L’amore forse esiste 1,2,3

Oggi parliamo di una trilogia, che in realtà non è, di Sara Tricoli L’amore forse esiste 1,2 e 3.

L'AMORE forse ESISTE: siamo come alberi in un bosco, separati, ma uniti da un unico terreno Formato Kindle

Capaci di Amare - L'Amore forse Esiste 2 - Formato Kindle

FEDELI A SE STESSI - L'Amore forse Esiste 3 Formato Kindle

Però prima di addentrarmi nei commenti devo fare alcune precisazioni che sono doverose.

Non sono mai stato un fan del cosiddetto romanzo rosa – chissà perché è rosa – o romance, per dirla all’esotico, anche se non li ho mai evitati. Parlo di quei romanzi dove il bello di turno s’innamora perdutamente della bruttina del paese oppure la maliarda miliardario sposa un poveraccio con le pezze nel culo. Sono due situazioni assai improbabili a verificarsi. Poi ci sono i cosiddetti romanzi tutto sesso e passione travolgente – boh sarò stato sfortunato ma non mi è mai capitato. Questi li identifico come romanzi harmony, che non ho mai letto ma che vendono alla grande. Oppure quelli alla Liala o di Carolina Invernizio di buona memoria. I famosi romanzi d’appendice, un genere di romanzo che si è diffuso nei primi decenni dell’Ottocento, noto anche col termine francese feuilleton.

Però ci sono romanzi dove si parla di sentimenti, di amore e anche di sesso che in effetti si possono leggere. Tanto per fare qualche nome: Jane Austen nel passato e Judith Krantz in tempi più moderni. Insomma non tutto e paccottiglia mielosa e improbabile.

Ebbene la trilogia L’amore forse esiste appartiene alla seconda schiera: quelli che raccontano di sentimenti e amore in maniera realistica e attuale. Però il vero punto di forza è il fil rouge che li collega idealmente: è lo scoprire a poco a poco i sentimenti e il reciproco rispetto nelle coppie che si formano. Una sorta di purificazione interiore che permette loro di superare i dubbi e chiarire la forza dei loro sentimenti. I tre volumi pur con i vari personaggi che si ritrovano in tutti e tre sono auto conclusivi. Non esiste una sequenza di lettura come capita in molte serie, tipo La straniera di Gabaldon.

Ammetto di essermi avvicinato al primo volume con i denti sollevati, pronto a rinchiuderlo nel cassetto e buttare via la chiave. Invece l’ho letto con piacere pagina dopo pagina seguendo le vicende di Sonia e Simon. Sonia deve decidere tra due uomini ma le sue incertezze aiutano Simon a manifestare la sua vera personalità. Sonia, Simon, Carlo descrivono con lunghi monologhi le loro debolezze, le loro incertezze, i loro dubbi. In questa sequenza di riflessioni si può trovare la catarsi dell’amore, quello sano e pulito.

Questa lettura piacevolissima mi ha convinto ad affrontare anche il secondo volume. Qui compaiono due personaggi, Sergio e Josephine, che erano apparsi di sfuggita nel primo volume e irrompe la figura di Claudia. Sergio è alla ricerca dell’amore senza trovarlo in apparenza. Claudia deve smaltire un lutto che le ha stravolto la vita. Ancora la presenza di Sonia che funziona da catalizzatore nelle vicende amorose riesce a far capire loro che basta guardarsi intorno, come ha fatto lei, e quello che cercano è lì a portata di mano.

