Nuova puntata di Krimhilde

Su Caffè Letterario ho appena pubblicato la parte ventisei di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

«Sei sicuro che questa sia la mossa giusta? Non si vede nulla».

Markus annuisce e le consiglia si stargli vicino.

«Lo sai che temo il buio».

«Lo so. Ma non devi temere nulla».

Lui detta il passo e Baldegunde sta aggrappata al suo braccio. “Non mi riconosco più” riflette la capitana. “Temo anche la mia ombra”.

«Hai già un piano per riportare a valle le cinque ragazze?» chiede interrompendo il silenzio che durava da diverso tempo.

«No». Una breve risata rompe il silenzio della notte senza luna e senza stelle. «Quando siamo là escogiteremo qualcosa».

Sono in marcia da tempo e dal crinale alla loro destra compare il disco luminoso della luna che illumina debolmente il loro cammino.

«Ecco là l’ingresso» dice con tono gioioso Baldegunde. «Adesso arriva la parte più difficile».

Si muovono silenziosi per non spaventare le ragazze ma Aglaja ha il sono leggero.

«C’è qualcuno all’ingresso. Sento i loro passi».

Vuol richiamare l’attenzione di Reinhilde, l’unica che può sbirciare chi entra.

Agnete si sveglia e chiedi chi sta arrivando.

«Non lo so. Sento solo dei passi». Un brivido percorre le sue spalle e ammette di aver paura.

«Ragazze». Una voce conosciuta risuona nella caverna. «Sono Baldegunde. Siamo venuti a liberarvi».

È tutto un gridare caotico misto a parole di sorpresa.

«Calma, calma. Non siete ancora in salvo». Afferma con un filo di voce la capitana. «Non fate troppo chiasso».

Markus accende la lanterna cieca ed esamina le serrature. Emette un grugnito di disappunto, perché non sarà facile aprirle. Non ha gli attrezzi giusti ma solo un piccolo fascio di erbe corrosive. “Troppo tempo e non ne abbiamo a sufficienza”. Si guarda intorno illuminando le pareti. C’è un piccolo gancio appeso a un chiodo. Lo afferra e comincia a lavorare sulla cella più vicina all’ingresso. Dopo un po’ Reinhilde è libera.

«Bevi questa tisana e resta in silenzio qualsiasi cosa accada o vedi». Sono le istruzione che le dà Baldegunde.

Poi una dopo l’altra le libera. Ha appena liberato l’ultima, Aglaja, quando Markus sente vibrare la verga ammazzastrega. Capisce che si sta avvicinando un pericolo.

«Baldegunde prendi la tisana e tieni le ragazze appena fuori dalla Prigione, pronte a scendere a valle».

«E tu?» È seriamente preoccupata.

«Resto qui ad attendere la strega Ampfel. La verga la terrà inchiodata qui mentre voi scendete».

Baldegunde non è convinta di abbandonare il suo compagno nella lotta con la strega, che di certo sarà spalleggiata dal drago Michele.

«Ho letto quello che pensi. Ci vediamo a valle. Ora vai senza perdere tempo».

***

La strega Ampfel accompagnata dal drago Michele e dal draghetto Matteo si dirige verso la casa delle anime immortali.

Come ha raccontato la megera Swanhilde trova nella stanza degli ospiti un mucchietto di cenere grigia ormai fredda. La camera sembra in perfetto ordine come se nessuno si fosse fermato. Il letto rifatto, il bagno lindo, gli armadi con i vestiti ben allineati dentro.

«Non è possibile. Nessuna traccia. Pare che prima di andarsene abbiamo rassettato tutto».

La strega Ampfel è furibonda, dimenticando pure i dolori che ferite e veleno le provocano.

Il drago e il draghetto dopo l’attenta perlustrazione confermano che la casa risulta disabitata e non ci sono tracce del passaggio di qualcuno.

La strega Ampfel sta valutando se dirigersi tutti insieme verso la Prigione del Tempo perduto oppure dividersi in due gruppi. Uno che punta a valle e l’altro a monte. Deve prendere una decisione in fretta senza perdere tempo che sembra prezioso.

