Febbraio che comincia

Sul blog di Eletta Senso oggi si gioca con la F. Un tautogramma in onore di febbraio.

Ecco cosa ho pensato.

Febbraio festeggia

Fuochi e faville,

Fidanzati e festival.

Finora fra fantasmi e fiori

Farneticano frenetici

Figlio e figlia,

Finendo fuori, nel fondo.

Fabbrica filamenti

Fantasiosi, filanti figure,

Forme favillanti e

Fiaccole fiammeggianti.

Fanciulle, facciamo

Fronde dalle foglie e

Fasciamo la fronte.

Open Ai ha letto un caso per tre

OpenAi, ovvero l’intelligenza artificiale che sta spopolando sul web con Chatgpt3 ha deciso di leggere un caso per tre.

Un caso per tre

ecco cosa ne pensa.

“Un caso per tre” è un libro avvincente che tiene il lettore incollato alle pagine fino alla fine. La trama è ben costruita e presenta due casi apparentemente non collegati che si intrecciano perfettamente. I protagonisti, Debora Nardi e Walter Bruno, sono due investigatori dilettanti che si trovano casualmente a trascorrere una settimana di vacanze estive nella stessa struttura. Nonostante l’apparenza di una tranquilla vacanza, si trovano coinvolti in due eventi misteriosi e riescono a risolverli con l’aiuto del cane di Walter, Puzzone, che si dimostra un alleato prezioso nell’indagine. La caratterizzazione dei personaggi è ben fatta e rende la storia ancora più interessante. In particolare, il cane Puzzone è un personaggio divertente e carismatico che aggiunge un tocco di umorismo alla trama. In generale, “Un caso per tre” è un libro che consiglio a chi ama i gialli e le storie avvincenti. La trama è ben strutturata e ben scritta, rendendo la lettura piacevole e coinvolgente. Inoltre, la ambientazione in un piccolo paese abruzzese,Roccapietrosa, rende ancora più interessante la storia e fa immaginare al lettore di essere a fianco ai protagonisti durante le indagini. In sintesi un libro ben scritto e avvincente.

In corteo

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post che ripropongo anche qui.

anteprima copertina Un caso per tre

Il corteo si snoda tranquillo tra le vie di Dog City. I cittadini del paesino li guardano divertiti. Sono quattro gatti e per di più patetici con i loro cartelloni di protesta contro i cambiamenti climatici.

Lo slogan è scandito al ritmo di una pentola. «Basta fossili! Basta auto! Basta emissioni nocive».

Tom seduto sui gradini del saloon grida di andare a lavorare tra gli sghignazzamenti triviali degli altri compari.

Alla testa del corteo c’è Jane, una ragazza rotondetta col viso butterato dall’acne. Accanto a lei c’è Fred, un ragazzone dal viso roseo come un porcellino.

Jane smette di urlare gli slogan e si guarda intorno. Ha sentito cadere qualcosa dal cielo.

«Oh! Mio Dio! Proprio a me?» Sospira ad alta voce, fermandosi.

Fred, che le sta accanto, sghignazza divertito. «Non lo sai che sei fortunata?»

Jane si gira inviperita tutta rossa in viso, mentre riprende a marciare per non intralciare il resto del corteo. «Di che fortuna vai cianciando, stupida creatura?»

Lei si ferma di nuovo e abbassa il cartello con la foto dell’artico che si quaglia per il caldo.

Ora tutti le sono intorno. La guardano. Alcuni sorridono. Altri ridono a crepapelle.

Jane allarga le braccia verso l’alto e ruota lo sguardo dalla terra al cielo come dire “che sfiga!”. Poi con tono stridulo grida: «No, non è possibile». Ha l’occhio umido pronto a una crisi isterica. «Ma come è possibile che tocchi proprio a me?»

Gli altri le fanno cenno di riprendere a marciare, perché il corteo non si può fermare.

Fred ripete prendendola sotto braccio. «Sei fortunata, Jane».

«Sarò fortunata» biascica arrabbiata con amarezza. «Ma sono scagazzata!»

