La storia con Piero

Micaela rimase sorpresa della velocità con la quale aveva preso la decisione di troncare la telefonata, mentre metteva un vecchio Cd dei Bee Gees, che raccoglieva tutte le loro più belle canzoni degli anni sessanta e settanta. Questa collection ormai faceva parte della storia della disco music.

A lei piaceva molto ascoltare vecchie band che avevano spopolato in Italia e nel mondo molti anni prima che lei nascesse. Non disdegnava di assaporare anche musica recente, ma le vecchie incisioni con le loro melodie mai aspre e dai testi incisivi e poetici erano una fonte di continue scoperte che l’affascinavano e l’attraevano.

Mentre “World” si spargeva per la stanza, lei sdraiata pigramente sul letto ripensava alla telefonata con Piero, agli argomenti trattati e allo strano invito nebuloso e misterioso che aveva rifiutato prontamente d’istinto.

Non aveva minimamente immaginato che quell’omone che la sovrastava di una buona spanna potesse frequentare il coro della parrocchia di Albignasego. Quando ne avevano parlato non aveva dato troppo preso alla cosa, ma ora sì perché rivelava un lato del carattere poco appariscente e del tutto insospettabile.

Un altro aspetto che l’aveva sorpresa e sconcertata era la vasta e profonda cultura che aveva rivelato durante la conversazione, perché lo aveva pensato privo di istruzione o al massimo sommaria e superficiale. Silvia, quando ne avevano parlato, le aveva detto che aveva interrotto gli studi subito dopo la licenza media per fare il garzone nel negozio di alimentari della Madonna Pellegrina. Inoltre lo aveva descritto come un donnaiolo gaudente, senza troppi scrupoli, sfrontato e cinico.

Ora si domandava se queste erano sole chiacchiere oppure corrispondevano al vero, perché avevano discusso di Kant  e della sua opera più famosa “La critica della ragion pura” con una profondità ed una capacità di analisi veramente insospettabili. Kant era per lei il Filosofo e le sue idee quanto di più sublime avesse il pensiero umano espresso. Lui aveva rimarcato come l’idea kantiana dell’oggetto puro fosse permeata di utopia e fosse figlia del settecento. Del tutto inadatta ai tempi attuali.

Non stato solo questo argomento che l’aveva sorpresa, mentre rimuginava su quanto si erano detti. Conosceva Cassola e Calvino molto meglio di lei, che aveva creduto di sapere tutto di questi due autori.

“Chi è quest’uomo?” si interrogava dubbiosa, chiudendo gli occhi, mentre immagini fluttuanti e quasi evanescenti alleggiavano nella mente.

Si chiedeva se era l’uomo descritto da Silvia o quello che lei aveva percepito nei pochi momenti nei quali si erano visti. Aveva la strana sensazione che Piero fosse un mistero per lei, che doveva scoprire solo con le sue forze senza preconcetti o  preclusioni, perché appariva ai suoi occhi come un Mr. Hide e un Dr. Jekill in versione moderna.

Però il solo pensiero di affrontare un terreno così infido e paludoso la faceva rabbrividire, perché l’esperienza con Matteo era stata veramente scioccante.

“Errare humanum est, perseverare est diabolicum!” diceva nel latino maccheronico più sentito che studiato “Piero mi affascina, ma il suo fascino mi sembra pericoloso”.

 

Piero era ancora dubbioso mentre osservava corrucciato il display del telefono grigio e con piccoli numeri mobili.

“Ha dei belli artigli la gattina” rimarcando la sconfitta di non essere riuscito ad avvolgere con la tela la preda.

Per lui era uno smacco sapere che una donna, per di più single e giovane, aveva osato sbattergli sulla faccia un “No” secco e senza possibilità di repliche. Non gli era mai capitato nell’ormai ultra decennale carriera di donnaiolo che una possibile preda fosse sfilata via con tanta eleganza da lasciarlo senza parole.

“Cosa non ha funzionato” si domandava inquieto perché adesso il germe e la voglia di conquistare Micaela si stava insinuando pericolosamente nella testa incapace di scacciare questo pensiero fastidioso come una zanzara.