«Drago Michele scendi a valle senza indugiare e presidia la casamatta all’imbocco del sentiero perduto. Aspetta lì nostre notizie». Poi rivolgendosi al draghetto Matteo gli fa segno di seguirla.

Il drago Michele storce il naso ma non ribatte e si avvia verso valle. Non gli piace che il suo posto accanto alla strega Ampfel sia preso da quell’intrigante di Matteo. Sa che è ambizioso e vuol scalare le gerarchie dei draghi e prendere il suo posto come numero uno.

Una cavalcata frenetica li porta in prossimità della Prigione del Tempo Perduta. Hanno rischiato più volte di finire nel burrone o di azzoppare i cavalli ma nessun pericolo li ha fermati.

La strega Ampfel si ferma, avverte pericolo. Le piaghe si riaprono in modo doloroso, il veleno riprende vigore.

«Che c’è?» Chiede il draghetto Matteo con aria strafottente, arrestando la sua corsa accanto alla strega che pare paralizzata. Non sentendo risposte sprona il cavallo verso l’ingresso. Con un balzo scende ed entra. Fa uno sbuffo di fuoco per illuminarlo e osserva che le celle sono aperte.

«Dunque c’è o c’è stato qualcuno qui dentro». Apre la bocca ma avverte in gola qualcosa che brucia. Dalle narici prova a incendiare quello che lo circonda ma esce uno sbuffo di vapore. Riprova ma l’esito non cambia. Impaurito retrocede verso lo sbocco ma i piedi sembrano inchiodati a terra. Capisce che una grande magia l’ha colpito senza che lui possa difendersi.

La strega Ampfel non aspetta che il pericolo si materializzi e girato Mefistofele scende a precipizio verso la sua dimora.

Compagnia per l’estate – 6 – il sorriso

Su newwhitebear è stato pubblicato il sesto esercizio di scrivere creativo.

Ecco le regole.

Dovrete creare un racconto, lungo 1000 parole,

“Se alle tre del mattino ti svegli e per la dolcezza del sogno ti viene da sorridere… non farlo” è la voce suadente di Aldo, che l’ammonisce.

Giada si sveglia di botto e si guarda intorno. Buio e silenzio ma di Aldo, il suo compagno neppure l’ombra. Il suo posto nel grande letto matrimoniale è freddo. È sparito da tre giorni senza lasciare tracce. Si mette dritta e scruta la radiosveglia. Sono le tre, mugugna infastidita. Il sogno merita non un sorriso ma un milione di sorrisi e non posso farli. Sembra incredibile ma da tre giorni non si può sorridere, nemmeno un accenno. Donaldo Briscola, il presidente di Sufferland, stanco di vedere visi sorridenti, ha deciso che è abolito per decreto. Chi è trovato a sorridere prenderà dieci nerbate sulla schiena. Per i recidivi l’aumento sarà in proporzione al numero di mancanze.

Giada ha pensato alla solita battuta del presidente arancione su twitter, perché, quando cinguetta, non si capisce una mazza. Questa volte è stato chiaro: dieci nerbate sulla schiena nuda sulla pubblica piazza. Il primo giorno hanno beccato una ragazza dalla pelle scura, che ha il sorriso incollato sulle labbra, rammenta Giada, mentre sveglia fa il viso mesto di circostanza. “Non si sa mai” ammette mogia con l’occhio spento e la bocca storta. Ha visto la scena sul televisore. Roba da mettersi a piangere, altro che ridere. Le immagini andavano in loop su tutti i canali TV. L’avevano agguantata, denudata dalla cintura in su e giù nerbate con perfido sadismo. Avevano il loro daffare nel usare il nerbo di bue ma il sorriso restava beffardo mentre gli occhi erano pieni di lacrime.

Aldo è rientrato furibondo. Da lui ha saputo che è intervenuto il capo della polizia per spiegare a quegli energumeni che l’avrebbero potuto anche ucciderla ma il sorriso sarebbe rimasto in eterno. Madre natura l’aveva generata sempre sorridente. Al termine del racconto ha fatto un sacco di telefonate tutto arrabbiato ed è sparito. Aldo è una testa calda e per questo Giada è in apprensione per lui.

