Una storia così anonima – parte quindicesima

dal web
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Bosco della Borgogna, Chalon, 7 novembre 1307, ora seconda della vigilie, anno secondo di Clemente V

Pietro è scortato da quattro cavalieri, che tengono alte le torce accese per illuminare il sentiero. Sono dal vespro che cavalcano senza sosta e senza dire una parola, solo il rumore degli zoccoli sul terreno gelato. Avverte stanchezza e dolori ovunque ma non si lamenta: è dal primo albore che sta in sella. Quando percepisce che il cavallo sta faticando troppo ad avanzare, si rivolge a quello, che ha giudicato il capo della spedizione. Gli sta alle spalle a chiudere il corteo.

“Ho solo questo bardo. Se si accascia morto, non giungeremo a Paris. Io mi fermo a farlo riposare. Voi fate quello che volete” dice Pietro con tono fermo, mentre tira le redini del cavallo per arrestare la sua corsa.

Hugues non proferisce parola ma con la mano indica chiaramente che ha ascoltato le parole del frate. Il gruppo si raccoglie intorno ai due e non accennano a scendere dal cavallo. Aspettano ordini.

Pietro estrae dalla bisaccia, appesa alla sella, la coperta di lana grezza, che gli hanno dato i frati all’Ospizio del Mont Cenis, per coprire la cavalcatura, prima che il sudore geli. É una notte fredda e ventosa e la strada è coperta da un velo di ghiaccio. Accarezza la testa del cavallo, mentre gli allunga una carota, che la bestia divora con voracità. Sul palmo della mano compaiono della palline di zucchero, che gli mette davanti alla bocca. Dalla bisaccia prende altri due oggetti: un sacchetto, che appende sul muso, e un otre di pelle. Lo guardano per la calma e la serenità che sta dimostrando e sembrano increduli. Chiunque nella posizione di Pietro sarebbe in preda all’agitazione e al terrore ma lui dimostra una tranquillità interiore che sbalordisce il gruppo. Hugues comprende che non sarà facile per nessuno minare quella forza che emana dai gesti e dalle parole. Lo osserva ammirato ma non stupito. Aveva sentito delle voci a cui non aveva dato troppo credito ma si deve ricredere. Riflette che qualsiasi cavaliere, dopo aver cavalcato per molte miglia senza riposarsi, sarebbe crollato ma lui non ha emesso un lamento e si è preoccupato solo per il suo cavallo.

Pietro per molto tempo ha ascoltato il suono di acqua corrente e sa di aver percorso un sentiero che corre lungo un fiume, del quale ignora il nome. Si dirige verso quel rumore ma due cavalieri gli sbarrano la strada. Lui li guarda e resta in attesa del via libera. Dove credono che possa scappare, si dice, stringendo il mantello bianco per ripararsi dal freddo pungente della notte.

“Se non posso attingere l’acqua del fiume che scorre alla nostra destra, andate voi. Questo è il contenitore. Il mio bardo ha sete” afferma, allungando l’oggetto di cuoio.

“Prendete l’acqua per il suo cavallo e anche per i nostri” dice una voce autoritaria alle sue spalle.

Pietro torna dalla sua cavalcatura, che ha finito di mangiare il contenuto del sacchetto. Le scorte di cibo per il cavallo sono terminate e difficilmente saranno reintegrate prima del termine del viaggio. Spera di arrivare presto a Paris per far rifiatare il bardo. Non gli importa quale sia la sua sorte ma di quella del cavallo, sì. Sa che finirà in prigione come i confratelli francesi e si domanda, perché sia stato attirato in un tranello con la scusa della convocazione papale. Non ricopre incarichi prestigiosi, essendo un umile frate cappellano. Non è dentro ai segreti del suo ordine, essendo un semplice procuratore legale e neppure famoso. Qualcosa non torna ma non riesce a decifrarlo. Gli manca qualche tassello per comprenderne i motivi. ‘Perché?’ si chiede, mentre fa bere con lentezza il suo cavallo. L’acqua è fredda e la temperatura dell’aria è rigida. Deve usare prudenza per non compromettere la salute della sua cavalcatura. Spero di tornare col mio fedele bardo a Bologna, riflette, mentre ne accarezza il muso.

“Sono pronto” fa, issandosi sulla sella. Il viaggio riprende.

Lugdunum, 8 novembre 1307, primo albore, anno secondo di Clemente V

Il chierico Phillipe si affaccia sulla strada per osservare se ci sono facce sospette, che lo attendono. C’è via libera. Silenzioso raggiunge la stalla di Didier ed esce dalla città. Mette al galoppo il cavallo. Deve raggiungere al più presto Poitiers e riferire alla curia papale che Pietro da Bologna è stato intercettato dagli uomini di Guillaume de Nogaret e condotto a Paris. Al momento il suo compito è concluso. Adesso sono altri che devono muoversi. Lui è un minuscolo ingranaggio nel complesso della vicenda.

Con questi pensieri nella testa riesce a inquadrare nella giusta luce il motivo dell’inseguimento di quel cavaliere che per molti giorni è stato alle loro costole senza farsi notare. Dunque lui era un emissario di de Nogaret. Percepisce con chiarezza e pienamente quello che gli era apparso inspiegabile nel comportamento del frate, che aveva intuito lo scopo degli inseguitori. ‘Ha compreso la vera natura dei cavalieri alle nostre spalle. Ha tentato inutilmente di depistarli. Ma come ha fatto?’ si domanda, mentre tiene un buon passo nella marcia verso la sua meta.

La giornata è grigia e fredda. Il cielo coperto minaccia pioggia. Nuvole nere gonfie sono spinte dal vento di Mistral, che soffia gagliardo dall’Atlantico, abbassando le temperature. ‘Di sicuro in montagna questo si traduce in neve. Nella pianura in pioggia fredda e gelata’ riflette, mentre spinge il cavallo a divorare la strada che lo separa dalla curia papale.