Lui, cacciatore, stava trasformandosi in preda senza possibilità di scampo. Lui, che aveva sempre evitato con molta eleganza le donne in cerca di un compagno fisso, si trovava nell’insolita posizione di rincorrere una ragazza che gli appariva ora come un’immagine sfumata e dai contorni evanescenti e soffusi.

Si ritrovava preda di un innamoramento come un ragazzino di quindici anni, lui che aveva alle spalle un matrimonio naufragato per colpa sua e decine e decine di avventure effimere e poco stimolanti.

“Cosa mi ha colpito” ripeteva monotono col telefono muto in mano “I capelli rossi? Gli occhi verdi e mobili? Oppure l’intelligenza e il buon senso, merce rara nelle donne”.

Era indeciso se richiamarla per concretizzare l’invito con maggiore chiarezza oppure rimandare il chiarimento all’indomani dopo avere decantato le sensazioni con ragionamenti più lucidi e mirati.

Stava sfogliando la classica margherita, quando la telefonata di un amico lo distolse da questi pensieri, decidendo di rimandare a domani le spiegazioni. Adesso non sarebbe stato capace di ragionare con sagacia per rimediare alla gaffe dell’invito.

“Non è serata” disse mentre si rivestiva.

E riprese la strada dell’uscio.

(Capitolo 28)

Comincia una nuova storia

Piero dopo la visita di Micaela stava facendo uno strappo al proprio codice di donnaiolo impenitente, dove c’era posto solo per donne sposate o conviventi, mentre le single come chiamano adesso quelle sole era bandite.

"Una donna single?" diceva tra lo scherzoso e il faceto "Sono più pericolose di un serpente a sonagli! Se poi sono separate o divorziate, vanno cancellate immediatamente! Quelle lì cercano solo il surrogato della prima scelta".

Quindi pur essendo affabile, bonario, pronto alla battuta scherzosa con tutte le donne al di sotto dei quaranta anni, altra regola aurea di Piero, lanciava messaggi in codice solo alle donne sposate, che riusciva a circuire con molta abilità.

Faceva sesso con loro chiarendo immediatamente che non voleva storie o passioni travolgenti perché non c’era posto per il sentimentalismo.

"Sono in grado di farti toccare il cielo con un dito" diceva loro mentre stavano sotto le lenzuola "ma non farti venire delle cattive idee che possa diventare nel tempo il tuo amante. Accontentati delle mie prestazioni. Se le trovi soddisfacenti, niente in contrario per ottenere delle repliche. Però niente amore od altre sdolcinatezze, solo sesso e basta".

Qualche poveretta tentava di commuoverlo con dichiarazioni piene di passione, ma lui mostrava il lato oscuro del carattere: cattivo, violento e duro. Si levava dal letto con una grinta non proprio amichevole sbattendole in faccia che era una sgualdrina pronta ad aprire le gambe, minacciando di spifferare tutto al marito o compagno che fosse. Se quella insisteva, metteva in pratica la minaccia con molto cinismo e cattiveria.

Sapeva tenere testa al marito tradito con vigore e forza con qualche epilogo finito in rissa dove faceva valere la prestanza fisica dei suoi 180 centimetri e dei cento chili di peso.

Così diverse donne invaghite di Piero e deluse dal menage matrimoniale accettavano le condizioni poste pur di godere delle prestazioni sessuali, che valutavano come straordinarie.

Micaela lo aveva colpito tanto che meditava seriamente di fare un’eccezione alle regole che si era dato. Aveva un intuito eccezionale per capire immediatamente se la donna che stava di fronte a lui era in relazione stabile oppure era una single in cerca di un uomo con il quale pensava di condividere la vita futura.

Nel caso di Micaela non aveva dovuto fare ricorso all’intuito perché sapeva perfettamente che la relazione era andata in frantumi sotto il temporale quella famosa sera della Paltana.

Stranamente era stata la protagonista di un paio di fantasie erotiche per alcuni giorni dopo quel fortuito incontro, ma poi era scomparsa all’orizzonte e finita nel dimenticatoio. Un campanello fastidioso segnalava pericolo rosso nella testa perché per la prima volta aveva pensato ad una donna non più come oggetto o bambola usa e getta, ma l’aveva inquadrata sotto una luce nuova, come una persona da frequentare.

