nuovo post. Un libro magico

Il cofanetto di Puzzone

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato un nuovo post, che potete leggere  anche qui.

Il vecchio libro trovato in soffitta è sembrato innocuo, ma dopo averlo aperto, Alice si ritrovò immersa in un mondo di magia e mistero che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Ad Alice è rimasto impresso quel ritrovamento e non si è mai pentita di averlo scoperto.

Era una giornata di agosto afosa e torrida. Era uno di quei giorni che fare qualsiasi cosa voleva dire sudare e boccheggiare. Non c’era posto nella casa a Venusia in cui stare senza andare in debito di ossigeno.

Quella mattina all’alba era partita di soppiatto, abbandonando tutto e tutti.

Se mi cercate, sono nella campagna di Venusia. Nella vecchia casa di mio padre, Berto

Il post-it giallo era attaccato al frigo e non poteva non notarsi.

Presa la bicicletta elettrica, messo nel portaoggetti una sportina di cotone con un po’ di cibo e un paio di bottiglie di vino rosso, aveva inforcato quel sentiero che costeggiava la montagna di Venusia. Non le costava molta fatica pedalare perché il motore elettrico faceva lo sforzo maggiore.

Erano le otto quando è arrivata alla vecchia casa colonica dove aveva vissuto lei con suo padre prima di trasferirsi a Venusia con tutta la famiglia. Era così ogni volta che tornava lì. Vecchi ricordi e spezzoni d’immagini l’avvolgevano come un bozzolo protettivo e tornava bambina, quando correva scalza sul prato verde con l’erba ben curata antistante il casolare.

Anche quel giorno di agosto non è stato diverso dal solito. Udiva le sue grida di gioia, gli acidi rimproveri della nonna e la voce dolce del padre. La madre non l’aveva mai conosciuta e nemmeno adesso sapeva chi fosse. Ogni volta che lo chiedeva, Berto cambiava discorso e parlava del fico, dell’albero del pane e di qualsiasi argomento lontano mille miglia dallo svelare chi fosse sua madre. La nonna Bertolda storceva il naso e fingeva di essere sorda. Insomma nessuno ne voleva parlare e così anche adesso ignorava chi fosse.

Aperto il portone cigolante e le finestre al piano terra per arieggiare gli ambienti rimasti chiusi per molti mesi, aveva sperato di trovare quella frescura che non c’era a Venusia. Il caldo umido delle stanze l’avevano costretta a rimanere solo con una t-shirt lunga sopra le mutandine di cotone. Tuttavia il corpo era sudato e la pelle appiccicosa.

Dopo essersi aggirata sbuffando a causa del caldo per le stanze, era salita fino alla soffitta, che ricordava come fosse un luogo proibito e chiuso con due mandate per evitare che Alice bambina entrasse a curiosare.

Ovviamente la porta era chiusa. Non l’aveva mai vista aperta. Ignorava dove fosse la chiave. «E ora che faccio?» Era sicura che questa fosse finita nella bara del padre e quindi evitò di andarne alla ricerca. Ricordò, che, quando era a Ludi per l’università, aveva visto un film dove insegnavano come aprire con mezzi di fortuna una serratura.

Si procurò due listelli robusti e cominciò con pazienza allineare i denti dell’ingranaggio dell’apertura, finché non sentì quel ‘click’ che stava a indicare che la porta era aperta.

Armata di candela entrò in quell’antro polveroso e pieno di ragnatele, attese che gli occhi si abituassero al grigiore della stanza e poi iniziò l’esplorazione.

Lo stupore si dipinse sul suo volto. Sembrava che un tempo fosse stata abitata. Un letto, un canterano, delle sedie e un tavolo a capretta in noce. In un angolo stava ricoperta da due dita di polvere una cassapanca e appoggiata alla parete più ampia una libreria con molti volumi.

Alice entrò in fibrillazione e con delicatezza tolse la polvere dai libri sulla mensola inferiore. Un libro in cuoio rosso e incisioni dorate attirò la sua attenzione. Era ritornata bambina quando curiosava tra tutto quello che colpiva la sua immaginazione.

Lo prese con cura come se fosse l’oggetto più prezioso del mondo. Liberò una sedia e il tavolo dalla polvere e ragnatele e lo posò.

Quando lo aprì, rimase di stucco. Era davvero il libro degli incantesimi con una dedica a Lucia da parte di Mefistofele. E si ritrovò in un luogo del tutto sconosciuto con persone vestite in modo strano e strade lastricate con sassi di fiume.

Aveva cambiato dimensione spazio-temporale.

Oggi si gioca con la O

Krimhilde e le fanciulle scomparse

Oggi Eletta Senso propone un tautogramma in O. Ecco il mio pensiero.

«Obbrobrio!» Osserva Oreste con occhio obliquo.

