Un viaggio, un incubo – ottava puntata

Prosegue il viaggio di Simona che non sembra una passeggiata. Per chi volesse, senza impegno 😀 , trova qui le altre puntate.

Foto di Quincy Anderson da Pexels

Buona lettura.

Mentre legge il foglio, Simona sente squillare il telefono. Inghiotte la saliva, osserva il display e risponde.

«Ciao bella! Come va?» urla una voce lontana che riconosce subito.

«Bene» risponde fiocca Simona rassegnata a parlare con Irene.

«Tutto bene? Hai una strana voce come se avessi mangiato un topo! Ho una splendida notizia…».

«Si, tutto bene. Solo che non mi aspettavo la tua telefonata. Quale notizia?» ribatte con tono più franco.

«Nella mattinata parto per New York e atterro alle tre e trequarti! Ah! È vero che per te è ancora pomeriggio. Dimenticavo la differenza di fuso orario. Non vedo l’ora di abbracciarti! Mi ospiti nella tua suite?»

Simona rimane a bocca aperta senza parole. Osserva il telefono e il foglio che tiene stretto nell’altra mano e non sa cosa rispondere. Pensieri confusi si ammassano nella testa tanto che si sente frastornata. È stata una giornata dura e difficile sotto tutti gli aspetti.

«Ci sei? Non sento più nulla. Devo dedurre che non sei contenta di avermi tra i piedi!» afferma con la voce spezzata dall’amarezza.

«No, no! Semplicemente è una notizia strepitosa! Certo che posso ospitarti nella mia suite. Oltre al letto matrimoniale, luxury bed come dicono i fogli promozionali, che può ospitare almeno tre persone, c’è anche un divano letto nel salotto. Non hai che l’imbarazzo della scelta: o vieni nel lettone con me o dormi da sola sul divano…» e accennò a una mezza risata per nulla imbarazzata.

Non è la prima volta che dorme con una donna senza costituirle motivo di turbamento. Con Irene ha perso il conto.

«Non cambi mai! Lo sai che preferisco gli uomini, ma ti terrò compagnia nel lettone! Però niente scherzi! Si dorme solo e basta. Mi vieni a prendere all’aeroporto?»

«Certo. Mi deludi però» ribatte con una punta di malizia senza disagio e aggiunge: «Non sapevo che avessi pronunciato i voti di castità. Dunque a domani».

«Nessun voto di castità!» esclama con voce squillante. «Se mi trovi un negrone, me lo faccio nel lettone!» e una nuova risata fragorosa arriva alle orecchi di Simona. «Dicono che sono dei portenti! Ma con te niente! Piuttosto dimmi: con Mark come va? Com’è? Ti rompo le uova nel paniere?»

Simona ha un momento d’incertezza nel rispondere alla domanda. Vorrebbe mentire ma preferisce una risposta cauta.

«Mark?» fa una piccola pausa prima di spiegarsi. «Non è quello che pensavo e credo che difficilmente lo vedrò nei prossimi giorni».

Irene trattiene il fiato e resta in silenzio, sperando che l’amica sia meno parca di parole.

«Mi terrai compagnia in giro per New York, che non ho ancora visto per nulla. A parte il Central Park. A domani” conclude Simona.

La notizia che l’amica sarà domani a New York le solleva un po’ lo spirito dopo una giornata stressante. Nella mano sinistra tiene stretto il foglio, che rilegge.

«Vedremo» replica bellicosa, depositandolo sul tavolo. Si sente più forte e decisa. L’arrivo dell’amica ha alzato il tono di adrenalina.

«Domani è un altro giorno».

Un viaggio, un incubo -settima puntata

Per chi aspettava la nuvoa puntata, eccolo servito. Qui potete trovare le altre puntate pubblicatre in precedenza.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

Buona lettura.

Mark arrabbiato e accaldato raggiunge il proprio appartamento nel Bronx, masticando amaro l’insuccesso patito.

Non era mai capitato prima e per di più è stato giocato astutamente.

“Si, quella femmina non avrebbe aperto con facilità le gambe e la scopata sarebbe stata sudata” riflette mentre stappa una birra.

«Pur in un ambiente difficile si è mossa con attenzione senza commettere errori» chiosa mentre ansa per scaricare il suo membro. «Non si è persa d’animo, ritrovando con facilità la via d’uscita. Si è diretta verso l’unico punto che poteva garantirle la salvezza: la fermata dell’autobus. E io ho perso tempo a cercarla tra le carcasse d’auto! Però me la voglio fottere! Costi quel che costi! E sarà una prigioniera senza possibilità di evadere».