Tutto questo era rimasto in sottofondo, nel limbo delle intenzioni senza materializzarsi in modo esplicito fino al giorno nel quale Micaela era comparsa sull’ingresso del negozio trasformando un fantasma etereo in una persona tangibile. Aveva dovuto fare ricorso a tutto il proprio autocontrollo per non manifestare l’interessamento verso di lei. Era rimasto esteriormente freddo e lucido, mentre dentro di lui mille pensieri tumultuosi avrebbero voluto concretizzarsi in parole e gesti.

Micaela gli aveva scritto il numero di telefono mentre lo scambiava con il suo. Però lui aspettava con impazienza che fosse lei la prima a chiamare. Passarono diversi giorni senza che la telefonata diventasse una realtà materiale. Questo pensiero gli tolse la concentrazione durante la prestazione con una donna che rimarcò vivacemente la propria insoddisfazione.

Aveva concordato di passare con lei alcune ore in uno dei tanti alberghi sparsi nella campagna patavina dove le coppiette andavano a consumare un veloce e frettoloso rapporto sessuale in un letto non troppo pulito anziché stare scomodi in auto.

Quella sera Piero pensava in continuazione a Micaela e trovava la compagna insipida e scadente rispetto a quella ragazza dai capelli ramati, mentre si domandava cosa stava a fare lì con una donna un po’ consunta dal tempo e che non riusciva ad eccitarlo per nulla.

Dopo un primo veloce rapporto Piero si alzò e disse secco: "Ti riaccompagno in città" mentre si cominciava a vestire.

"Non puoi farlo" rispose lei delusa e quasi piangente "siamo qui da mezz’ora e sono del tutto insoddisfatta".

Lui le rispose con acrimonia e malignità di cercarsi qualcun altro la prossima volta.

Rientrato velocemente a casa, chiamò Micaela che rimase sorpresa della telefonata.

Parlarono a lungo di molti argomenti, mentre la curiosità di conoscersi meglio si stava impadronendo di loro.

"Venerdì sera sei ospite mia" disse senza tanti giri di parole Piero "e potremmo conoscerci meglio".

"Dove mi porti" rispose la ragazza meravigliata dall’invito "o è una sorpresa?".

"Aspetta venerdì" ribatté l’uomo chiudendo la telefonata.

"No. Allora grazie per l’invito" proseguì determinata Micaela, perché non amava accettare proposte al buio e chiuse la conversazione.

Piero rimase a guardare il telefono muto e pensò: "Ti sta bene!"

 

(Capitolo 27)

La lite

Matteo stava riaccompagnando a casa Micaela dopo che avevano sostato a lungo in Prato della Valle in una fresca serata di inizio ottobre. Stranamente dopo una calda e afosa giornata, che aveva tolto il fiato per l’umidità, la sera si presentava fresca ed arieggiata.

Il tempo che era stato bello per tutto il giorno stava volgendo al brutto come la conversazione tra i due giovani. L’argomento era la famosa serata della Paltana. Matteo si sforzò di essere persuasivo, ma complicò inutilmente la discussione senza spiegare nulla irritando sempre più Micaela che disse risoluta che sarebbe andata a casa.

Fecero una prima sosta dopo aver oltrepassato la spaccatura nelle mura cittadine nelle vicinanze della pista di pattinaggio, ancora illuminata per consentire l’allenamento ad alcuni giovani atleti, mentre lui si affannava a mantenersi calmo con scarsi risultati.

Micaela non sopportava più l’insistenza di Matteo, si sentiva oppressa e privata della propria capacità decisionale come se esistessero degli obblighi per i quali lei doveva sottostare alle richieste di lui.

Ormai aveva deciso di troncare in modo definitivo e senza ripensamenti quel rapporto diventato intollerabile ed angosciante per il pessimo carattere di Matteo, per il morboso innamoramento che si stava trasformando in una specie di incubo diurno e notturno.

“Matteo” esordì Micaela “stai diventando insopportabile. Non riesco a respirare liberamente senza sentire il tuo fiato su me, senza provare un vago senso di minaccia”.

Matteo la guardò incattivito e si spostò di lato appoggiandosi alla ringhiera che separava la pista dal pubblico.

