nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata del racconto Krimhilde e le fanciulle scomparse.

La puntata la potete leggere anche qui.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

Procedendo con cautela il gruppo guidato da Baldegunde, che su sollecitazione di Markus ne ha preso la guida, arrivano con qualche affanno al torrente Ginestro. Un paio d’incontri con le pattuglie dei nerd di montagna l’hanno messo in ansia ma tutto si è risolto bene.

Al di là del Ginestro c’è il bosco e la salvezza.

«Un ultimo sforzo e poi saremo al sicuro» incita Baldegunde, osservando il viso delle ragazze stanche e impaurite.

I loro occhi hanno perso vivacità e sono appannati per la stanchezza della notte insonne.

Markus controlla che il guado non sia presidiato dai nerd di montagna, come sarebbe logico dopo la fuga delle fanciulle. “In effetti sarebbe molto fuori del loro raggio d’azione ma sento che avranno fatto uno strappo alle regole”.

Anche se ben mimetizzati lui ne scorge le sagome e ascolta il loro linguaggio gutturale. “Dunque il guado è inagibile. Le tisane hanno cessato il loro effetto e far passare le ragazze è molto pericoloso”.

Esiste un altro punto più a nord dove è possibile passare il Ginestro ma è più disagevole perché i massi a fior d’acqua sono scivolosi. Capisce che è più rischioso perché sono stanche e i riflessi intorpiditi. Però non ci sono altre soluzioni praticabili.

Si apparta con Baldegunde per discutere cosa è meglio fare. La scelta in pratica obbligata è per quello più a settentrione.

«Ragazze dobbiamo risalire il Ginestro di un centinaio di passi e da lì passare sull’altra sponda». Non spiega che esiste il rischio di finire nelle acque gelide del torrente per non creare panico.

Markus afferra un capo della corda e attraversa sicuro il Ginestro. La fissa a un albero tozzo ma robusto. Tornato indietro blocca l’altro capo tra due massi. Lui resta in retroguardia per garantire la sicurezza al gruppo, mentre Baldegunde aiuta le ragazze a passare dall’altra parte con l’aiuto della corda tesa.

Sono passate una dopo l’altra tra gridolini e lamentele come bambine viziate tutte e quante meno Adelinde. Hanno deciso così con un semplice sguardo d’intesa tra loro perché appare la più insicura e quella che necessita maggiori attenzioni. Trema, traballa sulle gambe, ha la pupilla dilatata per la paura ma in particolare appare assente. Markus non si fida a farla passare con Baldegunde e quindi sarà lui ad aiutarla nel passaggio da un masso all’altro. Manca pochissimo, quando molla la presa e precipita come un sasso nell’acqua. Lui si getta e l’afferra sollevandola fuori con la testa. Sembra svenuta. Il torrente non è molto profondo in quel punto ma la corrente gelida è alquanto robusta e tende a trascinarli a valle. La scarpata non è agevole da scalare con una persona priva di sensi. Baldegunde lo aiuta e a fatica arrivano al prato tra le grida isteriche delle altre ragazze che hanno seguito l’episodio terrorizzate.

«Cercate della legna secca mentre io recupero lo zaino rimasto dall’altra parte» ordina perentorio Markus, che grondante d’acqua e intirizzito per il freddo torna sui suoi passi.

«Il fuoco è meglio accenderlo all’interno perché sarà più difficile da individuare il fumo» dispone Baldegunde che a fatica dissimula la sua ansia per lo stato della ragazza.

Adelinde ha le labbra violacee e contratte. Respira a fatica e trema tutta. Baldegunde le toglie i vestiti bagnati e la copre con un mantello di montone angorato accanto al fuoco che scoppietta allegro. Le altre ragazze la osservano con apprensione. Non accenna a riprendersi.

Baldegunde con delicatezza le massaggia le mani, il corpo, i piedi per riattivare la circolazione del sangue. L’operazione ha effetto e il livore esangue del colorito del viso vira verso il rosato. Però osserva con preoccupazione lo stato di Markus che trema vistosamente. Ha tenuto i vestiti bagnati e questa non è stata una grande mossa ma non c’erano alternative perché il mantello è stato dato ad Adelinde. Comprende che la febbre lo sta divorando. Nel bosco ci sono i fiori dell’olmaria che possono combattere lo stato febbrile del compagno. Però deve lasciarle sole e Markus non è in grado gestirle senza problemi.

Come se le avesse letto il pensiero, in uno dei rari momenti di lucidità, le comunica che sarà lui il guardiano delle ragazze e loro angelo custode.

In preda all’ansia si precipita nel bosco alla ricerca dei fiori che poi messi a bollire avranno una funzione antipiretica.

Le ragazze ammutoliscono e si guardano disperate come se fossero state abbandonate. Markus rimane in silenzio sforzandosi di mantenersi lucido. Sa che le sue parole non avrebbero il potere di rassicurarle e preferisce tacere.

Baldegunde torna con un fascio di fiori bianchi e foglie e fiori di tiglio. Nel Ginestro riempie una borraccia d’acqua che versa in un piccolo recipiente. Qui fa bollire quello che ha trovato. Markus beve l’infuso senza protestare. Ne conosce le proprietà medicinali. Lei accosta la tisana di tiglio alle labbra di Adelinde per rilassare il suo stato.

Il sole è un disco rosso infuocato che tramonta verso la pianura del Concerto.

Markus non trema più e lo stato febbrile sembra diminuito ma non è in grado di mettersi in marcia per raggiungere il Castello di Mezzo.

«Ci conviene addentrarci nel folto del bosco» suggerisce Markus. «Lì possiamo trovare qualcosa per alleviare la fame e siamo sicuri di non fare brutti incontri».

Baldegunde annuisce perché giudica la proposta sensata.

Trovata una radura abbastanza distante dal Ginestro, si accampano attorno al fuoco mentre lei va alla ricerca di tuberi e frutti selvatici.

«Non sarà una grande cena ma almeno plachiamo il nostro stomaco» spiega mentre li mette a cuocere sulla brace e sotto la cenere.

Adelinde pare essersi ripresa e si stringe a Baldegunde. Markus ha l’occhio arrossato e il respiro in affannato. Si sente debole e spossato ma si sforzerà ad alternarsi con la compagna a montare la guardia e tenere il fuoco acceso.

 

Nuova puntata di Krimhilde

Su Caffè Letterario è stata appena pubblicata la puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

La strega Ampfel torna alla sua abitazione in preda al terrore e al dolore delle ferite che si sono riaperte.

L’apprendista strega Rotapfel la soccorre con l’olio di maleleuca che strofina con energia per darle sollievo.

Urla, piange, si dispera. Ha dimenticato le fanciulle, pensa solo a combattere il veleno che è tornato attivo.

Il draghetto Matteo è tornato poco dopo ma è consapevole di essere stato beffato da un nemico misterioso e invisibile. Sa di aver peccato di presunzione. Non osa affrontare il giudizio della Strega Ampfel, né la sua ira. Solo quando il cielo si colora trova il coraggio di presentarsi davanti a lei.

«Non sono riuscito a individuare il nemico. Ho lottato…».

La strega Ampfel sbotta. «Non raccontare frottole. Non hai lottato con nessuno e sei tornato poco dopo di me».

Il draghetto Matteo abbassa gli occhi. Ha sperato di farla franca ma deve imparare ancora molto. Spiega che appena entrato qualcuno ha infilato nella sua bocca un fascio di erbe. «Non potevo sputare fuoco e sono rimasto immobilizzato per diversi minuti. La persona che era dentro ha avuto tutto il tempo per andarsene indisturbata».

La strega Ampfel capisce di essere stata sconfitta e ritiene inutile tenere il drago Michele a guardia del sentiero perduto. “Hanno più risorse di noi e sono in grado di beffare anche lui”. È più utile che contatti Grumhilde, perché questi due umani possiedono degli strumenti che ignorava che esistessero ancora e possono colpire lei e i draghi con successo. Capisce che qualche trattato è sfuggito al rogo delle streghe e loro l’hanno recuperato.

