Il Borgo – Capitolo 35

Laura partì con le due nuove arrivate, Alba e Teresa per Castel del Rio, dove le attendeva Mattia. Eva e Marco non furono contattati, perché ricordò che erano in viaggio per l’Italia. “Quindi è inutile sprecare tempo per sentirsi dire «No, grazie. Non ce la facciamo»”. Lorenzo e Matteo come supponeva ringraziarono con un «no» causa impegni di lavoro e lontananza e promisero che sarebbero venuti la prossima volta. Betta non la chiamò. “Ci pensa Giacomo!” disse mentre lo chiamava via Skype. La risposta la mise di malumore, perché contava molto su di lui ma il ragazzo declinò l’invito, adducendo come pretesto un impegno inderogabile, assunto qualche settimana prima. Ovviamente non specificò che questo aveva un nome e cognome: Elisabetta Marchi, e una destinazione: un fine settimana a Roma per visitare la mostra del Caravaggio alle Scuderie del Quirinale.

Mi spiace tantissimo, ma non posso farvi compagnia” disse, mentendo sui motivi, che lasciò vaghi e nebulosi. “Averlo saputo una settimana fa … Sarà per la prossima volta” tagliò corto.

In realtà poteva tranquillamente rimandare di sette giorni, perché non aveva ancora perfezionato nessuna prenotazione. La vera causa era diversa: non era d’accordo sulla scelta del momento, che giudicava prematuro. Dopo un inverno duro e il tempo instabile di quella primavera che non si decideva di virare al bello stabile era un autentico azzardo salire al Borgo e lui non voleva rischiare. «Ci saranno tanti week end da passare lassù. Ci stancheremo ma sabato mi sembra troppo presto. E’ solo una voglia di Laura» rifletteva mentre chiudeva la conversazione.

Il fiume sarà in piena e attraversarlo su quel ponticello mi sembra volersi cacciare nei guai. La salita non sarà in condizioni ottimali. Non lo è mai, nemmeno col sole estivo, figuriamoci dopo un inverno di neve e pioggia. E poi quello sgarbo di non contattare Betta non me lo aspettavo” si disse con un pizzico di amaro in bocca.

Giacomo e Betta il venerdì sera anziché prendere il consueto treno dei pendolari, si sedettero comodi sul Frecciarossa diretto a Termini. In poco più di due ore sarebbero arrivati a destinazione. Era la prima volta che trascorrevano due giorni e due notti insieme. Emozionati come scolaretti al primo giorno di scuola, si tenevano per mano e chiacchieravano del programma delle prossime ore.

Arrivati” disse il ragazzo. “Scarichiamo il bagaglio all’Hotel Villa delle Rose. E’ un po’ defilato ma non troppo. Vedrai. Merita. Poi andiamo verso il centro per mangiare qualcosa”.

Non sarà troppo tardi?” chiese la ragazza, pensando che alle dieci non fosse il caso di andare a passeggio per Roma e chissà se qualche locale era ancora aperto.

No, no! E’ venerdì sera e c’è tantissima gente in giro”.

Come fai a saperlo? Leggo di rapine, stupri, ..” replicò con un pizzico di apprensione.

Tutte le volte che vado a Roma …” .

Ma quante volte?” gli domandò un po’ più rinfrancata.

Una volta. Cinque anni fa come premio per la maturità!” le rispose con un candido sorriso.

Sei il solito sbruffone!” e gli rifilò un buffetto sulla guancia.

E tu sei un’adorabile ansiosa” e la baciò sulle labbra.

Betta divenne rosso fuoco, lei che era pallida per natura.

Diamo spettacolo! Tutti ci osservano”.

Che guardino! Non siamo una bella coppia?”

Il treno era ormai in vista di Stazione Termini e cominciava a rallentare.

Prepariamoci a scendere” le disse il ragazzo, mentre prendeva i bagagli.

Sai dov’è?” gli domandò incerta e preoccupata. Era la prima volta che arrivava nella Città Eterna.

Sì. Cinque minuti e ci siamo. Spalle alla stazione verso destra. Attraversata via Marsala, prendiamo via Vicenza e in centocinquanta metri siamo all’hotel”.

Come aveva detto, in cinque minuti erano alla reception.

Wow!” esclamò entusiasta Betta vedendo l’ingresso.

Elisabetta Marchi e Giacomo Corsi. Abbiamo una stanza doppia prenotata per due notti” disse il ragazzo al banco della ricezione.

La receptionist controllò e poi disse con voce piatta e professionale: “Stanza 32. Una matrimoniale con doccia e vista sul giardino interno”.

Fece loro un gran sorriso di furtiva compiacenza, mentre consegnava la chiave e augurava un tranquillo soggiorno.

Betta deglutì, diventando ancor più bianca.

Laura era alquanto ingrugnita. “Queste sono delle piattole! Sono capaci di parlare solo di ragazzi da prendere e lasciare a stretto giro di posta, di parlare male delle amiche… Ma saranno poi amiche? Di shopping e discoteca. Ci mancano le canne e poi abbiamo fatto il pieno”.

Laura” disse all’improvviso Teresa. “E’ un vero borgo abbandonato?”

La ragazza trattenne a stento un urlaccio e di fermarsi istantaneamente per scaricarle sul ciglio della strada.

Perché dubiti?” le rispose fulminandola con lo sguardo. “Pensi che vi abbia preso per il culo?”

No, no” si affrettò a precisare. “Solo che cercando con Google trovo solo un Castiglioncello in Toscana, località turistica”.

Ce ne sono due. Questa è quella sfigata, perché è rimasta abbandonata dagli uomini”.

Laura si chiuse in silenzio senza lasciarsi coinvolgere dalle loro chiacchiere, lasciando parlottare le due ragazze. Avrebbe voluto che ci fosse Giacomo al loro posto ma quella streghetta di Betta glielo aveva requisito.

«Sento una punta di gelosia .. Solo una punta? Direi che sono gelosa! Ma è stata colpa mia. Quella sciacquetta …zac! E me l’ha fregato. Ora lo comanda a bacchetta. Si è offesa perché non l’ho chiamata e così si è inventata una scusa del piffero per bloccarlo e non farlo venire».

Erano finalmente arrivati a Castel del Rio, dove avrebbe trovato Mattia ad aspettarle, mettendo fine al supplizio del viaggio.

Ciao” le disse baciandola sulla bocca. “Queste sono le nuove compagne d’avventura?”

Sì. Lei è Alba” gli disse indicandogli una brunetta un po’ formosa, non troppo alta.

L’altra è Teresa” aggiunse il ragazzo, abbracciandola.