Sempre in silenzio e sempre pensieroso si ferma per dare respiro al cavallo, che sta correndo senza lamentarsi.

Al vespro con il cavallo, che schiuma dalla bocca, entra in Poitiers per presentarsi al cardinale Caetani, che l’aveva inviato in missione a Bologna da frate Pietro.

Il porporato lo riceve. É scuro in volto per l’assenza del templare. Clemente V si era raccomandato che doveva presentarsi al più presto.

“Vostra Eminenza” comincia il chierico, inginocchiandosi di fronte a lui. “Frate Pietro da Bologna è stato arrestato a Lugdunum da gendarmi del re, che erano agli ordini del cancelliere guardasigilli, Guillaume de Nogaret”.

“E perché non avete mostrato il salvacondotto del papa?” lo rimprovera il cardinale.

“Il cavaliere della milizia di Christi non si fidava e ha provato inutilmente ad allontanarsi ma Hugues de Cambernet l’ha catturato lo stesso”.

“E dove si trova ora?” gli domanda con sguardo inquisitore.

“Non saprei ma ho sentito dire che lo stanno conducendo a Paris”.

Il cardinale lo congeda e medita in silenzio. Non era questo l’epilogo ma muovere le pedine nella tana del lupo è più complicato. Spera che il vescovo di Sens lo possa aiutare. Pietro da Bologna deve svolgere un compito delicato ma deve essere a Poitiers.

Prepara una lettera per il vescovo.

Paris, 8 novembre 1307, ora sesta, anno secondo di Clemente V

Il drappello arriva a Paris e si dirige verso rue Saint-Denis per entrare nel Châtelet, l’imponente edificio grigio, che si staglia sulla Senna sul Pont au Change, che collega Île de la Cité alla sponda destra. Qui ci sono le stanze di Guillaume de Nogaret al primo piano e nelle segrete le prigioni.

Hugues de Cambernet conduce il templare al cospetto del guardasigilli. É inusuale che un umile frate sia interrogato da un personaggio così in alto nelle gerarchie. Questo è il pensiero di Pietro, che si aspettava di finire nelle prigioni del palazzo. ‘Cosa vogliono da me? Quali informazioni sperano di ricavare? Sono un umile frate e lontano dai giochi di potere e dalla stanze che contano. Eppure…’ si dice, mentre viene introdotta in una grande sala.

Pesanti tendaggi cremisi impediscono alla luce di entrare prepotenti dentro. Sulle pareti ardono torce e grosse candele ma la maggior parte dell’immensa stanza resta in penombra. Un brutto e imponente tavolo di castagno sta al centro contornato da sedie di pelle. Su un lato sopra una pedana ricoperta di panno verde sta una specie di trono.

Hugues lo spinge di malagrazia verso quell’enorme sedia che troneggia lungo la parete.

“Inginocchiatevi e rendete omaggio a messer Guillaume de Nogaret” gli intima il cavaliere.

Pietro rimane ritto davanti a quel personaggio. “Non devo rendere omaggio a nessuno. Sono stato condotto qui contro la mia volontà. Non so quale colpa mi viene addebitata” afferma con voce per nulla incrinata dall’agitazione.

Hugues si avvicina e tenta di piegare quel frate, che ritorna sempre eretto. Guillaume ride alla scenetta e con la mano fa cenno al suo sottoposto di terminare quella commedia.

“Voi sapete che i cavalieri delle milizie di Christi sono stati internati perché sono accusati di eresia, sodomia e blasfemia?” gli domanda il guardasigilli.

“Ho sentito delle voci ma nulla più. Io appartengo alla provincia di Lombardia e vivo nella commenda di Bologna. Rispondo al papa e stavo recandomi da lui, quando voi mi avete arrestato” aggiunge Pietro con tono fermo e calmo.

Guillaume lo osserva e comprende che la dialettica non manca a questo frate. Decide di cambiare tattica.

“Voi siete stato condotto qui come testimone delle colpe dei cavalieri del Tempio. Non siete in arresto ma solo ospite” dice con voce melliflua Guillaume.

“Dunque posso andarmene e raggiungere Poitiers?” chiede Pietro col sorriso sulle labbra.

Il guardasigilli coglie la sottile ironia di quelle parole ma non replica come l’istinto gli consiglia di fare. Non vuole fare il gioco di questo templare e lasciarsi trainare su un terreno a lui non congeniale.

“Certamente. Dopo che avete risposto alle mie domande” fa Guillaume sornione, stringendo gli occhi. “Dopo che avete firmato il verbale della deposizione”.

Pietro sposta il peso del corpo sull’altra gamba e rimane in attesa delle domande.

La partita ha inizio.

parte sedicesima

Cristina ha pensato a me per il booktag. Grazie

logo del booktag
logo del booktag

Ciao! La blogger http://Come non sentirsi soli ha ideato un booktag interessante. E Crisitna ha pensato bene di nominarmi. Che abbia capito che amo leggere e che sono un lettore incallito? 😀 A questo punto la ringrazio per questa opportunità. Sta a me coglierla. Che fare? Rinunciare alla sfida di trovare dieci titoli che iniziano con le mie lettere del mio nome? Giammai. Una bella sfida che accetto volentieri.  Grazie, Cristina, per avermi taggato!
Come di consueto ci sono le regole da rispettare o quasi.
-Nominare il blog creatore
-Ringraziare colui, in questo caso colei, che ti nomina
-Taggare da 3 persone in su e avvertirle.
-E usare l’immagine del booktag
e dulcis in fundo prendere il nome e per ogni lettera scrivete un titolo di un libro che avete letto.
Nominare il blog creatore è stato assolto.
Ringraziare chi ti ha nominato pure.
Taggare tre persone… beh! nomino tutti i followers e non followers. Chi vuole può partecipare è il benvenuto. Nessuna limitazione. Potete divertirvi. Il problema è trovare i titoli. Io ho avuto un vuoto pauroso. Per fortuna c’è anobii 😀
L’immagine l’ho messa. Chi la volesse prelevare, lo può fare.
E adesso la parte più complicata.
 