Ordina al draghetto Matteo d’inviare un messaggero al drago Michele, perché ritorni subito, e poi che lui sparisca dalla sua vista.

Al suo rientro la strega Ampfel gli fornisce le istruzioni per l’incontro con Grumhilde.

Arrivato al torrente Ginestro, là dove scorre tra due pareti rocciose e fa un piccolo salto, deve lasciare Lucifero libero di pascolare sui prati circostanti. Lo ritroverà quando farà ritorno alle montagne innevate.

«Qui vedrai il bosco ceduo e…».

«Il bosco ceduo? E come lo riconosco? Mica hanno il cartello col nome». La interrompe con un pizzico di scetticismo ironico.

La strega Ampfel non raccoglie la battuta e spiega che il bosco ceduo si riconosce a prima vista. «Ci sono solo cedri del Mondo Buono, mandorli, noccioli del Ciclo e carpini carpiati. Sono solo lì. Non puoi sbagliarti».

Il drago Michele annuisce come se avesse capito. In realtà non ha capito nulla ma prima di partire guarderà qualche figura di questi alberi.

«Ci sono due sentieri, volgendo le spalle al torrente. Uno alla tua sinistra. L’altro a destra. Devi prendere quello».

Si raccomanda di non farsi notare, anzi di evitare qualsiasi incontro. «Quando esci dal bosco ceduo trovi un ciliegio senza ciliegie. Conta il terzo ramo partendo dal basso alla tua destra. Lì appenderai un nastro rosso con questa missiva». E la strega Ampfel gli consegna un sottile nastro con legato un rotolino di papiro verde.

Il drago Michele ha memorizzato tutto ma gli rimane un dubbio. «Una volta eseguiti gli ordini, che faccio? Torno indietro o aspetto qualcosa?»

«Grumhilde ti consegnerà qualcosa. Aspettala».

Il drago Michele annuisce di nuovo ma tutto gli sembra criptico. «Quando? E come mi riconoscerà?»

La strega Ampfel sbuffa all’ennesima domanda. «Non ti preoccupare. Sarà lei che ti troverà».

Tornato nel proprio alloggiamento e data una ripassata alla botanica si avvia col fedele Lucifero verso il Ginestro. Il sole è quasi allo zenit, quando raggiunge il ciliegio senza ciliegie, facendo attenzione a qualsiasi rumore per non farsi scoprire. Poi si nasconde dentro un cespuglio da cui può tenere d’occhio l’albero.

Ignora che mentre camminava è stato individuato da una pattuglia di dragonesse a cavallo.

Baldegunde dopo l’ultimo rapimento ha predisposto un pattugliamento discreto del torrente Ginestro. Ogni gruppo, composto da due dragonesse, deve controllare un tratto del torrente. Quello da cui è transitato il drago Michele è affidato a Bathilde e Marchilde che lo seguono senza far alcun rumore.

L’addestramento ossessivo di Baldegunde viene messo in pratica. Marchilde vorrebbe informare la vice di Baldegunde, Brumfilde ma la compagna la blocca.

«Ma… Baldegunde è sparita da due giorni. Nessuno sa dove sia. Non possiamo far riferimento a lei» balbetta incerta Marchilde.

«Baldegunde ha lasciato degli ordini precisi. Seguire il sospetto senza farsi intercettare segnando tutti i posti e le attività svolte. Solo in caso di effettive azioni pericolose chiedere rinforzi».

«Ma Brumfilde ha cambiato gli ordini di servizio» replica rinfrancata Marchilde.

«Io sono fedele a Baldegunde e rispetto i suoi ordini. Essendo più alto in grado queste sono le mie decisioni».

Queste ultime parole chiudono tutte le discussioni, mentre in paziente attesa osservano il drago Michele cosa sta facendo.

Nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la ventisettesima parte di Krimhilde e le fanciulle scomparse. Di seguito la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Baldegunde esegue l’ordine del suo compagno senza chiederne le motivazioni. Radunate le cinque fanciulle spiega in succinto cosa devono fare. «Siete invisibili ma voi potete vedere gli altri. Restate dietro di me senza fiatare, qualunque cosa vediate».

In silenzio scendono a valle. Fa freddo e i vestiti sono inadeguati al clima ma muovendosi non rischiano di rimanere congelate.

Sentono il rumore frenetico degli zoccoli di un cavallo e si riparano in un anfratto nell’attesa che il cavaliere sparisca.

Procedono con cautela perché il buio della notte debolmente illuminato dalla luna, che sta calando dietro il crinale, non permette passi falsi.

Aglaja ha sbuffato per tutto il tragitto, ha freddo e vorrebbe riparare nell’edificio che appare alla sua destra.

«Non ci provare» sibila Baldegunde con un tono minaccioso. «Si prosegue verso il fondovalle».

Aglaja rimane interdetta sgranando gli occhi. È sicura di non aver pronunciato nessuna parola, né aver accennato col corpo a fermarsi. “Come può aver intuito il mio pensiero?”

«Non lambiccarti il cervello. Cammina e basta». Questa volta le parole di Baldegunde sono arrivate dirette nella mente.

Che sia una strega?” E accenna a fermarsi.

«Cammina senza pensare. La strada è ancora lunga. Sono la vostra capitana, ricordatelo» sussurra in modo che sia chiaro anche alle altre come devono comportarsi.

Un attimo di sbigottimento s’insinua nelle ragazze che non comprendono il motivo di questo avvertimento minaccioso.

Baldegunde non è sicura che le tisane abbiamo sufficiente potere per renderle invisibili una volta arrivata alla casamatta. “Sarebbe un bel guaio, perché ignoro cosa troverò lì. Senza questa protezione potrebbe essere un azzardo tentare di uscire senza essere viste”.

Il cielo schiarisce quando avvistano il manufatto che all’esterno appare incustodito. Però il mignolo sinistro l’avverte che c’è un pericolo nascosto al suo interno. Di che tipo non riesce a individuarlo ma lo percepisce con nettezza.

Aspetteremo Markus in quell’anfratto e poi decideremo la strategia giusta per raggiungere il bosco di Mezzo”.

Markus coglie il momento propizio per uscire dalla Prigione del Tempo Perduto. La Strega è fuggita, il drago è stato immobilizzato in modo temporaneo e non può emettere fuoco per qualche minuto. Ringrazia Mechthilde, schermandosi per non farsi intercettare. Ricorda che, quando si era appartato con lei, gli aveva spiegato che la tristrisavola col suo stesso nome aveva scritto un trattato delle erbe officiali per combattere streghe, draghi e altre creature del diavolo prima di finire sul rogo. «Il testo si trova nella biblioteca segreta» aveva concluso prima di salutarsi e dopo avergli elencato quali erbe gli sarebbero state più utili.

Deve raggiungere Baldegunde e le ragazze che l’aspettano. L’obiettivo è raggiunto e non gliene importa nulla della sorte della strega e del drago. Con ampie falcate sicure affronta la discesa. Deve sbrigarsi, perché la tisana che lo rende invisibile non dura in eterno.

Arrivato in prossimità della casamatta, rallenta e si fa guardingo. La calma irreale gli fa pensare a un agguato. Non vede Baldegunde, né le fanciulle e immagina che qualcosa sia andato storto.

Chiaro e forte risuona nella sua mente. «Siamo qui». Si guarda intorno e sorride. “Per forza non le vedo! Sono invisibili!” Segue la direzione del suono delle parole e le trova nascoste tremanti nell’anfratto.

«Ti abbiamo aspettato. Il mignolo sinistro si piega a indicare un pericolo. Quale sia non lo so».

Markus annuisce. Non ha mai sottovalutato le sue premonizioni. Riflette su come procedere. Per uscire dal sentiero perduto bisogna attraversare l’edificio che blocca la via. Al suo interno deve per forza accendere la lanterna cieca per garantire un transito sicuro. In questo modo si rivelerebbe la loro posizione a eventuali persone al loro interno visto che la compagna segnala un pericolo.

«Cosa facciamo? Le ragazze sono infreddolite e cominciano a scalpitare».