Laura lo guardò storto, perché non aveva nessuna intenzione a farselo soffiare da quelle due poppanti. La ragazza dall’alto dei suoi quasi ventidue anni le giudicava ancora bambine acerbe, anche se una ne aveva diciannove e l’altra venti. Lei si sentiva matura e adulta, pronta a spiccare il volo. “Ma dove?” si chiese, mentre si stringeva al ragazzo.

Salgo con voi” disse Mattia, accomodandosi dietro Laura. “Ho trovato un bel posto per l’auto e non ho intenzione di lasciarmelo sfuggire”.

Il ragazzo osservò le nuove reclute. Non gli sembravano un granché né fisicamente né da altri punti di vista.

La prima impressione non è positiva. Non ho capito perché Laura abbia detto loro di sì. Mi sembrano un po’ farfallone e alquanto schiocchine. Speriamo che abbia sbagliato giudizio”.

Il breve tragitto da Castel del Rio a Moraduccio si consumò in fretta e in silenzio.

Arrivati allo stradello che portava al parcheggio sul greto del Santerno. lo trovarono sbarrato con un gran cartello ‘PERICOLO’.

//

Short stories – Lei e me

Eccomi all’appuntamente settimanale delle Short Stories, scritte a più mani. Qui siamo in tre. Buona lettura.
Ricordo bene quella notte, o meglio le urla, i gemiti, le parole soffocate che disperate si perdevano nel silenzio e nelle orecchie di una donna di ventidue anni.
E’ stata la prima volta che ho visto un omicidio, ne sono seguiti poi molti altri e per nessuno di loro, di tutte quelle vittime non sono riuscita a fare niente, a salvarle.
Sono come sogni a occhi aperti che avvengono ad ogni ora della giornata, ma che sono accaduti prima del momento in cui mi appaiono in questo modo….chi è il colpevole? beh Sono io.
O meglio è la mia parte oscura, quella che sadicamente adora l’odore della morte. E’ il mio alter ego, la mia Hyde a cui Jekyll non può far nulla, perché nonostante tutto è una parte di sé.
Ma ora ho deciso di agire, di fermare l’altra e non permetterle di uccidere ancora.
Si, da stanotte non potrà più fare del male a nessuno perché finalmente la cancellerò dalla faccia della terra.
 
La stronza ha deciso che devo andarmene.
Lei…crede che stanotte riuscirà a farmi fuori.
Non sa di cosa io sia capace.
Non sa che sarò io ad ucciderla prima dell’alba.
 
Lei e me. due personalità nello stesso corpo che si fronteggiano come il diavolo e l’acqua santa, e c’è solo un modo per fermare tale scempio, esorcizzarmi.
Se lo sentisse mia madre, fermamente atea, direbbe che è una cosa stupida.
E l’avrei pensato anche io se non mi trovassi nella mia improbabile situazione, in un tumulto di emozioni in cui non riesco a trovare equilibrio.
La voglio fuori da me, voglio pensare alle cose stupide,tipo ai prati in fiore o alle cene a lume di candela e non vedere sangue dappertutto, voglio una vita normale dove sentirmi pulita.
Si, perché potrei affrontare qualsiasi cosa, ma non una coscienza perennemente sporca, un promemoria di quanto sia una persona orribile.
Voglio essere felice, lo pretendo e per questo rifiuto l’oscurità, avrò la mia luce e sarò spietata con chi non me ne lascia nemmeno un po’. (by Jane Austen)
 
Quell’idiota non capisce, quell’idiota non comprende.
Lei ha bisogno di me, ma io non di lei, e finalmente stanotte sarò libera dalle sue bigotte catene.
Se solo non fosse così cieca da non vedere che è lei stessa il motivo del suo dolore, se solo si unisse a me saremmo… Meravigliose, invece sarò costretta ad eliminarla, e forse è meglio così. Anzi, fremo nell’attesa dell’istante in cui la vedrò sparire nell’oblio. (by Pietro Birtolo)
 
Non posso continuare portandomi questo fardello appeso alle spalle. Le devo impedire di nuocere ancora. Ha ucciso dieci persone che non conosceva solo per il gusto di farlo, di sentirle urlare «Pietà, aiuto», vederle strisciare ai suoi piedi mentre esalavano gli ultimi respiri. La polizia brancola nel buio, non ci ha capito nulla. Non crede al serial killer, perché secondo i loro profili non ci sono punti di contatto tra i morti né altri elementi che possano in qualche maniera collegarli. Sì, lo ammetto è stata furba. Donne mai viste e incontrate per loro sfortuna nella sera nel quale lei ha deciso di uccidere.
Si avvicina furtiva, senza destare sospetti nella vittima, L’affianca, le sorride con un sorriso dolce come per salutarla e dirle «Siamo in due in questa strada malamente illuminata. Mi sento tranquilla, sapendoti che ci sei anche tu». La vittima risponde con un sorriso di ringraziamento. Poi la lascia sfilare un po’ avanti. A questo punto si guarda intorno. Non c’è nessuno, tra dieci passi le luci dei due lampioni lasciano il posto al buio. Si mette silenziosa alle sue spalle e con un gesto velocissimo passa la lama di un coltello affilato come un rasoio sulla sua gola. Un urlo strozzato della vittima gorgoglia rotolando fuori mentre cade a terra tenendo la mano sulla ferita. La guarda con occhi imploranti chiedendole aiuto ma la lascia lì agonizzante. La ferita è mortale e il sangue scorre a fiotti. Sul viso di lei appare un ghigno feroce. Un’altra vittima va ad arricchire le sue imprese.
Come posso continuare con questo peso sulla coscienza?
 
Lei crede alle sue idee bigotte, quelle sull’amore e la fratellanza ma in questo mondo non c’è nulla di buono, solo violenza e cattiveria. E io sono buona rispetto agli altri. Lei, la cretina, pensa di esorcizzarmi facendomi benedire! No, non ha capito nulla, la stronza! Tra poco metterò fine alla sua coscienza e ci sarò solo io a comandare questo corpo e questa mente. Voglio vendicarmi. Vendicarmi del mondo che è fasullo, vendicarmi di tutti questi ipocriti che sorridono davanti e tramano alle spalle. Un mondo nero come l’inferno e rosso come il sangue. Mi piace vedere le mie vittime agonizzare con la vita che vola via tra fiotti e gorgoglii. Ora siamo alla fine, al redde rationem!
 
Il peso di questa psicopatica è troppo insopportabile per essere portato ancora a lungo. Devo ucciderla definitivamente per raggiungere la catarsi. So come fare. Ho già elaborato un piano che non rivelerò se non alla fine.
 