Il pensiero di non poter più sorridere l’angoscia. “Ma in privato?” Qui casca l’asino. Non è chiaro se sarà possibile ma un codicillo scritto con carattere quattro, da leggere con lente d’ingrandimento, parrebbe vietarlo. O meglio è istituito la Gran croce della spia, da assegnare a chi fa più soffiate documentate da immagini. Dunque nemmeno tra le mura di casa si può stare tranquilli. Poi c’è il rischio di una webcam azionata da qualche software spia, non più malevole ma benevole nella nuova accezione del termine. La Sicurezza Nazionale li inietta in tutti i computer. Lo faceva prima in modo illegale ma subdolo. Lo fa adesso alla luce del sole. Sono vietati per legge l’uso di antivirus o sistemi operativi refrattari a questi software. Giada tiene il PC spento. Non usa più lo smartphone ma un vecchio telefono non connesso che fa solo telefonate e manda o riceve SMS. Niente più Whatsapp, né i social, né consultare le mail. Niente più navigazione.

Però ritorna a pensare ad Aldo e si domanda dove sia finito. “È sempre stato una testa calda” ammette sconsolata. “Ma tre giorni fa ha superato il limite di guardia. Lui con altri esagitati ha manifestato davanti alla Casa Arancione con striscioni e megafoni”. La ragazza teme che sia stato messo in prigione. Forse non durante la contestazione, perché la polizia a cavallo ha caricato i manifestanti che si sono dispersi nel parco e nelle vie adiacenti. “Non ha chiamato, né mi ha mandato un messaggio. Dissolto nel nulla”. Giada fa il viso triste. Di dormire non ci pensa più. Eppure le è apparso nel sogno.

Aldo per sfuggire alla cattura si è nascosto insieme a due amici dentro un ufficio di onoranze funebri.

“Qui non ci vengono a pescare” ha sostenuto, nascondendosi dentro una bara.

“Ma non possiamo restare in eterno tra urne cinerarie e casse da morto” contesta Giacomo, che preferisce un’atmosfera più gaia.

“Cosa dici, Aldo?” interviene Giovanni col viso da funerale.

Aldo si grata la testa pelata, guarda i due amici con cui ha condiviso tante risate ma resta muto.

“Le pompe funebri sono aperte ventiquattro ore per trecento sessanta cinque giorni l’anno” borbotta Aldo. “E poi non fanno ridere”.

Si mette a dormire in una cassa foderata di raso viola con un cuscino di velluto rosso.

Donaldo è furioso. Si muove secondo un’ellisse nel suo studio presidenziale. Il suo consigliere Bannone, il Rasputin della situazione, non osa avvicinarsi. Ci ha provato e porta i segni della sua dentiera sul braccio. Per fortuna aveva una giacca pesante, che ha impedito che affondasse i denti nella carne.

Il presidente si domanda dove ha sbagliato. ‘Tre giorni fa tutti erano felici e sorridenti” borbotta incavolato come una biscia. “Adesso sembrano spot pubblicitari della mestizia al cubo. Manco uno sorride! Solo quella minorata del primo giorno”. Poi sono arrivati i contestatori, pensa con il viso paonazzo dalla rabbia, con megafoni e striscioni. Devo cacciare il capo della polizia. Un inetto.

Si ferma davanti al computer e twitta “Da questo momento Rossello, il comandante della polizia di Surfunia, non è più il capo”.

Ha appena battuto ‘Invia’ che sente del tramestio alle sue spalle. Diventa tutto buio, come se un cappuccio nero fosse stato calato sulla sua testa.

Giada apre il televisore, sperando di trovare qualcosa di soporifero. Strabuzza gli occhi. Legge ‘Edizione straordinaria” sullo schermo e vede il suo Aldo che trascina per i cappelli arancioni un omone che assomiglia in modo incredibile a Donaldo Briscola. L’annunciatore comincia a recitare la sua litania.