Poi è arrivato il terzo volume, che ho letto quando era ancora in bozza. Una vera fortuna, perché mi ha permesso di apprezzare il romanzo nella sua veste definitiva. Lo ritengo il più maturo dei tre. Scrittura asciutta, senza fronzoli, storia molto più complessa rispetto alle precedenti. Senza entrare troppo nei dettagli, Scila una giovane donna che è in procinto di sposarsi ha un grave incidente che la tiene in coma per sei mesi. In questo periodo assiste non vista al formarsi di una duplice coppia, Aurora e Andrea, Melinda e Francesco. Per un sottile gioco del destino le loro vicende le fanno capire quanto sia fasullo il progettato matrimonio d’interesse voluto dai genitori. Il vero amore è quello con William, che non esita a partire dall’Africa, dove svolge la sua professione di medico, per raggiungere Scila non appena viene a conoscenza del grave incidente e relativo coma. Quello che ho apprezzato di più è stato il conciliare le storie delle tre coppie senza perdersi guidando passo passo il lettore nel comprendere i sottili giochi psicologici dei sei personaggi. Il lettore non si annoia mai, perché Sara riesce a tenere sveglia la sua attenzione.

La lettura dei tre romanzi è un mio caldo e sincero suggerimento, perché come ho detto in apertura sono sempre restio a leggere romanzi rosa – e dai con questo rosa. Non avrete di che pentirvi, perché la prosa fresca e spumeggiante di Sara saprà conquistarvi.

Li potete trovare su Amazon nel formato ebook, leggibili gratis per chi aderisce a Kindle Unlimited, insieme agli altri due romanzi La mia Ellen e Una ragazza come me, che meritano di essere letti.

LA MIA ELLEN: una fantasia d'altri tempi Formato Kindle

Semplicemente Dislessia - Clara, una ragazza come me Formato Kindle

Infine su Amazon:

Il romanzo che completa la trilogia

Senza dubbio è il romanzo più completo della serie ‘L’amore forse esiste ‘. La scrittura è maturata ancora di più, si è resa più efficace. La storia è più complessa con la splendida trovata di Scila che in coma vede svilupparsi quella di altre due coppie e capisce che anche lei può raggiungere la felicità con l’amore verso l’uomo che ama. È la catarsi dei sentimenti. Veramente brava Sarà nel cogliere le sfumature dell’amore. È senza dubbio un romanzo da leggere.

Grazie Sara!

Oggi ho letto questo nella pagina del mio ultimo libro Una notte magica San Giovanni  che potete trovare su Amazon e per chi aderisce a Kindle unlimited lo può leggere gratis.

Per chi ama l’ebook lo può acquistare a € 2,69, per chi ama la carta € 9, 36

Una notte magica San Giovanni

Ecco cosa ha scritto Sara Tricoli al termine della lettura.

Una storia che incuriosisce pagina dopo pagina. Cambi di ambientazione e un susseguirsi di azioni che mi hanno tenuta attenta e vigile durante tutta la lettura, senza risultare tuttavia stancante, ma anzi… decisamente accattivante.
Mi è piaciuta anche la scelta dell’autore di farmi conoscere i vari pensieri dei personaggi, mi ha reso la lettura più piacevole. Adoro conoscere i diversi punti di vista!
Molto interessanti e affascinanti i riferimenti storici e alcune leggende narrate, che mi hanno arricchita e fatta sognare.
Complimenti all’autore che ha saputo unire sapientemente mistero e quotidianità, rendendo la storia estremamente reale.
Sicuramente Consigliato!

Ma non solo questo ha pubblicato qui anche altre parole che mi hanno riempito di gioia e soddisfazionr.

Grazie Sara

Però anche lei è bravissima e i suoi romanzi sono godibili e meritano essere comprati e letti. Non mancate di visitare la sua pagina che trovate qui. e vi consiglio di leggere la sua trilogia  ‘L’amore forse esiste‘ che vi porta nel mondo degli affetti e dei rapporti di coppia. È una trilogia dove ogni romanzo è autoconclusivo ma i personaggi si intrecciano tra loro. Io, che non sono proprio un fan di questo genere, li ho letti con piacere e li ho trovati veramente belli, facendomi ricreare su questa tipologia di romanzi.

Però farei un torto a La mia Ellen e Semplicemente Dislesia, perché pur essendo formalmente diversi dalla trilogia, i sentimenti sono al centro della storia.

Semplicemente dislesia è una storia fresca e giovanile, dove si parla di ragazzi che scoprono i primi amori e le prime difficoltà nel rapportarsi con gli adulti tra le incomprensioni legate alla dislessia e situazioni educative non ottimali.