Cosa sta tramando, la stronza? Ha chiuso la sua mente e non riesco a leggere nulla. E’ pericolosa. Devo agire in fretta. Dove sta andando? Non capisco. Non è questa la strada che ho scelto per il mio rito notturno. Sento il mare mugghiare in lontananza, il vento sferzare i miei pensieri. Fermati, idiota! Non è il posto giusto.
 
Eccomi. Sono arrivata. E’ la fine per te, assassina! Urlo parole che il vento disperde. Sotto di me il mare che purificherà ogni cosa. Addio, Hyde! E’ arrivata la tua fine!
 
Fermati Jekyll! Non posso morire! (by orsobianco9)
//

Il Borgo – Capitolo 34

Mattia provò a ricucire durante il viaggio di ritorno ma fu tutto inutile. Laura rimase irremovibile sulle sue posizioni.

Con te per Capodanno da Eva e Marco non ci vengo” disse seccata.

Va bene. Però mi sembra uno sgarbo nei loro confronti. Ci vai da sola senza di me” rispose conciliante il ragazzo, mentre guidava verso Bologna.

E che ci vado a fare? Sono tutti in coppia”.

Beh! Posso esserci anch’io. Non facciamo coppia. Ognuno per conto suo. Mi sembra ragionevole”.

Lo guardò, trattenendosi a stento dal replicare pepata.

Non mi pare una gran soluzione”.

Ne hai una migliore?” le chiese sornione.

Laura stette in silenzio per qualche tempo, perché non le veniva una risposta pronta.

No”.

Allora, d’accordo. Ognuno per conto suo alla festa di Eva” disse immediatamente.

No. Non ci vengo” replicò battagliera.

Okay, okay” ammise stancamente Mattia. “Non insisto”.

Il resto del viaggio finì in un clima surreale di silenzio, mentre la tensione era ben palpabile.

Ciao” disse il ragazzo, arrivati sotto casa di Laura. Il tono era freddo e distaccato come se volesse andarsene subito. Sembrava infastidito dalla presenza della compagna.

Ciao” rispose la ragazza, allungandosi per dargli sulla guancia un bacio che lo colse di sorpresa.

Non si decideva di scendere dall’auto, mentre Mattia rimaneva rigido.

Facciamo la pace” gli disse con la voce incrinata dalle lacrime.

Sì” le rispose gelidamente. “Però non sono arrabbiato con te”.

Laura si morse il labbro superiore che gocciolò una stilla di sangue per non replicare all’ultima frecciata del ragazzo. Si era accorta di essersi comportata in modo infantile sia a Modena sia durante il viaggio, mostrandosi bizzosa e lunatica. Forse percepiva una forma di gelosia verso Betta che era felice con Giacomo. Avrebbe desiderato essere al suo posto ma ricordava bene il futile litigio di qualche mese prima che aveva rovinato una storia che procedeva bene.

Allora d’accordo per l’ultimo dell’anno” aggiunse, aspettando un abbraccio da Mattia.

In che senso?”

Ci andiamo anche noi” rispose decisa.

Il ragazzo stava per rispondere male quando si trattenne e respirò a fondo prima di parlare. Ragionò che si meritava una rispostaccia del tipo «prima fai la preziosa, poi sei tutta dolce e miele» ma preferì tacere e replicare con un solo gesto: la strinse forte a sé, baciandola.

La bella stagione sembrava non arrivare mai. Pioggia, neve e freddo erano i padroni, impedendo ai ragazzi di programmare la prima uscita verso il Borgo per mettere in moto il progetto. Laura fremeva, incapace di trattenere la propria irruenza. Avrebbe voluto cominciare subito, quando uno scorcio di sereno faceva capolino tra le nubi cariche di pioggia.

E’ inutile andare” le disse Giacomo dopo l’ennesimo tentativo di avviare un viaggio esplorativo verso il Borgo. “Il Santerno sarà gonfio d’acqua, la salita sdrucciolevole e pericolosa. Lo sai quello che ci hanno detto «salire al Borgo dopo giornate di pioggia è estremamente azzardato, perché c’è il rischio di smottamenti». No, no. E’ meglio aspettare che il tempo migliori e si stabilizzi”.

La ragazza sempre col naso all’insù, scrutava il cielo con la speranza che tornasse il sereno stabile. Era talmente distratta dal desiderio di tornare a vedere il Borgo, che la tesi languiva sul suo tavolo senza progredire di una riga.

La madre era preoccupata dall’apatia della figlia, che solo nel fine settimana si animava un po’.

Laura” le chiese un mercoledì di metà marzo dopo averla vista rinchiusa per l’intera giornata in camera. “Qualcosa che non va? Nubi tra te e Mattia?”

Uffa, mamma! Sempre qui a controllarmi come se fossi una bambina. Ho quasi ventidue anni, diamine. Non posso stare cinque minuti da sola?”

Veramente sono settimane che sei sepolta in camera!”

E con questo?” replicò stizzita.

Nulla. Mi chiedevo solo se …” provò a dire la madre prima di sentire la voce di Laura che urlava a 100 decibel.

Va tutto bene. Nessun screzio tra noi. Sono solo stanca …”.

Stanca?” disse ironica. “Stanca di non far niente, di oziare tutto il giorno”.

Ci stanca anche così” rispose acida la ragazza.

Sperem!” esclamò prima di uscire dalla stanza.

Laura, sdraiata sul letto, si alzò di scatto.

Ho deciso! Sabato prossimo vado a trovare il Borgo. Bello o brutto non ha importanza”. Si mise alla scrivania e trascrisse su un foglio i nomi del gruppo.

Mattia e Giacomo sono al lavoro. Un sms. Eva non lo so, come Marco. Un vago ricordo mi dice che dovrebbero essere in viaggio per l’Italia. Telefono con punto interrogativo. Betta al lavoro ma me ne frego. Ci penserà quello s…” si interruppe senza completare la parola. “Ci penserà Giacomo. Teresa e Alba università. Quindi fancazziste!” Una risata la riscosse interrompendo la scrittura della lista come se lei non stesse ancora studiando. “Telefono. Matteo lavora col padre. Sms o telefono? Boh! Vedrò. Lorenzo lavora a Firenze. Sms. Ma non credo che dirà di sì”.

Preparò un sms standard «sabato 20 vado a trovare il Borgo. Vieni anche tu?». Poi lo spedì a tutti quelli della lista. Poi si dedicò alle varie telefonate.

Ciao Alba, sono Laura”.

Ciao! Novità?”

Sì, sabato prossimo faccio una puntata al Borgo. Sei disponibile?”

Sì! Che bello! Non vedo l’ora di fare conoscenza col Borgo!”

Bene. Metto un ok di fianco al tuo nome”.

Chi sono gli altri?” domandò curiosa.