«Devo capire chi c’è e dove si trova. Entro e verifico».

Markus si addentra abituando gli occhi al buio. Si ferma. Ha udito un nitrito. I nerd di montagna non possiedono cavalli. Gli unici oltre alla strega sono i draghi. Non gli pare possibile che lei abbia fatto scendere dalla montagna un drago per montare la guardia allo sbocco del sentiero. Avrebbe utilizzato la manovalanza. “Dunque c’era un secondo drago con loro ed è stato spedito a presidiare l’uscita”. Questo è un vantaggio: sa dove si trova e all’interno non ci sono brutte sorprese.

Ritornato sui suoi passi confabula con Baldegunde. «Dai alle ragazze un paio di fiori variopinti e spiega come usarli. Dobbiamo parlarci con la mente e non con la bocca. Il silenzio è la nostra arma vincente».

La capitana annuisce e comprende che da questo momento sarà suo compito gestirle.

Il cielo si fa rosato quando iniziano il passaggio attraverso la casamatta. Markus apre la fila con la sua lanterna cieca. Le ragazze afferrano una corda legata ai suoi fianchi per non perdersi nel buio. Baldegunde chiude il gruppo.

Aglaja è la più vivace e intraprendente e prova colloquiare telepaticamente. La capitana la redarguisce con bonarietà mettendola a tacere.

Quando il buio lascia il posto al chiarore diffuso proveniente da finestre e porte, Markus spegne la lanterna cieca e comanda al gruppo per il tramite di Baldegunde di restare lì in silenzio. Esplorerà la parte prospiciente la casamatta. Non hanno molto tempo a disposizione, forse qualche minuto prima di tornare visibili.

Fuori non vede nessuno. Rimane interdetto e si gratta la guancia irsuta. “Il nitrito l’ho sentito con chiarezza. Devo rischiare esplorando il passaggio verso il torrente Ginestro”.

Si muove con cautela ignorando se sia visibile oppure no. La via è libera. “Se abbiamo fortuna, possiamo farcela” e ritorna prendere il gruppo.

Nuova puntata di Krimhilde

Su Caffè Letterario ho appena pubblicato la parte ventisei di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

«Sei sicuro che questa sia la mossa giusta? Non si vede nulla».

Markus annuisce e le consiglia si stargli vicino.

«Lo sai che temo il buio».

«Lo so. Ma non devi temere nulla».

Lui detta il passo e Baldegunde sta aggrappata al suo braccio. “Non mi riconosco più” riflette la capitana. “Temo anche la mia ombra”.

«Hai già un piano per riportare a valle le cinque ragazze?» chiede interrompendo il silenzio che durava da diverso tempo.

«No». Una breve risata rompe il silenzio della notte senza luna e senza stelle. «Quando siamo là escogiteremo qualcosa».

Sono in marcia da tempo e dal crinale alla loro destra compare il disco luminoso della luna che illumina debolmente il loro cammino.

«Ecco là l’ingresso» dice con tono gioioso Baldegunde. «Adesso arriva la parte più difficile».

Si muovono silenziosi per non spaventare le ragazze ma Aglaja ha il sono leggero.

«C’è qualcuno all’ingresso. Sento i loro passi».

Vuol richiamare l’attenzione di Reinhilde, l’unica che può sbirciare chi entra.

Agnete si sveglia e chiedi chi sta arrivando.

«Non lo so. Sento solo dei passi». Un brivido percorre le sue spalle e ammette di aver paura.

«Ragazze». Una voce conosciuta risuona nella caverna. «Sono Baldegunde. Siamo venuti a liberarvi».

È tutto un gridare caotico misto a parole di sorpresa.

«Calma, calma. Non siete ancora in salvo». Afferma con un filo di voce la capitana. «Non fate troppo chiasso».

Markus accende la lanterna cieca ed esamina le serrature. Emette un grugnito di disappunto, perché non sarà facile aprirle. Non ha gli attrezzi giusti ma solo un piccolo fascio di erbe corrosive. “Troppo tempo e non ne abbiamo a sufficienza”. Si guarda intorno illuminando le pareti. C’è un piccolo gancio appeso a un chiodo. Lo afferra e comincia a lavorare sulla cella più vicina all’ingresso. Dopo un po’ Reinhilde è libera.

«Bevi questa tisana e resta in silenzio qualsiasi cosa accada o vedi». Sono le istruzione che le dà Baldegunde.

Poi una dopo l’altra le libera. Ha appena liberato l’ultima, Aglaja, quando Markus sente vibrare la verga ammazzastrega. Capisce che si sta avvicinando un pericolo.

«Baldegunde prendi la tisana e tieni le ragazze appena fuori dalla Prigione, pronte a scendere a valle».

«E tu?» È seriamente preoccupata.

«Resto qui ad attendere la strega Ampfel. La verga la terrà inchiodata qui mentre voi scendete».

Baldegunde non è convinta di abbandonare il suo compagno nella lotta con la strega, che di certo sarà spalleggiata dal drago Michele.

«Ho letto quello che pensi. Ci vediamo a valle. Ora vai senza perdere tempo».

***

La strega Ampfel accompagnata dal drago Michele e dal draghetto Matteo si dirige verso la casa delle anime immortali.

Come ha raccontato la megera Swanhilde trova nella stanza degli ospiti un mucchietto di cenere grigia ormai fredda. La camera sembra in perfetto ordine come se nessuno si fosse fermato. Il letto rifatto, il bagno lindo, gli armadi con i vestiti ben allineati dentro.

«Non è possibile. Nessuna traccia. Pare che prima di andarsene abbiamo rassettato tutto».

La strega Ampfel è furibonda, dimenticando pure i dolori che ferite e veleno le provocano.

Il drago e il draghetto dopo l’attenta perlustrazione confermano che la casa risulta disabitata e non ci sono tracce del passaggio di qualcuno.

La strega Ampfel sta valutando se dirigersi tutti insieme verso la Prigione del Tempo perduto oppure dividersi in due gruppi. Uno che punta a valle e l’altro a monte. Deve prendere una decisione in fretta senza perdere tempo che sembra prezioso.

«Drago Michele scendi a valle senza indugiare e presidia la casamatta all’imbocco del sentiero perduto. Aspetta lì nostre notizie». Poi rivolgendosi al draghetto Matteo gli fa segno di seguirla.

Il drago Michele storce il naso ma non ribatte e si avvia verso valle. Non gli piace che il suo posto accanto alla strega Ampfel sia preso da quell’intrigante di Matteo. Sa che è ambizioso e vuol scalare le gerarchie dei draghi e prendere il suo posto come numero uno.

Una cavalcata frenetica li porta in prossimità della Prigione del Tempo Perduta. Hanno rischiato più volte di finire nel burrone o di azzoppare i cavalli ma nessun pericolo li ha fermati.

La strega Ampfel si ferma, avverte pericolo. Le piaghe si riaprono in modo doloroso, il veleno riprende vigore.

«Che c’è?» Chiede il draghetto Matteo con aria strafottente, arrestando la sua corsa accanto alla strega che pare paralizzata. Non sentendo risposte sprona il cavallo verso l’ingresso. Con un balzo scende ed entra. Fa uno sbuffo di fuoco per illuminarlo e osserva che le celle sono aperte.

«Dunque c’è o c’è stato qualcuno qui dentro». Apre la bocca ma avverte in gola qualcosa che brucia. Dalle narici prova a incendiare quello che lo circonda ma esce uno sbuffo di vapore. Riprova ma l’esito non cambia. Impaurito retrocede verso lo sbocco ma i piedi sembrano inchiodati a terra. Capisce che una grande magia l’ha colpito senza che lui possa difendersi.

La strega Ampfel non aspetta che il pericolo si materializzi e girato Mefistofele scende a precipizio verso la sua dimora.

continua la saga di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la venticinquesima puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Markus non ha fatto i conti con la voce femminile di cui ignora il nome. Non appena si corica accanto a Baldegunde per prendere sonno, sente sibilare nella mente. «Alzati e unisciti con me. Diventerai immortale».

