Un viaggio, un incubo – undicesima puntata

Nuova puntata che vede protagonista Mark. Cosa architetta il nostro uomo? Leggete se siete curiosi di conoscere gli sviluppi. Per chi avesse perso qualche puntata precedenti li trova qui.

credits by https://miviajeanewyork.wordpress.com/2013/06/10/bryant-park-public-library/

Mark sogghigna mentre ritorna alla postazione PC, perché sa come rintracciare Simona.

«Sono stato uno sciocco a non pensarci subito!» esclama soddisfatto. «Quella troietta ha i minuti contati. Lo smacco mi ha annebbiato la testa, ma sbollita l’ira ha ricominciato a funzionare a dovere».

Lui sa cosa cercare: si collega al suo account di Verizon per stampare il tabulato delle chiamate del giorno precedente.

«È inutile perdere tempo col registro sul mio telefono. Con l’elenco stampato si fa prima» prosegue con un ghigno feroce. «La troietta è furba. Nessuna chiamata da una scheda italiana. Solo Nord America».

I numeri da controllare sono circa una dozzina che si riducono a quattro dopo aver scartato quelli impossibili per distanza geografica od operatori indisponibili nell’area di New York. “Due sono fissi e due telefonia mobile. Se per caso ha comprato una scheda al JFK dopo l’arrivo, potrebbe essere uno dei due” pensa sorridente.

Compone il primo e sente «Hello» dall’inconfondibile accento maschile. Riattacca soddisfatto cancellando il numero. Prova il secondo. Una cadenza del sud gli fa capire che non corrisponde a Simona, il cui inglese è pulito, scolastico e privo di accentazioni particolari.

«Rimangono i due fissi, che indicano il passaggio dal centralino. Li chiamo e sento a chi corrispondono» dice, perché è sicuro di essere arrivato a dama.

Chiama il primo e ascolta: «Hello. Inn Patriot Times Square speaking».

Riattacca perché certo di aver centrato il bersaglio.

«È qui che la troietta si nasconde. Aspettami, sto arrivando!» urla con la voce roca. «Ma prima controlliamo il secondo per precauzione».

Al secondo risponde una ditta di Manhattan, che conosce. Ha lo stesso sguardo del gatto che ha appena pranzato col topolino, mentre esce dall’appartamento.

Si dirige verso la 6th Avenue deciso a riprendersi la preda sfuggita poche ore prima. Guida con calma, non ha fretta, perché sa che non gli sguscerà di nuovo tra le mani. Non ci sarà un nuovo problema con la cerniera, perché lei sarà in trappola senza scampo e dovrà accettare quello che ha intenzione di fare.

Sorride sornione, mentre parcheggia nelle vicinanze.

Entrato punta decisamente verso gli ascensori, ma una voce autoritaria lo ferma.

«Sto andando da Miss Ferrari» risponde Mark senza esitazioni. Deve dimostrare sicurezza se la vuole fare franca.

«Nessuna Miss Ferrari alloggia qui» replica una persona di colore alta e prestante dallo sguardo arcigno.

Non gli sembra il caso di fare il furbo perché la grinta usata per parlare e la corporatura minacciano solo guai. Ritiene opportuno abbassare l’intensità della voce.

«Eppure mi ha detto che ha un appartamento qui» suggerisce con tono umile l’uomo.

«Mi dispiace ma le tue informazioni sono incorrette» e lo accompagna fuori dalla bussola senza molti complimenti.

Mark schiuma di rabbia per essere stato cacciato in malo modo e sibilla: «Sporco negro, me la pagherai!»

Però deve modificare i suoi piani e non può tornare all’ingresso finché il cerbero nero è appostato lì perché non fa sconti. Non desidera l’arrivo della polizia, perché per lui potrebbero nascere guai a iosa. Gli conviene essere prudente e battere in ritirata per il momento.

Si guarda intorno alla ricerca di un posto dove scrivere una lettera. Si sistema in un bar. In attesa di un Martini con l’oliva pensa a cosa mettere nero su bianco.

“Niente minacce, solo un avvertimento” sorride mentre verga poche righe che infila nella busta bianca. Sopra in maiuscolo scrive

Miss Simona Ferrari – Inn Patriot Times Square, NY

Finisce il Martini. “La vendetta è un piatto freddo da gustare con calma” riflette con l’occhio di chi pregusta i prossimi sviluppi. “Prima ti metto ansia, poi mi conoscerai meglio. Cerchiamo un ragazzino che per un dollaro sarà contento di consegnare la missiva”.

Esce alla ricerca del messaggero, mentre il sole tramonta tingendo di rosso le facciate dei grattacieli.

