Ancora poche ore…

Ancora poche ore e poi la promozione dei miei libri cessa. Avete tempo fino alle ore 8 e 59 di domani, lunedì primo marzo.

Un giallo Puzzone
Un caso per tre
copertina Il mazzo di fiori
Una notte magica San Giovanni

Qui trovate tutti gli estremi per usufruirne.

Affrettatevi senza perdere questa favolosa occasione.

Ovviamente potete comprare anche l’ultima avventura di Puzzone.

Puzzone e il sottomura

 

Lo sapete che…

Lo sapete che dalle ore 9 di oggi fino alle 8 e 59 di lunedì potete fare il pieno di libri gratis e procurarvi il terzo episodio di Puzzone fresco di pubblicazione?

Non capita spesso un pasto così pantagruelico.

In occasione del lancio della nuova avventura “Puzzone e il sottomura

Puzzone e il sottomura

ho pensato di farvi cosa gratis mettendo il primo episodio, uscito circa due anni fa, nel settembre 2019.

Un giallo Puzzone

Il secondo episodio con Puzzone e Debora Nardi scritto con Elena Andreotti

Un caso per tre – Andreotti Marcolongo

sono disponibili per il download gratuito dalle ore 9 del 27 al alle ore 8 e 59 del 1 marzo

Non contento, visto che qui ci sono due personaggi che sono apparsi la prima volta ne “Il mazzo di fiori” ho pensato bene di mettere anche questo in promozione gratuita sempre nelle due date del 27 e 28 febbraio.

copertina Il mazzo di fiori

Per quest’ultimo ho avuto la gradita sorpresa di vederlo scalare verso le prime posizioni di Kindle Store. 😀

Questi quattro libri insieme a “Una notte magica San Giovanni” saranno disponibili alla lettura gratis con Kindle Unlimited.

Una notte magica San Giovanni

Che ne dite?

Ricordo anche che chi ama la carta sono disponibili le relative versioni cartacee.

 

Piccolo addendum sperando che sia gradito.

Di comune accordo io e Elena abbiamo deciso di aggiungere alla lista delle promozioni del post precedente anche Un caso per tre.

Copertina un caso per tre

Speriamo che la cosa sia gradita.

Voglio specificare che la promozione libri gratuiti inizia alle ore 0:0 del 27 febbraio con l’orario della costa del Pacifico. che corrispondono alle 9 del 27 febbraio ora di Roma. Quindi anche il termine è posposto fino alle 8:59 del 1 marzo.

Puzzone colpisce ancora…

In occasione del lancio della nuova avventura “Puzzone e il sottomura

Puzzone e il sottomura

ho pensato di farvi cosa gratis mettendo il primo episodio, uscito circa due anni fa nel settembre 2019, a disposizione per il download gratuito nelle giornate del 27 e 28 febbraio.

Un giallo Puzzone

Non contento, visto che qui ci sono due personaggi che sono apparsi la prima volta ne “Il mazzo di fiori” ho pensato bene di mettere anche questo in promozione gratuita sempre nelle due date del 27 e 28 febbraio.

copertina Il mazzo di fiori

Questi tre libri insieme a “Una notte magica San Giovanni” saranno disponibili alla lettura gratis con Kindle Unlimited.

Una notte magica San Giovanni

Il secondo volume scritto con Elena Andreotti

Un caso per tre – Andreotti Marcolongo

è sempre disponibile alla lettura gratis con Kindle Unlimited

Per chi fosse curioso, ma dubito che ci sia la fila 😀 , vi lascio la mia pagina d’autore, dove potete ammirarmi in tutto il mio splendore di orso.

Qui potete trovare anche il resto delle mie pubblicazioni. Per chi ama il profumo della stampa esistono anche le versioni cartacee.

Buone letture

Cosa pensa Puzzone…

Ulteriore assaggio del nuovo romanzo con Puzzone. Cambia casa e cambia città e questo… ma leggete cosa ne pensa Puzzone.

Puzzone a ottobre vide il capobranco sparire per molti giorni, capendo che qualcosa era cambiato e pure in peggio, perché i fine settimana non erano più quelli di prima. I viaggi in una città che non assomigliava per nulla a Treviso lo misero in confusione. Percepì di essere relegato a un ruolo di comparsa. Il colpo di grazia arrivò con gli scatoloni, che venivano riempiti, mentre la casa si andava svuotando. Una mattina nebbiosa un gruppo di persone mai viste cominciarono a portare via scatoloni e quello che stava nelle stanze. Lo confinarono nel terrazzo, finché il capobranco non lo caricò sull’Audi per scaricarlo un paio d’ore più tardi davanti a un cancello.

Mentre Puzzone si guardava intorno smarrito, un furioso concerto di latrati gli diede il benvenuto. Non era una bella accoglienza quell’abbaiare sguaiato ma Puzzone diede una scrollata stiracchiandosi e infilò il cancello. Il prato era malmesso, nel senso che l’erba era alta senza un alberello sotto il quale schiacciare un pisolino o da usare per fare la pipì. Tuttavia era ampio per muoversi e correre. Di certo era meglio del vecchio terrazzo. Mentre stava esplorando il nuovo posto vide gli stessi figuri che qualche ora prima avevano portato via scatoloni e arredi. Adesso stavano compiendo l’operazione inversa. Avrebbe voluto esplorare la casa ma il capobranco era stato irremovibile vietando l’ingresso. Si rassegnò a selezionare i vari odori nel prato.