Gli occhiali d’oro – Giorgio Bassani
Il cardellino – Donna Tartt
Accabadora – Michela Murgia
Novelle fatte a macchina – Gianni Rodari
Paula – Isabelle Allende
Alex Alliston – Alessandra Bianchi
Occhi blu capelli neri – Marguerite Duras
Lo Hobbit – Tolkien
Odore di chiuso – Marco Malvaldi
 
Che fatica!

Una storia così anonima – parte quattordicesima

da wikipedia
da wikipedia

Lugdunum, 7 novembre 1307, vespro – anno secondo di Clemente V

É quasi l’ora del vespro. Henry de Caron arriva alla porta dl Lugdunum e chiede alle guardie, che presidiano l’ingresso al borgo, se sono passati due forestieri a cavallo. ‘Non sono entrati dei forestieri, nemmeno dei cavalieri’ dice il sergente. Il cavaliere ha un moto di stizza, perché intuisce di essere stato nuovamente beffato dal frate, che da preda è diventato il predatore.

Congeda i due compagni. “Cercate una locanda pulita e portate i cavalli nella stalla. Che siano strigliati a dovere” intima loro, mentre lui si reca a rapporto da Hugues de Cambernet, il capitano delle guardie del Re, distaccate a Lugdunum. In realtà lui è agli ordini di Guillaume de Nogaret e la sua missione è condurre Pietro da Bologna dal guardasigilli per essere interrogato.

“Messere, frere Pierre de Bologne è sfuggito al nostro controllo” dice il cavaliere con tono umile di scusa, quando viene ricevuto.

“Come?” esclama il capitano, visibilmente irritato. Questo intoppo non ci vuole, pensa il cavaliere. Spera di diventare il siniscalco di Lugdunum. Questa è stata la promessa di de Nogaret a missione conclusa.

“Li abbiamo seguiti fino a Camberiacum ma poi ne abbiamo perse le tracce. Gli abitanti non sono stati d’aiuto” prova a scusarsi Henry.

“Meritereste di essere messi ai ferri. Siete degli incapaci. Bastava seguirli passo passo” esplode di ira Hugues.

“L’abbiamo fatto” afferma con tono poco convincente il cavaliere.

“Se l’aveste fatto, frare Pierre non si sarebbe volatilizzato” conclude il capitano congestionato nel volto, mentre congeda bruscamente Henry de Caron. Chiama il sergente per ordinare che una dozzina di cavalieri siano pronti per uscire prima del vespro con lui alla guida.

“Ma Messere, tra non molto sarà buio” afferma timidamente il sottoposto.

“Tra mezz’ora si parte. Attrezzatevi per galoppare con l’oscurità” intima seccamente Hugues, lasciando la stanza.

É il vespro, quando il capitano e dodici cavalieri escono dalla porta che conduce a Camberiacum.

Il chierico Philippe incrocia dei cavalieri armati che escono dal borgo. Non ci fa caso e ne ignora le intenzioni. Il gruppo lo supera, senza degnarlo di uno sguardo. Non è lui il loro obiettivo. Il chierico sprona il cavallo per affrettare l’accesso a Lugdunum, prima che vengano chiuse le porte per la notte. Al sergente, che presidia l’ingresso, mostra il salvacondotto papale e ha via libera per entrare. Non si volge indietro per controllare, se Pietro da Bologna lo stia seguendo. É irritato per l’indecisione del frate e la mancanza di fiducia nel documento papale. Di conseguenza non può osservare che gli armigeri l’hanno preso in consegna.

“Sergente,” fa il chierico “potete indicarmi una locanda pulita e dove non si rischia di avere la gola tagliata?”

L’uomo ride rudemente prima di rispondere. “Sicuramente! La locanda al Cervo d’oro è conforme alle vostre richieste. Per il cavallo vi consiglio Didier, ottimo maniscalco e amante dei cavalli, che ha anche un stalla spaziosa e pulita, dove potete ricoverare il vostro stallone”.

“Grazie, sergente. Che Dio vi protegga” saluta Philippe, spronando il cavallo.

É stanco e impolverato. Desidera un bagno purificatore e poi un pasto abbondante. Nella giornata odierna non ha mangiato nulla, solo un po’ d’acqua di fonte. Scende nella sala da pranzo per cenare e trova un tavolo d’angolo, vicino al fuoco del camino ma defilato come posizione. Da lì domina la sala senza essere notato dagli altri. Una cameriera grassa e anziana lo informa su cosa la cucina offre e gli apparecchia il tavolo con una scodella di coccio e una brocca di vino nero.

Mentre aspetta la zuppa di ceci, fave, piselli e cipolla, riflette sullo strano comportamento del compagno di viaggio. ‘Per tutto il tragitto ha tenuto un comportamento guardingo e diffidente. Ha affermato che i nostri inseguitori erano dei volgari tagliagole. E qui forse aveva ragione. Ma non comprendo l’atteggiamento di poco fa. Aveva paura… Ma di cosa? Quando ho mostrato il salvacondotto alle guardie, tutti si sono mostrati gentili e non hanno sollevato problemi. Non percepisco a quale timore si appellava?’ si dice, mentre gli riempiono la scodella di zuppa fumante con un mestolo di rame. La cameriera versa sopra un goccio di olio ben giallo per insaporire il piatto. ‘Il profumo è veramente squisito’ riflette, assaporando la zuppa, che ha condito con tocchetti di pane secco di segale.

