano gli occhi. «Troviamo un paese dove piove per 364 giorni ma in quello fatidico c’è un sole splendente. Sposalizio sfortunato».

Ico ricerca con impegno e trova uno sgorbio di paese. Uno sputo, dove gli abitanti girano con maschere e pinne.

Fanno matrimoni per procura e divorzi ultra rapidi. Nemmeno il tempo di consumare che già sono liberi come due fringuelli.

Disegna la tua storia con un’immagine di Etiliyle – Il tramonto

Ho finito di leggere una raccolta di racconti sul mare, scritti da più autori

che potete trovare qui.

Così m’è venuta la voglia di scriverne uno, molto ridotto, che ha come sfondo il mitico paese di Venusia e i suoi abitanti, alquanto bizzarri.

Per prende l’abbrivio mi ricordavo una splendida immagine di Etiliyle. L’ho cercata e la propongo.

https://etiliyle.files.wordpress.com/2019/04/etiliyle-luca-molinari-photo-beach-dark-sunset.jpg?w=685

e adesso buona lettura

Se qualcuno a Venusia sale sulla montagna, un rilievo alto poche centinaia di metri, non vede altro che una calma piatta intorno: la pianura di Ludilandia.

I venusiani pensano che la terra non sia rotonda, perché l’orizzonte è una linea diritta senza curve o gobbe.

Così per loro la montagna è quella piccola gobba adagiata alle spalle di Venusia. Le sue pendici sono ricoperte da un fitto bosco, quello che loro chiamano il Bosco degli Spiriti, e in cima sta il Castello, che appartiene a tutta la comunità.

Per chi osa salire fin lassù vede solo la pianura tutt’intorno e niente altro. Un’altra credenza è che il mare sia un’invenzione di qualche comico, perché per loro il mare è quel gruppo di stagni che stanno a occidente di Venusia. Non vedono altra acqua, a parte quel fiumiciattolo che scorre di fianco la strada che conduce a Ludi.

Il loro orizzonte è limitato. Così la terra è piatta e il mare è un’invenzione di qualcuno per burlarsi di loro.

Quando Ermete ha deciso di raggiungere il mare, i compagni di scopone lo hanno preso in giro alla partenza, dicendo che non l’avrebbe mai visto, perché non esiste. Lui ha mostrato un mappamondo dove il mare è colorato di azzurro e la pianura di verde. Nuove risate e altri lazzi per dimostrare il loro scetticismo.

Quando è ritornato per raccontare la sua esperienza, nessuno ha creduto alle sue parole. Ermete ha mostrato delle fotografie ma loro hanno continuato a dire che sono immagini manipolate con Photoshop. Così si è rassegnato a conservare la memoria del mare dentro di sé.

Proprio oggi in una scatola da scarpe ha ritrovato quelle vecchie, si fa per dire, immagini che documentano che il mare esiste. Ricorda bene il lungo viaggio attraverso contrade mai viste né sentite. Parole che assomigliano al venusiano ma pronunciate con una cadenza diversa. Poi la spiaggia l’ha affascinato con quella sabbia color miele, dove ha notato ombrelloni e lettini variopinti disposti in ordine lungo file parallele.

Quello che l’ha incuriosito di più è stato tutta quella gente nuda, distesa sotto il sole. Lui con le scarpe, i calzoni lunghi e la giacca ha intuito di essere fuori posto in quel luogo. Qui le donne indossano mutande ridottissime e il solo reggiseno, mentre gli uomini hanno i boxer, che lui porta sotto i pantaloni e che mai ha mostrato in pubblico.

A Venusia sarebbero finiti in prigione per oltraggio al pubblico pudore. “Ma ci sono le carceri a Venusia?” si è chiesto osservando quella moltitudine di persone quasi nude.

Ermete sorride a quel pensiero, perché si è informato su quella strana usanza, scoprendo che sulla spiaggia è l’abbigliamento usuale. Qui, gli hanno spiegato, sono visti come diversi le persone come lui, vestite con l’abbigliamento cittadino.