“Tre giovani audaci, Aldo, Giovanni e Giacomo, hanno catturato il gemello pazzo del nostro presidente, che sfruttando la completa somiglianza ne aveva preso il posto. Ronaldo Briscola era internato nella clinica psichiatrica ‘Dottor Stranamore’ ma era riuscito a fuggire con la complicità di un funzionario disonesto. Il vero Donaldo Briscola era finito imbavagliato in un cassa da morto delle onoranze funebri ‘Visi tristi’. Qui si erano rifugiati i tre ragazzi e l’avevano liberato. Tra bare e urne hanno messo a punto il piano per catturare il gemello pazzo. Una risata ci seppellirà” aveva concluso l’annunciatore ridendo a crepapelle.

in cui i sorrisi vengono vietati/cancellati/esiliati/dimenticati/scegliete voi.

Dovrete:

  1. Inventare il motivo per il quale non sarà possibile sorridere;
  2. Creare due personaggi principali;
  3. Un “antagonista”;
  4. Un colpo di scena finale.
  5. Iniziare il racconto con “Se alle tre del mattino ti svegli e per la dolcezza del sogno ti viene da sorridere… non farlo.”

ecco il mio racconto

continua la saga di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la venticinquesima puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Markus non ha fatto i conti con la voce femminile di cui ignora il nome. Non appena si corica accanto a Baldegunde per prendere sonno, sente sibilare nella mente. «Alzati e unisciti con me. Diventerai immortale».

Lui senza rispondere si gira su un fianco e ascolta il lento ronfare della compagna che si è addormentata come un sasso. Anche lui vorrebbe prendere sonno, perché la giornata è stata lunga e complicata. Però quella voce lo tedia e lo incita ad abbandonare Baldegunde.

Markus comprende che è una trappola senza capire lo scopo di tutta questa insistenza. “Dunque non sono quelle che dicono di essere”. Sa che questo pensiero sarà letto dalla voce femminile. Sorride e dubita che sia veramente una femmina.

«Te ne pentirai» urla inviperita e aggiunge con voce stridula. «Conoscerai la nostra rabbia e rimarrete nostri prigionieri».

«Tutto questo è da vedere» replica calmo Markus puntando su alcune erbe che ha nei suo zaino. Queste hanno il potere di trasformarli in altri umani e rendersi irriconoscibili.

Si alza, osserva la compagna che ha i lineamenti distesi di chi dorme beato. La sfiora con la mano prima di afferrare lo zaino che contiene preziose erbe e la verga ammazzastrega.

La estrae e avverte in tutto il braccio la vibrazione che emette. “Dunque siamo finiti in un covo di streghe. Ora è chiaro il disegno”.

La verga inizia lentamente a muoversi a destra e sinistra, poi rotea fendendo l’aria con decisione. Markus non è più in grado di controllare la frenesia dei fendenti perché la verga pare animata di vita propria.

Dapprima ascolta dei gemiti, poi delle invocazioni di aiuto per far cessare il supplizio.

«Mostrati e chiedi perdono per quello che hai tentato di fare» sussurra Markus pronto a usare il tiglio tignoso per imprigionare questa presunta anima immortale.

«Trattieni questo strumento. Faccio ammenda di aver tentato di intrappolarvi per impedire di proseguire oltre».

Come d’incanto compare una fanciulla dai capelli arruffati e volto e corpo piagati da brutte ferite nere. Trema e balbetta.

Markus la osserva con disprezzo mentre richiama a sé la verga che vibra minacciosamente, pronta a riprendere il lavoro interrotto. «Chi siete veramente».

«Siamo le megere scampate al rogo della regina Eberhilde che ha sterminato tutte le mie compagne. Prendiamo ordini dalla strega Ampfel e siamo state poste a guardia di questo sentiero occulto. Il nostro compito è catturare tutti i viandanti che lo percorrono. Nessuno deve raggiungere la Prigione del Tempo Perduto».

Detto questo la fanciulla diventa grinza e ingrigisce fino a diventare un mucchietto di cenere.