Il primo era quello inconfondibile dei topi, diverso da quello percepito nelle corse lungo i canali di Treviso, meno pungente ma ugualmente caratteristico. Si dedicò a cercare le loro tane senza successo. Poi quello acre e maleodorante dei felini. “Maledetti puzzoni” pensò Puzzone ricordando di averne visti al suo arrivo. Non ci aveva fatto caso, impegnato a capire dove fosse arrivato ma non gli erano parsi felici della sua presenza. “Se disponibili a fare amicizia, sarò ben lieto ma se mi fanno la guerra peggio per loro” si disse, mentre si rotolava nell’erba bagnata dalla nebbia.

Puzzone si sentì trascurato, perché a parte la ciotola con le crocchette e l’acqua fresca non lo degnavano di uno sguardo. Sembrò di essere diventato trasparente. Il capobranco e la sua compagna parevano essere stato colti da una frenesia strana. Li sentiva urlare e facevano un frastuono incredibile. Dopo una settimana allucinante Puzzone li vide più tranquilli, mentre la situazione si andava normalizzando. Alla fine poté entrare in casa aspirando il buon profumo di vernice fresca. Un paio di giorni dopo arrivò un uomo con uno strano attrezzo che produceva un rumore fastidioso. Trasformò il prato incolto in un soffice tappetto verde dal profumo buonissimo. Fece dei buchi dove infilò degli alberi talmente gracili che facevano pena. In un angolo fu posizionato una struttura in legno per ospitarlo. Una sistemazione confortevole, pensò soddisfatto.

Sistemata la parte logistica Puzzone doveva insegnare a quei zotici di vicini chi era e farsi rispettare. Dapprima fece capire ai topolini, anche graziosi nelle loro dimensioni, che era prudente girare al largo dal suo giardino. Chi non l’avrebbe compreso terminava la sua vita terrena. Quella folta colonia di felini, abituati a sonnecchiare nel suo regno venne convinta che era meglio cercarsi un altro posto per fare il pisolino. Qualcuno provò a fare il gradasso, convinto che fosse come gli altri stupidi cani, ma batté rapidamente in ritirata se voleva evitare guai peggiori. Altri, più intelligenti, superata la diffidenza iniziale, strinsero amicizia con Puzzone, ottenendo il permesso di entrare nel suo regno. Puzzone pose un’unica condizione di non disturbare merli, cince, pettirossi e altri piccoli volatili, che potevano banchettare nel prato a loro piacimento.

Dopo un mese trovò confortevole la sistemazione, anche se restava tutto il giorno da solo. Il capobranco e la compagna sparivano presto e tornavano tardi. Tuttavia non si annoiò, perché c’era sempre un imprevisto a movimentare la giornata come quella mattina, quando uno sconosciuto scavalcato il cancello si avvicinò alla porta di casa. Batté in ritirata con i jeans strappati e una natica che sanguinava. Nessuno gli aveva insegnato come trattare gli intrusi non graditi ma qualche goccia di sangue di un avo remoto aveva risvegliato le ataviche conoscenze. Se il capobranco o la compagna facevano entrare gli estranei, lui non mostrava la sua forte dentatura ma tutti gli altri dovevano girare al largo.

L’altra novità piacevole era la passeggiata serale in un posto pieno di verde e senza il rischio di finire in acqua. Insieme a lui correvano altri cani. Alcuni pazzi furiosi, perché tentavano di aggredirlo senza molto successo. Con altri era sufficiente una bella annusata e giocare a rimpiattino. Tuttavia quello che aveva suscitato la sua curiosità era il numero di persone, giovani e meno giovani, che camminavano, correvano e sudavano.

Insomma Treviso dopo un po’ rappresentò un ricordo sfumato.

Piccola anticipazione

Vi regalo una piccola anticipazione che vede Walter e Puzzone alle prese di un caso piuttosto intricato. Questo è il terzo episodio con questi due personaggi dopo Un giallo Puzzone

copertina Kindle

uscito 1 settembre del 2019 e quello scritto a quattro mani con Elena Andreotti di nonsolocampagna, dove Walter e Puzzone sono affiancati da Debora Nardi e Lina.

Un caso per tre – Andreotti Marcolongo

uscito qualche mese prima, 4 febbraio 2019.

Questa terza avventura era da tempo in attesa di essere pubblicata ma non mi decidevo mai di farlo.

Adesso lo sto revisionando eliminando refusi sfuggiti e sistemando alcuni dettagli.

Prologo

La nuova Ferrara – 24 maggio 2019

Trovata morta una donna nel sottomura della città.

Una donna dell’apparente età di trent’anni è stata trovata morta nel tratto del sottomura che va da Via della Fornace a Via Frutteti all’altezza della rotonda di Via Turci. Si trovava in quel boschetto cresciuto rigoglioso senza intervento umano che costeggia il fossato di circonvallazione. Se non fosse stato per il fiuto di un meticcio curioso nessuno dei numerosi frequentatori della zona avrebbe mai visto il corpo occultato dalla folta vegetazione.