È disteso sul letto, mentre dà sfogo alle sue fantasie erotiche. Il pensiero di Simona è in cima alle sue preferenze, perché è veramente una bella donna, dopo averla vista di persona.

«Ha quarant’anni, ma non li dimostra! Ha una pelle morbida ed elastica come una ventenne!» continua il suo monologo dopo essersi sfogato. «Niente grasso. Ha forme rotonde e toniche. La pancia è appena pronunciata, ma sembra soda e invitante. E poi ha due tette della giusta misura e che si reggono benissimo senza reggiseno! Altro che quelle siliconate che sembrano mele avvizzite e dalla buccia plastificata! Quando mi attacco ai loro capezzoli, mi sembra di avere in bocca due pezzi di plastica! Che schifo! Non trovo più nessuna donna che non abbia le tette rifatte! Si, se me la fotto, sarà uno schianto!»

Liberatosi del peso del sesso, si alza e va in bagno a ripulirsi. Non è soddisfatto di come è andata la giornata. Aveva altri obiettivi. Adesso deve rifare i piani che aveva in mente e non sa da dove cominciare. Quello che ha pensato di fare con Simona è andato in fumo, perché è stato troppo precipitoso.

Quando l’ha vista al Central Park non è riuscito a contenersi anticipando le mosse, perché ha pensato a una facile passeggiata. Doveva procedere con maggior cautela e guadagnarsi la fiducia di Simona. La voglia di sesso è stata troppo forte senza che sia riuscito a trattenersi.

«Di persona è ancora più affascinante. La devo riprendere».

Accende il condizionatore e si prepara una canna. Deve ragionare come raggiungerla.

«È stata furba. Niente numero di telefono, nessun indirizzo» esclama contrariato. «Sarà come cercare un ago nel pagliaio. Vediamo se per caso è sul web».

Si spoglia mettendosi in canottiera e boxer prima di sedersi davanti al computer sempre acceso pronto a ordire la sua tela di ragno. Ne ha catturate molte, ma niente d’interessante: un paio di scopate senza sugo e un addio senza rimpianti.

Mark ha circa quarant’anni, è un broker assicurativo di discreto valore. Ha due matrimoni falliti alle spalle e una ragazzina di tredici anni per figlia, che per fortuna vive con la madre, una mezza baldracca, che se la faceva col suo migliore amico.

A volte gli viene il dubbio che Alessia, la figlia, sia nata dalle scopate di Ricky, perché non gli assomiglia per nulla. Sono anni che non la vede o la sente, ma non prova nessuna nostalgia, perché proprio non gliene importa nulla.

«Che si vadano a fottere Alessia e Susan! Le donne sono capaci solo di aprire le gambe» dice alzando il tono della voce, mentre dà una lunga tirata alla canna.

L’universo femminile è la sua ossessione senza distinzione tra etero, bisex od omo, purché siano belle e che la diano. A volte gli pare di discendere da Geronimo, perché dopo il fallimento con Susan pensa solo ad arricchire la collezione di scalpi di donne per soddisfare la propria libido.

Guarda la posta, che come al solito è piena di schifezze. Un po’ di spam, qualche mail di donne in cerca di un manico.

“Ma che vadano a farsi fottere! Al solo vedervi lui si ammoscia” si dice buttando tutto nel cestino.

Si collega a Twitter per scoprire se @Simo69 sta cinguettando o lo ha fatto.

«Nessun trillo da quando è arrivata a NY!» impreca sottovoce. «Nessun passaggio in rete! Muta e invisibile! Porca cagna! Eppure… vuoi che sia alloggiata in una topaia senza internet? No, lei evita, non vuole essere intercettata! È furba quella troietta, ma quando era a casa, aveva sempre la webcam puntata tra le gambe! E raccontava delle scopate con gli amici! E io solo a sbavare e masturbarmi! Si divertiva a eccitarmi, perché si sentiva al sicuro. Se solo si collegasse, scoprirei in un baleno da dove sta navigando e zac! piomberei subito a prenderla in consegna. Non sono mai riuscito ad adescare una donna europea per scoparmela. Solo siliconate americane o canadesi, che non ti danno nessuna emozione. Tutte sfondate dall’uso del dildo. Con loro pare di navigare nel deserto al buio. Puah! Che schifo!»

Deluso si alza per prepararsi un caffè e una nuova canna.

«Fumo troppo! Dovrò limitarmi o finirò male!» strepita mentre arrotola la bustina. «Però sono troppo nervoso. Quella cagna mi ha stregato».