«Abbiamo corso un grosso rischio». È la voce assonnata di Baldegunde che ritta sul letto ha ascoltato le parole della megera e osservata la sua fine. «Dobbiamo eliminare subito anche le altre».

Markus scuote il capo. «Sono certo che sono già fuggite per raggiungere la strega Ampfel. Il posto non è più sicuro. Vestiti in fretta mentre preparo qualche tisana. Tra cinque minuti dobbiamo essere in marcia anche se fuori è buio».

Diventati invisibili e confuso il loro odore di umani con quello del leopardo delle nevi si mettono in cammino verso la Prigione del Tempo Perduto.

***

«Signora sono affranta ma la devo disturbare».

L’apprendista strega Rotapfel è ritta dinnanzi al baldacchino dove riposa la strega Ampfel e si contorce le mani. Svegliarla quando si è appena assopita è sempre un rischio ma vista l’urgenza non ha alternative.

La strega Ampfel grugnisce. È a letto da un paio di ore ma solo da pochi minuti ha preso sonno. Le ferite dolgono e il veleno non è ancora debellato. Si gira su un fianco e poi sull’altro, infine si mette ritta con gli occhi socchiusi.

«Cosa c’è di tanto urgente da svegliarmi nel cuore della notte?»

L’apprendista strega si schiarisce la voce con due colpetti di tosse. «Nel salotto grigio ci sono le megere, le anime immortali messe a guardia del sentiero perduto…».

«E allora?» Il tono si alza di più di un’ottava e gli occhi si stringono nervosamente. «Perché hanno abbandonato il loro compito?»

L’apprendista strega abbassa lo sguardo. Sa che sta per scatenare l’inferno. «Dicono che sono fuggite perché un uomo e una donna hanno incenerito Krienhilde, il loro capo con un oggetto sconosciuto ma potente».

La strega Ampfel sembra svegliarsi di botto e la mente prende a vorticare vertiginosamente. «Loro in tredici messe in fuga da due persone umane! Non posso crederci». Però qualcosa si insinua nella sua testa. “Krienhilde è una megera potente e navigata. Mi sembra strano che abbia permesso a un umano di renderla in cenere. A meno che…”. Adesso deve ascoltare la megera anziana Swanhilde.

La megera anziana racconta che Krienhilde ha tentato d’irretire l’uomo come ha sempre fatto in passato con successo. Però questa volta le ha andata male. «Con esattezza non so cosa sia successo. Noi eravamo in un’altra stanza. Abbiamo sentito delle grida di dolore e invocare aiuto. Quando siamo accorse, l’abbiamo trovata in un mucchietto di cenere grigia».

La strega Ampfel stringe gli occhi per il dolore delle ferite e per concentrarsi su quello che ha udito.

«Mi avete parlato di due umani che vi hanno costretto alla fuga».

La megera Swanhilde abbassa lo sguardo per non incrociare quello della strega Ampfel. In effetti non sono accorse subito ma dopo un po’ di tempo perché hanno avuto paura. La strega legge questo pensiero che scatena la sua collera. Alza il tono della voce perché la vorrebbe incenerire.

«Non siete lì per scaldare la panca ma per impedire che degli intrusi possano salire al Picco dell’Impiccato».

Poi la congeda con un gesto imperioso della mano. «Siete sollevate dal vostro compito. Rimanete nel salotto nero finché non sono di ritorno». E comanda all’apprendista strega di convocare con la massima urgenza sia il drago Michele sia il draghetto Matteo.

«Tra meno di un minuto siano qui!» Tuona infuriata, mentre si prepara per uscire.

Compagnia per l’estate – 5 – La gravità.

Per questo martedì propongo un esercizio dove create un racconto con protagonista la gravità che svanisce di colpo. Non ha importanza il luogo o l’estensione in cui non esiste più.

Raccontate dello stupore, dei primi momenti di sconvolgimento del/i protagonista/i. Mi piacerebbe conoscere come vi sareste organizzati in presenza di un evento del genere e le relative conseguenze.