La vittima era sprovvista di documenti d’identità e dalle prime risultanze non sembra che siano state denunciate scomparse di persone, almeno negli ultimi giorni. Indossava un vestito leggero di cotone, inadatto alla stagione. Da un primo esame non risultano tracce di violenza ma è presto per capire la dinamica della morte.

Il signor Bruno, da poco residente in città, è solito al termine della giornata lavorativa portare il proprio cane a correre nel tratto tra la Prospettiva e San Giovanni, mentre lui cammina di buon passo.

Ieri sera, poco prima delle sei, il suo cane si è diretto verso questo bosco cittadino e abbaiando ha richiamato l’attenzione del padrone, facendogli scoprire il cadavere. Ha chiamato polizia e 118 per informarli del ritrovamento.

Sembra che il signor Bruno e il suo cane non sia la prima volta che si imbattano in un cadavere o siano coinvolti in casi polizieschi. Infatti è da verificare un riscontro trovato sulla sua partecipazione alla soluzione di un caso intricato di droga a Treviso. Potrebbe essere un’omonimia perché non si conosce di quale città è originario.

Il signor Bruno avrebbe dichiarato agli inquirenti che Puzzone, un nome curioso per un cane, sia dotato di un fiuto straordinario e di una grande destrezza nella caccia ai topi, che in quella zona non mancano. Qualcuno ha fatto presente al signor Bruno che in quell’area sono di dimensioni notevoli. Però lui alzando le spalle pare che abbia affermato in modo categorico: «Non contano le dimensioni. Puzzone con un solo colpo li uccide». Veramente curiosa è questa caratteristica per un cane.

Forse impegnato a rincorrere questi temibili intrusi si è imbattuto nel corpo della donna, permettendone il ritrovamento.

Al momento le notizie sono frammentarie e tutte da verificare.

 

Tutti i miei libri li trovate qui nella mia pagina di autore

 

Elena’s world

Altro pezzo scritto ai primordi di blogger sempre sul defunto Windows Space.

Era una bella giornata di Luglio, calda e afosa, quando Elena si avviò verso l’Università. Insieme a lei c’erano amiche e i genitori.

Era un giorno importante: quello della laurea. Era il 16 Luglio 2004 e si sarebbe laureata in lingue con una tesi tutta in inglese, che era stata preparata con molta cura. Per migliorare la pronuncia, visto che si sarebbe svolta in inglese, era stata tre settimane a Londra. Che magnifica vacanza! Quanti ricordi piacevoli! Era la prima volta che andava all’estero da sola. Era stata con gli amici in Grecia e in Croazia, ma mai le era stato permesso di fare un viaggio fuori dell’Italia senza qualcuno che l’accompagnasse.

I genitori non erano stati molto propensi a lasciarla partire, perché pensavano che sarebbe incappata in mille pericoli: era una ragazza di 23 anni e chissà quali brutti incontri avrebbe fatto in quel posto lontano da casa. Elena invece era eccitata e non vedeva l’ora d’imbarcarsi per Londra. Anche il viaggio in aereo era una novità, insomma quante nuove esperienze erano concentrate in queste tre settimane!

Era arrivata finalmente la prima volta anche per lei… Inghilterra e Londra, una città vista finora nelle cartoline e basta. Era difficile spiegare, cosa provava una laureanda in lingue alla vigilia della partenza… Questa città rappresentava per lei un mito.

Il volo andò benissimo senza troppi problemi o apprensioni particolari. Era stato il suo battesimo dell’aria. L’aereo atterrò a Heathrow: un immenso aeroporto distante un quarto d’ora da Londra: per arrivare a Paddington aveva viaggiato su Heathrow Express. Durante il trasferimento in città ebbe modo di vedere ai lati della ferrovia la verde campagna inglese, molto bella nel periodo del viaggio: era maggio.

Per raggiungere l’hotel prenotato in centro a Londra una volta giunta a Paddington aveva preso due metrò, i famosi “tube” londinesi. Scese a Bond Street e dopo una breve passeggiata arrivò in Manchester Street, dove era ubicato l’omonimo hotel.

Si fermò un istante ad ammirarlo dall’esterno. Sembrava molto migliore di quello visto sui depliant dell’agenzia viaggi. Era un grazioso edificio del 1919 in mattoni rossi, piccolo e raccolto, vicinissimo a molti famosi locali di attrazione e di shopping, a due passi da Regent’s Park e dalle sponde del Tamigi. Una breve rinfrescata e via per le vie di Londra per scoprirla.

Dopo il secondo giorno aveva capito che le tre settimane sarebbero state insufficienti per godersela in pieno, anche perché durante la giornata doveva frequentare la scuola per perfezionare la sua conoscenza della lingua inglese.

Rimase sorpresa quando si presentò per conoscere chi le avrebbe fatto compagnia per il tempo del corso. C’erano circa 800 studenti, provenienti da oltre 60 paesi, tutti impegnati a perfezionare la loro pronuncia e conoscenza della lingua. ”Non mi basteranno sicuramente tre settimane per conoscerli tutti!” Fu il primo pensiero vedendo quella moltitudine vociante. Una babele di lingue che non comprendeva.