Lui senza rispondere si gira su un fianco e ascolta il lento ronfare della compagna che si è addormentata come un sasso. Anche lui vorrebbe prendere sonno, perché la giornata è stata lunga e complicata. Però quella voce lo tedia e lo incita ad abbandonare Baldegunde.

Markus comprende che è una trappola senza capire lo scopo di tutta questa insistenza. “Dunque non sono quelle che dicono di essere”. Sa che questo pensiero sarà letto dalla voce femminile. Sorride e dubita che sia veramente una femmina.

«Te ne pentirai» urla inviperita e aggiunge con voce stridula. «Conoscerai la nostra rabbia e rimarrete nostri prigionieri».

«Tutto questo è da vedere» replica calmo Markus puntando su alcune erbe che ha nei suo zaino. Queste hanno il potere di trasformarli in altri umani e rendersi irriconoscibili.

Si alza, osserva la compagna che ha i lineamenti distesi di chi dorme beato. La sfiora con la mano prima di afferrare lo zaino che contiene preziose erbe e la verga ammazzastrega.

La estrae e avverte in tutto il braccio la vibrazione che emette. “Dunque siamo finiti in un covo di streghe. Ora è chiaro il disegno”.

La verga inizia lentamente a muoversi a destra e sinistra, poi rotea fendendo l’aria con decisione. Markus non è più in grado di controllare la frenesia dei fendenti perché la verga pare animata di vita propria.

Dapprima ascolta dei gemiti, poi delle invocazioni di aiuto per far cessare il supplizio.

«Mostrati e chiedi perdono per quello che hai tentato di fare» sussurra Markus pronto a usare il tiglio tignoso per imprigionare questa presunta anima immortale.

«Trattieni questo strumento. Faccio ammenda di aver tentato di intrappolarvi per impedire di proseguire oltre».

Come d’incanto compare una fanciulla dai capelli arruffati e volto e corpo piagati da brutte ferite nere. Trema e balbetta.

Markus la osserva con disprezzo mentre richiama a sé la verga che vibra minacciosamente, pronta a riprendere il lavoro interrotto. «Chi siete veramente».

«Siamo le megere scampate al rogo della regina Eberhilde che ha sterminato tutte le mie compagne. Prendiamo ordini dalla strega Ampfel e siamo state poste a guardia di questo sentiero occulto. Il nostro compito è catturare tutti i viandanti che lo percorrono. Nessuno deve raggiungere la Prigione del Tempo Perduto».

Detto questo la fanciulla diventa grinza e ingrigisce fino a diventare un mucchietto di cenere.

«Abbiamo corso un grosso rischio». È la voce assonnata di Baldegunde che ritta sul letto ha ascoltato le parole della megera e osservata la sua fine. «Dobbiamo eliminare subito anche le altre».

Markus scuote il capo. «Sono certo che sono già fuggite per raggiungere la strega Ampfel. Il posto non è più sicuro. Vestiti in fretta mentre preparo qualche tisana. Tra cinque minuti dobbiamo essere in marcia anche se fuori è buio».

Diventati invisibili e confuso il loro odore di umani con quello del leopardo delle nevi si mettono in cammino verso la Prigione del Tempo Perduto.

***

«Signora sono affranta ma la devo disturbare».

L’apprendista strega Rotapfel è ritta dinnanzi al baldacchino dove riposa la strega Ampfel e si contorce le mani. Svegliarla quando si è appena assopita è sempre un rischio ma vista l’urgenza non ha alternative.

La strega Ampfel grugnisce. È a letto da un paio di ore ma solo da pochi minuti ha preso sonno. Le ferite dolgono e il veleno non è ancora debellato. Si gira su un fianco e poi sull’altro, infine si mette ritta con gli occhi socchiusi.

«Cosa c’è di tanto urgente da svegliarmi nel cuore della notte?»

L’apprendista strega si schiarisce la voce con due colpetti di tosse. «Nel salotto grigio ci sono le megere, le anime immortali messe a guardia del sentiero perduto…».

«E allora?» Il tono si alza di più di un’ottava e gli occhi si stringono nervosamente. «Perché hanno abbandonato il loro compito?»

L’apprendista strega abbassa lo sguardo. Sa che sta per scatenare l’inferno. «Dicono che sono fuggite perché un uomo e una donna hanno incenerito Krienhilde, il loro capo con un oggetto sconosciuto ma potente».

La strega Ampfel sembra svegliarsi di botto e la mente prende a vorticare vertiginosamente. «Loro in tredici messe in fuga da due persone umane! Non posso crederci». Però qualcosa si insinua nella sua testa. “Krienhilde è una megera potente e navigata. Mi sembra strano che abbia permesso a un umano di renderla in cenere. A meno che…”. Adesso deve ascoltare la megera anziana Swanhilde.

La megera anziana racconta che Krienhilde ha tentato d’irretire l’uomo come ha sempre fatto in passato con successo. Però questa volta le ha andata male. «Con esattezza non so cosa sia successo. Noi eravamo in un’altra stanza. Abbiamo sentito delle grida di dolore e invocare aiuto. Quando siamo accorse, l’abbiamo trovata in un mucchietto di cenere grigia».

La strega Ampfel stringe gli occhi per il dolore delle ferite e per concentrarsi su quello che ha udito.

«Mi avete parlato di due umani che vi hanno costretto alla fuga».

La megera Swanhilde abbassa lo sguardo per non incrociare quello della strega Ampfel. In effetti non sono accorse subito ma dopo un po’ di tempo perché hanno avuto paura. La strega legge questo pensiero che scatena la sua collera. Alza il tono della voce perché la vorrebbe incenerire.

«Non siete lì per scaldare la panca ma per impedire che degli intrusi possano salire al Picco dell’Impiccato».

Poi la congeda con un gesto imperioso della mano. «Siete sollevate dal vostro compito. Rimanete nel salotto nero finché non sono di ritorno». E comanda all’apprendista strega di convocare con la massima urgenza sia il drago Michele sia il draghetto Matteo.

«Tra meno di un minuto siano qui!» Tuona infuriata, mentre si prepara per uscire.

nuova puntata del racconto Krimhilde

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la ventiquattresima puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.

Un caso per tre

Il drago Michele si siede sulla poltroncina di pelle di leopardo delle nevi. Non capisce cosa stia succedendo. Si credevano invulnerabili e si scoprono esposti ai colpi di due persone a cui non darebbe credito nemmeno il più sprovveduto degli ingenui.

La strega Ampfel si lamenta perché l’olio di maleleuca sta terminando i suoi effetti. Stringe le labbra e aggrotta la fronte. A questo ci penserà dopo.

«Almeno hanno quattro potenti amuleti» ricapitola con una smorfia delle labbra. «Ma… Allungami il dizionario delle erbe della megera rossa».

Lo apre a metà dove ci sono inserite delle erbe ormai secche e scorre il testo con un dito tra una contorsione del viso e un grugnito di dolore.

«No. Non è questa» e lo chiude con violenza.

Stringe gli occhi per concentrarsi e dominare le fitte che il veleno le procura. “Le regine della Terra di Mezzo non hanno mai tollerato le streghe o chi usa le arti magiche anche a fin di bene. Sono state tutte bruciate vive. Da secoli sono scomparse e le superstiti si sono rifugiate tra le montagne innevate”.

Scuote la testa perché vorrebbe dire che qualche megera ha tramandato alle generazioni future i suoi segreti, sfuggendo alle ire delle regine.

«No!»

Il drago Michele la osserva stupito. Parla da sola, fa smorfie di ogni tipo, smania e pronuncia frasi che lui non comprende.

«No che cosa?»

«Chiama l’apprendista strega. Che venga subito con olio di maleleuca e tisane bollenti. E muoviti».

Come se avesse origliato, Rotapfel arriva con quanto richiesto prima ancora che il drago Michele l’avesse chiamata. In silenzio porge la tisaniera con una tazza a forma di uncino su cui sta un coperchio a forma di mano. Poi con energia strofina l’olio sulle piaghe che non sembrano rimarginare.