“Io ti amo” replicò con voce tremolante per la rabbia “Ti amo, come mai ho amato nessun’altra. Non ti voglio perdere perché sei parte di me. Non comprendi i miei sentimenti?”

Micaela lo guardò senza espressione come se lui fosse diventato all’improvviso trasparente, vide scattare il verde pedonale e s’affrettò a superare la strada per incamminarsi in Via Acquapendente.

Matteo come impazzito restò per un attimo fermo ed incredulo di essere lasciato lì come uno stoccafisso, poi si riscosse e si avviò a rincorrerla, ma il rosso aveva dato via libera alle auto impazienti di scattare e volare via.

Lei senza mai voltarsi indietro a passo svelto camminava sotto le chiome dei grandi platani che contornavano la via sperando che lui non la rincorresse.

Suo malgrado Matteo dovette aspettare il prossimo verde utile prima di lanciarsi all’inseguimento di Micaela.

Come un forsennato corse per raggiungerla e la strattonò per un braccio per fermarne la corsa.

Lei si divincolò e gli urlò “Vattene! Non voglio più vederti!”, mentre tutti si giravano ad osservare il litigio tra i due giovani.

“No, “ replicò rabbioso “non me ne vado. Non mi puoi piantare così”.

L’alterco durò diversi minuti, mentre dalle finestre delle case intorno le persone osservavano, commentavano e scuotevano la testa, finché Matteo furibondo e rosso per l’ira non decise di andarsene senza salutare.

Micaela riprese la corsa infilandosi in una via laterale e poi in un’altra, e un’altra ancora cercando di far perdere le sue tracce, finché non vide l’insegna “ALIMENTARI” sopra il negozio, nel quale prontamente entrò non prima di aver guardato a destra e a sinistra e dietro nel timore di scorgere la sagoma di Matteo.

Quando entrò nel negozio Piero non c’era, perché era il suo giorno di riposo e rimase delusa perché avrebbe voluto vedere quella faccia simpatica che ispirava fiducia.

Piero era un uomo di trenta anni dal fisico robusto piuttosto corpulento nonostante l’altezza ragguardevole. I capelli erano biondi e lunghi non molto curati, gli occhi di un bell’azzurro pallido luminosi e mobili. Aveva lasciato presto la scuola senza terminare le superiori, ma la cultura non mancava perché leggeva di tutto e sapeva tenere in piedi molte discussioni. La parlantina sciolta e curata, l’uso appropriato del dialetto, l’intuizione quasi profetica lo rendevano un perfetto commesso di negozio.

Così non aveva faticato a sistemarsi come garzone in un negozio di alimentari della Madonna Pellegrina, che raggiungeva da Albignasego tutti i giorni dove abitava.

Si era sposato con una donna che aveva uno studio immobiliare ed a malincuore aveva lasciato Sgorzon per lo studio della moglie. Però il matrimonio era naufragato fragorosamente per la costante infedeltà. La moglie inizialmente aveva finto di non vedere, ma l’ennesimo tradimento era stato troppo rumoroso per passare sotto silenzio. Il marito tradito aveva creato un polverone talmente denso da finire sulla cronaca di Padova.

Dopo la separazione Piero era tornato nella vecchia casa di Albignasego mentre Sgorzon lo accoglieva nuovamente a braccia aperte nel negozio con la soddisfazione delle clienti.

Naturalmente il vizio di frequentare donne sposate non l’aveva perso.

"Con una donna sposata o in relazione" diceva agli amici "non ci sono problemi. Si passa qualche ora a letto insieme e poi ognuno per la sua strada. Con la single è tutto diverso. Per il solo fatto di avere fatto sesso pretendono di avviare una relazione stabile".

Poi aggiungeva che una donna single era noiosa e molto spesso inesperta, mentre chi era in relazione stabile era calda come una gatta in amore e assicurava prestazioni maiuscole.

Le donne non mancavano, quindi aveva solo l’imbarazzo della scelta. Gli amici non riuscivano a capire i segreti di Piero in campo sessuale. Era un uomo non troppo bello con diversi chili di troppo, ma riusciva a catturare gli sguardi femminili come una calamita attirava il ferro.

Micaela contrariata si avviò verso casa. Era stata una pessima serata.

(Capitolo 26)