Guarda l’ora: sono le sei p.m. E da due ore si trova rinchiuso in quel buco che chiama appartamento. Due stanze più i servizi per quasi 600 dollari al mese. Una donna a ore gli tiene ordinate le due camere.

Si guarda intorno e scrolla la testa. “Fa schifo! Devo cambiare Shelly, perché a malapena si nota che ha pulito. Va bene che la pago in natura, quella baldracca, ma non posso portarci nessuna donna qui. Scapperebbero subito per lo sporco che si annida in ogni angolo. Devo farci un bel discorso e allungarle qualche dollaro extra, ma deve cambiare registro”.

Però a Shelly non rinuncia, perché gli garantisce sesso settimanale per tutto l’anno. È una donna di colore di origini cubane di circa trentacinque anni, dalle forme rotonde come piacciono a lui e senza parti rifatte, sempre disponibile anche quando ha il ciclo. Non è bellissima, ma ci sa fare e lo soddisfa in tutto. Non c’è orifizio che non venga passato in rassegna con cura meticolosa. Al termine del servizio di pulizia si trattiene per la notte per il pagamento. Non ha mai capito perché abbia rinunciato a qualche dollaro in cambio di sesso.

Torna alla postazione per vedere se ci sono novità.

E subito si accende la lampadina. Adesso sa come scovare Simona.

Un viaggio, un incubo – sesta puntata

Eccoci alla sesta puntata di questo racconto lungo. Per chi volesse – a suo rischio e pericolo – leggere le puntate precedenti può trovarle qui.

Buona Lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Un pallido sorriso compare sul viso di Simona sdraiata sul letto dove si è sistemata dopo aver mangiato qualche spicchio di pizza.

Spazia con l’occhio fuori della grande vetrata per ammirare lo spettacolo del tramonto, che gioca fra i grandi palazzi di fronte. La mente è vuota, come se tutti i pensieri fossero volati via impauriti per lo scampato pericolo.

Non sa il perché, ma ricorda Anna, mentre osserva tra le cosce aperte il ciuffo nero, che si riflette senza imbarazzi nello specchio di fronte al letto.

Non è stata un’esperienza esaltante, eppure qualcosa ha imparato. “Devi essere più aggressiva se vuoi sopravvivere!” le aveva detto quando si sono lasciate, ma a quanto sembra la lezione non le è servita.

Hanno lavorato come segretarie nella ditta Bombardi per qualche anno prima della chiusura.

«E per fortuna!» esclama contenta. «Ognuna di noi ha seguito strade diverse. Io ho trovato un impiego a Carugate, lei è rimasta a spasso prima di tornare ad Aci Castello. Senza troppi rimpianti la nostra storia è finita».

Per qualche mese si sono sentite per telefono, poi l’oblio è sceso sul loro rapporto. E ripensandoci col senno del poi, non avrebbe fatto l’errore di avere una nuova relazione con lei.

È interdetta perché non comprende i motivi per i quali ripercorre quella parte della sua vita, quando uno squillo la distoglie dal pensare ad Anna. Si guarda intorno alla ricerca della fonte rumorosa.

“Non è il mio telefono” si chiede mentre il suono si fa sentire a intervalli cadenzati.

«Ah!» esclama afferrando la cornetta del telefono a fianco al letto. «Chi è che mi cerca? Nessuno sa dove alloggio a parte i miei genitori. Nemmeno Irene, che voleva accompagnarmi. Però forse… Sarà meglio che risponda così smette di ululare».

Un brivido di terrore le percorre la schiena mentre solleva il ricevitore.

«Hello!»

«Miss Ferrari?»

«It’s me».

«Reception speaking. There’s a message to you».

«A message? Who?» replica attonita. Non riusce a comprendere chi le ha scritto.

«I don’know. I send it to you with an office boy».

«I’m sorry. Wait a moment, please. I can’t receive someone».

«Sure! You arrive in a quarter of an hour. Goodbye!»

«Thank, goodbye».

In fretta si toglie il baby doll e indossa un paio di jeans e la camicetta, mentre s’infila un paio di ballerine nell’attesa di sentire bussare.

Aspetta con ansia di leggere il contenuto del messaggio e conoscere il misterioso mittente.

“Chi sarà mai? Eppure sono stata discreta negli spostamenti” pensa in preda all’angoscia.

Uno squillo annuncia l’arrivo del fattorino e gli mette mezzo dollaro in mano.

Tremolante apre la busta ed estrae un foglio scritto a mano.