In un angolo della scatola trova un pugno di quella sabbia, che capricciosa si è infilata ovunque. Dentro le scarpe, nelle pieghe dei pantaloni. “Mi è sembrato un delirio eliminarla” ricorda sorridendo. “Ne ho trovato dappertutto, compresi i boxer”.

Però quello che gli è rimasto impresso con nitidezza è stato il tramonto.

Il sole è sceso sempre di più inabissandosi nel verde del mare. Si aspettava che sfrigolasse a contatto con l’acqua ma invece niente. Ha solo incendiato un paio di nuvole in cielo, mentre l’acqua ha cambiato colore. È diventata rossa a strisce. Una vera magia, che nemmeno il più bravo illusionista può realizzare.

La spiaggia si è spopolata con lentezza. Gli ombrelloni sono stati chiusi, i lettini accatastati.

Il silenzio è rotto solo dal suono del mare che come una ninna nanna accompagna le ombre sempre più scure.

Ermete ripone nella scatola questi ricordi e sospira, perché un giorno ripercorrerà quel tragitto per osservare di nuovo la magia del tramonto.

WordPress mi ma messo nello spam

WordPress ha decretato che sono cattivo, cattivissimo e mi ha messo dietro la lavagna con le orecchie da somaro.

Help me! Sono finito nello spam. Qualche anima pia mi toglie da questa scomoda posizione?

Citazione 4 e Maria Maddalena

Maria Maddalena

In questi mesi ho intensificato le mie letture. Non che prima non leggessi affatto, anzi ho sempre letto molto ma in questi ultimi mesi sfrutto ogni momento per leggere, trascurando un po’ la scrittura e il blog.

Ho un nutrito elenco di libri, tra carta e digitale, che aspettano fiduciosi che io li estragga dall’oblio e dalla polvere.

Così tra gli ebook in attesa ho estratto “Maria Maddalena” di Cinzia Giorgio – ed. Newton Compton. Di questa scrittrice avevo letto qualche mese fa “La piccola libreria di Venezia” e “La collezionista di libri proibiti”, tutti editi da Newton Compton. Ovviamente li ho letti nella sequenza inversa, in quanto il primo è il seguito del secondo per le vicende narrate e i personaggi che li popolano.

Ma torniamo a Maria Maddalena dove ho trovato interessanti queste due citazioni.

«Sai bene che la gente ha la malsana abitudine di giudicare a prescindere, soprattutto quando non conosce l’argomento e, spesso, quando lo ignora del tutto. Più non si conosce una cosa e più ci si sente in dovere quasi di esprimere un proprio giudizio».

e

“Aveva capito che la libertà era nel pensiero e che le superstizioni rendevano schiavi e alla lunga potevano risultare pericolose. Il fanatismo, di qualunque natura fosse, era un mostro difficile da combattere con la ragione perché affondava le sue radici nelle paure ataviche degli uomini”.

Mi sembrano attuali e degne di riflessione.

Cinzia Giorgio scrive bene, almeno a me piace lo stile, anche se le sue storie non sono tra le mie preferite.

Maria Maddalena è un racconto lungo, si legge agevolmente in un paio d’ore e forse anche meno. Descrive la storia romanzata di questa figura di donna assai controversa tra citazioni evangeliche e ricostruzioni di fantasia. Sia chiaro niente di trascendentale, anzi in qualche passaggio si fatica a seguire il filo cronologico della storia. Tuttavia Cinzia Giorgio dimostra competenza e conoscenze e rende il testo abbastanza credibile dal punto di vista storico.

Un altro punto di merito della scrittrice è che, diversamente da moltissimi altri testi pubblicati da questa casa editrice, l’italiano è privo di errori o refusi. Questo l’avevo già notato negli altri due romanzi letti. Credo che sia merito di Cinzia Giorgio e non dalla casa editrice.

La scrittrice ha scritto molti altri testi oltre a quelli citati, alternando storie romanzate a quelle di amori e passioni.

 

O.T. per l’ha perso domenica 22 settembre ho pubblicato su Caffè Letterario un nuovo post. Volevo dirvi che non dovete sgomitare per leggerlo. C’è posto per tutti.