Selfpublishing o auto pubblicazione?

In occasione dell’uscita del nuovo romanzo Una notte magica San Giovanni ho riflettuto sul selfpublishing complice la lettura dell’ebook di Rita Carla Francesca Monticelli Self-publishing lab: il mestiere dell’autoeditore.

Chi é Rita Monticelli? In realtà non avrebbe necessità di presentazioni nperché abbastanza nota nel mondo del selfpublishing. Scrittrice di fantascienza, appassionata di fan fiction ha avuto un bel successo coi suoi ebook, che ha tradotto in inglese, essendo una traduttrice. Si diceva che vendesse 500 ebook al mese, complice il mercato anglofono. Ammesso che abbiano esagerato comunque aveva numeri superiori a molti scrittori tradizionali.

Come l’ho conosciuta? Su anobii tramite un gruppo, appunto di fan fiction.  Intanto cos’è la fan fiction? Sono appassionati di un film, di un libro e altro che riscrivono la storia seguendo il proprio estro creativo. Nel 2009 o 2010, la data esatta non la ricordo, aveva scritto un racconto tratto dal film La mummia e su questo ci siamo scambiati dei commenti. Poi tramite lei ho scoperto la piattaforma smashwords dove operava da qualche anno.

 

Selfpublishing o autopubblicazione?

copertina Una notte magica San Giovanni

Prima di affrontare il tema cerchiamo di fare chiarezza sui termini. Gli italiani amano molto gli anglicismi storpiandone spesso il significato come in questo caso.

Self lasciamolo da parte perché lo esamineremo più avanti e concentriamoci su publishing, publisher e indie ovvero selfpublishing, selfpublisher e indie author.

Gli anglosassoni per publishing intendono tutto quello che ruota o è attinente all’industria del libro, che per noi equivale all’editoria. Publisher è quello che pubblica, che in Italia si identifica con l’editore. Indie lo esaminiamo dopo. Self è traducibile con auto, ma se si riferisce a un interesse o vantaggio personale con se stesso.

Però qualche buontempone, non si sa se per screditare chi usa le piattaforme di selfpublishing, parla di autopubblicazione. Il selfpublisher diventa l’autore che si pubblica da sé.

In realtà più correttamente si dovrebbe parlare di autoeditoria, perché in effetti è così, e di autoeditore, che è la vera attività dell’autore.

Adesso prendiamo in esame la parola indie che di norma non viene spiegata al pubblico, lasciandola così com’è. È noto, anzi arcinoto, che gli anglosassoni non amano le parole troppo lunghe e quindi le accorciano, le accorpano e delle originali se ne dimenticano. Indie non è altro che la storpiatura di independent ovvero indipendente. Però parlare di autori indipendenti – indie author – era troppo chiaro anche per i meno acculturati a chi si riferissero. Per contro usare indie poteva evocare gli indiani, qualcosa di esotico, strano oppure al nulla.

Concludendo questa lunga parentesi sulle definizioni e significato dei nomi inglesi, possiamo dire:

  1. chi va su una piattaforma di selfpublishing entra nell’industria del libro svolgendola in maniera autonoma ovvero pratica l’autoeditoria.
  2. diventa autoeditore di se stesso.

  3. è un autore indipendente.

Chiarito questo si deduce che l’autore indipendente deve svolgere tutto quello che fa parte della filiera del libro e non limitarsi alla scrittura della storia e a pubblicarla.

Fino a una trentina di anni fa l’editoria era composta dall’editore, dall’editor, dal correttore di bozze, dall’impaginatore, dal grafico, dal copywriter – è quello che scrive la quarta di copertina e prepara la sinossi – dal promotore e dal traduttore per i libri stranieri. E di certo ho dimenticato altre figure. E l’autore che faceva? Mandava il suo manoscritto alla casa editrice che affidava la lettura al proprio editor. Se veniva giudicato idoneo alla pubblicazione, l’editore gli faceva sottoscrivere un contratto, anticipava le royalties e il testo cominciava il suo iter fino alla sua pubblicazione e relativa promozione.

Poi col tempo qualche pezzo della filiera si è staccato come il correttore di bozze e il copywriter. Gli anticipi si sono ridotti drasticamente fino a diventare quasi nulli salvo casi eccezionali. Il promoter o marketing, ovvero le presentazioni in libreria, in tv o le recensioni su riviste e giornali, opera solo nel grandi gruppi editoriali e limitatamente a personaggi celebri. I manoscritti sono filtrati tramite agenti letterari. L’editor agisce presso gli editori medio-grandi, ma non sempre, e comunque si preferisce un prodotto già finito. Presso i medio-piccoli in pratica c’è solo la figura del grafico per la copertina. Tutto il resto è a carico dell’autore.

La nota curiosa è che con l’aumento degli editori, di solito di piccola taglia, il mercato editoriale si è ingessato ma questo non è l’argomento che voglio trattare.

A questo punto se qualcuno pazientemente ha continuato a leggere si è chiesto di cosa stiamo parlando, perché probabilmente non ci ha capito nulla.

Faccio ammenda e torno sul selfpublishing. L’autore indipendente dovrà fare tutto quello che l’editoria e l’editore tradizionale fanno o dovrebbero fare.

Ammesso, ma non è sempre così, che abbia scritto una storia interessante deve cercarsi un editor che lo aiuti a migliorare il prodotto. Si affida a un grafico per la copertina. Trova un impaginatore per dare una veste professionale alla sua storia e si rivolge a un promoter per fare promozione al suo testo.

In altre parole l’autore indipendente diventa l’imprenditore di se stesso rischiando in proprio sulla riuscita del suo progetto editoriale. Il costo di tutte queste figure può essere salato senza che i proventi delle vendite riescano a coprire le uscite. Questo è vero anche in presenza di royalty sufficientemente elevate o eliminando qualche figura.

A questo punto uno si chiede giustamente perché dovrei investire un bel po’ di denaro per appagare la smania di pubblicare una mia storia.

Senza analizzare a fondo pro e contro, vedo di trovare cinque motivi positivi per autoeditoria e cinque negativi.

Vantaggi dell’autoeditoria.

  1. certezza di pubblicare un libro anche se il precedente ha fatto flop.
  • selezione personale di chi parteciperà alla realizzazione del tuo libro.

  • royalty per copia più elevate.

  • potrai sempre modificare qualsiasi aspetto del tuo libro, prezzo compreso.

  • se ha successo è solo merito tuo.

  • Svantaggi dell’autoeditoria

    1. è difficile arrivare in libreria e guadagnare qualcosa.
  • se il tuo libro non ha successo, la colpa è solo tua.

  • è sconsigliato per chi non viole fare l’editore di se stesso.

  • lavorerai tantissimo e rischi di guadagnarci molto poco.

  • tutti i canali di promozione degli editori medio-grandi ti sono preclusi.

  • Concludendo

    alla fine tutto dipende da te: hai la massima libertà d’azione ma anche la massima responsabilità e impegno.

    Quindi per affrontare il selfpublishing l’autore indipendente, che vuole essere l’imprenditore di se stesso, deve essere consapevole delle difficoltà che dovrà affrontare.