Si sente già meglio e i dolori si attenuano. È pronta a riprendere il filo del discorso.

«Ti devi mettere in contatto con Grumhilde…».

«Grumhilde?» Il drago Michele comprende che anche tra loro ci sono molti misteri e non solo nel Castello della Terra di Mezzo.

La strega Ampfel ignora l’interruzione e fornisce tutte le istruzioni al drago Michele che deve svolgere il giorno seguente.

È sera e avverte tutta la stanchezza che ha accumulato nella giornata. Si fa preparare il letto e lo congeda.

***

Markus e Baldegunde vorrebbero porre molti quesiti ma al primo timido tentativo è stato posto loro il silenzio.

«A tavola si mangia ma non si fanno domande. Si può chiacchierare in modo pacato senza disturbare gli altri. Ci sarà tempo al termine di porre gli interrogativi che sorgono».

È stata perentoria nell’affermazione mettendoli a tacere. Gli altri commensali hanno sorriso e bisbigliato qualcosa che gli umani non hanno percepito.

Markus mangia con calma le ottime portate ma continua a riflettere chi sono queste anime immortali che vivono tra i monti innevati. Non ricorda di aver letto nulla o ascoltato qualcosa su di loro. “È vero che non ho letto molto. Sarebbe proibito ma con la scusa dei mobili e delle loro riparazioni ha goduto di una certa libertà nella biblioteca”.

«Non pensare, mangia!» La solita voce femminile lo redarguisce.

Lui sobbalza come un bambino colto in fallo. “Dunque sanno pure leggere le menti oltre a essere invisibili”. Rimpiange di aver lasciato in camera i fiori variopinti e di non essere in grado di schermarsi contro queste intrusioni.

«Non saresti stato in grado di leggere nei nostri pensieri, né proteggerti».

«Vero! Ma sarei stato capace di schermarmi» rimbecca punto nel vivo.

Baldegunde sgrana gli occhi nell’ascoltare questo dialogo al limite del surreale. Ascolta il compagno parlare ma non sente nulla dell’interlocutore. “Markus non è impazzito. Non parla da solo ma con qualcuno che non vedo né sento”.

Si sente esclusa, trascurata. Il compagno parla con qualcuno che lei non riesce a contattare. È la prima volta che la taglia fuori dai suoi discorsi. Il dialogo si fa più serrato e fatica a comprendere il senso del discorso. L’unica certezza che ha acquisito prestando attenzione, è che l’altra persona è di sesso femminile.

«Scendiamo in giardino a prendere il dessert».

È una voce femminile gradevole da ascoltare. “Forse è la stessa che sta parlando con Markus” e la gelosia cresce.

«Andiamo» dice la voce e prende sottobraccio Markus.

Lui però ha visto lo sguardo feroce di Baldegunde e il viso imporporato per la gelosia montante. Si divincola e abbraccia la compagna. “Abbiamo una missione da compiere” riflette avviandosi a uscire dalla sala.

«Sciocco» e sente anche una risata di scherno.

«Con chi parlavi con tanto fervore» chiede Baldegunde con tono stridulo, scoprendosi gelosa di una persona incorporea.

«Una voce senza volto e senza nome».

La bacia per suggellare la pace.

Un giardino, che pare il mitico Eden dei racconti del focolare, appare ai loro occhi.

«Le vostre poltrone sono qui, accanto al roseto».

Markus sospira per il sollievo, perché sono una accanto all’altra e le può tenere la mano.

«Sciocco!»

Di nuovo la voce lo schernisce ma lui sorride e alza le spalle. Ha capito che Baldegunde non percepisce le parole che giungono alla sua mente.

«È giunto il momento di spiegare chi siete e perché ci aspettavate» esordisce con tono deciso Markus, che tiene la mano della compagna.

Una breve risata precede le parole. «Chi siamo? Le anime che proteggono questo sentiero e i viandanti che lo percorrono».

Baldegunde è rimasta in silenzio, sentendo scemare l’adrenalina della gelosia. «Ma tutti lo possono percorrere?»

«Noooo!» È il coro che le risponde. «Solo le persone elette possono accedervi».

Markus e Baldegunde si guardano negli occhi inarcando le sopracciglia. «Noi persone elette?»

«Sì. Avete un compito da svolgere».

«Liberare le cinque fanciulle rapite e tenute prigioniere?» chiede Baldegunde sconcertata.

Il silenzio cala nel giardino. Sembra che siano rimasti solo loro due.

«Buona notte» augura la voce femminile.

Markus e Baldegunde si ritrovano seduti in poltrona in una saletta interna.

«Troppi misteri. Andiamo a coricarci. Domani ci aspetta la Prigione del Tempo Perduto».

Nuova puntata su Caffè Letterario

Su Caffè Letterario è stato pubblicato la puntata ventitré di Krimhilde e le fanciulle scomparse. Per i pigri la riporto anche qui.

Un caso per tre

Markus osserva con interesse professionale la stanza. Legni pregiati di cui ne ha sentito solo parlare ma mai visti e di cui ignora il nome esatto, disegni di alta classe usciti dalle menti più creative della Terra di Mezzo. Sfiora con le mani un comò nell’angolo sinistro della stanza da letto dalle linee semplici. Una forma pulita senza fronzoli pretenziosi e con le maniglie di avorio giallo che rappresentano una mano chiusa a pugno. Apre il cassetto in alto e strabuzza gli occhi. Una serie di camice di lino mediano azzurre, bianche, a righe larghe o strette sono riposte con cura. Controlla e rimane a bocca aperta. Sono la sua taglia. Sembrano fatte su misura per lui. Dall’armadio sceglie un vestito di lana pettinata che si intona perfettamente con la camicia a righe larghe bianca e azzurra.

Si sta ammirando davanti allo specchio interno dell’anta quando sente la voce di Baldegunde che lo riporta sulla terra. «Non sei ancora pronto? Tra cinque minuti ci aspettano da basso».

Markus si gira e apre la bocca per la sorpresa. Nessuna parola esce dalle sue labbra. Gli occhi sfavillano osservandola. “Se non sapessi chi è, non l’avrei riconosciuta”.

«Non fare il buffone!» lo rimbrotta sapendo che il suo abbigliamento avrebbe generato stupore. «Non hai mai visto una donna?»

Un abito di organza rosa con la blusa blu tutta sbuffi e aderente al corpo mette in evidenza le forme di Baldegunde. Markus l’ha vista sempre infagottata nei vestiti di ordinanza anonimi e scialbi, dai colori smorti come il grigio, il verde sbiadito o il viola. Lui li ha sempre definiti come sacchi di patate indossati da una donna fatta uomo. Il seno che può ammirare, quando nel letto la stringe a sé, rimane nascosto dalle camice di tela grezza ampie e informi che coprono anche i fianchi ben modellati. Non migliora l’aspetto nemmeno quando indossa le uniforme di gala ugualmente sgraziate che occultano l’essenza di donna. Adesso la può apprezzare in tutto il suo fascino femminile.

Fischia per l’ammirazione verso la compagna che ride soddisfatta. Poi lo prende sottobraccio e raggiungono la sala al piano terra.

Markus osserva la disposizione delle stanze che non ricorda che fossero così al loro ingresso. Gli sembra di essere immerso in caleidoscopio che modifica le immagini a ogni giro.

Baldegunde lo spinge dentro un enorme salone nel cui centro sta una lunga tavola. «Uno, due, tre…» conta i posti e strabuzza gli occhi. «Tanti commensali?»

Una tovaglia di broccato rosso con disegni in oro è stesa sotto piatti e posate di argento che brillano illuminate dalle candele poste sulle pareti. Bicchieri e calici di cristallo colorato sono disposti davanti alle stoviglie.

Baldegunde è affascinata da simile opulenza e tiene la bocca aperta per lo stupore. Adesso è Markus a ridere per lo sguardo incantato della compagna di fronte alla meraviglia della preparazione della tavola.

Si avvicina e legge i segnaposti ‘Brunhilde, Andrea, Sofia, Gwendolin,…’ Ai due estremi del tavolo scopre che la mano che sorregge il biglietto reca i loro nomi. «Tu sei là» e indica il posto da capotavola. «E io qua».