É a metà della scodella, quando osserva l’ingresso di tre cavalieri che sono gli stessi rimasti alle loro costole fino a Camberiacum. Il posto leggermente in ombra impedisce ai tre di riconoscerlo. Si sistemano in un tavolo più centrale ma sufficientemente vicino da cogliere brandelli di conversazione.

Col cappuccio del saio tirato sul viso si mette ad ascoltare le loro parole. Non comprende tutto, perché le loro voci salgono e scendono, e deve riempire i vuoti con l’intuito.

“… Hugues è un figlio di…” Ma non afferra il seguito. Chi sarà questo personaggio, si domanda, mentre la cameriera sostituisce la scodella con un piatto di carne di montone grigliata e insaporita con finocchio, salvia, senape nera e aneto. Il profumo avrebbe risvegliato anche un morto. Philippe addenta un pezzo di carne, che gli pare nettare degli dei. Forse è la fame, pensa, mentre afferra altri brandelli di conversazione. “…quel frate avrà il suo giusto, quando finirà nelle grinfie del guardasigilli…” dice quello che pare il capo. “…ho sentito dal sergente Dagobert Cluny, quello che presidia la porta orientale, che l’hanno preso mentre tentava la fuga” afferma l’altro, mentre un filo di zuppa gli cola da un angolo della bocca. Al chierico va di traverso il boccone e rischia di soffocare. Beve un calice di vino per non tossire vistosamente e attirare le attenzioni del terzetto. “… se così fosse, Hugues de Cambernet avrà la sua ricompensa. Ora mangiamo in silenzio. Non vorrei strozzarmi con le vostre chiacchiere” conclude Henry, strappando da una coscia di pollo brandelli di carne.

Philippe ripulisce il piatto con un pezzo di pane nero, mentre con la manica del saio si netta la bocca. É in fibrillazione. Il compagno di viaggio, che deve condurre a Poitiers, è stato preso in consegna da un gruppo di cavalieri e condotto chissà in quale posto. ‘In città oppure … Dove?’ si domanda angosciato, mentre sente riprendere la conversazione dal terzetto. “Sono tornati indietro con l’arrestato?” domanda Henry, mentre beve il vino. “No. Non credo. Il sergente Dagobert ha escluso che siano rientrati nella città” risponde quello che pare più informato dei tre.

La cameriera chiede al chierico se vuole dei dolci. “Ci sono dei confetti di anice da servire col vino speziato caldo oppure crêpes di mirtillo rosso?” gli spiega, mentre prende il piatto pulitissimo come se fosse stato lavato di recente.

“Vanno bene i confetti” conferma Philippe, smanioso di ascoltare le chiacchiere dei vicini di tavolo. Sente ridere il capo del trio e concludere a voce alta. “Sicuramente domani sarà al cospetto di de Nogaret a Parigi”.

La mente elabora il piano per il giorno successivo. Deve essere a Poitiers, a costo di far scoppiare il cavallo, domani per il vespro, si dice, mentre gusta confetti e vino caldo speziato. Ormai sa tutto e dove hanno condotto Pietro da Bologna. Adesso comprende le paure del frate e si domanda come ha intuito il pericolo che correva. ‘Se questo era il suo timore, perché è partito lo stesso da Bologna?’ riflette, mentre lascia sul tavolo un ducato d’argento.

Si alza, si cala il cappuccio ancor di più sul viso e si allontana silenzioso. Mentre sta uscendo dalla sala, ascolta un mozzicone di frase. “… ma quello non è il compagno di viaggio del frate?” Sa di essere in pericolo e si deve nascondere. Senza indugiare oltre, si presenta alla porta del vescovado e chiede di essere ospitato.

Domani al primo albore, prenderà la strada per Poitiers.

parte quindicesima

Grazie a questa blogger per avermi taggato

summer tag 2015
Loro (https://iriseperiplo.wordpress.com) gli ideatori e lei (se mi sfiori, fiorisco) colei che mi ha nominata, ci provano ma io so come andrà a finire.
Per prima cosa le regole sono queste:
“Citare il Blog che ha creato il Tag e quello che vi ha nominati
Inserire come immagine principale quella che vedete qui sopra
Nominare 5 blog e avvisarli di averli taggati
Raccontare le vostre preferenze estive, iniziando con Abiti, Calzature e Creme solari. Continuare con il piatto estivo e il gelato preferito. E per ultima la vostra canzone dell’estate per Eccellenza.”
Il prmo requisito è stato assolto. Il secondo pure. Già 2/4 del percorso è stato compiuto. Zero penalità.
Ahi! prima penaltà. 40 punti in meno. Nessun blog nominato e di conseguenza nessun avviso.
Per uno che ama la primavera è dura parlare bene dell’estate. E’ come pretendere di portare la corda in casa dell’impiccato. Se fosse per me, la salterei a pié pari andando direttamente all’autunno ma non è possibile.
Non mi piace stare al sole, quindi niente creme. Il mare mi innervosisce. Quindi vado in montagna a rifugiarmi nel bosco da solo o in compagnia di un cane. Abiti e calzature? Vestito intero con cravatta e mocassini ai piedi. Va bene?
Gelato? Cioccolato extrafondente ma preferisco quello che mi faccio tutte le sere, semplice, semplice: latte, panna, zucchero e vaniglina.  Morbido come una carezza.
Canzoni? Ma esistono ancora?
 

Un storia così anonima – parte tredicesima

dal web - credit menupizza.it
dal web – credit menupizza.it

Bologna, 21 febbraio 2015, ore 15

Riprendono la lettura delle Chronicae bononiensia dell’anonimo scrittore del settecento e commentano le astuzie di frate Pietro.

“La sa lunga il nostro templare. Depista Henry de Caron con abilità. Allora non c’era il navigatore” dice Vanessa, ridendo.