Senza fatica trova un ragazzo di colore che va a consegnare la busta felice col suo dollaro in tasca. Adesso deve aspettare che il cerbero nero smonti dal servizio per attuare la seconda parte del piano.

Mark cammina fino al parco Bryant. “Devo aspettare la mezzanotte prima che possa mettere le mani su Simona. Tanto vale mettere qualcosa sotto i denti”. Pensa di cenare all’aperto al Park Bryant Grill che ne ha sentito parlare, anche se non si è mai recato al Bryant Park. “La cornice è splendida e dovrò faticare per trovare un tavolo libero” riflette arrivando al ristorante.

Un viaggio, un incubo – decima puntata

Eccoci con la decima puntata che vede protagonista Simona in un viaggio nella grande mela, che si sta tramutando un incubo. Per chi volesse leggere le puntate precedenti le trova qui.

Buona lettura.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

 

La stanchezza, lo stress accumulato e il non perfetto adattamento al nuovo fuso orario conducono Simona in breve in braccio a Morfeo.

È in un appartamento che non conosce piccolo e disordinato. Due stanze: una camera con un letto matrimoniale dozzinale e una sala con l’uso di cucina nemmeno troppo pulita. Il letto è semi disfatto e le lenzuola sono stropicciate con macchie gialle qua e là.

Simona è vestita con la camicetta bianca e la gonna del pomeriggio e sotto nulla. Non ha paura ma si aggira guardinga, perché sembra disabitato. Dalla finestra della stanza da letto si intravede la scala di sicurezza. Si domanda perché è lì, non ricorda come ci sia arrivata.

Apre i cassetti: dentro indumenti maschili. Si trova in un appartamento dove vive un uomo. Chi è? Non riesce a capirlo ma un particolare l’inquieta: la porta d’ingresso è chiusa a chiave e lei non ce l’ha per aprirla.

«Userò la scala di sicurezza per scendere».

Però la finestra è bloccata. Perlustra l’appartamento alla ricerca come uscire. La tranquillità di poco prima si incrina e uno stato d’ansia la fa muovere a scatti. Cerca le chiavi nei cassetti, dove trova attrezzature sadomaso. “Dove sono capitata?” si domanda in preda al terrore.

In frigo scova una bottiglia di acqua Evian, che beve tutta d’un fiato per alleviare l’arsura.

Simona stanca di stare chiusa lì dentro si avvia verso la finestra decisa a sfondarla, quando sente una chiave girare nella serratura. Si ferma. Aspetta di vedere il misterioso inquilino.

Come se si fosse spenta la luce, i suoi occhi non scorgono nulla, né riesce a parlare. È immobilizzata con le braccia stese di fianco alla testa e le gambe divaricate.

Vorrebbe urlare, chiedere aiuto, implorare che non le facciano del male ma dalla bocca non esce nemmeno un sussurro. Percepisce la presenza di più persone che parlano, che ansano, senza distinguere i tratti dei loro visi. Ha gli occhi coperti da una benda.

Sono voci familiari. Ascolta Roberto col tono impastato, quando è sotto l’effetto della droga e del alcol. “Non cambierà mai! Avrà sempre il suo solito cliché: borioso, fatto e inconcludente”.

Le parole pronunciate dal primo grande amore si sovrappongono a quelle garrule, effeminate di Enrico che domanda quando può iniziare. “Nemmeno lui è cambiato. Pensa solo a se stesso. Quale imperdonabile leggerezza ho commesso mettendomi con lui”.

Ascolta l’inconfondibile accento dialettale di Anna, che smania di mettere le sue mani sul corpo di Simona. “No, lei proprio no! Il solo pensiero di sentire le sue dita che frugano dentro di me, rende più penosa questa situazione”.

All’appello manca Mark e il suo slang. “Perché?” si chiede ma come avessero letto nel suo pensiero ascolta le parole del messaggio ricevuto nel pomeriggio, mentre la pelle diventa grinza come un’arancia. “E lui che temo. Lui sa essere sadico. Però non posso chiedere aiuto”.

Non vede i volti, ma sente le loro voci che si accavallano una sopra l’altra. Sono tutti tesi a dare sfogo alle loro menti malate.

Percepisce un enorme dildo posato sul ventre pronto per essere manovrato con cattiveria. La mente sta cedendo alla paura per l’impotenza delle reazioni da parte sua, quando ode in lontananza un trillo acuto che si ripete cadenzato. Le loro voci diventano stridule e paiono in dissolvenza, mentre comprende che i lacci che le immobilizzano i polsi e le caviglie lentamente si sciolgono.