Sei la prima che contatto. Poi ti darò tutte le indicazioni”.

Mi sento emozionata come se fosse il primo giorno di scuola!”

Grazie, Alba. A presto”

Ciao”.

Laura mise in moto la prima visita dell’anno al Borgo.

//

Short stories – Una voglia occasionale

Nuova short stories a più mani con un finale … Buona lettura
E’ stupendo incontrarsi e capire dagli sguardi che insieme si potrebbe stare proprio bene, che fare l’amore sarebbe stupendo, esplosivo, coinvolgente, profondo… E’ una cosa meravigliosa trovare subito affinità, sentire che vorresti inebriarti del suo profumo, di lui, toccare la sua pelle, baciare il suo collo, mordere ogni parte del suo corpo.
E poi… E poi, quanto scopri che questa potrebbe essere la realtà, quando il suo primo tocco si concretizza e ti entra nell’anima, nella carne, quando le sue mani sulla tua schiena, sui tuoi fianchi, sulle tue gambe, anche se solo ti sfiorano, ti coccolano, ti accarezzano, tu inizi a sentirti estremamente strana, elettrizzata, suscettibile, ipersensibile.
Quando concretizzi tutte queste cose, realizzi anche che lui non è il tuo Lui, che è moralmente sbagliato desiderarlo, volerci giocare insieme, scherzarci, toccarlo e lasciarti andare… E inizi a provare un forte terrore, paura, ansia, inadeguatezza…Cominci a capire che non è l’amore che ti guida, perché l’amore è ben altro che sole sensazioni fisiche.
Razionalizzi e comprendi che è la voglia di qualcosa di nuovo che ti muove, che sei attratta da quel pizzicore che senti nella pancia quando ti guarda, ti sfiora, ti sbrana con gli occhi… Ma… Ma non è lui l’Amore, non è niente lui, è solo voglia di evadere, di lasciarsi andare, di rompere le barriere, gli schemi, le convenzioni, è puro desiderio, voglia di sentire emozioni forti, diverse, totalizzanti, provare esperienze che fino a ieri non pensavi che questo fosse possibile. Stai scoprendo in te una persona così totalmente diversa da quella conosciuta fino a quel momento, così estrema e determinata, che quasi ne hai paura. Adesso decidi di provarci. Un occasione così unica forse non ci sarà più. (by orsobianco9)
Immersa nel buio della notte rifletti su questa decisione improvvisa e devastante per come hai vissuto fino a poche ore prima di questa scelta le cui conseguenze non riesci a immaginarle.
Ma come può essere che proprio tu, sognatrice innata e innamorata eterna dell’amore, provi attrazione unicamente per il corpo di un uomo? Non resisti a quell’eccitazione che senti solo a incrociare il suo sguardo, che è sì fugace ma ti rapisce l’anima, il corpo e accende dentro di te un fuoco. Un fuoco che ti possiede continuamente, da mattina fino a sera.
E così ha deciso di assecondare questa tua voglia di rendere palpabili i tuoi più reconditi, proibiti ed eccitanti istinti che per troppo tempo hai represso, perché da sempre hai sognato di farti una famiglia, nel modo più classico che esista. Un amorevole nido in cui riversare tutte le tue aspirazioni. Purtroppo ti sei resa conto di aver scelto un Lui, che ti ha scelto come madre dei suoi figli ma che non riesce ad accenderti come lui. Quindi adesso ti avvicini a lui e decidi ti abbandonarti totalmente al suo corpo. Non ti importa se sarà solo una scopata occasionale o qualcosa di più profondo. Tu hai deciso che quell’uomo lo vuoi, a qualunque costo, perché hai capito che anche lui ti vuole, lo hai capito da come ti guarda, lo hai capito dal modo in cui ti tocca anche semplicemente un braccio. Hai capito che vuoi che il suo odore si mescoli al tuo, che il suo caldo e dolce respiro ti inebri. Non ti importa se quello che stai per fare sia moralmente sbagliato, perché per una volta nella vita fai qualcosa per te stessa. I vostri sguardi fugaci di fuoco sono destinati a diventare anche gesti di fuoco, dallo spogliarvi con gli occhi sareste passati ben presto a strapparvi i vestiti di dosso, già lo sai. Prendi un post-it giallo, ci scrivi il tuo numero di cellulare e lo appiccichi sullo schermo del suo pc. (by Ilaria Bianco)
Stupida! Illusa! Rincretinita!… E potrei continuare… Ma perché ci sono cascata? Perché non riesco a resistere? Perché non sono in grado di controllare i miei istinti, le passioni, la voglia… Perché?!
Non riesco a crederci, non mi riconosco… Non è mai stato questo il ruolo, non mi sono preparata per affrontare il palcoscenico della vita con questa maschera, che mi sta bene, mi calza a pennello. Quando la toglierò, mi rimarranno dei solchi sul viso e nel cuore che non mi appartengono…
Innanzi a me c’è quel viso cupo, malinconico, carico di tristezza ma pieno di erotismo, di sensualità e non capisco più nulla…. Ho sempre rincorso l’Amore, la voglia di stare insieme, di condividere la vita, le esperienze, i sentimenti, e ora – proprio ora- che ho trovato il mio Lui, mi brucia dentro un desiderio mai provato, una forza astratta, che proviene dal profondo della pancia, che mi spinge verso un lui che non è Lui, mi porta a desiderare le sue mani su di me, anche solo per un secondo, per un frangente così breve di tempo da far sì che nessuno se ne accorga, se non il mio corpo che sussulta, che vibra, che si accende….
Cosa mi sta succedendo? Sto accendendo un fuoco che mi brucerà, sono consapevole di non saperlo gestire e so che mi dovrò portar dietro una cicatrice indelebile, ma nonostante ciò non riesco a fermarmi, non riesco a bloccare i miei pensieri, i miei desideri…. e le mie azioni.
Solo una carezza, un bacio, nulla di più. Ma no, molto di più. Desiderio e fantasia volano lontani, oltre il semplice gesto dello sfiorarsi, del coccolarsi.
Un abbraccio innocuo, un guardarsi fissi negli occhi, in quelle orbite piene di desiderio, contemplarsi senza far nulla, se non un avvicinarsi piano piano, poco poco, senza superare il limite “fisico”, eppur sapendo perfettamente che con il pensiero esso è già stato appieno superato, archiviato e dimenticato.
Ma come è possibile non riuscire a gestire i propri impulsi e le proprie voglie? Mi reputo una ragazza abbastanza matura per riconoscere la differenza tra il giusto e lo sbagliato, sia moralmente, sia dal punto di vista di cosa potrebbe essere meglio per me, per il mio precario equilibrio psichico, per la mia vita. Eppure il mio corpo non mi obbedisce, i fremiti generati in me dalla sua presenza non sono frutto di una scelta, ma sono spontanei, innati, incontrollabili.