Legge e sbianca.

Un viaggio, un incubo – quinta puntata

Eccoci con il nuovo appuntamento con la storia di Simona. Per chi avesse perso qualche puntata precedente, le può trovare qui.

Buona lettura.

credits by Pexels.com

Simona osserva l’ora proiettata sul soffitto e ha un sobbalzo.

«Ho dormito due ore! E sono ancora nuda!»

C’è ancora luce. Le giornate sono lunghe e il sole sta scendendo dietro le punte dei grattacieli.

La suite è confortevole come potrebbe essere un caldo abbraccio. Ha una vasta stanza divisa idealmente in tre parti. L’area sonno con un letto di dimensioni enormi che guarda in lontananza un parco, una grande isola verde contornata da alti palazzi. Nei due angoli ai lati del letto da una parte c’è la zona cottura e dall’altra l’area relax con due poltrone e un tavolo. Un bagno ampio con doccia e vasca completa la suite. L’arredamento è moderno con colori tenui.

Simona ha trovato di suo gradimento la sistemazione. Quando la prenotato via internet, non pensava che fosse così confortevole.

Si guarda intorno con l’occhio ancora assonnato. Sente il corpo caldo nonostante l’aria condizionata. Fuori una leggera nebbiolina increspa le guglie dei grattacieli e opta per non uscire alla ricerca di un ristorante. Rinuncia all’idea di farsi servire un pasto nella suite dal servizio ristorante come le sere precedenti.

«Userò il servizio di cucina» mormora dirigendosi verso l’angolo cottura, dopo aver indossato un baby doll. «Nel congelatore ho visto pizze e nel frigorifero formaggio, birra e acqua. Per stasera va bene così».

C’è la televisione via cavo che le servirà per allietare la serata. Nell’angolo che funziona da salotto sta un computer con accesso a Internet funzionante se ha voglia di navigare in rete.

Il viso è rilassato nonostante la brutta avventura del pomeriggio. Canticchia e si organizza per trascorrere la serata. “Ok. Più tardi mi faccio un giro sul web per leggere le ultime novità e visualizzare la posta” si dice soddisfatta, mettendo nel microonde la pizza.

Ritiene inutile recriminare sugli avvenimenti del pomeriggio, perché non cambierebbe nulla. Si è dimostrata ingenua e incauta, ma dovrà raddoppiare le precauzioni per non cadere tra le grinfie di Mark di nuovo. Fa mente locale sul viaggio di ritorno programmato per il quattordici luglio. Legge la data sulla sveglia digitale: tre luglio.

“Ancora undici giorni, prima di recarmi al JFK Airport e imbarcarmi sul volo Air France con destinazione Milano con tappa a Parigi” riflette. Saranno undici giorni di supplizio con l’incubo di vedere sbucare all’improvviso il viso di Mark. New York è grande, ma la sfiga ci vede bene, anzi benissimo. “Quando ritieni di essere al sicuro… zac! e spunta la persona più indesiderata! E lui lo è! E se capita come farò a districarmi? Riuscirò a sfuggirgli oppure finirò sua prigioniera senza diritto di riscatto?”

Simona osserva sulla parete il display dell’orologio che segna le otto p.m. In Italia sono la mezzanotte. Non ha nessuna intenzione di chiamare casa, perché è tardi e non desidera raccontare gli avvenimenti odierni.

“Lo farò domani” si ripromette. “Saranno in pensiero perché non mi sono fatta viva, ma Dio mio sono una donna adulta! Questo lo devono capire”.

Il microonde l’avverte che la pizza è pronta. La mette nel piatto con formaggio e birra sedendosi al tavolo. Mentre mangia in silenzio si ripromette di fare il punto della situazione. “Di sicuro non ne parlerò con loro, perché sento già i pianti di mamma e le urla di papà che mi intima di prendere il primo volo di ritorno!” riflette pulendosi la bocca con una salvietta. “Sono a New York e voglio finire la mia vacanza anche se l’ansia mi farà da scorta immancabile”.

Non ha intenzione di barricarsi dentro nel residence per undici giorni. “Per stasera passi, tanto più che non ho molta fame” si dice mettendo il piatto sporco nel lavello. “Domani si esce per New York e che Dio me la mandi buona”.

Quello che ha mangiato non sembra volere andare giù. Ha un groppo alla gola e lo stomaco chiuso. Lo stress del pomeriggio sta presentando il conto ma si deve rilassarsi per affrontare la notte.

«Domani è un nuovo giorno» borbotta, sistemandosi sulla poltrona per vedere un po’ di televisione.