«Sono libera» urla con tutto il fiato che ha in gola e si mette ritta sul letto col corpo madido di sudore.

Il trillo continua a perforare i suoi timpani. Si guarda attorno mentre legge l’orario sul soffitto: zero e quindici p.m.

“È stato solo un sogno ed è mezzanotte appena passata”. Sente quel suono continuare. “Da dove proviene?” Si gira verso la mensola dove sta appoggiato il telefono che lampeggia.

«Hello» grida nel ricevitore.

«Miss Ferrari. È la reception che parla. Mi scusi se l’ho svegliata, ma un signore insiste nel dire che ha un appuntamento urgente con lei e vuole salire».

Simona rabbrividisce prima di rispondere. «Non conosco nessun signore a New York» mente. «Se insiste chiami la polizia. Non voglio essere disturbata. Notte».

E chiude la conversazione bruscamente.

Si alza a controllare la chiusura della porta e vi appoggia una sedia, prima di tornare a letto.

Il sonno è sparito. È sveglia e trema al pensiero di Mark che possa comparire dalla porta della suite.

Infila un paio di jeans e una maglietta leggera, mentre riflette sul sogno e sulla realtà, che in questo momento si confondono come l’acqua del mare col cielo.

Le sembra di udire dei movimenti dalla porta e si precipita tenendo in mano il telefono con impostato il numero della reception.

E trattiene il respiro.

Buon compleanno a me.

Che carino wordpress. Ogni tanto si ricorda di me.

Obiettivo

  1. Obiettivo anniversario anno 10
    Felice anniversario con WordPress.com!
    Ti sei registrato su WordPress.com 10 anni fa.
    Grazie per averci scelto. Continua così.
    Buon compleanno blog!

Sono grave? Storia semiseria di un lettore.

copertina di carta
Un giallo Puzzone

Lunedì leggevo questo post del blogger Luca Rota e ho sorriso perché mi sono visto nello specchio.

Con il suo consueto stile graffiante chiede consiglio a chi lo legge su una grave forma di librite – neologismo coniato per descrivere questa malattia non invalidante ma costosa, assai diffusa tra i lettori forti. Non ho mai capito la distinzione tra i lettori. Un lettore è un lettore sia che legga un solo libro in un anno sia che ne legga almeno dodici. Fine del pistolotto.

Lui si lamenta di aver acquistato tre nuovi libri che si aggiungono ai duecento cinquanta in attesa di lettura.

Ho sorriso perché proprio poco prima di leggere il pezzo ho acquistato un nuovo ebook che si aggiunge agli altri quattro ordinati nelle settimane precedenti.

Si dà il caso che tra carta e digitale ne ho circa quattrocento che disseminati per la casa, nel Sony e nel Fire sono lì pronti per essere letti. Non rischiano l’oblio ma aspettano pazienti il loro turno.

Non è un eufemismo parlare di disseminati per la casa.

Quando quattordici anni fa ho traslocato, ho venduto circa settecento dei mille volumi che avevo. Motivo: mancanza di spazio nella nuova casa. Poi libro nuovo si aggiunge a libro nuovo e in breve tempo anche i nuovi spazi si sono saturati. Quindi i libri sono finiti per terra, dentro credenze svuotate del loro contenuto per la disperazione di mia moglie che mi ha minacciato più volte di portarli al rogo. Poi mi sono detto: compro gli ebook e ho risolto il problema spazio. Una risata vi seppellirà. Perché?

Come una formichina ho messo in piedi tra carta e digitale oltre mille e duecento libri, di cui quattrocento sono in attesa di lettura.

Col ritmo attuale potrei avere scorte per poco meno di dieci anni ma dubito che nel frattempo non compri più nulla.

Qualche settimana fa rovistando tra i libri ricoperti di polvere e ammonticchiati pericolosamente in un angolo ho trovato un racconto di Calvino. Mi sono detto: «Lo metto in cima, perché quando ho finito la lettura attuale, lo leggo».

Detto e fatto ma il racconto non è più in cima ma sepolto da altri libri comprati nel frattempo.

Rovistando nel Sony, quello degli epub, ho trovato un giallo Cielo nero di Arnaldur Indriason che l’ho messo in lettura. Ovviamente è stato soppiantato dal giallo di Elena Andreotti. Insomma pascolando nella carta e nel digitale vorrei leggerli ma ce ne è sempre uno nuovo che diventa prioritario.

Sono grave?

Un viaggio, un incubo – nona puntata

Eccoci ancora con Simona che prosegue il suo viaggio a New York. Per chi avesse perso qualche puntata le può trovare qui.

Buona lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Simona riprende il foglio mentre mangia un trancio di pizza e lo rilegge per l’ennesima volta.