“Mica facile trovare il sentiero giusto tra i mille possibili. Io mi sarei già perso” esclama Luca, che resta sbalordito per come riesce a seminare gli inseguitori senza perdere la bussola del viaggio.

“Mi chiedo se il nostro anonimo non abbia romanzato un po’ troppo questo tour?” si domanda la ragazza.

“Non credo. Abbiamo già trovato molti riscontri. Quindi niente voli di fantasia” replica sicuro il ragazzo.

“Ma ‘sto Camberiacum a quale città si riferisce?” chiede Vanessa.

Luca fa una ricerca. “É il vecchio nome di Chambéry” esclama sorpreso.

“Ma non faceva prima a scrivere il nome attuale?” dice ironicamente la ragazza.

Ridono. Sono allegri. La nottata in bianco non sembra aver intaccato il loro buon umore.

“Controlla a quale città corrisponde quell’altro nome astruso” gli chiede Vanessa, incuriosita di conoscere dove si trovavano il templare e i suoi inseguitori.

“Indovina un po’?” fa Luca divertito.

“Non ci provo nemmeno” replica lei.

“Lione! Leggo che qui sono nati diversi imperatori romani” afferma il ragazzo.

“Dunque Pietro è diretto a Lione. Leggendo la cronaca, ha quasi del miracoloso quel viaggio. Niente segnali stradali, niente autostrade o smartphone con GPS. Solo il senso di orientamento” dice Vanessa ammirata per come procede il cammino del frate e del chierico senza tentennamenti o dubbi.

Luca annuisce, mentre prosegue nella lettura, che sospendono, quando il frate Pietro da Bologna si avvia sotto scorta armata verso Parigi.

“Pausa?” implora Vanessa, che sente la necessità di camminare un po’.

“Cosa hai racimolato in Sala Borsa, Van?” le chiede Luca, stiracchiandosi senza ritegno, mentre ignora la richiesta.

“Due saggi di uno studioso bolognese, Giampiero Bagni, su Pietro da Bologna” dice la ragazza, mentre li estrae dalla capiente borsa, che pare contenere l’universo intero.

Il ragazzo prende il primo che capita. Templari a Bologna. Lo comincia a sfogliare a caso. Si ferma e legge a pagina 41 che è stata trovata un cassetta, contenente un abito da monaco rosso con croce bianca, scomparsa e mai più ritrovata.

“Dove?” chiede Vanessa.

“A Sasso di Lizzano in Belvedere” fa Luca, che prosegue a sfogliare. Gli pare di rammentare che si trova sull’Appennino bolognese, esattamente non lo ricorda.

La ragazza si risiede al PC, visto che la sua proposta è caduta nel vuoto, e compie qualche ricerca con la speranza di trovare qualcosa di interessante. Si imbatte in un documento dove è citata la chiesa di Sant’Homobono.

“Ho trovato un riferimento più preciso della chiesa” dice la ragazza.

“Dove? Qui parla genericamente dopo la magione sulla via Emilia, fuori dalla cerchia muraria” afferma il ragazzo.

“No. Parla di appartenenza alla parrocchia degli Alemani. Si potrebbe domandare al parroco, dov’è questa chiesetta” si domanda Vanessa.

Luca scuote il capo e non dice nulla. Dubita molto che quel luogo sacro possa essere di aiuto. Piuttosto ricorda che nell’articolo di Repubblica oltre al cunicolo, riconducibile alla chiesa di Santa Maria Maddalena, distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale, citava qualcosa d’altro. Prende il giornale, lo sfoglia febbrilmente e rilegge il breve articolo. ‘Sotto il portico dei Servi c’è una cripta collegata alla chiesa dei Servi. E se fosse questa la chiesetta che cerchiamo?’ pensa il ragazzo, che non sta ascoltando quello che Vanessa sta dicendo.

“Che ne dici, se facciamo due passi? Sento le gambe intorpidite” dice la ragazza, alzandosi con decisione.

“Buona idea. Dove?” chiede il ragazzo, mettendosi ritto.

“Dove ci portano i piedi”.

La città si sta animando per il sabato sera e accende le luci per rischiarare il buio, che cala velocemente. Le giornate sono corte e il cielo nuvoloso non aiuta. Camminano in silenzio, ognuno avvolto nei propri pensieri. Vanessa vorrebbe partire alla caccia del tesoro dei templari di Bologna. Ha letto che già nel passato ci avevano provato con scarsi risultati, anzi senza trovare nulla. Tuttavia lei è convinta che si trovi nascosto da qualche parte. ‘Ma dove?’ si domanda, aggrottando la fronte, mentre si stringe nel piumino. Il freddo della sera è pungente, perché quella brezza neppure troppo forte lo fa sentire ancora di più. Prova a ricapitolare le poche certezze che ha. ‘Il frate ha trasportato il tesoro in una chiesa. Quale? Sant’Homobono? Santa Maria dei Servi? No, questa no. Ho letto che è stata eretta nel 1346. Quarant’anni dopo. San Giovanni dei Celestini? No, troppo lontana. Il cronista ha parlato di un tragitto non troppo lungo. L’unica possibile è questa chiesa di Sant’Homobono. Ma esisterà?’ si dice, riflettendo sulle poche notizie in possesso.

Luca è meno smanioso di cominciare la caccia al tesoro, ammesso che esista. Quel ritrovamento sull’Appennino lo incuriosisce ma anche la scomparsa desta perplessità. ‘Quella cassetta di ferro dove è finita?’ si domanda. Non gli pare possibile che un reperto del genere svanisca come neve al sole. Qualcosa non gli quadra. ‘E se con la cassetta fosse stato recuperato altro, senza dichiararlo? Sarebbe possibile. Ma cosa? Dal saggio di Bagni, sfogliato velocemente, ha parlato di Monte Acuto che è la montagna che sovrasta Lizzano. Personalmente comincerei da lì. Ma c’è ancora qualcosa?’ riflette pensoso.