Un viaggio, un incubo – quarta puntata

Ecco la quarta puntata che vede protagonista una donna di quarantanni. Per chi avesse perso le puntate precedenti le trova qui.


Foto di Pamela Marie da Pexels

«Fuck! Crap!» urla Mark inferocito, mentre tenta di sbloccare la cerniera rimasta a mezz’aria incastrata negli slip.

«Daughter of bitch!”» impreca mentre vede Simona infilarsi tra una pila di copertoni e delle portiere, sparendo alla sua vista.

«Floozy, I’ll kick your ass!» sibila mentre incespica nei jeans semi abbassati, tentando di rincorrerla.

La sente muoversi con cautela tra i rottami rugginosi di macchine, ma prima deve allacciarsi i jeans se vuole correre senza il rischio di cadere a ogni passo. Vede sul prato il perizoma che le ha appena strappato e lo raccoglie come un feticcio. «Wannabe forgiveness, slut!» e lo annusa.

Il profumo del indumento intimo carica Mark, che ricomincia la caccia a Simona. Però ha perso tempo prezioso e non la sente più aggirarsi tra le carcasse d’auto contorte. Pensa che si sia nascosta impaurita da qualche parte, mentre si muove in modo scomposto. Sembra un toro furioso dinnanzi al drappo rosso.

Gira per l’immenso cimitero di auto senza trovarne traccia o sentirne l’odore. Infuriato perché la preda è fuggita, raggiunge la Buick nera parcheggiata in un luogo riparato, lontano da occhi indiscreti, e comincia a perlustrare la strada.

Non è una zona molto trafficata, quindi difficilmente può avere trovato un passaggio da un automobilista in transito. Ha perciò la sicurezza che sia nei dintorni.

Ripercorre la carreggiata un paio di volte senza notarla e poi strepita: «Fuck! Crap! Playbacks are hell! You are a fucking cunt! Bastard!». Si ricorda che cento metri dal viottolo c’è la fermata del bus e l’ha visto arrivare mentre stava perlustrando il ciglio erboso alla ricerca di Simona.

Impreca contro se stesso perché la riteneva una donna stupida, incapace di ribellarsi, mentre si rivela più astuta e temibile di quello che pensava. L’ha sottovalutata. Da quel momento dovrà usare più astuzia se la vorrà catturare di nuovo. Scuote il capo e imprecando riprende la strada per New York.

La caccia è appena iniziata e durerà finché non l’avrà trovata. Sa che non rinuncerà con facilità a un bocconcino così prelibato, mentre il membro diventa duro pensando a lei.

Un viaggio, un incubo – terza puntata

E così siamo a quota tre. Per chi avesse perso le altre due le trova qui.

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Si domanda perché si è infilata in questa avventura che assomiglia più a un maledetto incubo che a qualcosa di stimolante.

“Fare sesso era l’ultimo dei miei pensieri! Ne ho fatto tanto che un po’ di astinenza mi avrebbe consentito di riassaporarlo con maggiore gusto” si dice ridendo per i ricordi lontani nel tempo.

Durante le lunghe conversazioni Mark aveva dimostrato capacità di pensieri profondi e intuizioni strabilianti. Nessuno degli uomini che aveva conosciuto aveva palesato le medesime qualità. “Ho creduto di essere incappata nella persona giusta” riflette con un sorriso amaro. “Ma alla fine si è dimostrato uguale agli altri”.

Ha un déjà vu. Ripensa agli uomini della sua vita che tra meteore e stabili sono stati troppi. Adesso ha quarant’anni e alle spalle un’esistenza sentimentale fallimentare con zero prospettive di miglioramento per il futuro.

Roberto, con il quale ha avuto la relazione più lunga, è stato la persona più importante tra tutti questi. Conosciuto negli ultimi anni del liceo ha avuto con lui una relazione durata tutta l’università per proseguire dopo tra passioni travolgenti e litigate altrettanto furiose. Più per inerzia che altro. Col senno del poi riconosce che non erano adatti: troppo diversi per carattere e aspirazioni. Lei aspirava a una esistenza a due tranquilla ma stimolante. Lui aveva in testa solo un mondo costituito dal sesso, dalla ricerca di stimoli artificiali e nessuna propensione alla vita di coppia. Ha tentato di coinvolgerla in giochi erotici di gruppo, ma le è stata sufficiente una volta sola. L’ha amato con molta passione, sperando di modificarlo ma senza risultati apprezzabili.