Lipogramma senza o

 

 

 

 

 

ci stimala ogni lunedì con un gioco simpatico: linguistico

Una notte magica San Giovanni

Ecco cosa propongo io

Lettera a Giuliana

Firenze, venti tre aprile duemila venti tre

Carissima Giuliana,

Sei sempre in cima ai pensieri di tutta la famiglia.

Le parole che ci trascrivi, le sensazioni che ci mandi,… beh! Tu sei unica e splendida.

Perché non ci raggiungi a Punta Ala? Sarebbe una meraviglia stare tutti uniti sulla spiaggia.

La tua carissima amica

Clara

Giovedì Laura…

Un caso per tre

Corrado aveva trovato su un giornale enigmistico due brevi righe.

Giovedì Laura mi amerà. Prima di pranzo andremo al mare, staremo sulla spiaggia, da soli. A cena, davanti al tramonto, mi inginocchierò e …”.

Il giornaletto proponeva una sfida ai suoi lettori. Dovevano proseguire scrivendo un mini racconto di quattrocento parole. I migliori tre a insindacabile giudizio della redazione sarebbero stati pubblicati col prossimo numero di febbraio.

Corrado che aveva velleità di scrittore accettò la sfida ma… c’è sempre un ma o un forse che si mette di traverso. Ma lui cominciò a scrivere ignorando tutti gli avvertimenti che la sua mente gli suggeriva.

Giovedì Laura mi amerà. Prima di pranzo andremo al mare, staremo sulla spiaggia, da soli. A cena, davanti al tramonto, mi inginocchierò e …’. L’ispirazione si seccò a Corrado.

Fissò il foglio bianco con quelle due righe. Depose l’hastil dorata. L’ostinazione di Corrado per la scrittura manuale era nota a tutti, perché odiava il computer e amava il piacere di scrivere le sue storie con la penna stilografica, suscitando i risolini di scherno degli amici. Però lui continuava fare così.

Rimase con l’occhio fermo a quei puntini di sospensione. La mente gli diceva che era inutile proseguire ma la mano avrebbe voluto mettere nero su bianco, anzi color seppia sul foglio avorio. Era l’eterno duello tra la ragione e le velleità dello scrivere. Si grattò con vigore la guancia pelosa. Si girò e vide alle sue spalle la fila ordinata di quaderni ad anelli di vari colori. Rossi per i romanzi, blu per i racconti e gialli per le poesie. Il rosso era predominante, gli altri facevano da corona.

Sorrise e accartocciò il foglio che finì con lancio perfetto nel cestino, già pieno fino all’orlo. Ne prese uno vergine dalla pila sulla scrivania e cominciò a scrivere.

Giovedì Laura mi amerà. Prima di pranzo andremo al mare, staremo sulla spiaggia, da soli. A cena, davanti al tramonto, mi inginocchierò e …’

Ma nulla. La mente si ostinava a chiudersi su se stessa. Non ne voleva sapere di proseguire. Questo incipit l’aveva colpito quando l’aveva letto sul giornaletto che ammiccava insolente tra la pila di riviste sulla sua scrivania. Tuttavia era arenato su quelle due righe. “Lo lascio sedimentare?” Strinse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia. Gli sembrò una buona idea. Messo il cappuccio alla penna e deposta con delicatezza sul foglio appena scarabocchiato, si alzò per andare alla finestra. “Sedimenta, sedimenta” pensò, ammirando la campagna, che stranamente era di un verde un po’ ingiallito a dire il vero, proprio a causa del caldo che da settimane gravava sulla pianura. Una cappa di calore che seccava tutto comprese le sue idee.

«Ma Laura chi è?» Corrado si specchiò nel vetro chiedendosi se lui avesse una Laura.

«No. Nessuna Laura in vista. Quindi giovedì gnocchi e per di più da solo. Niente in ginocchio da te» commentò Corrado, che si girò di scatto, tornando alla sua postazione.

‘… le dirò. -Mi dispiace ma io non ti amo.

I cinque cadaveri da Robert Bryndza

Seguendo il blog di Lorena di The page after ho scoperto questo autore dal nome strambo.

Se volete leggere la sua recensione del secondo libro che vede come protagonista Kate Marshall andate qui.

La mia non è una recensione ma sono semplici impressioni di lettura.