“Che ne dici di fermarci in pizzeria?” gli chiede Vanessa, rompendo quel silenzio pensieroso.

“Buona idea. Sai già dove?”

“Qui poco distante fanno pizze croccanti e sfiziose”.

“Aggiudicato” dice il ragazzo, seguendola.

Il locale è poco animato. É ancora presto. Non sono nemmeno le diciannove. Si sistemano in un tavolo d’angolo. Studiano il menù e alla fine ordinano una semplice margherita e birra. Restano taciturni senza scambiarsi una parola.

“A cosa stai pensando?” gli domanda la ragazza, vedendolo assorto.

“A nulla, in particolare. Però non sono riuscito a intuire il motivo del viaggio di Pietro in Francia. Tirava aria brutta per i templari ma lui è partito lo stesso. E infatti sta finendo a Parigi”.

“Ma c’era la chiamata del papa!”

Luca scuote il capo. “Non mi convinci. Rischia prigione e rogo, Pietro!”

“Anche questo è vero! Però i templari rispondono direttamente al papa. Quindi al capo si deve sempre obbedienza” fa Vanessa, mentre taglia la pizza.

“Sarà come dici tu ma sono convinto che il mistero sarà risolto nel proseguimento della lettura” dice il ragazzo, pulendosi la bocca dalla schiuma della birra.

“Non vedo l’ora di cominciare la caccia al tesoro” afferma la ragazza.

“Il tuo è un chiodo fisso!”

“Sarà ma quest’avventura mi affascina. Tu niente?”

“Sì. A dire il vero. Però…” fa Luca, arretrando la sedia.

La cameriera si avvicina circospetta come a far capire che è giunto il momento di liberare il tavolo. É una ragazza giovane da capelli castani. Tiene in mano un piccolo tablet, dove registra tavolo e ordinazioni. Vanessa la scruta. Non ha molta voglia di andarsene. ‘Sembra una studentessa che arrotonda la paghetta come cameriera alla sera’ riflette, osservandola con cura.

“Ci facciamo un’altra pizza e birra?” chiede la ragazza, mentre estrae dalla capiente borsa i due libri presi in biblioteca.

Luca capisce il motivo di una nuova ordinazione. Sarebbe già a posto con quella appena finita di mangiare ma annuisce per conferma. “Però prenderei una biancaneve1” dice il ragazzo.

“E sia per due biancaneve” fa la ragazza, chiamando con un cenno della mano la cameriera, che accorre prontamente.

Luca prende quello che aveva cominciato a sfogliare. Consulta l’indice e comincia a leggere nell’attesa della nuova pizza. Vanessa afferra l’altro ed esclama soddisfatta. “Finalmente un po’ di luce su questa misteriosa chiesetta!”

“Dov’è? Esiste ancora?”

“Uhm, forse no. O meglio credo che sia stata inglobata in un’altra struttura”.

“Non lasciarmi sulle spine” la prega il ragazzo visibilmente incuriosito.

“Secondo il Bagni era a ridosso della struttura conventuale dell’ordine dei Teutonici. Quindi a fianco della chiesa degli Alemanni. Però adesso non si distingue più dalla chiesa stessa” riferisce Vanessa con tono di leggera delusione.

“Quindi avevo ragione, quando dicevo che lì non c’è più nulla” afferma con tono trionfale Luca.

La ragazza non risponde e addenta un triangolo di biancaneve.

1La pizza biancaneve è una pizza di sola pasta e mozzarella e niente altro.

parte quattordicesima

Una storia così anonima – parte dodicesima

dal web
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Ospizio del Mont Cenis, 6 novembre 1307, primo albore, anno secondo di Clemente V

Henry de Caron si desta al suono della campanella dell’Ospizio, che annuncia una nuova giornata. Non è sua intenzione passare dalla cappella per ringraziare con le lodi mattutine il cominciare di un nuovo giorno. Gli interessa mettersi in viaggio il prima possibile. Ha una missione da compiere e non può perdere ulteriore tempo. Si alza e sveglia i compagni. Se vuole raggiungere Pietro, deve sbrigarsi a passare il valico. Probabilmente avranno trovato riparo nel paese al termine della discesa del passo. Il nome non lo ricorda ma non ha importanza. Dice a se stesso, mentre si veste. I compagni non comprendono tanta frenesia a partire, quando fuori l’albeggiare è ancora lontano.

“Si passa dal refettorio per mangiare qualcosa. Poi si affronta l’ascesa al colle” fa Henry con un tono che non ammette repliche.

Pietro si sveglia. Fuori c’è ancora buio. Philippe sta dormendo ancora. Si volge a est in direzione di Gerusalemme e inginocchiato recita le lodi del mattutino. Sveglia il chierico, che assonnato chiede il motivo di tanta fretta.

“Si parte subito. Il tempo di lavarsi e bere un po’ di latte appena munto, poi in sella verso la pianura” dice a bassa voce.

Esce e rompe il velo di ghiaccio dell’abbeveratoio per le abluzioni del mattino. Il fiato si congela in una nube di vapore. Il freddo intenso ha disegnato minuscoli ricami su qualunque oggetto, posto all’esterno. Le stelle stanno sparendo a una a una dal cielo. Le cime delle montagne intorno da nere diventano rosate. Le nuvole, che corrono veloci, si colorano. La giornata non annuncia neve o pioggia.

Salutato Simon, si mettono in viaggio. “Fatte attenzione. La strada non è bella, perché è gelata col freddo della notte” dice il vecchio, dopo aver dato loro il latte ancora caldo della prima mungitura della giornata.