«Sedetevi. Tra pochi minuti arrivano le portate. Mancavate solo voi».

Una voce cristallina e giovanile fa sobbalzare Baldegunde che si guarda intorno poiché non vede nessuno degli altri commensali.

«Non ti preoccupare Baldegunde. Noi ti vediamo ma tu non puoi vedere noi».

Le sorprese non sembrano finire mai.

***

La notte è passata e dalla fessura nel soffitto della caverna filtra un pallido raggio di luce.

Nessuna delle cinque fanciulle è riuscita a dormire. Si sono lamentate, si sono chiamate l’un l’altra, hanno pianto in modo disperato.

Un nuovo giorno sta cominciando senza nessuna certezza che qualcuno venga o a liberarle o a portare qualcosa da mangiare.

Gislinde si lamenta perché secondo lei è da una vita che si trova prigioniera lì.

«Ma no!» La corregge Agnete. «È passata solo una settimana».

«Come fai a saperlo?» Rimbecca Reinhilde, perché secondo lei il tempo si è fermato.

Aglaja sorride in silenzio mentre col dito scorre sul legno a contare le tacche. “Io sono qui da nove giorni e sono stata l’ultima”. Tace per evitare che le compagne siano colte da angoscia e paura. “La tensione si è stemperata con questa vivace discussione sul tempo della prigionia e non la voglio incrinare”.

Il suo stomaco vuoto brontola perché reclama cibo. Deve pazientare e sperare che la loro carceriera passi. Se nei giorni precedenti faceva la preziosa col cibo, piluccando qua e là qualcosa, nella giornata odierna mangerebbe qualsiasi cosa di commestibile.

Adelinde, che passava le sue giornate in posizione fetale, parlando il minimo indispensabile, adesso sembra aver perso l’uso delle parole. Ascolta il chiacchiericcio delle compagne ma non memorizza nella mente nulla. È come se fosse sorda.

Parlando tra loro riescono in un qualche modo dimenticare che sono da due giorni senza cibo.

«Sta arrivando!» urla Reinhilde che è la più prossima all’ingresso.

«Chi?» Adelinde sembra aver riacquistato l’uso della parola.

«Lei!» Conferma Reinhilde che per la prima volta è felice per l’arrivo della carceriera. Ha sentito il passo pesante dello stallone delle nevi che annuncia il suo avvento.

Senza proferire una parola porta cibo e indumenti freschi. Si sbriga veloce come se avesse un appuntamento urgente. Vuole evitare di dover dare spiegazioni sulla mancata venuta del giorno precedente e per farsi perdonare ha portato razioni abbondanti. Poi frettolosa se ne va senza salutare.

Le fanciulle si gettano sulle porzioni con voracità, ignorando il comportamento sbrigativo della carceriera. Nessuna parla. Non ne hanno tempo perché devono placare la fame.

«Oggi la cuoca per farsi perdonare ha proposto piatti più gustosi». Gislinde si umetta le labbra per cogliere tutti i residui del cibo.

«Forse la fame ti ha fatto apprezzare lo stufato di montone nero duro come un sasso» replica divertita Agnete tutt’altro che soddisfatta del pranzo.

«Meglio le patate nere lessate e insipide che il nulla. Non facciamo troppo le schizzinose, perché ieri avremo mangiato qualsiasi cosa per la fame. E oggi pure ma troviamo tanti difetti alle porzioni ricevute».

Aglaja ride nel sentire le chiacchiere delle compagne. “Sarebbe andato bene qualsiasi cosa, purché fosse commestibile” e col dito pulisce la scodella, perché ha finito tutto il pane nero al timo di montagna. “E stasera?” Alza le spalle: pulirà la scodella con la lingua e il dito.

Reinhilde, rimasta in silenzio fino a quel momento, trova stucchevoli tutte quelle lamentele. “Il cibo non è stato mai all’altezza della mensa del Castello. Che a dire il vero era modesta. Però oggi era buonissimo!”

Anche Adelinde ha trovato che nella giornata odierna tutto era gustoso. “È inutile fare le difficili. Piuttosto che rimanere anche oggi a pancia vuota, va bene tutto”.

Finito il pranzo è il momento del cambio dei vestiti e dell’intimo che dopo quattro giorni emana un afrore non proprio gradevole. Soliti gridolini e imprecazioni per la ruvidezza dei tessuti salgono dalle varie celle. L’atmosfera è mutata rispetto al risveglio. Allegra e vivace. Per qualche ora dimenticano la loro condizione di prigioniere.

Si aggiunge una nuova puntata

Su Caffè Letterario si aggiunge una nuova puntata di krimhile e le fanciulle scomparse e siamo a quota ventidue.

Per chi vuole la può leggere qui.

Oggi la loro carceriera non è passata come di consueto e le cinque fanciulle provano brividi di paura.

«Cosa sarà successo?» Si chiede Aglaja a voce alta, un po’ stridula per il timore di essere state abbandonate.

Le compagne di sventura rispondono con pensieri smozzicati inframmezzati da pianti.

«Non credo!» È la replica di Gislinde che passato il primo attimo di sgomento ha riacquistato la sicurezza nelle sue parole. «Siamo troppo importanti per essere abbandonate a una fine terribile».

Agnete domanda tra un singhiozzo e l’altro i motivi del loro rapimento.

«Lo ignoro» afferma in un momento di lucidità Adelinde.

Reinhilde rimasta in silenzio fino a quel momento si chiede a voce alta i motivi per cui loro rappresentano un patrimonio importante. «Aglaja, chi ti ha detto che siamo importanti e quindi non siamo state abbandonate?»

Aglaja abbozza un sorriso stentato, perché la compagna l’ha confusa. «Nessuno».

Gislinde stava per replicare ma la lascia parlare. “Tanto avrei data la medesima risposta”.

«E allora?» Incalza Reinhilde non paga della risposta.

Aglaja spiega che rapire cinque fanciulle illibate sotto gli occhi della regina Krimhilde rappresenta un grosso rischio per chiunque. Una vera sfida alla sua proverbiale collera, quando sono coinvolte delle figure femminili. «Facciamo parte di un piano misterioso ma di certo molto importante per i nostri rapitori. Siamo merce troppo preziosa per essere lasciata morire di inedia e stenti».

Le ore passano e non si vede nessuno. Qualcuna inizia a percepire i morsi della fame, perché nella giornata odierna hanno potuto mangiare solo i resti del giorno precedente. Domani sarà peggio se non arriverà nessuno.

Dalla fessura la luce diventa sempre più fievole fino a sparire del tutto. Nella giornata odierna è tutto diverso a cominciare dal mancato arrivo della carceriera. Poi le loro inquietudini per la sensazione di essere abbandonate a una morte atroce. Infine la nostalgia delle persone amate che rischiano di non vedere più.

Col buio l’angoscia cresce, mentre un’altra notte le aspetta con l’incognita di non vedere la nuova luce dalla fessura.

Aglaja ha perso la baldanza che fa parte del suo carattere e piange in silenzio. Non le piace mostrare la sua debolezza. Singhiozzi ovattati e respiro sincopato accompagnano i suoi pensieri. “Non potrò rivedere Karl, né le amiche. E…” e si interrompe perché avverte un groppo alla gola che le impedisce di respirare.

Gislinde, la veterana del gruppo, chiama a una a una le compagne. Un modo per tenere alto il morale. «Adelinde…».

Con la voce impastata dalla paura e dal pianto lei risponde al richiamo.

«Dobbiamo essere forti. Parliamo per farci coraggio e compagnia, così la notte ci farà meno paura». Gislinde con gli occhi arrossati per il pianto suggerisce questo approccio per le prossime ore.

La strega Ampfel urla, si dimena per il dolore che il veleno le procura e per effetto delle erbe che usa per combatterlo.