Quell’insignificante lui, dall’aspetto così trasandato e dai tratti così lontani dai miei canoni personali di bellezza, con quel carattere scontroso, tenebroso, cupo e chiuso, con quei modi bruschi e soprattutto quel lui di cui so che non mi posso fidare, perché mi farà male, mi userà, tradirà la mia persona, quell’uomo so che mi reputa una tra mille, un’insignificante lei da usare e gettare…. Eppure, eppure qualcosa di lui mi attrae talmente tanto, in modo così irresistibile, mi sembra impossibile stargli lontano, anche se so benissimo che lo devo fare. So che la mia vita è altrove, so che il mio Lui è la scelta giusta dettata dall’amore e non solo dall’eros, dalle passioni del momento. Lo so. Ne sono consapevole, eppure non riesco a scappare da questa morsa che puntualmente arriva, mi stringe, mi fa star male, mi provoca un dolore immenso e poi mi lascia andare e mi abbandona lì, sola, speranzosa e in conflitto perenne con il mio Essere…
Che diavolo sto combinando? Smetti di farti del male da sola! Di incasinarmi in situazioni imbarazzanti! Vuoi solo solo sentirti amata, è questo che dice il mio cuore. E ha ragione. Per questo maledettissimo delirio di potere e stupidità voglio sempre sentirmi amata, desiderata, nel mio intimo esigo che gli altri mi adorino, mi portino “sul palmo della mano”, voglio che gli uomini mi ammirino, mi trovino bella, intelligente, simpatica e poi… faccio di tutto per farmi trattare male, per farmi dire che sono brutta, grassa, priva di fascino. Quando so di non essere voluta, di non essere all’altezza, ci provo lo stesso, mi impunto. Forse non mi voglio bene, non mi piaccio. Per questo sono convinta che in fondo neppure gli altri possano trovarmi interessante, possano desiderarmi e amarmi per sempre… E cerco prove e riprove di questo mio pensiero malato. Smettila! I tuoi occhi blu non tollerano più di vederti frustrata, abbattuta, demotivava e non sopportano più queste lacrime. Ho voglia di urlare, di spaccare qualcosa, possibilmente la mia testa contro un muro. Ho voglia del mio Lui e del mio non lui, di sentirmi viva, di parlare, di vivere emozioni profonde, trovare un senso a questa vita, a queste sofferenze. L’Amore a volte non basta. L’Amore degli altri non basta per piacere a se stessi. Lui c’è e lo percepisco ma sono condizionata da quello sfarfallio nella pancia che provo quando il mio non-lui mi guarda, quando mi sfiora con lo sguardo, quando passa la sua mano sulla maglietta, sulla schiena. Non resisto quando accarezzandomi il ginocchio mi sussurra «ti vorrei …» .
So che non sarebbe possibile. Il suo è solo un gioco, non vuole me, vuole un’avventura, una notte come tante altre. La sua costanza nel rispondermi, nel cercarmi, nel guardarmi è solo frutto dell’orgoglio. Non è abituato a un no: quello che vuole se lo prende. Le sue esperienze erotiche non sono paragonabili alle mie. Per lui sarebbe una notte come un’altra, per me sarebbe diverso: sarebbe entrare in contatto con un mondo sconosciuto. Mi sento come una bambina curiosa a cui viene presentata una versione diversa di un vecchio gioco. Vuole scoprire, investigare, toccare le novità, sapendo di sbagliare ma che non riesce a trattenere la curiosità.
Si avvicina, gli parlo, mi guarda, ci guardiamo in profondità, mi accarezza il collo, leggermente, dolcemente. E’ lo sguardo fisso, duro, di chi sa quello che vuole. I brividi iniziano a scorrermi per il corpo. Mi prende, mi stringe, si avvicina, fa per baciami, ci sfioriamo le labbra, non è un vero bacio ma un preludio, un insieme di carezze, tocchi, allusioni. I nostri corpi sono attirati uno all’altro, ci abbracciamo con desiderio, vogliosi di scoprirci, accarezzarci, possederci. Iniziamo a muoverci in simbiosi, come se da un momento all’altro dovessimo diventare un’unica cosa, la realizzazione di istinti primitivi con una naturalezza che mi fa quasi paura. Non parla ma mi comanda con lo sguardo, coi movimenti. Mi stringe, le sue mani sulla mia schiena scorrono forti, mi accarezza, mi tocca, mi fa sentire così bella, eccitata, importante. Mi perdo in lui, nel suo abbraccio, nel suo profumo, mi spinge in un angolo, gli accarezzo i capelli, il volto, gli passo le dita nella schiena come per graffiarlo, per catturarlo, gli bacio il collo e chiudo gli occhi…Sono con le spalle al muro, indifesa, vogliosa e tremante… ho paura di lasciarmi andare, ma ho voglia di stare bene con lui, qui ed ora… Mille pensieri mi percorrono la testa, ma non riesco a dar loro forma e contenuto…Il mio inconscio sta cercando di parlarmi, di lanciarmi dei segnali, cerca di dirmi che qualcosa di sbagliato c’è… Chi sono io? chi è lui? cosa siamo noi? Quante probabilità ho di star male, farmi male e soffrire? Ma le sue parole interrompono il mio flusso di coscienza… “Siediti”, mi dice. Sono intontita, inebriata dalla passione, dal suo odore, dalla voglia di lui… Lo ascolto, si inginocchia, davanti a me, mi accarezza i seni alzandomi leggermente la maglietta, poi la lascia scivolare di nuovo sul mio corpo e mi tira i capezzoli mentre mi bacia il collo e poi le sue mani scendono, mi toccano, mi sfiora i piedi, le caviglie, le gambe e poi di nuovo sale, dolce ma sicuro di se’, del suo tocco. Vibro, il mio corpo è come se non volesse più rispondermi, lui mi continua a fissare e mi sussurra: ora sta a te, a quello che vuoi… E io… mi sveglio. (by Orsobianco9)
E al risveglio
Arrivò inaspettata la mutazione e la neo farfalla iniziò a volare. Dapprima incerta, si posava di fiore in fiore, vicini l’uno all’altro. Le parole dei compagni del nuovo mondo le scorrevano addosso come le acque di un ruscello: lambivano la riva del suo cuore con rispetto. Lei non osava mettersi a nudo e mostrare le sue ali che rivelavano due grandi occhi azzurri. Mentre teneva le ali racchiuse si avvicinò un’altra farfalla che aveva capito il suo timore. Le volava intorno,desiderava la sua amicizia o forse avere con lei un rapporto più profondo. La piccola farfalla fuggiva e poi ritornava in un volo continuo come in un cerchio magico. Un andirivieni che creava sconcerto nella nuova amica. Poi l’intesa si creò nel cuore della notte, rischiarata solo dalle lucciole.
La farfalla sospirava: la gioia provata sembrava cancellare il suo passato. Temeva di assaporare il piacere. Il nemico poteva essere in agguato. Era una sensazione nuova quella che provava oppure ritrovata. Era chiusa nel cassetto della memoria.: uno scrigno di un tesoro che credeva perduto per sempre.
Aveva detto addio a quel sentimento quando se ne stava chiusa nella sua cella, libera fisicamente ma prigioniera nell’anima. La dolcezza che credeva perduta la penetrava nel profondo fino a stordirla. Trattenuta dall’insicurezza che la caratterizzava lei andava e poi tornava per allontanarsi di nuovo, confondendo chi le stava accanto. Sapeva di perdere la compagna ma era determinata a sottrarsi al suo invito.
Fuggì nella notte, rischiarata da un quarto di luna rossa e da una miriade di stelle. (by rainalda)
//