Henry de Caron ha fretta. Non può permettersi che acquistino altro vantaggio. Hanno un vantaggio rispetto a Pietro e Philippe: affrontano la salita al valico di Mont Cenis e la discesa verso Lens-le-Bôrg con la luce del giorno. Hanno volato, rischiando più di una volta di finire in un dirupo. Ben prima dell’ora sesta entrano in paese. Attraverso le domande ai valligiani imparano che i due sono in viaggio dalla mattina verso Modane. Spronano i cavalli al loro inseguimento.

Li deve intercettare, seguire e poi bloccare. Le consegne sono queste. Il motivo non gli interessa. É pagato per rispettare gli ordini e non per contraddirli o per valutare se sono validi oppure no. Gli hanno suggerito di fare attenzione, perché è un personaggio carismatico e gode di ampie protezioni nella corte papale. Il frate conosce personalmente il papa, perché hanno studiato insieme diritto a Bologna. Riveste i compiti di procuratore per l’eloquenza e la preparazione giuridica acquisita. Ha saputo maneggiare con molta perizia grosse quantità di denaro che la Santa Sede ha destinato al sovvenzionamento della lotta contro gli Aragona, nel periodo dei Vespri Siciliani. Quando Bonifacio VIII intraprese la sua guerra personale con la potente famiglia dei Colonna, si adoperò affinché i Templari prestassero al papa un ingente somma in fiorini d’oro. Quest’attività lo ha portato in rotta di collisione con Filippo IV, il capetingio, perché il re si era schierato contro Bonifacio e a favore degli avversari.

Henry riflette, mentre affronta la strada di fondovalle lungo il fiume Arc, come le informazioni ricevute fossero esatte. Ragionamenti acuti e logici, parole sempre intonate al momento senza lasciarsene sfuggire una di troppo. Gli brucia ancora come nel tragitto tra l’abbazia di Novalesa e l’Ospizio del Mont Cenis sia riuscito a beffarlo. Si chiede come abbia intuito la sua presenza, visto che era rimasto sempre fuori della portata visiva. Immaginava che avrebbe preso la via più breve, anche se era la più rischiosa per il tempo, e aveva intuito giusto. Però nonostante tutte le sue precauzioni Pietro da Bologna l’aveva gabbato e aveva guadagnato molte ore di vantaggio. Adesso doveva correre per non lasciarlo fuggire.

Pietro e Philippe tengono un buon passo. Vogliono essere a Camberiacum prima del vespro. Il frate sa che Henry de Caron è alle sue spalle, anche se non lo vede. Lo sente sempre più vicino. Però i cavalli più di così non possono correre. Sono animali robusti, i bardi appenninici, resistenti alla fatica e al freddo ma non sono dei gran corridori. Potrebbe giocargli ancora una volta lo scherzo di farsi sopravanzare o di prendere un’altra strada ma rischierebbe di perdere troppo tempo. Lui è conscio, che prima arriva alla corte di Clemente V meglio è, e sarebbe al sicuro. Il salvacondotto del chierico vale meno di una pergamena usata e inservibile nella terra del re capetingio.

Pietro, mentre galoppa in silenzio, pensa che, se raggiunge Lugdunum prima di Henry, avrà ottime possibilità di sfuggirgli. Tuttavia è anche consapevole che difficilmente ce la farà prima del vespro odierno. ‘Deve aver sfiancato quelle povere bestie’ si dice, scuotendo il capo. La sensazione che siano ormai prossimi a raggiungerli si fa sempre più acuta. Le mura fortificate di Camberiacum si intravvedono in lontananza. I cavalli hanno la schiuma alla bocca per la fatica. Devono fare per forza una sosta. Pietro si sente relativamente tranquillo. Qui siamo nella contea Sabaudia, che non è vassalla del re francese, e forse la lunga mano di Filippo IV non riesce ottenere i risultati che desidera. Il borgo è piccolo, stretto intorno al castello. É poco prima dell’ora nona e il sole non è ancora tramontato. Chiede informazioni sulla via più breve e quella più facile. ‘Per Saint-Sulpice è la strada più breve ma dovete passare quella montagna là‘ gli dice il maniscalco, presso cui hanno ricoverato i cavalli a riposare e per essere ferrati di nuovo. Il monte appare arcigno. ‘Quella più facile ma vi allunga la strada di molte miglia è quella che passa per Bourdeau‘.

Pietro riflette che è più prudente la strada più lunga. Riprende il cammino verso Bourdeau. ‘Sicuramente Henry de Caron passerà per Saint-Sulpice‘ si dice. Forse ha trovato la maniera di beffarlo ancora una volta.

I tre cavalieri arrivano a Camberiacum quando ormai il buio è calato. Ritiene inutile proseguire. Sarebbe pericoloso continuare per una strada sconosciuta e con scarse probabilità di raggiungere Pietro e il suo compagno.

Ricoverano i cavalli presso il maniscalco del borgo.

“Sono passati due cavalieri forestieri?” domanda Henry de Caron all’uomo.

“Forse” risponde in maniera evasiva il maniscalco, che avverte qualcosa di ostile nelle parole di Henry.

“Sono passati oppure no, qui da voi due forestieri?” lo incalza con tono prepotente.

“No” ribadisce seccamente l’uomo. “La stalla è piena. Non potete lasciare qui i vostri cavalli”.

Henry de Caron scuro in volto esce. É sicuro che Pietro sia passato da lì. Dovrà cercare altrove le informazioni che gli servono. Cerca un locanda dove mangiare e dormire ma domani riprenderà la caccia. La contea di Sabaudia non è vassalla del re capetingio. Lo sa bene Henry de Caron e quindi non può minacciare nessuno.

Pietro e Philippe costeggiano il lago e dopo un lungo giro si fermano in un minuscolo borgo lungo il fiume Ain. Sa di aver perso molto del vantaggio sui suoi inseguitori ma spera di arriva a Lugdunum prima di Henry de Caron.

La strada è lunga, tra campi, neri e brulli, e piccole fattorie isolate. Dolci colline, dove si stagliano scheletri di alberi spogli, accompagnano il viaggio di Pietro e Philippe verso Lugdunum.