Tra le attività di contorno l’aspettava una gita in barca sul Tamigi. Però questo non era tutto: doveva andare in giro per la città a fare shopping, a visitare monumenti e musei, a trascorrere insieme a qualche compagno le serate al pub. Come avviene in tutte le aule scolastiche aveva fatto amicizia con un gruppetto di ragazze e ragazzi di colore e razze diverse, con cui trascorreva gran parte del suo tempo libero.

Purtroppo, come tutte le cose belle, anche questa esperienza finii. Mentre preparava il bagaglio per tornare a casa esclamò con un sospiro: «Come tutte le esperienze che per un attimo ti tirano via dal mondo in cui si vive, ti restano per sempre nel cuore. Al di là del posto in sé, che alla fine sta lì. Si può sempre tornare… Per quanto si possa pianificare il ritorno, non sarà mai la stessa esperienza di questi giorni. È il momento che conta, sono le persone che incontri che costituiscono almeno il 70% di ciò che vivrai. La stessa cosa è stata per i miei due mesi a Monaco di Baviera, le mie tre settimane a Malta…niente sarebbe stato senza le persone incontrate sul mio cammino. Le tre settimane sono volate in un baleno e il ritorno è con tanti rimpianti. Alla prossima volta, Londra!»

Il 16 luglio filò tutto liscio ed Elena festeggiò con i genitori e gli amici il traguardo raggiunto. Ora sarebbe cominciata la parte più difficile. ”Che lavoro intraprenderò?” si domandò inquieta e smarrita. I genitori premevano affinché lei trovasse un’occupazione nella scuola, ma Elena non ne era molto propensa, perché non rappresentava il suo obiettivo.

Presentò diligentemente la sua domanda alle scuole medie e superiori disseminate nel Gargano per insegnare lingue: inglese o tedesco. Lei risiedeva a San Severo di Foggia e immaginò che finisse in un qualche buco lontano da casa con quattro sputi di abitazione. Nutriva poche speranze che le domande venissero accettate e in cuor suo avrebbe voluto che la chiamata non arrivasse. Invece, ironia della sorte, le diedero un incarico per un anno in una scuola media di un paesino non molto distante da San Severo. Accettò malvolentieri per accontentare i genitori.

L’anno scolastico fu travagliato: non riusciva a tenere a bada quei ragazzini, che la mettevano in difficoltà nonostante avessero solo dodici anni. Finii l’anno scolastico stremata e stressata e per i mesi estivi non pensò più alla scuola, sperando che il nuovo cominciasse senza di lei, così da potersi dedicare alla ricerca di un lavoro diverso. Le sue preghiere non furono esaudite e si ritrovò con un nuovo incarico in un altro paesino della provincia di Foggia.

Se il primo anno fu angosciante, il secondo fu un’esperienza terrificante: quei ragazzini erano davvero delle pesti e i genitori che li spalleggiavano non da meno. Aveva gli incubi di notte e, quando prendeva la macchina per arrivare a scuola, aveva degli attacchi di panico. Era sull’orlo di una crisi di nervi, quindi decise di cercare un posto come receptionist in uno dei tanti hotel della costa pugliese e di chiudere questa esperienza nella scuola.

A fatica concluse l’anno scolastico e poi via alla ricerca. Fece numerosi colloqui, conobbe molti albergatori e alla fine la sua ricerca fu premiata. Trovò un hotel, che lavorava prevalentemente con clientela straniera praticamente tutto l’anno, Fu assunta in prova. Il grimaldello era stato la sua ottima conoscenza del tedesco e dell’inglese.

Così terminò la sua carriera d’insegnante e iniziò quella di receptionist.

L’hotel era molto grande e dotato di molte risorse: dalla piscina alla palestra, dalla sauna al kindgarten, dagli animatori agli insegnanti di ballo. Si trovava sulla costa nella zona di Peschicci ed era un grande edificio con annessi bungalow e piccole costruzioni destinate al divertimento il tutto immerso nel verde.

Gli erano stati offerti due locali con bagno nel seminterrato dell’edificio principale, dove all’occorrenza poteva trattenersi per la notte o riposarsi tra una pausa e l’altra.

All’inizio non pensava che dopo il periodo di prova la confermassero, perché aveva pasticciato in più di una occasione, ma con suo grande stupore e gioia le dissero che sarebbe rimasta.

Il personale era numeroso anche nei momenti di maggiore calma, perché era come un minuscolo villaggio delle vacanze. Con alcuni legò maggiormente, con altri i rapporti erano freddi e distaccati.

Col primo stipendio si fece un regalo: un bel portatile su cui scrivere tutto quello che le passava per la mente tanto che divenne un compagno fidato e inseparabile.

 

Le Bollicine di Simona

copertina Amanda e il bosco degli elfi

Era 25 Settembre del 2004. Il gran giorno era arrivato.

Vasco Rossi concludeva il suo tour per l’Italia a Catanzaro. Tutta la Calabria e la Sicilia erano in fibrillazione per il suo arrivo.