Don’t run away from me!

My dick ‘ll reach wherever you are, my blonde pussy.

I’ll fuck you and you ‘ll be my bitch.

Catch ya in a few. Check it out!

M.

«Ma va a fanculo, bastardo! Avrai pane per i tuoi denti! Se ne hai ancora!» urla con la bocca piena, mentre si versa una birra. «Dunque, mi hai scovato. Non devo nascondermi, perché sai dove sono. Sei un lurido bastardo! In rete eri gentile, ma qui sei violento».

Mentre la rabbia monta sempre di più, appallottola il messaggio e urla: «Mi vuoi scopare? Provaci se ci riesci!»

Manda giù l’ultimo sorso di birra, mentre si distende sul sofà. Deve far sbollire l’ira che le sta annebbiando la mente.

«Non scapperò!» aggiunge mentre accende il televisore. «Non mi avrai, né sarò la tua puttana. Mi hai sottovalutato, bastardo!»

Ride con le lacrime agli occhi ripensando alla chat. Gli ha mostrato il pelo nero del suo sesso e gli ha raccontato scopate del tutto inverosimili. Mark si è fatta un’opinione errata di lei: pronta ad aprire le gambe. Ride perché si è divertita sentirlo ansare mentre si masturbava. Ha commesso un unico errore che poteva costarle caro: accettare quell’invito ambiguo del pomeriggio ma lo ha creduto diverso: un uomo e non una bestia. Adesso lo conosce e non ripeterà lo sbaglio. “Chi persevera non avrà scampo, ma questo non vale per me” pensa.

Osserva lo schermo del televisore senza interesse. “Sex and City l’ho già visto. Un thriller non mi pare il caso, anche se Moon, della saga di Twilight mi incuriosisce. Lo vedrò in Italia” riflette decidendo di leggere qualcosa con il sottofondo della musica classica.

La rabbia sta sbollendo. Simona si aggira per la suite con solo le mutandine, perché la serata è torrida.

Accende la postazione internet e si connette a Twitter per leggere qualche cinguettio. Non le interessa se Mark sia in linea e poi può usare un altro nick che lui non conosce.

«Chi se ne frega» sbotta facendo il login con Simo69.

Legge molti cinguettii senza rispondere, perché non c’è nulla d’interessante. Sa che lui lascia sempre la connessione attiva, ma di sicuro sarà in giro alla caccia di qualche preda.

«Si, ho capito chi è! È il classico cacciatore di fanciulle da adescare. Non mi stupirei che sia un pedofilo. Però su Twitter è passato senza lasciare tracce».

Tra la posta scopre una mail di Irene di due giorni prima, che le annuncia il suo arrivo per il quattro luglio.

“Peccato, che non l’abbia letta subito. Di sicuro non avrei contattato Mark prima del suo arrivo. Chissà come avrà fatto a scovarmi nel giro di poche ore. Eppure sono stata discreta. Ma adesso basta pensare a quel bastardo”.

Spegne tutto, regola la temperatura della suite per la notte e nuda si getta nel lettone.

leggiamo un po’

Il testo non è nuovo ma io lo adoro…

Le linee parallele si incrociano

Era ritornata dalla vacanza, sotto la spinta di una telefonata della Polizia, che l’aveva messa in apprensione il giorno precedente.

«Polizia di Stato di Milano, commissariato di Milano Centro. Parliamo con la signorina Alice Milango?» domandò un voce con accento romano.

«Sì. É successo qualcosa?» rispose la ragazza preoccupata.

«Ci spiace informarla che i suoi genitori sono scomparsi».

un racconto che vi stupirà.

Presqu’île de Giens, 26 agosto 2012

Marco camminava di buon passo lungo la Route de la Mandrague con la sacca sulle spalle. Il sole era sorto da un paio di ore ma la temperatura si manteneva fresca. Doveva raggiungere il centro di Presqu’île de Giens per arrivare alla stazione ferroviaria di Toulon. Avevano deciso così la sera precedente. Avrebbero seguito strade diverse per il rientro in Italia. Nessuno sapeva che erano insieme, nascosti nella pineta de la Mandrague. Il segreto doveva rimanere tale. Lui avrebbe raggiunto la stazione di Toulon attraverso Hyeres, mentre lei, con la macchina a noleggio, avrebbe puntato direttamente verso Nice.

….

Ecco qualche assaggio de Le linee parallele si incrociano.

tratto dal web

Che combinazione!

Pensate un po’ per quale strana combinazione cosa ho trovato.

Le linee parallele si incrociano

 

Non lo immaginerete mai. Sulla mia scrivania!

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copertina

Buone letture