“Forse ho sperato di trovare in Mark quello che non c’era in Roberto” pensa con amarezza stringendo le labbra. “Ogni azione ha la sua reazione. Con Mark si è basata sul confronto, nella ricerca di quello che Roberto non è mai riuscito a donarmi. E questo mi ha condizionata”.

Mark si è presentato come una persona gentile ed educata. Le ha dato l’impressione di essere diverso dagli altri uomini conosciuti e frequentati. “Però devo confessare che ho preso una solenne cantonata! Esattamente come tutte quelle che lo hanno preceduto” rimugina tra sé al pensiero del pomeriggio.

Dopo Roberto il diluvio dei sentimenti l’ha travolta vedendo passare nel suo letto troppi uomini, senza che nessuno di questi le abbia saputo donare un briciolo di amore. Ricorda Enrico, con cui ha tentato di convivere con esiti a dir poco disastrosi.

“Con Enrico non riesco a capacitarmi come abbia potuto commettere un errore così grossolano, forse anche peggiore della sopravvalutazione di Mark!” si dice con un sorriso storto. “Mi aveva preso per la badante della madre, quasi ottantenne e con evidenti deficit cognitivi. Dovevo lavare e stirare tutta la sua roba, quella della madre e ci mancava poco anche della sorella! Tempo quindici giorni e sono schizzata via tornando a casa mia. È stato comico, per non dire patetico, quando ha tentato di convincermi che stavo commettendo un errore! Si, l’errore lo stavo commettendo, ma non come diceva lui. Tra tutti quelli dopo Roberto, questo è stato il flop più clamoroso. E non so ancora cosa mi aveva attratto”.

In questa carrellata di ricordi di amori sfortunati e improbabili non poteva mancare la parentesi con Anna, la collega di lavoro lesbica. Per mesi Anna ha tentato di avere una relazione con lei, finché dopo la delusione con Enrico ha deciso di accettarne il corteggiamento. È stata un’altra esperienza infelice sotto tutti i punti di vista, mentre conviene che tra l’amore saffico e quello etero la bilancia pende con decisione verso il secondo. Forse Anna non ha saputo toccare le giuste corde delle sensazioni ma è più probabile che lei non provasse nulla in quella relazione.

«Per fortuna» esclama ridendo a quel ricordo. «Siamo rimaste tutte e due senza lavoro, perché la società ha chiuso i battenti. Così senza traumi si è concluso quel legame che stava diventando ingombrante».

Si aggira inquieta nella stanza sotto il diluvio dei ricordi e si chiede cosa non funzioni dentro di lei. “Attiro uomini a profusione, ma il loro unico obiettivo è fare sesso, a parte Enrico, che voleva una colf”. Scoppia in una sonora risata ripensando a Enrico, visto che l’ha scopata tre volte per sbaglio, perché glielo ha chiesto lei.

Questi pensieri le fanno capire che l’avventura con Mark è stata dettata dal desiderio di uscire dal grigiore della sua esistenza e sentirsi viva a quarant’anni.

Mentre si stava avviando a superare la soglia dell’età, che per molte donne rappresenta l’apice della loro vita, ha scoperto blog, chat e tanti amici virtuali con cui scambiare opinioni e commenti. La scrittura tra il personale e l’attualità riesce a fornirle un momento di serena tranquillità, facendole dimenticare le delusioni amorose.

Un anno e mezzo fa c’è stato l’incontro fortuito su Twitter con Mark, poi l’uso di Messenger per parlare on line. All’inizio era contenta perché poteva perfezionare il suo inglese, poi è diventata una droga, perché aspettava con ansia la sera per aprire il dialogo con lui. “Le telefonate su Skype, che mi hanno permesso di sentire la sua voce calda e sensuale” ricorda con un pizzico di nostalgia perché fino all’altro ieri hanno affollato la sua mente.

Il loro rapporto virtuale è diventato saldo e vincolante, trasformandosi un po’ per volta nel confidenziale che le ha permesso di raccontare i suoi problemi, desideri, ansie e gioie. E lui suadente come una sirena le ha offerto su un piatto d’argento le soluzioni, come districarsi tra i meandri oscuri del lavoro, delle relazioni interpersonali, dei problemi irrisolti del cuore. Come un ragno tesse con pazienza la tela per catturare la preda, così Mark malizioso ha posto domande sempre più intime e imbarazzanti per chiunque ma non per lei, che ha risposto senza problemi nei minimi dettagli.