Simona era trepidante per l’evento, come c’era una grande attesa tra i suoi amici Nino, Stefano e le amiche Rossella, Paula e tanti altri che l’elenco sarebbe diventato lunghissimo.

Questo era il secondo mega concerto di Vasco che si accingeva ad ascoltare. Quattro anni prima appena ventenne aveva fatto una lunghissima fila per acquistare i biglietti. I ricordi affioravano netti: come aveva corso per essere tra i primi della fila, come aveva dovuto lottare per convincere i suoi genitori a lasciarla andare! Suo padre diceva che al concerto c’era solo una massa di drogati, ma lui non aveva voluto ascoltare le mie parole “Papà, tra i drogati c’ero anch’io!”. Voleva ringraziare chi le aveva fatto ascoltare Vasco per la prima volta, quando ancora quasi non sapeva dire il suo nome: ” CIAO MA’!”.

Lei voleva riascoltare “VOGLIO UNA VITA…CHE NON È MAI TARDI! DI QUELLE CHE NON DORMI MAI!!!”.

A Simona come ritornavano i ricordi, come si ripresentava tutto quello che era, che aveva fatto, la verità e una versione di sé che era quella reale, fuori degli schemi. Sembrava che qualcosa la spingesse avanti, una voglia di ridere incredibile, un gran desiderio di correre, come aveva corso quattro anni prima per comprare i biglietti del primo concerto.

Aspettava con impazienza che il gran giorno venisse. Avrebbe ricominciato a far scorrere fiumi di parole sul suo diario, per poter vivere di rendita come l’altra volta per un concerto che sarebbe durato nella sua testa almeno per un anno!

L’aspettativa era talmente grande che la sera prima Simona non era riuscita a dormire. Erano le quattro del mattino, quando presero il treno per Catanzaro. Dovevano essere all’Area Verde prima di tutti per godersi gli ultimi istanti dei preparativi di Vasco e della sua Band. L’ingresso era gratuito e dovevano essere là presto se volevano prendere un buon posto d’ascolto. Era emozionata come la prima volta!

Il tour 2004 iniziato a Latina il 30 maggio terminava a Catanzaro il 25 settembre. Leggendo la scaletta, questa comprendeva 29 canzoni tra cui “Bollicine”. Però mancava “Vita spericolata”, che era la sua canzone simbolo, perché tutta la sua esistenza era stata vissuta di corsa, per schizzare via a prendere i treni, che passavano una sola volta.

Simona e i suoi amici raggiunsero il posto e si sistemarono per bene nella attesa dell’inizio del concerto insieme a tanti altri giovani e meno giovani venuti ad ascoltare il mitico Vasco.

Vasco attaccò con “Cosa vuoi da me” seguito da “Fegato, fegato spappolato”. Queste prime due canzoni ebbero il potere di scaldare la platea.

Mentre il concerto si snodava con il susseguirsi delle canzoni, il cielo diventava sempre più imbronciato e minacciava pioggia a catinelle. Si chiese: “Sarei riuscita ad ascoltare ‘Bollicine’ prima del diluvio universale?” Questo avrebbe annegato tutti questi peccatori venuti ad ascoltare Vasco, personaggio scomodo e fuori degli schemi.

Simona continuava a guardare il cielo preoccupata, finché le note e le parole della canzone non riecheggiarono nella vasta area.

“….

bevi la coca cola che ti fa bene

bevi la coca cola che ti fa digerire

con tutte quelle, tutte quelle bollicine …

Poi dal cielo cominciò a scendere la pioggia sempre più forte. Simona insieme agli amici aveva corso, come mai lo aveva fatto in vita sua. Non desiderava beccarsela tutta. Aveva corso esattamente nello stesso modo con cui prendeva i treni perché sapeva che passano una sola volta, pensando che la sua vita fosse davvero SPERICOLATA!

Bagnati, ma felici ripresero il treno per Messina. Simona lo era in modo particolare, perché aveva potuto riascoltare dal vivo il suo idolo, il suo mito, perché aveva voglia di correre, di non fermarsi mai.

Si sentiva inquieta, perché si era persa fra tante parole, scritte e dette, sue e degli altri, diventando poi pensieri sempre più complessi e, alla fine, incubi.

Se guardava dentro di sé, quelle parole le hanno fatto bene solo per un po’. Però adesso era il momento di smettere, perché la incatenavano a quello che era stato, mentre doveva cominciare a pensare che anche la giornata era già passata.

Era arrivata a queste conclusioni ascoltando durante il viaggio di ritorno a Messina le canzoni dei Pink Floyd nell’album THE DIVISION BELL. Si rivedeva a diciassette anni, seduta davanti allo stereo, quando questi pezzi rombavano nella testa e pensava al suo futuro, visto che di passato ancora non poteva parlare. Ma adesso erano passati sette anni, un po’ di passato l’aveva alle spalle. “I knew the moment had arrived for killing the past and coming back to life”.

Così capì che stava inseguendo non un sogno ma un’ossessione. Si era persa dentro i pensieri, che le avevano riempito solo la testa e il cellulare di parole che nella vita reale non servivano. Doveva dare una svolta alla sua esistenza. Tagliare con quel minuscolo passato che si era formato in quei sette anni.