L’apprendista strega Rotapfel è terrorizzata e gli occhi sbarrati lo dimostrano. Continua a massaggiare con forza le piaghe che sembrano non finire mai di espurgare quel siero puzzolente. Il ritorno della strega Ampfel le ha fatto dimenticare il compito giornaliero ma non lo esterna per non incappare nelle sue ire. “Forse riuscirò ad assolverlo prima del calare del sole” riflette mentre continua a strofinare con energia l’olio di maleleuca. Le mani sono arrossate e le braccia indolenzite ma non osa lamentarsi.

Il drago Michele si è seduto sul divano nero e aspetta con pazienza che venga chiamato. Sono passate molte ore da quando si è sistemato e vorrebbe tornarsene nella sua abitazione e mangiare un boccone. È a digiuno dalla sera precedente. Come l’apprendista strega non ha il coraggio di sfidare il furore collerico della strega Ampfel: l’ha già assaggiato in occasioni precedenti. «Pazienza…» mormora col labiale per non farsi udire.

Cala la sera e i lumi si accendono, mentre il drago Michele sonnecchia ronfando. Si desta sentendo il suo nome e per poco non provoca un disastro. Per un pelo riesce a trattenere lo sbuffo che come un lanciafiamme avrebbe carbonizzato l’intero arredo della stanza. Si mette eretto con difficoltà, perché ha tutti i muscoli rattrappiti per la scomoda posizione. Barcollando raggiunge la stanza dove la strega Ampfel si sta curando.

«Hai chiamato?» Il tono ironico della voce e lo sguardo beffardo che illumina il suo viso la irritano, mentre Rotapfel si allontana per prudenza. “Quando è in queste condizioni può succedere di tutto”.

La strega Ampfel si trattiene e controlla la collera che monta. Ha bisogno di entrambi e non desidera innescare un battibecco inutile.

«Nella Caverna del Pozzo Maledetto c’era una quarta persona che teneva la verga ammazzastrega. L’ho capito stamattina vicino al torrente Ginestro. Stesse sensazioni… Ma non è questo l’argomento da discutere. Piuttosto è da capire quali altri strumenti pericolosi la donna e il suo compagno…».

Sul viso del drago Michele il sorriso beffardo si ghiaccia e stringe gli occhi per prestare maggiore attenzione. «Sicura che sia un uomo la quarta persona?» Se fosse così senza dubbio si tratta del compagno della donna. Eppure non ha avvertito la presenza umana del quarto ospite oltre a loro.

«È possibile abbiano strumenti così potenti da ingannarci?»

La strega Ampfel annuisce e fa una smorfia per il dolore che le piaghe le procurano.

Si aggiunge una nuova parte del racconto ‘Krimhilde e le fanciulle scomparse’

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova parte dell’avvincente racconto della Terra di Mezzo, che ripropongo qui sotto.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

La strega Ampfel entra come una furia urlando. «Apprendista strega dove sei? Quando ho bisogno di te, sei sempre imboscata!»

Getta in un cestino accanto alla porta quel che resta del mantello invisibile e si guarda intorno con gli occhi color delle braci. «Dove si è nascosta quella presunta strega Rotapfel? La declasserò al nulla!»

La ragazza intimorita con lentezza e con gli occhi bassi si affaccia alla porta dello studio in nero.

«Ha bisogno, signora?»

Un urlo sovrumano prorompe dalla bocca della strega Ampfel e tutta la cristalleria della casa inizia a tintinnare. La vallata lo ha sentito e i nerd di montagna si rifugiano in casa per sfuggire all’ira della strega Ampfel.

«Portami iperico, aglio, rosmarino e il miscuglio di lavanda, erica e salvia. Voglio la boccetta dell’olio di maleleuca e che sia piena! E poi…». A questo punto le manca la voce e con il viso stravolto dalle piaghe purulente, in preda alle convulsioni per il veleno che sta entrando in circolo, si siede in attesa di quanto ordinato. Si sente esausta. Ansima e maledice tutti quanti. Si alza, gira per la stanza e si siede di nuovo. Tutta questa attività frenetica peggiora la situazione, perché avverte che il veleno è entrato in circolo e deve bloccarlo.

Subito si fa strofinare l’olio con energia sulle piaghe, mentre si prepara una tisana di lavanda selvatica ed enula che assume ancora calda. Non prova sollievo ma avverte le contrazioni del suo corpo che contrasta l’avanzata. Si prepara una nuova tisana con salvia, iperico e aglio, un miscuglio maleodorante e dal gusto tutt’altro che gradevole. Manda giù tutto d’un fiato. Le piaghe emanano un odore repellente ma si sente meglio.

L’apprendista strega Rotapfel esegue gli ordini come se fosse in catalessi facendosi forza per non vomitare alla vista di quelle piaghe che espurgano un liquido serioso nero e puzzolente.

«Mettici più energia!» Sollecita, avvertendo che il fisico combatte il veleno e sta vincendo.

«Sì, signora» balbetta mangiandosi le parole un’inebetita apprendista strega.

Il drago Michele, che è arrivato al piccolo trotto senza fretta, si affaccia sull’uscio per controllare come sta.

«Non scappare! Tra poco ho bisogno di te». Urla per il dolore che piaghe e veleno le stanno procurando ma deve resistere e sopportare se vuol vincere la sua guerra.

Markus e Baldegunde si avvicinano senza fretta alla costruzione che da vicino sembra più imponente rispetto alla prima visione. Un po’ di timore c’è perché la situazione non appare normale. Sembra una realtà deformata.

La porta si apre da sola come se qualcuno da dentro avesse azionata l’apertura.

Si consultano con gli occhi e poi alzano le spalle come gesto di rassegnazione. Le alternative non sono molte: o entrare sperando nella fortuna oppure restare all’esterno col rischio di congelarsi per la sera imminente. Nessuna delle due prospettive appare allettante.

«Benvenuti nella casa delle Anime Immortali! Aspettavamo con impazienza la vostra venuta».

Markus e Baldegunde si bloccano sul limitare dell’uscio e si guardano con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Una sorpresa dietro l’altra. Entrambi hanno un comune pensiero: la costruzione è dotata di aspetti che vanno oltre la loro immaginazione e abitata da personaggi magici. “Come diavolo sanno della nostra venuta? Abbiamo deciso solo ieri sera!”

Avanzano di qualche passo all’interno e la porta si richiude da sola senza far rumore.

«Siamo in trappola» avverte Markus per nulla rassegnato alla situazione.

Baldegunde maledice l’ostinazione del compagno a voler proseguire. «E adesso?»

«Nulla. Aspettiamo gli eventi e prepariamoci…»

Brevi risolini echeggiano nella stanza come a prendere in giro i due ospiti che appaiono timorosi e sospettosi. Il cuore accelera, il respiro diventa un roco suono. I loro passi risuonano come se camminassero su una scatola vuota.

Markus si ferma nel centro della stanza che ondeggia al ritmo dei loro polmoni. Ha un momento di sbandamento e incertezza, mentre prende sotto braccio Baldegunde in atteggiamento protettivo.

Nuovi risolini di scherno echeggiano beffardi.

«Le vostre stanze sono pronte al primo piano. Si mangia tra un’ora».

Markus non fa in tempo a replicare un po’ stizzito quando la parete di fronte si apre mostrando una scala.

«Vieni» sussurra Baldegunde che con senso pratico ha capito che sarà un’impresa uscire da lì senza il consenso della voce misteriosa. «È inutile fare resistenza. Cinque minuti fa…».

«Lo so! Mi hai maledetto per la mia cocciutaggine. Ho capito che era meglio tornare indietro per procurarsi quello che serve per arrivare alla Prigione…».

«Ci arriverete. Ora salite. Ci ritroviamo qui tra un ora».

Markus scrolla il capo e segue la compagna in silenzio. Non avverte pericoli ma si sente prigioniero di una strana magia. Un edificio senza tempo che appare di dimensioni modeste all’esterno ma che internamente sembra vastissimo. Voci che dialogano e danno istruzioni. Però è quel ‘vi aspettavamo con impazienza’ che lo fa riflettere: sembra che siano gli ospiti d’onore tanto attesi.