Il Borgo – Capitolo 33

Dopo il viaggio in Toscana a Fiorenzuola dal sindaco che si mostrò disponibile a firmare le autorizzazioni per il recupero del Borgo, quando sarebbero arrivate tutte le carte, il gruppo si ritrovò nuovamente a Modena per definire le prossime mosse.

Era circa metà dicembre, quando si riunirono a casa di Eva e Marco in una giornata fredda e umida a causa della leggera nebbia che rendeva opaco il paesaggio. Niente pranzo ma solo formaggi, salumi, verdure fresche e un fresco e frizzante novello dei colli bolognesi era il menù, perché, seduti intorno al tavolo, dovevano discutere i vari argomenti all’ordine del giorno tra un boccone e l’altro, tra un sorso di vino e un salatino.

Il gran capo ha visto i progetti e li ha giudicati fattibili” cominciò Eva. “Li ha presi per esaminarli con calma e tra qualche giorno mi dirà se sono idonei per presentarli all’approvazione del sindaco di Fiorenzuola”.

Brava!” esclamò contenta Laura. “Ottimo lavoro”.

Calma, calma! Niente facili entusiasmi. Il gran capo è una persona meticolosa, pignola e per nulla facile. Non so quanti difetti troverà e quali correzioni mi chiederà”.

E va bene. Il fatto che li abbia giudicati positivamente è già un bel passo in avanti” soggiunse Giacomo.

Beh! Io mantengo i piedi ben saldi per terra. Finché non vedo la firma sotto, non canto vittoria”.

Sono d’accordo con Eva” sottolineò Betta, annuendo vistosamente col capo.

Marco ascoltava senza intervenire, mentre li osservava con quale foga si cimentassero nella disamina di quanto diceva la sua ragazza. Notò che l’unico apparentemente estraneo al dibattito era Mattia, che invece mangiava e beveva solo. Concentrò la propria attenzione su di lui chiedendosi se il sodalizio con Laura potesse decollare. Gli era apparso come una persona posata e calma, dotato di una discreta dialettica che utilizzava con molto buon senso. In effetti la ragazza sembrava più distesa, meno in lite col resto del mondo. Forse la vicinanza di Mattia aveva compiuto il miracolo. Distolse il pensiero da queste osservazioni e tornò ad ascoltare gli altri.

E tu, Betta, cosa ci dici?” intervenne Mattia, rimasto fino a quel momento taciturno.

Poco o nulla”.

Quel poco cos’è?”

Gianroberto, il responsabile del laboratorio, dice che con un po’ di fortuna si può fare qualcosa”

Sei parca di parole!”

Non ho mai eseguito il restauro di un dipinto su muro. Quindi…”.

Non ci capisco nulla” disse Giacomo come per rompere quel botta e risposta che non sembrava condurre da nessuna parte.

C’è poco da capire” replicò Betta un po’ stizzita.

In soldoni come intendi procedere?” le chiese Marco.

Si stacca dai muri quello che resta e poi …”.

Abbiamo capito. E che Dio c’è la mandi buona”.

Speriamo che sia anche servizievole” aggiunse Mattia con la bocca piena.

Solite battute maschiliste” replicò scontenta Laura tra le risate generali.

Facciamo le persone serie” disse Marco, trattenendosi dal ridere.

Con gli sponsor come siamo messi?” chiese Eva cambiando argomento.

Ne abbiamo tre”

Bene. Soldi o materiale?”

Materiale e manodopera”.

La pagina di Facebook ha funzionato!” esclamò contenta Eva.

Veramente li hanno trovati Mattia e Giacomo”.

Ah! Non lo sapevo. Allora Facebook?”

C’è qualche decina di persone interessate a lavorare quando hanno tempo …”.

Quindi altra manovalanza gratis …”.

Sì. Ma due ragazzi e due ragazze sarebbero disponibili a far parte stabile del gruppo …”.

Non diventiamo un po’ troppi?” domandò Marco.

Infatti. Volevo discuterne con voi”.

Ma cosa sanno fare?”

Chiacchiere o lavorare?” chiese Giacomo ironicamente, pensando a loro.

Ma … uno dice che sa fare l’idraulico e l’imbianchino … Gli altri? Non so ma credo poco o nulla”.

Beh, sarei dell’opinione di accettarli ma non farli partecipare alle nostre riunioni” disse Giacomo.

Che male ci sarebbe se ci fossero anche loro?”

Nulla, credo”.

Perché tenerli fuori?”

Pensavo che mettere d’accordo dieci persone fosse difficile …”.

Forse è più facile in sei?”

Ma siamo il nucleo storico. Ci conosciamo da mesi”.

Anche loro tra qualche mese sarebbero come noi ora”.

Insomma. Voi cosa dite?” disse spazientito Giacomo.

Mettiamo l’ingresso dei nuovi ai voti”.

Ottima idea”.

Io mi astengo” affermò Marco. “Qualunque decisione prendiate mi sta bene. Così siete dispari e vince o il Sì o il No”.

Giacomo e Mattia votarono contro, le tre ragazze a favore.

Dunque stasera scrivo a Teresa, Lorenzo, Alba e Matteo che sono del gruppo”.

Come intendiamo procedere col gruppo allargato?” chiese Betta.

Una bella festa di Capodanno!” esclamò Eva.

Sarebbe una bell’idea!” aggiunse Laura.

Dove?” domandò sornione Mattia.

Ma dove?” disse Marco.