I feel persecuted and paralized” canticchiava Simona, mentre ripensava a lui, il sogno che inseguiva da tanto tempo. “Credo sia arrivato il momento di smettere di farmi condizionare dai discorsi di chi in fondo di me non si preoccupa. TORNO SU ME STESSA! Quello che spero è di rimanere su questa posizione e non tornare su questa decisione”.

La preoccupavano non poco quegli incubi, ma poteva chiamare il suo guardiano dei sogni, che ultimamente si era un po‘ distratto. “Deve essere difficile lavorare con me“. Rise a questo pensiero prima di tornare seria. “I suoi occhi scuri bastano per calmarmi. A volte sparisce, ma almeno non mi riempie la testa di concetti stupidi”.

Il giorno dopo si ritrovarono tutti da Billé a gustare gli ultimi gelati di una lunga stagione estiva. Avrebbero parlato del concerto del giorno precedente, della fuga precipitosa sotto il diluvio universale, che puniva quel popolo di miscredenti, che idolatrava come un Dio il mitico Vasco. Era la giusta punizione verso tutti questi peccatori, che della trasgressione facevano uno stile di vita.

Poi la lunga passeggiata sul lungomare a parlare del futuro, di cosa ci riservava il domani, dei sogni e delle speranze, insomma di tutto quello che i giovani parlano, quando si frequentano.

Da quel giorno di settembre non si era fermata mai. Dapprima era arrivata la laurea in lingue straniere con il massimo dei voti. Poi era riuscita a strappare ai suoi genitori il consenso per frequentare a Milano un master di Marketing e Comunicazione presso una prestigiosa Università. Questo avrebbe cambiato la sua vita perché avrebbe traslocato e vissuto lì per almeno un anno lontano da casa. Tuttavia la ciliegina sulla torta sarebbe stata ascoltare il concerto di Vasco nel prato di San Siro tra qualche mese, a luglio.

I giorni passarono veloci nella preparazione dell’imminente viaggio a Milano. Simona doveva trovare un posto dove alloggiare nei primi tempi nella attesa di sistemarsi in modo meno provvisorio. Doveva comprare del vestiario adatto al clima rigido del Nord, perché a Messina non le servivano, insomma per prepararsi a quella lunga trasferta tanto sognata, ma anche temuta.

“Riuscirò a resistere lontano di casa? La nostalgia mi assalirà? Come reagirò a svolgere tutti quei compiti, che ora minimamente mi sfiorano?” Questi erano i suoi pensieri, i suoi dubbi, ma non li diceva apertamente, perché voleva dimostrare di essere in grado di superare qualsiasi avversità.

Simona passò le sue giornate tra dubbi ed euforia, finché il gran giorno non arrivò. Salutò gli amici, la mamma, che non era contenta di vedere partire la figlia per luoghi lontani, dopo aver visto allontanarsi il figlio per la carriera militare. Sentiva la casa vuota, svuotarsi di tutti gli affetti ed era triste.

Simona sapeva di darle un grosso dispiacere, ma la voglia di avviarsi per affrontare questa nuova avventura era talmente forte da superare anche l’affetto che provava per lei. Prese il treno e partii per il lungo viaggio attraverso l’Italia verso nuovi orizzonti.

Dalla finestra….

Questo era il capitolo iniziale del romanzo

Le linee parallele si incrociano

che poi è cambiato diventando il secondo capitolo.

Marco aspettava una telefonata che tardava ad arrivare e guardava fuori dalla finestra.

Da qui scorgeva nel vicino giardino un ciliegio giapponese, tutto rosa per i fiori sbocciati dopo il lungo inverno. Era un stridente il contrasto con la quercia della pubblica via, che mostrava solo piccole e timide foglie verde smeraldo. Un minuscolo uccello si posò su un ramo dell’albero. Tentò d’indovinare senza successo quale fosse il suo nome, mentre osservava un allegro via vai di gazze attorno al ciliegio.

Aveva le spalle appoggiate allo schienale del divano letto e ripensava alla sua vita, che assomigliava alle montagne russe del lunapark per il susseguirsi di gioie e dolori che l’avevano costellata. Sogni e amori si mescolavano fra loro in maniera confusa, ma tutto restava impastato e informe come bozze malriuscite.

Gli sarebbe piaciuto conoscere il mondo attraverso i viaggi armato di zaino e sacco a pelo. I suoi desideri rimanevano solamente sogni, proibiti e irrealizzabili, perché era senza soldi, avendo solo lavori precari e mal retribuiti.

Era un giorno senza chiamate che lo costringeva a rimanere a letto e rimuginare sullo stato attuale. Il contrasto tra l’intensa fioritura del ciliegio e il timido risveglio della quercia era uguale a quello che provava dentro di sé. Avrebbe voluto ma non poteva. Aveva amato ma adesso era solo. L’ultimo lavoro si perdeva nei ricordi, mentre attendeva invano squillare il telefono per uno nuovo.

«Signor Marco Pinotti? Sono Marta di Objob. Le telefono perché…». Era il dialogo immaginario che avrebbe voluto che si concretizzasse, ma le giornate passavano uguali e il telefono rimaneva muto.