La mia Ellen, ambientata nell’Inghiltera ottocentesca, è una bella storia d’amore che In stile Jane Austen questo romanzo narra la storia d’amore tra Ellen , una ragazza scorbutica ma ricca di personalità, e Philip, giovane duca romantico. In senso lato riecheggiano Lizzy è Darcy di Orgoglio e pregiudizio.

Nuova puntata di una storia impossibile su Caffè Letterario

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la parte sesta di una storia impossibile che potete trovare qui.

È passato un po’ di tempo, lo so,  ma non ritenevo corretto pubblicarne un po’ qui e un po’ là, quindi ho scelto di metterle tutte su Caffè Letterario come le altre che sono qui.

Buona lettura.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

 

I fantasmi esistono

Una notte magica San Giovanni

 

Il vento di novembre non è così freddo, come ci sembra. Si rabbrividisce quando camminiamo per la strada stringendoci nella giacca o nello spolverino. Il tempo in questa stagione è uggiose e nebbioso. L’umidità e la tristezza dell’anno che sta morendo gela i nostri pensieri. A novembre tutto ti avvolge in un’atmosfera che paralizza il nostro calore e la mente.

La mia amica Carlotta comincia a sentire freddo dalla sera del trentuno ottobre, e continua a tremare fino a Natale. Non ci sono vestiti o coperte abbastanza pesanti da riuscire a scaldarla, si lamenta di avere i piedi ghiacciati. Ovunque vada non si toglie mai il cappotto. Credo di non aver mai visto quali abiti indossi durante quel periodo. I suoi sentimenti entrano in un completo stato d’ibernazione tale da trasformarla in un’altra persona, del tutto irriconoscibile. Non esce più di casa. Ignora gli amici. Trascorre il Natale aspettando che l’anno muoia. Dal primo di gennaio torna alla vita di tutti i giorni, uscendo di casa e parlando con gli amici. Rinasce alla vita come il nuovo anno.

«La maggior parte delle persone non crede ai fantasmi, ma io so che esistono.» Carlotta mi ha fatto questa confidenza in una mattina di maggio, soleggiata come può esserlo in questo mese. Il tono di voce è allegro, e i suoi capelli lunghi si muovono seguendo il ritmo del vento. Siamo sedute al tavolo di un bar all’aperto con due granite al limone davanti a noi. Mi dice che vede i fantasmi ogni giorno. «Ma è a novembre che li percepisco con chiarezza

Carlotta è una strana ragazza, difficile da comprendere. Cosa vedono i suoi intensi occhi neri non si capisce dalle sue parole. Il suo sguardo sembra trapassare i corpi perdendosi in immagini percepibili solo da lei, quando parla con le persone. Non rivela quello che percepisce nel suo animo con nessuno, forse solo con me riesce ad aprirsi un po’. Tuttavia quello che nasconde, lo indovino interpretando le ombre che le attraversano gli occhi. Quella è stata la prima volta che mi ha parlato di fantasmi. Non vi ho prestato attenzione, perché era la prima volta che faceva discorsi strampalati. Solo chi la conosce molto bene riesce a seguire il filo invisibile delle sue sensazioni senza perdersi nel groviglio delle sue idee.

Le ho chiesto a cosa è riferita quell’affermazione, riscuotendomi dall’apatia di ascoltarla. So che spesso ha dichiarato che non crede in una qualsiasi forma di esistenza dopo la morte.

«I fantasmi sono dappertutto!»

La sue parole mi hanno lasciato basita, mentre rideva aggiustando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

«È solo che la gente li ignora, o finge di non vederli. Io invece li ascolto.»

Un’ombra indefinibile passa nei suoi occhi, mentre Carlotta lascia cadere il discorso. Io non ho voluto approfondire il discorso. La conosco troppo bene per capire che non voleva parlarne.