Il silenzio calò all’improvviso come il buio di una sera d’inverno. Tutti si guardarono con occhi interrogativi. L’idea era eccellente e stuzzicante ma nessuno osava dire qualcosa, quando una voce spezzò l’atmosfera silente.

Ma qui! In queste due sale!” aggiunse Marco come se rispondesse a se stesso.

I ragazzi si guardarono negli occhi prima di prorompere in una grande risata.

E il Borgo? Lo invitiamo?”

Certamente se si degna di stare con noi!”

Chi lo contatta?”

Io!” rispose Laura.

Vuoi avere un rapporto esclusivo …” disse Mattia.

Con te faccio i conti più tardi” replicò risentita la ragazza.

Ma i nuovi chi sono?” domandò sottovoce Eva.

Matteo è di Cesena, le due ragazze di Bologna e l’altro ragazzo, Lorenzo, è di Firenze”.

Ma non ho capito se venite” chiese spazientito Marco.

Avete parlato di tutto ma non ho sentito un sì”.

Io ci sono” affermò Giacomo.

Io non posso mancare” soggiunse Betta.

E perché non puoi mancare?” domandò curiosa Eva.

Giacomo è il mio autista”.

Cavoli! Chauffeur! E’ il berretto dove l’hai cacciato?” chiosò ironico Marco.

E’ rimasto in macchina” replicò con un tono misto di debole collera e grande piacere, diventando rosso.

Nuove risate echeggiarono nella sala, mentre Mattia dava qualche pacca sulle spalle a Giacomo.

E voi? Venite o preferite fare gli sposini?” punzecchiò il padrone di casa.

Laura avvampò e stava per sbottare, quando Mattia la precedette.

Ma certamente ci siamo anche noi!”.

E se io non venissi?” disse irosamente la ragazza.

Peccato! Ma io ci sarò”

Laura, non farci caso ma Marco è terribile” disse Eva lanciando occhiate di fuoco al compagno, che stentava a rimanere serio.

Mattia si alzò e la prese sottobraccio portandola nel salone. Le sussurrò qualcosa ma lei scosse il capo in segno di diniego.

Lasciamoli soli” disse Eva chiudendo la porta di comunicazione.

L’atmosfera gaia fino a quel momento divenne gelida e silenziosa.

Short stories – Lacrime

Continua la serie delle Short stories a più mani. Oggi propongo un incipit non mio e il resto della storia che ho confezionato. Buona lettura
-Sei una bastarda egoista.
Credevi di averle finite, le guance che hanno fatto male per giorni. Sono scese come non credevi possibile, come avevi visto succedere solo nei film. Occhi spalancati, nessun singhiozzo, solo questo calore lungo il viso, i vestiti che si bagnano, il sale sulle labbra, il naso che lotta per farti respirare. Non ti aspettavi quel sms che le fa uscire di nuovo dai tuoi occhi stanchi.
Una bastarda egoista perché gli vuoi bene. Perché non resistiti e continui a dirglielo che gli vuoi bene. Forse lo fai troppo spesso, ma tu gli vuoi bene sempre, cosa vuoi che siano dieci, quindici messaggi al giorno contro quei millequattrocento minuti al giorno in cui lo pensi. Come fa a non capire?
Bastarda egoista saresti se decidessi di eliminare la sua distrazione. Torna dal lavoro a piedi e attraversa un passaggio pedonale stretto e malconcio, che serve una sola piccola palazzina con pochi inquilini. Il martedì rientra dopo le nove di sera.
Accarezzi la sciarpa di seta che lui ti ha regalato a Natale dello scorso anno. Leggera, resistente…te l’ha regalata lui e tu gli chiedesti quando mai ti sarebbe servita…te ‘ha regalata lui: sapeva che ti sarebbe servita.
-Non sono una bastarda egoista. Vuoi che lo diventi? lo posso fare per te
Ora aspetti la sua risposta, le lacrime che spariscono in un sorriso (by Francesca Frabetti)
La risposta tardava mentre la mia mente era in subbuglio. Perché? Perché? Domande, ancora domande. Quando avrei smesso di pormele? Mai, perché vivevo solo di questo. Non c’era posto dentro di me per qualcosa di diverso.
Mi sembra di impazzire, vorrei piangere ma gli occhi sono secchi come se si fossero prosciugati ma forse a secco sono rimasta io.
Guardavo lo smartphone. Solo messaggi insulsi, baggianate da facebook, tweet inutili ma manca all’appello solo il suo.
Riscrivo? Si è andato perso nel web? No, aspetto con ansia mentre monta dentro di me la piena di lacrime. Che sciocca! Lui è troppo vecchio per te perché possa continuare a scriverti. L’avrai annoiato con quelle frasi infantili e puerili con le quali lo hai tempestato.
Io vivo a Milano, lui a Parma. Un ora di frecciarossa o di macchina ci divide ma ho l’impressione che abbia mentito. Ho solo sedici anni e non credo che i miei mi lascerebbero partire per una località vicina ma sconosciuta senza domandarmi chi vado a trovare. Però lui potrebbe venire senza problemi. Così lo potrei stringere e baciare. Potrebbe coccolarmi e accarezzare. Gli ormoni sono in subbuglio, la testa pare avere la febbre. E se mi dicesse «Arrivo tra un’ora» sarei pronta? Non lo so ma il messaggio tarda e le lacrime scendono.
Lo sento vibrare, lo guardo. E’ lui. Lo apro e lo leggo. Mi siedo e lo rileggo.
«Tra due ore sono in Piazza Duomo. Ti aspetto».
E adesso che faccio? (by orsobianco9)

Sono le due del pomeriggio, lui mi aspetta alle quattro in Piazza Duomo. Oggi è domenica e nessuno saprebbe nulla di nulla. Non dovrei dare spiegazioni a nessuno.

Che faccio? Rispondo «Sì. Alle quattro di fronte al Duomo» oppure «No. Non ci sarò». Ho voglia di vederlo ma si meriterebbe la seconda risposta.

-Sono però una bastarda egoista! E quindi rispondo Sì! Comincio a prepararmi, mentre la mia risposta è già partita. Le lacrime sono diventate dei sorrisi euforici. Apro l’armadio per cercare qualcosa di carino, che gli faccia dire «Cazzo, quanto sei bella!» ma lo so che non me lo dirà mai. Mi vuol vedere soffrire ma non importa. Percepisco già il suo sguardo su di me, i brividi che mi provocheranno le sue mani sulla mia pelle, le sensazioni che il mio corpo sentirà quando mi bacerà. Guardo l’ora.