«Sono diventata un libro aperto, mentre ho messo a nudo la mia personalità complicata e talvolta immatura» afferma con un pizzico di rammarico. «Lui ha capito tutto benissimo, sapendo con precisione cronometrica ogni mia mossa e pensiero, trovando l’argomento giusto per convincermi. Come stamattina, quando non ho reagito alle sue avance lasciandomi soggiogare dal suo fascino perverso, come capitava con Roberto! Due persone tanto diverse, quanto uguali per il potere che hanno esercitato su di me».

Ricorda con esattezza come Mark ha preparato la trappola per attirarla a New York. Prima ha detto che sarebbe venuto a Roma per conoscere me e la mia famiglia, ma poi con varie scuse e impedimenti ha rimandato il viaggio di settimana in settimana, finché non lo ha annullato. A quel punto le ha chiesto di raggiungerlo nella Grande Mela.

“Ho trovato l’idea seducente” ricorda senza imbarazzo. “Un viaggio nella grande America da sola, contando sull’appoggio di uno che la conosce. Il dollaro debole che rende la vacanza a low-cost come propulsore economico. La possibilità d’incontrare questo grande amico e confidente, che ho apprezzato per i consigli disinteressati ma vincenti. Così ho deciso di partire nonostante l’opposizione di mia madre che non ha visto di buon occhio la mia vacanza americana. Devo dire che ha avuto un fiuto e un intuito eccezionale, ma io ho voluto fare di testa mia, sbagliando clamorosamente”.

Ricorda ancora le sue parole per convincermi: «Se vieni a fine giugno, troverai il clima ideale. Io avrò molto tempo da dedicarti».

Così organizzato il viaggio in tutti i dettagli, è partita fiduciosa verso la grande America.

Il resto è storia recente.

Nuovo post su Caffè Letterario e un sorpresa

Su Caffè letterario ho pubblicato un nuovo post. Da una splendida fotografia di Fabiana ho tratto lo spunto per un mini racconto.

Però mi piace parlare di una cara amica, Isabella Scotti, più conosciuta come Tachimio, e dello splendido omaggio che mi ha fatto.

Qualche giorno fa il postino ha suonato, una volta sola 😀 , per consegnarmi un pacchetto che mi ha incuriosito subito.

Dentro c’era un libriccino, solo ino per le dimensioni ma one per il contenuto.

All’imbrunire bisbigli d’amore” è una raccolta di ben 22 poesie, una più bella dell’altra. Si parla di amore, di sentimenti e di passioni col tono garbato di chi si muove in silenzio ma un silenzio rumoroso per i battiti del cuore.

Sono un bel numero e sono tutte belle. Sceglierne una o due è come fare torto alle altre. Tutte generano sensazioni ma due in particolare hanno prodotto emozioni forti e intense.

Soprattutto di sera” ha un’atmosfera magica come solo la sera è in grado di suscitare. Parole che mescolano passione e amore fondendoli in un unico crogiolo di sentimenti.

Riporto senza commenti “Chiudo gli occhi”, perché anche voi che leggete chiudendo gli occhi rivivrete l’amore che Isabella a profuso nelle sue parole.

Chiudo gli occhi

Vorrei vestirmi

del tuo amore, ora che

nuda

sul letto

giaccio.

Vorrei fosse

il tuo corpo

a coprirmi

tutta.

Solo così

non sentirei

più freddo,

né più tremerei.

Il tuo

infuocato amore

vorrei,

il tuo calore,

che mi scalderebbe

anche l’anima,

lo so.

E allora

guarda,

ora chiudo gli occhi

e in silenzio

aspetto…

Vorrei,

oh come

vorrei…

Le poesie o si amano o si odiano senza via di mezzo. O parlano al cuore oppure solo al vento.

Ebbene Isabella parla al cuore e le sue poesie si amano.

Un vero peccato che questo libro di poesie sia quasi introvabile e quindi più prezioso da conservare.

copertina All’imbrunire bisbigli d’amore – foto personale

Un viaggio, un incubo – seconda puntata

Eccoci con la seconda puntata di questo racconto lungo.

Foto di Wellington Cunha da Pexels

Finita la doccia, controlla i danni fisici subiti, che ripuliti non sono così preoccupanti come le è sembrato a prima vista, e tira un sospiro di sollievo.

In un paio di giorni non si sarebbe notato più nulla: qualche livido fra le cosce, diversi graffi superficiali alle spalle e sulle mani, un taglietto sotto il seno sinistro e basta. Però non li avrebbe notati nessuno, perché sono parti normalmente coperte.

Si rilassa sul letto nuda coi capelli ancora umidi. “Li asciugherò più tardi, se ne ho voglia. Ora desidero stemperare la tensione della lunga corsa”.