In una grigia sera di novembre si è aperta con me, parlando dei suoi fantasmi. Aveva piovuto tutto il giorno e l’umidità restava appiccicata sull’asfalto e sulle macchine come una patina lucente. Sul telefono è arrivato un suo messaggio ‘I fantasmi sono tornati.e nient’altro. Non sono rimasta stupita, perché mai telefona e non ama ricevere telefonate. Usa solo i messaggi e la posta elettronica, perché è il suo modo di parlare senza comunicare, togliendo all’altra persona la responsabilità della risposta. Conosco lo stato d’animo di Carlotta durante quel periodo dell’anno, quindi mi sono precipitata a casa sua. È raro che in questo periodo tenti una qualsiasi forma di contatto con gli altri, e se lo ha fatto significa che ha bisogno di aiuto.

Quando arrivo da lei, la trovo pallida, di un pallore che non ispira tranquillità. Tuttavia non sembra infelice, anzi mi accoglie con affetto, offrendomi una tazza di caffè. Si muove come se abbia pensato che sia passata per caso. Mi chiedo se non ricorda il messaggio inviato o crede di non averlo spedito. Dopo aver chiacchierato del più e del meno, mentre lava le tazze del caffè mi dice: «Sandra è morta il quindici novembre di cinque anni fa.»

La sua uscita mi fa sgranare gli occhi, come se non sappia che in effetti è morta. Conosco Carlotta dalla scuola elementare e ricordo l’incidente di moto a causa del quale Sandra, la sorella maggiore, è deceduta mentre stava tornando a casa dall’università. Carlotta ne è rimasta sconvolta, ma benché abbia ripreso a condurre una vita normale, ho avuto il presentimento che quell’evento le sarebbe rimasto conficcato come una spina per sempre. In fondo è normale, ma non lo è, quando lei crede di vedere il fantasma di Sandra, ammesso che questo sia il senso del messaggio inviato. Comincio a preoccuparmi. Cerco il modo di affrontare l’argomento, quando lei prosegue: «Vorrei rivederla, anche per pochi attimi. Ormai non ricordo neanche bene il suo viso. Vorrei che fosse vero che le anime di quelli che amiamo e che sono morti prima di noi tornino a trovarci ogni tanto. Non sarebbe meraviglioso? Ma non è possibile, perché i morti restano morti. In realtà sono i vivi che ci perseguitano. Ieri stavo facendo la spesa al supermercato. E indovina chi mi sono trovata davanti? Monica! Te la ricordi? Sto avvicinandomi per salutarla, quando all’improvviso è svanita!»

Ascolto senza stupore il suo racconto e non so bene se stesse scherzando o se parlasse sul serio. Mi ricordo bene di Monica. Siamo state amiche inseparabili ai tempi del liceo, soprattutto Carlotta era molto legata. Però un giorno hanno litigato per un motivo futile che non ricordo affatto, e da allora non si sono più parlate. Carlotta non ha saputo più nulla di lei. Monica è viva. Amici comuni mi hanno riferito che si è trasferita a Parigi e lavora in una casa di moda.

«Stamattina invece,» proseguì Carlotta interrompendo il flusso dei miei pensieri, «nello specchio mi è apparsa la faccia di Marco. Abbiamo chiacchierato un po’, poi è sparito anche lui.»

Marco è stato il ragazzo di Carlotta per tre anni durante l’università, poi lei lo ha lasciato perché non sopportava più il suo carattere oppressivo e geloso. Pur non essendoci state liti, non si sono più rivisti, e nessuno dei nostri amici sa che cosa faccia adesso.

«Ma, Carlotta, stai parlando di persone che fanno parte del tuo passato, perché ci pensi proprio adesso?» Sono ancora più preoccupata della piega del nostro colloquio.

«Ma io non ci penso, io le vedo!» È sorpresa per la domanda tanto sciocca.

«Cosa significa che le vedi?» Sono ormai decisamente agitata.