-Cazzo, sono in ritardo. Mi devo sbrigare. Tra quindici minuti devo uscire per prendere la linea gialla. Cosa mi metto? Rovisto, non trovo nulla che mi piaccia o di adatto alla circostanza. Velocemente infilo jeans e camicetta azzurra su mutandine nere e reggiseno bianco, quello a balconcino. Potrei farne a meno per quei due pomi acerbi e piccoli che sono i miei seni ma a lui piacciono le donne formose. Rido a questo pensiero perché sono tutta spigoli e basta. Infilo due ballerine ma forse sarebbe stato meglio un tacco 9, che non possiedo. Il mio metro e sessanta sfigura accanto al suo metro e ottanta. Per baciarlo devo mettermi in punta di piedi e non è sufficiente. Ma non importa. Gli voglio bene anche se lui finge di non volermene. A questo pensiero una lacrima riga il pfard.

-Porca miseria! Non ho tempo per sistemarlo. Devo correre se voglio essere alle quattro davanti al Duomo. (by orsobianco9)

Sono affannata dalla lunga corsa. Prima per prendere la linea gialla e poi per salire in superficie e arrivare in Piazza Duomo. Non lo vedo. Guardo l’ora. Sedici e dieci.

-Per dieci minuti di ritardo è già andato via? Non posso crederci. Le lacrime scendono copiose sulle guance. Sono affranta. Mi ero fatta bella per lui ma una piccola risata cancella l’amarezza di non vederlo.

Bella? Quanto sei vanitosa Anita! Mi dico mentre le lacrime continuano a scendere senza posa. Mi aggiro inquieta tra la folla della domenica pomeriggio. Sento un «Perché piangi?». Mi volto arrabbiata.

-Chi, cazzo si permette di dirmi questo? Non vedo nessuno se non un ragazzino magro e brufoloso. Lo fulmino con gli occhi e se fossi una maga sarebbe già cenere ma resta lì irridente a guardarmi.

“Perché piangi?” mi richiede.

-Fatti i cazzi tuoi! Gli rispondo a muso duro.

“Posso consolarti!”

-E chi vuol essere consolata?

“Dai vieni con me!” e allunga una mano verso di me. Mi sposto all’indietro, non voglio essere sfiorata da quel moccioso. Voglio solo lui ma non c’è.

“Non sono infetto” insiste sorridente mostrando una dentatura poco invidiabile, storta e per nulla pulita. Sento un brivido ma non di piacere. Mi giro e mi muovo. Lui mi segue e continua a parlare. Si affianca e tende la mano verso la mia.

“Sei bella! Come ti chiami?” mi domanda con quel sorriso storto. Fingo di non aver sentito. Non mi va di essere abbordata da sconosciuti, tanto meno da un ragazzino che ha appena finito lo svezzamento. Mi domando perché Simone se ne è andato. Poteva aspettare almeno dieci minuti.

“Come sei scontrosa” dice avvicinandosi ancor di più. “Alberto. Al per gli amici” continua. -Ma chi se ne frega se i tuoi amici ti chiamano Al. Cammino svelta verso il Duomo. Penso di rifugiarmi là, quando sento vibrare lo smartphone. (by orsobianco9)

Mi fermo. Leggo il messaggio ‘Arrivo tra un ora’.

-Porca miseria! In ritardo è lui! E ora che faccio?

“Chi è che ti scrive?” domanda petulante Al.

Ma fatti i cazzi tuoi, vorrei rispondergli ma taccio e riprendo a camminare verso l’ingresso del Duomo. Guardo l’ora. Sono le sedici e trenta. Tra un’ora significano le 17 e 30. Nemmeno il tempo di dirci «Ciao» e devo riprendere la linea gialla. A fine ottobre le giornate sono corte e fa buio presto. Non posso rientrare troppo tardi senza insospettire i miei. Le lacrime riprendono a scendere.

“Ti ha piantata?” dice il ragazzo, vedendomi triste.

Mi volto dall’altra parte e entro decisa in chiesa. Egli mi segue standomi sempre al fianco. Comincio a innervosirmi. L’interno è scarsamente illuminato come il solito, quando non ci sono funzioni. Qualche spira di sole filtra dai finestroni. Sento freddo. Sono vestita estiva ma avrei dovuto mettermi qualcosa di più pesante. Per lui sarei venuta anche nuda e non avrei percepito nulla. Solo il suo calore. Mi fermo davanti a un altare laterale. Anche il ragazzo si arresta di fianco a me. Sembriamo due innamorati ma col fischio che lo siamo. So che si chiama Alberto e basta. Avrà quindici o sedici anni. Un bambino. Mi metto a ridacchiare, pensando ai miei sedici anni come se fossi una donna matura.

“Perché ridi?” mi sussurra in un orecchio. Non resisto e sbotto.

-Ma fatti i cazzi tuoi! Una donna si gira e mi fissa male. Divento rossa. A volte sono dannatamente sboccata. E qui sono nella casa del Signore. Dico un atto di dolore, storpiandolo non poco, perché non lo ricordo. Mi avvio all’uscita sempre seguito come da un’ombra da Al. (by orsobianco9)

La luce di ottobre mi fa strizzare gli occhi umidi di pianto, quando esco sul sagrato del Duomo. Non riesco a scrollarmi dal fianco questo intruso che continua a parlare. Guardo l’ora. Appena le 17. L’attesa è lunga. I minuti appaiono lunghissimi, il tempo si è fermato. Ho la lacrima facile ma il pensiero di lui è troppo forte. Lo so che è tutto effimero. Simone ha ventidue anni. Troppi per una ragazzina di sedici. Ci siamo conosciuti in rete un anno prima e ho mentito sull’età. Per Natale mi ha spedito il regalo: una sciarpa di seta rossa, che accarezzo quando penso a lui. Ho inventato mille scuse per non incontrarlo e coprire le mie bugie. Oggi non ho resistito. Sono pazza di lui. Lo voglio, lo desidero. Vorrei essere nel letto con lui ma devo solo sognare.

“Non mi vuoi dire come ti chiami?” dice per l’ennesima volta questo scocciatore.

-No! Rispondo secca.

“Perché?”

-Sono fatti miei. E ora lasciami in pace. Sto aspettando il mio ragazzo. Dico mentendo. Voglio solo liberarmene.

“Quando arriva?”

-Ma che t’importa?

“Mi piacerebbe vederlo in faccia, quello sfigato!” Divento paonazza dall’ira e dalla vergogna. Mi sposta ma mi segue come un’ombra. Il tempo scivola lentamente ma non passa mai. Mi giro e lo vedo o almeno credo che sia lui.

-Come farà a riconoscermi? Gli vado incontro.

“Ciao, Anita! Quanto sei bella!”

-Ciao Simone. E mi allungo in punta dei piedi per baciarlo. Una lacrima scende sul viso. (by orsobianco9)

//