Insomma, questo primo attacco è verso la gravità.

Vediamo come ve la cavate!

Sarebbe interessante se scrivendo il racconto lo faceste da due punti di vista differenti.

Ah! dimenticavo! Possibilmente non usate più di seicento parole.

Buon divertimento!

Eliana da sempre sostiene di essere in grado di sollevare gli oggetti con la forza del pensiero. Però nessuno ha mai assistito a questo prodigio.

«Nemmeno tu non mi vuoi credere» borbotta la ragazza con gli occhi chiusi, rivolgendosi al suo compagno.

Marco trattiene una risata, sa che l’avrebbe innervosita. Fa strane smorfie nel tentativo di apparire serio, finché quasi strozzandosi non propone una bella sfida.

«Ci scommetto che non sarai in grado di sollevare la sedia dove sono seduto».

Eliana lo guarda di sbieco. Si sente presa per i fondelli. Lei ha parlato di oggetti non di persone o mobili. Diventa rossa come un peperone maturo, gonfia le guance e fa uscire tutta l’aria dei polmoni come un uragano. Intreccia le dita della mano e sta per urlare tutto il suo malumore quando vede i piedi di Marco staccarsi da terra. La sedia è mezz’aria a due metri di altezza.

«Sei impazzita?» esclama un terrorizzato Marco, aggrappato con le mani al bordo della sedia. È sbiancato in viso e gli occhi si muovono frenetici a destra e sinistra. Le nocche biancastre mostrano tutto il suo terrore. Anziché scendere sfiora coi capelli il soffitto. Soffre di vertigini. Guarda in basso ma chiude subito gli occhi. Se torna la forza di gravità normale, mi sfracello sul pavimento. Ben che vada finisco in ortopedia. Questo pensiero vortica nella sua mente.

«Eureka!»

Eliana batte le mani in segno di gioia. Sembra una bambina che ha incontrato il suo migliore amico.

«Vedi, incorreggibile San Tommaso». La ragazza gonfia le guance per espirare l’aria immessa nei polmoni.

«Sì, ti credo» la implora Marco, che deve piegarsi in avanti, perché il soffitto preme sul suo capo.

Il suo cuore pare un metronomo impazzito. Bum, bum, bum! Si augura che l’atterraggio sia dole e le gambe della sedia reggano all’urto col pavimento. È terreo in volto. Le labbra serrate come a trattenere l’urlo di terrore che sente dentro di sé.

Eliana è presa da un senso di onnipotenza. Se riesco a sollevare Marco e una sedia, posso alzare qualsiasi cosa con la sola forza del pensiero. Sposta gli occhi verso destra e vede muovere Marco nella direzione del suo sguardo. Li rotea e la sedia compie la medesima evoluzione. Riesco ad annullare la forza di gravità, pensa battendo le mani, mentre il corpo di Marco beccheggia come una nave in preda alla tempesta.

Il ragazzo non sa più a che Santo votarsi per ritornare sul pavimento incolume. Li ha esauriti tutti e ricomincia da Pietro. Trema come una foglia al vento e teme di finire come questa. Volare lontano.

«Eli» balbetta incerto. «Fa la brava. Fammi scendere con dolcezza».

La finestra è aperta e l’appartamento è al sesto piano. Marco si accorge di essere terribilmente vicino al vuoto a causa delle evoluzioni che la ragazza si diverte a fare.

Eliana si sposta a sinistra, poi a destra. Salta e si accuccia. Si muove per la stanza frenetica in preda al delirio di onnipotenza, perché è convinta di poter dominare ogni cosa con la sola forza di volontà. Non ascolta le parole terrorizzate di Marco che infila la finestra e sparisce alla sua vista. Sente un urlo e un schianto. Poi il silenzio.

«Lasciami» esclama Eliana interdetta, sentendo la presa ferrea delle mani di Marco sul suo braccio. «Che ti prende?»

Lui sta ansimando e con la voce roca ripete in continuazione: «Fammi scendere».

Lei si mette dritta nel letto e lo guarda storto. «Dovresti bere meno alla sera».