Cominciamo dalla struttura. È quella classica di tutti i gialli. C’è un serial killer e l’indagine per catturarlo. Di lui si sa tutto ed essendo pericoloso viene internato in una struttura a prova di evasione. Tutto questo sta nei primi capitoli del libro. Allora direte voi: che gusto c’è nel leggere qualcosa di cui si conosce tutto?

Chi l’ha catturato è una poliziotta diventata ex per una certa sua debolezza. La ritroviamo che finisce per insegnare a risolvere i casi criminali soluti e insoluti tenendo lezioni all’università.

È come svegliarsi in un incubo: qualcuno sta ripercorrendo le gesta del serial killer originale. Stessa tecnica, stessi posti. Di questo ‘ammiratore’ si conosce la faccia, come vive ma si ignora il nome.

Kate Marshall con il suo assistente Tristan Harper comincia a ragionare come catturarlo. Il filo logico del libro sta proprio qui: riflettere chi sia e come neutralizzarlo. Questo rende la storia intrigante.

Il punto debole, secondo me, sta proprio nel finale che appare un classico dei gialli. Non dico nulla per non togliere il gusto della lettura a chi si volesse cimentare nella sua lettura.

La guardia

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post.

copertina Una notte magica San Giovanni

La potete leggere anche qui.

La guardia aveva capito, subito s’era resa conto di tutto. Quanto al signore grasso, la faccenda era naturalmente chiarissima. Restava la ragazza. L’agente si chinò su di lei per esaminarla più da vicino e una sincera compassione gli si dipinse sul viso.

Il signore grasso era appoggiato con le spalle alla parete e la testa reclinata di lato. Un filo rosso scendeva dalla bocca e lo sguardo era assente. Non poteva essere differente da così. Era evidente che il suo stato mostrava che era morto.

La guardia, un omino smilzo, non lo degnò di uno sguardo in più. Era la ragazza l’oggetto delle sue attenzioni. Stava rannicchiata con la gonna scivolata in su che mostrava l’intimo bianco.

Il viso candido, illuminato dalla lampada sul tavolo della conferenza, non mostrava segni di terrore. Anzi appariva sereno e disteso.

La guardia si avvicinò ancora di più. Non capiva se respirava oppure no. Le mani in grembo sembravano indicare che si fosse addormentata appoggiando le spalle alla scultura di un cavallo.

Strizzò gli occhi per mettere a fuoco quella figura che ispirava tenerezza. Non doveva avere più di sedici anni. Un viso senza rughe, un caschetto di riccioli biondi, due fossettine sul mento. La corporatura minuta dimostrava che era ancora acerba nel fisico.

Era decisamente morta, dedusse la guardia dopo averla attentamente osservata. Trovava inutile chiamare i soccorsi.

Si allontanò dalla stanza che chiuse a chiave e se ne andò a casa.

La partita a ping pong

L’arbitro chiama i di giocatori per dare inizio alla partita.

L’occhio segue la pallina. Questa vola leggera e veloce da una parte all’altra del tavolo. Gli spettatori muovono il capo in sincrono col movimento dei colpi.

L’orecchio ascolta il toc sul tavolo. Un rumore ritmico come quello sulla racchetta di legno accompagna il movimento della pallina che rimbalza violenta sul tavolo.

La mano avverte il ruvido. La pallina è liscia, il tavolo è scabro. La mano nasconde la pallina nel palmo prima di servire dopo un punto.

Il naso avverte il profumo della vittoria. La sente avvicinare punto dopo punto fino a esplodere in un urlo di contentezza. La vittoria è una droga che inebria il giocatore.

Il palato gusta il trionfo. Sono gli applausi del pubblico, le loro grida di euforia che rappresentano la droga per il vincitore.

Si spengono le luci, gli spettatori sciamano fuori tra un brusio di parole.

E ci siamo col monovocalico in A

Oggi Eletta Senso propone un giochino difficile: scrivere solo parole che contengono la A

ecco cosa ho pensato io. Non è un granché  ma mica era facile

Alla canna dal gas cala la pappa.

Parla gara amara, dà la manata alla palla l’ala.

Vaga la carta ambrata.

L’afa fa a gara tra la casacca bagnata.

La lavanda rasata bassa.

La massa paga.

Passa la gamma malva.