Marta era una simpatica ragazza, che aveva conosciuto vagando tra gli uffici dei lavori interinali. Aveva più o meno la sua età, almeno questa era stata la sua valutazione quando l’aveva vista seduta dietro una scrivania. La statura non ben definita e una zazzera riccioluta del colore del grano maturo erano gli unici particolari fisici che gli erano rimasti impressi. Si sorprese a pensare solo a questi due dettagli come se il resto del corpo non esistesse. In realtà a parte il viso e le mani non l’aveva vista in piedi.

Avrebbe desiderato invitarla a mangiare una pizza. “Con quali soldi?” Le sue finanze gli impedivano di sgarrare dal bilancio giornaliero. Una pasta condita con un poco di sugo accompagnata da una verdura, quella a più buon mercato, era il pasto principale del mezzogiorno, mentre alla sera un frutto e qualche cracker era quello che poteva permettersi. Il resto dei pochi risparmi era destinato all’affitto del monolocale e alle bollette, che puntuali come un treno svizzero, arrivavano tutti i mesi.

Stava raschiando il fondo del barile e, se non arrivava una chiamata, doveva dichiarare default. Percepiva l’inadeguatezza della propria esistenza in questo momento della sua vita, che contrastava con la tiepida giornata primaverile serena e soleggiata.

Non aveva nessuna voglia di alzarsi da dove si trovava. Dove vado? A guardare le vetrine scintillanti di offerte e gadget che non posso permettermi? A desiderare qualcosa che rimarrà semplicemente un sogno?

Marco continuava a osservare quel minuscolo volatile, che saltava da un ramo all’altro, beccando ogni tanto qualcosa. Immaginò che fosse un piccolo insetto.

«È dura la vita, amico? Però almeno tu puoi volare libero e cercarti del cibo. Io dipendo invece dagli altri, dai loro umori, da altre mille limitazioni. Vorrei librarmi senza vincoli nell’aria e osservare il mondo dall’alto, ma non posso».

Distolto lo sguardo dall’uccello, lo posò sulle gazze, che parevano divertirsi, mentre giocavano tra loro in un balletto sfrenato e simpatico. Tutti all’esterno sembravano in apparenza felici, l’unico insoddisfatto era lui. Un pizzico di scoramento lo avvolse, tanto che l’idea di abbandonare Milano e di ritornare a casa, che aveva lasciato quattro anni prima, prese forma. Per lui avrebbe rappresentato una sconfitta cocente, una dichiarazione di resa senza condizioni, dopo essere partito con molte speranze e tanti sogni, contenuti nella sua piccola Samsonite. Si era trasferito nella grande metropoli, convinto di spaccare il mondo, di fare quel salto di qualità che aveva sempre desiderato. Tuttavia aveva dovuto ricredersi ben presto. Aveva combattuto con vigore e determinazione per mantenere il posto e lo stipendio, che gli serviva a pagare lo stretto necessario per vivere. Aveva lavorato duramente, facendo grandi economie su tutto. Quello che non poteva permettersi era ridotto al rango di desiderio.

Un giorno di un anno prima, arrivato davanti al cancello, lo trovò sbarrato: un asettico volantino,con uno strano timbro inchiostrato sintetizzava ‘Società chiusa per fallimento’.

«Come chiude?» Domandò, osservando gli altri compagni di lavoro, ugualmente sgomenti, che si assiepavano attorno a lui.

«È fallita. Non lo sapevi?» Uno alla sua destra enfatizzò con voce alterata dall’ira.

«E adesso?» Chiese terrorizzato al pensiero di non avere più un’occupazione.

«Cercati un altro lavoro» replicò asciutto un operaio dalle mani callose.

«E i miei soldi?»

Marco si guardo attorno terrorizzato.

«I nostri soldi? Forse degli spiccioli tra qualche anno, se ne rimangono» affermò amareggiato un omone con le mani in tasca.

Da quel momento cominciò il suo calvario. Un lavoro di due giorni come garzone di una panetteria, un mese come operaio a scaricare merci, quindici come lavapiatti. L’elenco era lungo e non valeva la pena di rinvangarlo. Ricordava solo il lungo pellegrinaggio da un’agenzia all’altra per mendicare qualche spicciolo di lavoro.

Due mesi prima, passeggiando per via Cordusio nel centro di Milano, aveva letto un cartello, appeso all’interno di una vetrina ‘Objob – Il posto giusto per trovare lavoro’. Scrutò il vetro dove erano appesi i soliti cartellini, ingialliti dal tempo e dal sole.

Spinse l’uscio ed entrò.

«Buongiorno» salutò cortese, piazzandosi dirimpetto alla postazione, dove una bionda riccioluta stazionava davanti a un monitor.

«Ciao, sono Marta. In che cosa posso esserti utile?» Due splendidi occhi blu si alzarono per fissarlo.

A Marco mancò la parola nel vederla. Deglutì in fretta col pomo d’Adamo che si muoveva freneticamente, passò la lingua sulle labbra per umettarle e rispose incerto: «Sto cercando un lavoro…».