«Le vedo.» E guardò al di fuori della finestra. «Come ti vedo ora. Li vedo tutti. Spesso e dappertutto. A volte mi parlano, oppure si limitano a fissarmi in silenzio. Non solo Marco e Monica, ma tutte quelle persone che ho incontrato e che hanno fatto parte della mia vita per un po’. Magari l’hanno anche cambiata, migliorata forse, comunque mi hanno resa quella che sono adesso. Poi a un certo punto sono scomparsi, come se fossero morti, alcuni perché gli eventi ci hanno allontanati, ma altri solo per pigrizia, paura o rancore. Qualcuno forse p ancora darmi qualcosa, e io a loro, ma non ci sono più.» Parla con calma serena, ma le ombre tornano ad affollarsi nei suoi occhi. «A volte vedo anche te, Paolo, i miei… Tutti voi che siete con me ogni giorno e vi posso toccare, parlare, e che non mi lasciate sola. Ma non ci siete sempre. A volte perdo il contatto anche con voi. Forse un giorno vi perderò perché ci sono molti aspetti nella vita compresa la morte. E non vi avrò detto quello che voglio dirvi davvero.»

Per un attimo ho creduto di cadere dentro i suoi occhi scuri e insondabili senza riuscire a emergere. Poco dopo me ne sono andata, ma sono turbata da quello che mi ha detto. Quando apro la porta di casa la trovo lì, sulla soglia. È lei, con i suoi capelli neri dagli occhi incredibili, non ho dubbio. Sto per chiederle cosa ci faccia a casa mia, ma quando apro la bocca, all’improvviso svanisce.

Se una giornata qualunque di aprile…

Una notte magica San Giovanni

 

Siamo ad aprile ma metto ancora il trench, perché fa freddo. Il sole non si vede coperto da nuvole scure che minacciano pioggia. Stringo la cintura e alzo il bavero dell’impermeabile chiudendolo bene alla gola.

Mi dico che avrei fatto bene a prendere una sciarpa di lana ma mi é sembrato eccessivo. Adesso la rimpiango. Forse anche un cappello non avrebbe suscitato ilarità nei pochi passanti che incrocio. Loro sono vestiti più di me. Il Burberry modello Westminster è bello e chic ma oggi serve a poco. Lo so, mi dico, che è un cappotto inglese assai costoso ma definirlo tale mi sembra esagerato. Oggi servirebbe qualcosa di più pesante.

Cammino svelto lungo Corso Italia diretto alla metropolitana. È una giornata feriale ma sembra domenica mattina presto, quando a Milano sono tutti ancora a dormire dopo i bagordi del sabato sera.

C’è qualcosa che stona ma non percepisco cosa o meglio lo capisco ma mi lascia perplesso. Per essere un mercoledì mattina mi sembra che tutti si siano nascosti. Le persone che incontro sono frettolose ma questo a Milano è la norma. Quello che è fuori standard è l’esiguo numero che camminano, tutti con la testa incassata tra le spalle.

Scendo le scale di Piazza Missori per prendere la linea gialla. Due fermate e sono in via Montenapoleone. Qui ho appuntamento con Sofia, una bella ragazza di venticinque anni. Ha un paio di anni meno di me ma è molto matura per la sua età. Ci troviamo bene insieme ma non è la mia ragazza. Il problema non è l’età: è che non è il mio tipo dal punto di vista fisico. Il corpo filiforme con un seno appena pronunciato non è il mio massimo. Mi piacciono le donne in ciccia. Non grasse ma con quel filo di carne che quando le abbracci senti consistenza.

Quando prendo Sofia fra le mie braccia per salutarla con un casto bacio sulle guance, sento solo ossa e fragilità. Temo sempre quando la stringo di rompere un prezioso calice di cristallo. Però con lei mi trovo bene. È solare, sorride sempre in maniera spontanea. Si può parlare di tutto: di libri, di musica e delle notizie del giorno senza mai annoiarsi. Però non è il mio tipo. La considero la sorella minore che non ho ma non la mia compagna. Forse lei è delusa dal mio atteggiamento ma io sono fatto così. Deve piacermi sotto tutti i punti di vista.

Immerso nei miei pensieri arrivo ai tornelli per obliterare il biglietto. Mi fermo stranito. Possibile che non ci sia anima viva, mi dico guardandomi intorno, nemmeno qualcuno nel gabbiotto da dove controlla che nessuno li salti?