Percorso un lungo corridoio illuminato da torce che non bruciano, appare all’improvviso una porta aperta, l’unica incontrata finora.

«Forse sono queste le nostre stanze» azzarda con un filo di voce Baldegunde che ha perso la sicura baldanza di poco prima. “Ha ragione Markus. C’è qualcosa di strano nell’aria. Non di pericolo ma di magia che non possiamo controllare”.

Varcata la soglia, la porta sparisce. Sono chiusi dentro senza possibilità di uscire.

«Magia buona oppure no?» Borbotta Baldegunde che con lo sguardo vuoto esamina la loro prigione.

«Non saprei dirlo con precisione. L’unica certezza è che il nostro libero arbitrio non esiste più».

Baldegunde superato il momento sconforto si guarda intorno con occhio curioso. “Due, no tre o forse quattro stanze. Un sogno”. Il confronto con la loro foresteria che le sembrava lussuoso non regge sia per gli arredi sia per le dimensioni.

Markus dimentica in fretta la loro situazione precaria perché la sua attenzione è concentrata sui mobili che sfiora. “Credevo di essere il più abile ebanista della Terra di Mezzo ma questi mi surclassano e mi relegano a modesto apprendista”.

Le essenze gli sono sconosciute, la radica è uno splendore, il disegno è superbo e la fattura appare come un miracolo di falegnameria.

La voce della compagna lo scuote facendolo ritornare alla realtà.

«Andiamo a prepararci. Un’ora passa in fretta».

Krimhilde e le fanciulle scomparse – Nuova puntata

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.

Un caso per tre

Il drago Michele non ha compreso il motivo della raccolta di tutti quei fiori. “Sarebbero stati sufficiente raccoglierne uno per tipo. Bah!” Borbotta cavalcando Lucifero che per contro ha gradito molto la sosta nel prato vicino al ruscello Ginestro. Acqua fresca ed erba tenera e saporita come mai aveva mangiato prima di quel momento. ‘Peccato che sia durato poco’ riflette mentre a malincuore riprende la strada verso quelle vette innevate e inospitali.

La strega Ampfel stringe i denti per le ferite dolorose sul volto e sul collo ma sorride a denti stretti. “Poteva andare peggio e ci avrei rimesso la vita. Quella mitica diceria che c’è una verga ammazzastreghe è tutt’altro che infondata! Se non avessi avuto il mantello invisibile non so come sarebbe finita”. Affiorano nella sua mente quei racconti, che ha sempre giudicato fantasie, sui poteri di questa verga. È in grado di incenerire una strega ma anche di iniettare un veleno per una morte dolorosa. Le ha sperimentate entrambe. Le vistose bruciature del mantello invisibile mostra che senza di quello sarebbe stata ridotta a un mucchietto di cenere. Deve correre il più veloce possibile, perché Il veleno che le ha iniettato deve essere eliminato prima che vada in circolo e già ne sente l’influsso.

Non le interessa se il drago Michele resta indietro, lei sprona Mefistofele perché ogni minuto perso è una stilla in più nel corpo.

Non ha compreso quale tra le canne era l’elemento pericoloso ma le sensazioni di pericolo percepite le ha memorizzate tutte per evitarlo.

Mentre riflette su questo e rievoca le sensazioni provate, ha un lampo. Gli stimoli di pericolo percepiti hanno un qualcosa di familiare, già avvertiti in precedenza. “Quando?” ed ecco che si vede nella Caverna del Pozzo Maledetto e quel brivido si materializza. “Dunque i miei sensi non mi hanno ingannata allora. C’era qualcuno all’interno con quella verga pronto a minacciarmi”.

Però i conti non tornano. Erano in tre e la donna è da escludere, perché teneva solo i fiori magici. “C’era una quarta persona invisibile e non riconoscibile con noi. Aveva quella verga pronto a colpirmi se fosse stato necessario”.

Le sorprese e le scoperte inquietanti sembrano funghi nati dopo la pioggia. Deve riflettere per capire quali altre minacce possono essere usate contro di lei ma adesso è urgente eliminare il veleno che avanza nel suo corpo e sprona Mefistofele per farla volare. Poi avrà tutto il tempo per capire la dinamica degli eventi di quella mattina.

Markus con Baldegunde attaccata al suo braccio come una sanguisuga procede con calma. Vuol evitare passi falsi e creare situazioni di pericolo. L’oscurità fitta appena mitigata dalla lanterna cieca non permette di riconoscere in anticipo gli eventuali ostacoli che l’edificio fatiscente propone a ogni passo.

Trovare un segnale che indichi l’accesso al sentiero segreto è come riconoscere una goccia del mare dalle altre. Però Markus non demorde. Sente la compagna che borbotta qualcosa come “usciamo. Mi sento soffocare”. Si deve sbrigare prima che abbia una crisi di nervi. Buio pesto e pessimi odori danno una sensazione di claustrofobia difficile da domare.

Ancora dieci passi e poi si torna indietro se non si trova nulla. Comincia a contare ‘uno, due, tre,…’ quando si sente attratto verso una stanza a sinistra. Che lo sia lo comprende solo quando varca una stretta porta o meglio un’apertura tondeggiante dove va a sbattere la testa.

«Ci siamo!»

Baldegunde che a fatica attraversa questo oblò spalanca gli occhi non capendo l’affermazione del compagno. Non vede nulla, solo un’oscurità nera come la pece che non permette di distinguere nulla. «Dove?»

«Ci siamo». Ripete con tono allegro di chi ha trovato un tesoro. «Questo è l’ingresso cercato!»

Baldegunde scuote la testa, perché non afferra il concetto d’ingresso visto che non riesce a distinguere la punta del proprio naso. «Sicuro?»

«Sì! Certissimo. Il pollice della mano destra si è mosso!»

Baldegunde scoppia in una fragorosa risata amplificata dalle pareti della stanza. “Quella è di legno. Di certo è rigida come il marmo”.

«Vieni tra un attimo siamo fuori» e la strattona verso sinistra. Alza la lanterna cieca per fare luce e trovare il pertugio che conduce fuori.

Come promesso rivedono la luce del sole o meglio le ombre che le vette circostanti proiettano nella vallata stretta che appare come l’oasi per un viandante smarrito nel deserto.

Baldegunde sbatte le palpebre per adattarsi alla luce incerta della giornata. «Ma è tardissimo! Tra poco cala la sera e sarà buio!»

Markus scuote la testa e spiega che è solo pomeriggio inoltrato.

Si interrogano se è il caso di proseguire oppure tornare indietro. Baldegunde con senso pratico spiega che le scorte di cibo sono esaurite e non hanno l’equipaggiamento adatto alle temperature della notte.

«Se le carte non mentono, tra poco dovremo trovare un riparo e forse anche cibo per calmare la fame».

Baldegunde non replica trovando fantasioso il pensiero del compagno. “Carte di mille anni fa come possono essere valide oggi? Il riparo potrebbe esserci ma il cibo proprio no”.

Il freddo comincia a mordere la pelle mentre percorrono in silenzio il sentiero incassato tra due alte pareti senza una possibile via di fuga. Come per incanto dopo una stretta curva a gomito appare un piccolo pianoro illuminato di rosso dal tramonto. Si fermano incantati dalla visione e per la vista di una piccola costruzione di legno e pietre irregolari addossata alla parete. Lo stupore è ancor maggiore osservando la capanna che appare costruita di recente e mai abitata.

Baldegunde non dice nulla ma gli occhi trasmettono un chiaro messaggio di ammirazione: brillano e sono spalancati per lo stupore. Aveva dubitato delle affermazioni di Markus ma adesso si deve ricredere. “Dopo mille anni appare come se fosse terminata ieri. Quale magia sta dietro tutto questo?”

Markus ride di gusto leggendo il pensiero nella mente della compagna. «Hai ragione. Questa capanna è magica come i fiori che hai trovato. Rimane sempre linda e pulita come se il tempo si fosse fermato».

Baldegunde annuisce. Finora il compagno non ha sbagliato nulla e di sicuro oltre al riparo troveranno cibo per rifocillarsi.