Appena pronunciate queste parole, pensò subito che era stata una risposta insulsa ma era stata anche la prima e l’unica che gli era venuta in mente. Era conscio che era lì per trovare un’occupazione precaria e non per ammirare quegli splendidi occhi blu. Questa era una necessità che stava diventando giorno dopo giorno sempre più impellente. Però convenne che Marta avrebbe meritata la visita comunque.

«Sì, ho capito. Che tipo di lavoro? Cosa sai fare?» Dalla bocca della ragazza uscì un suono dolce, mentre sfoderava un meraviglioso sorriso.

«Beh! Ho lavorato quasi tre anni in una fabbrica di minuterie metalliche come…» e si interruppe incantato dagli occhi e dal sorriso prima di completare il discorso. «Ero assegnato alla selezione dei pezzi per le verifiche e i controlli a campione. Un lavoro delicato. Poi l’azienda è fallita e nell’ultimo anno ho svolto molti lavoretti. Garzone, operaio, cameriere…».

«Ho compreso» lo interruppe la ragazza, aggrottando leggermente la fronte.

Marco la trovò deliziosa. Quasi stava dimenticando il motivo per il quale era entrato.

«Non hai trovato niente di meglio?»

I suoi occhi si sgranarono un po’ curiosa e sorpresa.

«No, purtroppo. Tutti, per quella mansione, chiedevano una laurea. Sai, ho solo il diploma di un istituto professionale per l’industria e l’artigianato. Ero bravo, dicevano. Tuttavia sembra che sia servito a poco». Marco aveva lo sguardo amareggiato.

Marta abbassò lo sguardo sul monitor e digitò qualcosa come se cercasse qualcosa.

Lo fisso con gli occhi lucidi come se da un momento all’altro volesse piangere.

«Mi spiace, ma non c’è nulla di adatto al tuo profilo. Se vuoi lasciarmi i tuoi dati, nel caso che…».

Lui la guardò smarrito e disse che avrebbe accettato un qualsiasi lavoro, perché non poteva rimanere senza un’occupazione.

La ragazza gli diede alcuni indirizzi. Una piccola scintilla sembrava scoccata tra loro, almeno questa era stata l’impressione di Marco. Le lasciò i suoi dati e il numero di telefono.

«Se capita qualcosa, ti chiamo» aggiunse prima di salutarsi.

Da quel giorno Marco sognava la telefonata, perché quegli indirizzi erano stati solo fonte di delusioni cocenti. Lavori umilianti, sottopagati. Però era meglio di niente. Si esaurirono in breve e adesso era di nuovo in attesa di una chiamata. I soldi stavano finendo e non c’era nessuna prospettiva a breve termine. Aveva cercato anche in altre agenzie di lavoro interinale ma la risposta era stata sempre la medesima: «Non abbiamo nulla per lei». Aveva provato a inviare qualche curriculum, ma tutto era rimasto muto. La crisi stava mordendo tutti e nessuna azienda si sbilanciava ad assumere, anche temporaneamente, qualcuno.

Da quel fortuito incontro erano passati due mesi senza che la ragazza si facesse viva e la speranza di risentirla era un lontano desiderio. Continuò a guardare gli uccelli che volavano liberi da un ramo all’altro, dal ciliegio alla quercia. Era deluso e amareggiato quando risuonò una musichetta familiare, quella dei Doors. Osservò il display. ‘Numero privato’. Toccò il tasto verde per rispondere.

«Ciao! Sono Marta. Ti ricordi? Quella di Objob…» e fece una pausa.

«Ciao! Certo che mi ricordo di te!» Rispose entusiasta, risollevandosi dal triste mutismo che l’aveva travolto.

«C’è una buona opportunità! Cercano una figura professionale come la tua. Contratto a progetto. Mesi sei più un’opzione per altri sei. Milleduecento euro al mese circa con buone prospettive per il futuro…».

«Oh!» fu l’unica risposta di Marco.

«Ma di questo ne parliamo dopo. Volevo invitarti a mangiare una pizza…».

Lui fu colto dal panico. Fece un rapido calcolo: in cassa rimanevano disponibili solo cento euro. Dunque era impensabile uscire con Marta. Stava per rispondere, quando riudì la voce della ragazza.

«Volevo dirti…». Fece una breve pausa, perché aveva compreso l’imbarazzo. “«a pizza la preparo io. La mangiamo a casa mia, se sei libero».

Marco guardò fuori, mentre l’ansia andava scemando.

«Sì! Vengo volentieri! Ho due coke in frigo. Per festeggiare».

La ragazza riassunse il suo tono professionale.

«Se mi dai l’okay, puoi cominciare domani. È una bellissima opportunità! Devi portarti solo il libretto di lavoro. Stasera ti spiego tutto. Alle otto».

«Dove? Non so dove abiti» replicò prima che lei chiudesse la conversazione.

«È vero! In via della Vittoria, 13. Sai dove si trova?».

«Sì. Alle otto. Ma quale campanello suono?»

«Che sbadata! Mi sembra di conoscerti da una vita e do per scontato che tu sappia tutto! Mercuri. Terzo piano interno cinque. Ciao! Ti lascio. È entrato qualcuno».

A Marco sembrò di udire uno schiocco di labbra prima del segnale di libero, ma forse era solo fantasia.