Un obelisco orripilante si offre all’occhio e ottiene un’onda di opposizione.

A occidente l’occaso obbliga occultare gli occhi con gli occhiali.

A oriente l’origine dell’ombra dell’oblò ovale offusca l’osservazione dell’obelisco.

Omaggio alla primavera.

Come omaggio alla primavera Eletta Senso propone un tautogramma in P.

Ecco cosa ho pensato.

-Permetti? Piacere per la presenza di persona.

Parlicchia Perla con parole problematiche non percettibili.

-Prego? Perché parli così? Poni il pensiero con precisione.

Perla pazienta un poco prima di proporre con pignoleria pensieri e parole. -Provo a preparare pazientemente un potente proponimento… Perdonami per la piccola pedanteria nel progetto. Pignola e petulante.

Paolo pacioccone pencola pieno di piacevole posa pensosa. Pronto a partecipare al paradosso di Perla.

 

Tautogramma in M

Sul blog di Eletta senso e qui trovate il mio tautogramma in M.

Marcerai, Marcello, per mari e monti ma minchia ci mancherai. Memoria del mondo mistico menti in modo mefistofelico, in maniera madornale e malcelato motteggio, mirando a motteggiare Marina. Mentre mimi Mario, minuto menestrello, mostri la tua mano con machiavellica modestia. La mercanzia nel magazzino marcisce per mancanza del mercante di morte.

Buona lettura

Cuore

Krimhilde e le fanciulle scomparse

Il post è stato appena pubblicato su Caffè Letterario e lo ripropongo di seguito.

Il suo cuore batteva all’impazzata mentre si avvicinava alla porta della stanza in cui sapeva che l’avrebbe trovato.

Si fermò per ascoltare. Nessun rumore. Mosse un passo e si bloccò con la mano a mezz’aria come una bandiera in segno di lutto.

Sentiva il cuore battere e il rumore prodotto era più intenso perché tutto intorno c’era silenzio.

Mirna rifletté se doveva abbassare quella maniglia oppure girare i tacchi e fuggire. Però sembrava che il pavimento di lucido tek fosse vischioso come la colla da falegname. Incapace di muoversi, paralizzata nella mente restava lì a cinquanta centimetri da quella porta che sapeva d’inferno.

Devo decidermi” mormorò mentalmente, impegnata com’era tra il pensiero della fuga e affrontarlo per chiarire cosa non funzionava.

Piero era il suo capo ma anche il suo amante. E lui era lì dietro quella porta. Aveva capito in ritardo che era tutto sbagliato. Non doveva e invece l’aveva fatto. Si era lasciata coinvolgere in un gioco superiore alle sue forze e si era ritrovata sola. Tutti erano a conoscenza del legame tra lei e Piero e sorridevano ironici quando la vedevano. La scansavano come un’appestata.

Da questa relazione non ci aveva ricavato nulla, solo le frecciate velenose degli altri. Eppure lei era libera senza legami e non doveva rendere conto a nessuno. Semmai era Piero che era in fallo con la sua famiglia. Però adesso doveva decidersi ma era paralizzata.

Mosse un passo indietro riportando il braccio sul fianco, perché aveva sentito delle voci dietro quella porta. Spalancò gli occhi e increspò la fronte. Forse la tensione gli aveva giocato un brusco scherzo. “Non è possibile!” e si avvicinò cauta alla porta per ascoltare meglio. “Sì! È una voce femminile e familiare. Cosa sta a fare lì dentro?”

Udì un cigolare di molle e dei sospiri che non si prestavano a equivoci fino all’esplosione di gioia soddisfatta. «Ancora! Ancora!» Un grugnito animalesco sovrastò la voce femminile e poi fu silenzio pieno di un ansare per respiri affannosi.

Mirna era impietrita. “Devo scappare!” Però rimase lì col viso a pochi centimetri dalla porta, quando…

Il battente si aprì e vide Piero accasciato sul divano rosso e Angela scarmigliata con la gonna in mano che la travolse.

Un caso per tre

nuova copertina Un caso per tre

Un caso per tre, il romanzo scritto a quattro mani con Elena di Nonsolocampagna, esce in veste rinnovata nella copertina sia nel formato mobi per Kindle, sia in formato epub – novità! –

Walter, Sofia e Puzzone erano partiti pieni di entusiasmo da Treviso con la macchina nuova per raggiungere Roccapietrosa, un paesino tra Rivisondoli e Roccaraso. Una meta insolita, lontana seicento chilometri, quando vicine c’erano le Dolomiti.

«Dobbiamo festeggiare i nostri dieci anni» aveva detto ai primi di giugno a Sofia. «Niente mete esotiche ma un paesino dell’Abruzzo».

Sofia aveva sgranato gli occhi tra la sorpresa e la paura del terremoto. Aveva aperto la bocca per richiuderla senza dire nulla. Si era seduta appoggiandosi al tavolo della cucina con lo sguardo smarrito.