Mi stringo nelle spalle e penso che sia una giornata di festa. “Ma è possibile?”

Scuoto la testa come per scacciare questa ipotesi balzana, mentre infilo il biglietto nella fessura per sbloccare l’apertura. Passo oltre e faccio i gradini che mi portano alla banchina. Odio le scale mobili senza nessun motivo e preferisco le scale. Mi fermo poco prima della linea gialla dove curiosamente ci sono dei dischi con su scritto ‘tu resti qui’. Una giornata strana senza dubbio, mentre ascolto la voce gracchiante di una donna. «Il convoglio arriva tra tre minuti. Rispettare la linea gialla e il distanziamento. Nessun assembramento».

Mi guardo intorno e mi accorgo di essere l’unico viaggiatore che aspetta. Altra stranezza della giornata, perché di norma c’è calca per prendere la metropolitana. Però è quella parola ‘distanziamento’ che ballonzola nella mia testa. Mi chiedo il motivo ma non finisco di riflettere, quando arriva il convoglio. Le porte si aprono ed entro. «I signori viaggiatori sono pregati di non sedersi sui sedili contrassegnati con una croce. I trasgressori sono puniti con quattrocento euro di multa».

Sento il clac delle porte che si chiudono mentre il convoglio prende velocità. Le stranezze si sommano da quando sono uscito dall’Hotel Charlie, penso sedendomi su un sedile privo di contrassegni. Io vivo in questo albergo, quando sono a Milano e tutto mi è sembrato normale. La receptionist bionda ossigenata con il sorriso falso sulle labbra. Il cameriere che mi ha servito la colazione stamattina. Gli inservienti che si muovono lentamente nell’attesa che gli ospiti lascino le loro stanze. Ho visto pure Piero, l’altro habitué dell’hotel. Però appena ho messo un piede fuori della porta girevole lo scenario è mutato. Pochissimi passanti, zero macchine, qualche rara bicicletta, mezzo davvero insolito per Milano.

Sono immerso nei miei pensieri, quando sento la solita voce gracchiante che annuncia: «Montenapoleone. Prossima fermata Montenapoleone». Mi riscuoto, perché non mi sono accorto della fermata Duomo. Mi alzo e mi preparo a uscire. Nemmeno qui vedo anima viva. Si sentono solo i miei passi che salgono le scale. Fuori la giornata non è mutata: sempre grigia con minaccia di pioggia. Mi rifugio nel Caffè degli artisti, dove mi aspetta Sofia.

Il locale è sempre animato a qualsiasi ora del giorno e oggi non fa eccezione. Come per magia quella sensazione strana che mi ha accompagnato svanisce. Tiro un sospiro di sollievo, perché tutto torna alla normalità. Forse era solo suggestione.

Sofia mi aspetta seduto al nostro tavolo, quello in angolo vicino alla vetrata. Si alza e mi abbraccia dandomi un bacio sulle guance. Che strano, mi dico, di solito è il contrario. Ci sediamo e mi prende le mani. Vorrei sottrarmi alla stretta ma ho il timore che si offenda. Lascio fare. «Cosa prendi? Io la solita cioccolata in tazza con la brioche» le chiedo mentre la osservo in viso. Ha una strana espressione: lo sguardo è tra il preoccupato e lo speranzoso. Non capisco cosa mi voglia trasmettere. Sto per chiedere il motivo, quando mi precede.

«Da stasera alle venti non si potrà più circolare liberamente fino a nuovo ordine. Si rischia una multa salata o la galera».

La guardo stranito, perché mi sembra una cosa inverosimile ma tengo per me questi pensieri. «Vuol dire che non ci vedremo nei prossimi giorni e non potrò tornare a casa?»

Sofia annuisce e chiede speranzosa: «Traslochi da me oppure mi ospiti nella tua stanza?»

La richiesta mi coglie di sorpresa e farfuglio qualcosa che lei interpreta come un sì. Adesso sono incastrato e devo solo scegliere dove.