Non ha fornito a Mark l’indirizzo di New York e sorride a questo pensiero, perché sarebbe in preda al timore di vederselo sbucare dalla porta d’ingresso.

Dopo l’arrivo ha trascorso i primi due giorni a sistemarsi per riprendersi dalle differenze di fuso orario, il cosiddetto jet lag. Le sei ore di differenza dall’Italia si sono fatte sentire nel sonno come nei pasti. Per ventiquattro ore ha avvertito uno scompenso nell’orologio circadiano. Sonno e veglia sono stati sfasati come la voglia di cibo.

“Una sensazione strana” si è detta all’arrivo al JFK di New York. “Percepisco sonno e fame, ma sono appena le quattro del pomeriggio e ho davanti molte ore prima di mangiare e dormire”.

Alla fine del secondo giorno ha contattato telefonicamente Mark, che con insistenza voleva conoscere dov’era alloggiata, ma ha finto di non capire la domanda. Si sono dati appuntamento al Central Park per la mattina seguente per fare la prima conoscenza visiva dopo tanto chiacchierare in inglese via chat.

L’incontro non è stato dei migliori, anzi piuttosto deludente. Simona ha immaginato Mark più alto e giovane. Le è sembrato un uomo non più nel fiore degli anni con la tendenza alla pinguedine. Si è domandata il motivo per cui lo vedeva alto, snello, vigoroso e gentile, mentre adesso era tutt’altro. Basso di statura con pochi capelli che mostrano molte ciocche grigie ribelli e dalla pelle avvizzita.

La conversazione ha languito, perché lui ha mostrato più interesse alle sue forme che a parlare.

Sdraiata sul letto si alza per vedersi riflessa sullo specchio di fronte. Il suo aspetto non risente dell’età. Ha forme desiderabili nonostante i quarant’anni e le tante battaglie con gli uomini. Poco grasso, solo un leggero accenno sui fianchi, zero cellulite, il seno sodo e ben sostenuto, la pelle vellutata senza grinze. Il ventre invece non è mai stato piatto, ma piuttosto rotondo. Però questo ha smesso di essere un cruccio da molti anni e lo ha accettato come è. Le zampe di gallina ci sono, pensa osservandosi allo specchio, ma non si notano più di tanto, È sufficiente un po’ di cosmesi per renderle invisibili.

È soddisfatta del proprio corpo e avverte di essere in armonia con lui, mentre con le mani lo ripercorre dal seno al pube e lo paragona con quello di Irene, che ha visto tante volte nudo. Questo mostra i primi attacchi del tempo con le forme che si sono arrotondate e appesantite. Quando erano all’università, Simona faticava ad attirare gli sguardi dei ragazzi, mentre l’amica non aveva altro che l’imbarazzo della scelta. Però adesso, con un sorriso di soddisfazione sul viso, le parti sono invertite. Lei non fatica a trovarsi un uomo, per contro Irene suscita tiepidi entusiasmi. Solo offrendo sesso riesce a racimolare un accompagnatore.

Appagata ripiomba sul letto, mentre riaffiorano le sensazioni sgradevoli della mattinata con Mark.

«Non ha fatto altro che toccarmi un po’ ovunque con mio grande imbarazzo» esclama schifata. «Non mi sarei aspettata questa aggressività sessuale che non ho gradito».

Non era la prima volta che un uomo la palpeggiava, ricorda storcendo la bocca.

«In quarant’anni sono passata nel letto di molti, ma lui mi ha procurato fastidio. Non mi ha stimolata, anzi tutt’altro» afferma corrugando la fronte.

Da più di un anno si frequentano via chat. Nutriva una grande curiosità per questo incontro ma l’impatto è stato deludente. Quello che la impensierisce è stato la mancata attivazione del campanello d’allarme per il suo comportamento.

«Mi sono lasciata convincere di andare fiduciosa all’appuntamento pomeridiano» borbotta osservandosi allo specchio. «Sono stata un’ingenua accettare la sua proposta. C’erano tutti gli ingredienti per valutare la situazione e rispondere con un secco ‘No, thank you’. Eppure non l’ho pensato e mi sono cacciata in un ginepraio che avrebbe potuto finire molto male».

Nelle sue intenzioni il viaggio non doveva essere un tour sessuale, ma desiderava incontrare una persona, conosciuta virtualmente, per stringere un’amicizia reale. In questo momento comprende che questo aspetto rimarrà inevaso, dopo l’esperienza del pomeriggio.