«Rocca… Cosa?» Aveva mormorato quasi incredula per un nome del tutto sconosciuto.

«Roccapietrosa» aveva precisato Walter ridendo mentre osservava il senso di smarrimento dipinto sul suo viso. «Vedrai. Una vera sorpresa».

Sofia deglutì più volte. La sorpresa l’aveva colta a tradimento in modo inatteso. Si sarebbe aspettato tutto ma non un paesino, un puntino invisibile sulle carte geografiche più dettagliate come aveva constatato successivamente.

Così inizia questa avventura che vedrà coinvolti Walter e Debora con Puzzone.

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Un haiku floreale

Krimhilde e le fanciulle scomparse

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Questo lunedì Eletta Senso ci propone una novità scrivere un haiku floreale. Forse lo conoscete tutti ma per chi non sa cosa sia provo a spiegarlo in breve. L’haiku nasce in Giappone nel XVII secolo e si basa sul concetto di suono o “on” in tre versi così composti: 5 – 7 -5. Cosa sono? Gli haiku sono brevi poesie che usano linguaggi sensoriali per catturare un sentimento o un’immagine. Sono spesso ispirati da elementi naturali, un momento di bellezza o un’esperienza emozionante. Per i giapponesi “on” è un suono breve non riproducibile negli altri linguaggi che hanno adottato il concetto di sillaba. Così è stato anche per l’italiano. Le sillabe italiane variano molto in lunghezza, mentre gli “on” giapponesi sono tutti ugualmente brevi. Per questa ragione una poesia di 17 sillabe italiane può essere molto più lunga di una tradizionale poesia giapponese di 17 “on”, eludendo il concetto che gli haiku sono nati per dare l’idea di un’immagine usando solo pochi suoni. Ecco la mia proposta

Il prato verde,

Margherite in fiore

Fanno colore.

Un acrostico doppio

Una notte magica San Giovanni

Come ormai sapete da tempo Eletta Senso sul suo blog inchiostroneroweb propone ogni lunedì un gioco linguistico, che viene replicato qualche giorno dopo da Luisa Zambrotta sul suo words and music and stories. Questa settimana la proposta è intrigante un acrostico di marzo a doppio senso ovvero marzoozram. Ebbene come da tempo faccio ho partecipato anch’io.

Qui vi propongo i due acrostici.

Per Eletta Senso è questo

Meraviglia!

Aster,

Ranuncoli,

Zinnie

Ovunque.

Orto

Zappato,

Radiosa

Alba

Marzolina.

Per Luisa è questo

Mente

Aperta

Resta

Zoppa

Oppure

Organizza

Zingarate

Ridicole,

Amene

Minchiate

Miniracconto su Caffè Letterario

L’ultima avventura di Puzzone

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post.

Per chi è pigro lo può leggere anche qui.

L’ultima cosa che ricordo è il suo sorriso, poi tutto è diventato nero.

Quando mi sono svegliato ero disteso su un marmo bianco, almeno questa è stata l’impressione ma non potrei mettere la mano sul fuoco per confermare il ricordo.

Però sentivo freddo sulla schiena. Per forza ero nudo! Ho provato a muovere una mano sinistra senza riuscirci. Pareva ancorata al marmo ma non vedevo o sentivo un qualsivoglia legaccio che me la bloccasse. Poi ho tentato con la destra ma la sensazione è stata la stessa: impossibile a muoverla.

Ho aperto gli occhi ma non ho visto nulla. Solo nero pece. Eppure le palpebre non sono incollate. Si sono mosse liberamente. Ho riprovato col braccio, sperando in miglior fortuna. Niente! Sempre aderente al corpo.

Ho cominciato a sudare perché ho capito che ero in un bel impiccio. Buio e silenzio. Solo il mio respiro rauco. Poi una tenue luce in lontananza.

Era un buon segnale oppure pessimo? Dovevo solo aspettare. Nel mentre sono tornato indietro nel tempo. Ero venuto con Nicola, una bella ragazza bionda conosciuta ai tavolini del Bunga Tavern. Tra una birra e l’altra, un sorriso malizioso e occhiate traditrici abbiamo deciso di fare una puntata nella villa del Capitano.

«C’è una festa in costume molto riservata» aveva aggiunto per convincermi. «Però le voci che girano parlano di festini a base di sesso. Vorrei immortalarli con la mia fida Leica».

Forse le troppe birre mi hanno obnubilato la mente e come uno scemo ho detto di sì.

Così abbiamo scavalcato un cancello laterale. Lei armata di macchina fotografica, io della mia incoscienza.

In silenzio ci siamo addentrati nel parco. Poi… eccomi qui immobilizzato e incapace di scappare e chiedere aiuto.

Che scemo sono stato!