Al vespro del giorno seguente sono in prossimità delle porte del borgo fortificato, dove pensano di sostare per la notte. Si fermano per decidere la strategia da seguire, quando si presenteranno alle guardie che presidiano l’ingresso. É indeciso tra trovare un alloggio fuori dalle mura o entrare. ‘Se passo inosservato, significa che Henry de Caron non è ancora arrivato. Ma se…’ si dice incerto e dubbioso. Il suo sesto senso gli suggerisce che non sarà così.

“Abbiamo un salvacondotto di sua Santità. Nessuno ci oserà torcere un capello” afferma Philippe un po’ ingenuamente.

“Non contate su quella pergamena. Vale meno di un pugno di polvere” fa Pietro, mentre pensa che il suo compagno di viaggio è troppo giovane e candido per capire.

Il chierico lo guarda stranito e sprona il cavallo verso la porta. Il frate rimane incerto se seguirlo o ritornare sui suoi passi, quando vede un drappello di cavalieri venire verso di loro. Ritiene inutile darsi alla fuga. Il cavallo è stanco e rischia solo di essere ucciso. Lentamente segue il giovane compagno, avanti un centinaio di passi. Sa che sono venuti per loro.

Si ferma, circondato da una decina di armati. Quello che sembra il comandante gli intima di non muoversi. Pietro sorride. ‘Sono già fermo‘ si dice, rimanendo immobile. Spera che il chierico prosegua senza tornare indietro.

“Dovete venire con noi a Parigi” gli ordina quello che pare il capo.

“Ma il cavallo è stanco” risponde il frate, che con sollievo vede sparire in lontananza Philippe.

“Non importa” replica con ottusità il cavaliere. Al piccolo trotto prendono la via per Parigi.

parte tredicesima

Ciao mondo!

Benvenuto in WordPress. Questo è il tuo primo articolo. Modificalo o cancellalo e inizia a creare il tuo blog!

Alexia

Correte, correte. Secondo articolo di seguito per Newwhitebear su Caffè letterario.
Anche i commenti sgradevoli sono graditi.
Buona lettura

Avviso ai naviganti – Uffa che barba 2.0

Faccio il secondo e ultimo intervento sul problema biscottini e poi basta.
In primo luogo dobbiamo chiarirci, e io sono il primo che devo fare chiarezza con me stesso, cosa è quella che è stata chiamata “Cookies Law” mutuandola dal garante della privacy inglese.
Il provvedimento del garante del 8 maggio 2014, che è entrato in vigore il 3 giugno 2015, ‘ Individuazione delle modalità semplificate per l’informativa e l’acquisizione del consenso per l’uso dei cookie‘ è semplicemente un chiarimento sul articolo 122 della legge 196, 30 giugno 2003, ‘Il Codice in materia di protezione dei dati personali‘. Un chiarimento non sempre chiaro, in puro stile garante della privacy. In buona sostanza cosa cerca di trasmettere? Le linee guida da osservare per rispettare la protezione dei dati personali ovvero seguendo le sue indicazioni si è sicuri di rispettare il codice. Questo è per chiarire la portata di quel provvedimento. Che poi semplifichi la vita ai gestori dei siti, questo è tutto da vedere.
In data odierna il garante ha emesso un comunicato stampa, che di certo deluderà le aspettative di molti – se qualcuno pensava che facesse un ‘libera tutti’, si sbagliava e di molto,  ‘Chiarimenti in merito all’attuazione della normativa in materia di cookie‘. Riporto solo le conclusioni finali. Chi vuole se lo può leggere dal link accluso.
IN PARTICOLARE EVIDENZA
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Infine è giusta la nota polemica del garante. Nel 2009 una direttiva della CE, eurozona tanto per essere chiari, ha chiesto ai singoli garanti di recepirla per armonizzare la gestione dei cookies. Fino al 2012 è rimasta nel cassetto del garante italiano, finché. bontà sua, non è stata recepita per decreto – si rischiava la procedura di infrazione con quel che ne consegue. Quindi ha iniziato la stesura del provvedimento, terminata nel 2013. Come di consueto, il garante ha avviato una pubblica discussione durata i consueti sei mesi. E pare che nessuno abbia avuto motivi di doglianze. 8 maggio 2014 diventava ufficiale il testo attuale, dando 13 mesi di tempi per gli adeguamenti dei siti. Ovviamente, in puro stile italiano, nessuno ha agito e tutti hanno cominciato a strapparsi i capelli e stracciarsi le vesti nell’imminenza della sua entrata in vigore. Commenti?
Infine veniamo ai simil-banner che molti blogger hanno messo, pensando di pararsi il deretano. Vorrei ricordare che se il 3 giugno 2015 erano inadempienti, lo erano anche prima, perché il Codice è attivo dal 1998 e non ammette sconti.
Personalmente ho trovato di dubbio gusto accusarsi di distribuire cookies suoi e di terze parti in tutti i PC dei visitatori. Motivo? Non hanno rispettato il codice. Copiare da siti come RAITV o similari, senza nemmeno capire cosa si dichiara pubblicamente è stato un errore di valutazione non piccolo, che potrebbe, in linea teorica, fruttare una denuncia al garante. Molto meglio sarebbe stato o non dire nulla o preparare una paginetta, dichiarando di non installare cookies di nessun genere. Non lo dico con senno del poi ma in diverse risposte a diversi blogger avevo scritto proprio così.
Adesso taccio e mi occuperò solo dei miei blog e della prossima pubblicazione su Caffè Letterario di domenica 7.
E’ vero che è stata una simpatica rimpatriata sulla Privacy, croce e dolore per una dozzina d’anni, facendomi sentire più giovane di diversi anni ma ho capito che nulla è cambiato sotto il sole d’Italia.