Il ritorno

Era una calda giornata di Giugno il sei, quando Goethe entrò a Roma dopo il lungo viaggio di ritorno dalla Sicilia.
Era stanco, accaldato e polveroso per via delle strade secche per la lunga siccità. Il viaggio sulla carrozza non consentiva molte distrazioni perché buche ed acciottolato provocavano continui sobbalzi tanto da rendere impossibile prendere appunti o fare disegni.
Finalmente era tornato alla locanda, che per tutti questi mesi gli aveva conservato la stanza e custodito il bagaglio non essenziale. Il padrone era sulla porta ad aspettarlo, facendogli grandi feste insieme ad alcuni amici fidati.
Goethe era talmente prostrato dal viaggio da Napoli a Roma che per diversi giorni rimase nella sua stanza per riprendersi.
Angelica seppe il giorno dopo che l’amato poeta era tornato e cominciò a fantasticare sul suo ritorno.
“Chissà se la nostra lite ha lasciato il segno? In tutti questi mesi non ho mai disperato che la nostra rottura si sarebbe ricomposta. Io sarò stata dura, ma lui ha oltrepassato il segno accusandomi di essere una donna di strada che mendica un po’ di sesso. Gli farò una sorpresa, donandogli il ritratto che che ho terminato nelle scorse settimane. Mi hanno detto che Tischbein gli ha fatto un quadro in cui Wolfgang appare come un dio che osserva l’agro romano con lo sfondo dei colli laziali. Però io l’ho ritratto come lo vedo: un giovane uomo intelligente e sensibile.”
Goethe era tornato pieno di brio, ispirato e pronto a riprendere la scrittura delle tante opere incompiute che erano state interrotte più volte.
Era ricercatissimo tanto che aveva l’agenda piena di impegni: tutti volevano sapere, sentire, ascoltare i suoi racconti.
“E’ stata impressionante la moltitudine di persone durante la processione della festa di Santa Rosalia. La devozione, le preghiere, i petali di rose  che cadevano dai balconi sono stato uno spettacolo magnifico, che ho potuto ammirare dal balcone del Viceré. Non avrei mai creduto che per un Santo si festeggiasse così intensamente.”
“ E’ una vera sfortuna, quando si è inseguiti e tentati da ogni sorta di fantasmi! Una mattina presto camminavo spedito, quando ho visto un giardino aperto e sono entrato. C’erano tutte le specie di piante del creato, anche di quelle che non avevo mai visto! Ho alzato gli occhi ed ho visto dietro il vetro di una finestra una splendida ragazza, che mi osservava incuriosita.  Non sapevo più cosa guardare quella meravigliosa visione o quello spettacolo naturale. Ero ancora lì incerto sul da farsi, quando un domestico uscì dal portone per invitarmi a salire in casa. Ho passato una splendida giornata con una guida che sembrava un angelo: mi ha spiegato e nominato uno per uno tutte le piante, i fiori e gli alberi presenti in quel giardino che sembrava il paradiso terrestre.”
Goethe però si stava stancando di raccontare tutte le meraviglie che aveva visto passando di salotto in salotto, di osteria in osteria, sentiva che gli mancava qualcosa, sentiva che doveva andare in Via Sistina da Angelica, la sua musa, colei che con pazienza ascoltava, dava pareri su quanto stava scrivendo. Poi aveva la necessità di ascoltare la sua voce, deliziosa e sensuale e forse anche di qualcosa d’altro.
“Come posso presentarmi al suo studio dopo la furiosa litigata che abbiamo avuto? Sono stato veramente indelicato nelle espressioni! Lei dichiara il suo amore per me, io la ripago dandole della donna di strada. Saprà perdonarmi? Saprà accettarmi ancora? Ah! Se avessi qualcuno che interceda per me!” così pensava una sera il poeta seduto davanti ad un bicchiere di vino rosso ed piatto di gustoso agnello.
Come per telepatia Angelica, seduta nella poltrona della camera da letto, mentre Maria scioglieva i capelli, pensava sospirando: “Wolfgang è tornato da due settimane, ma non è ancora venuto allo studio, né mi ha mandato qualche messaggio tramite amici comuni. Io l’amo e lo perdonerei se si presentasse davanti alla porta dello studio! Però temo che lui sia ormai perduto, perché preferisce i salotti delle nobildonne romane alla mia poltrona di raso rosso! Come posso attirare la sua attenzione?”
Così si struggeva mentre le lacrime salivano sugli occhi e da lì scendevano leggere sulle guance.
Maria sempre attenta a cogliere ogni sensazione di Angelica disse: “Mia Signora, perché piangete? Quale pena d’amore, se si tratta di amore, vi appanna gli occhi e la mente? Posso fare qualcosa per voi?”
“Maria, siete davvero gentile e premurosa, ma credo che non possiate fare nulla per me. L’uomo per cui piango è vicino fisicamente, ma lontano col pensiero.”
Si asciugò le lacrime con un fazzoletto di mussola bianca ricamato con le sue cifre, andò come il solito ad inginocchiarsi sotto la Madonna, dicendo le usuali preghiere serali e poi si coricò.
Maria rimboccò le lenzuola, spense i candelabri uscendo dalla stanza silenziosamente. Si recò nelle cucine alla ricerca di Manico, perché voleva affidargli il compito di rintracciare Goethe.
La ricerca ebbe successo, così il poeta seppe che Angelica stava aspettando con impazienza una sua visita nello studio.
Lei ebbe incubi e sogni quella notte: angeli e demoni si rincorrevano nella sua mente, mentre smaniava di passione ed amore.
Il viso del poeta era sempre lì etereo, impalpabile, sfuggente, mentre soffriva le pene d’amore. Non sapeva se era più desiderabile che il sogno perdurasse all’infinito o svanisse come una bolla di sapone.
Le ore della notte trascorsero veloci e ben presto l’alba di un nuovo giorno stava spuntando, facendo capolino tra le pieghe della tenda.
Si svegliò sapendo che Wolfgang sarebbe tornato da lei. Era una certezza che misteriosamente faceva capolino nella sua mente.
“E’ un sogno quello che penso oppure è realtà? Il mio cuore batte leggero ma impetuosamente. I miei sensi sono all’erta perché sentono i suoi passi che salgono le scale e quel bussare discreto ma deciso alla mia porta.” Così si esprimeva ad alta voce e chiamò: “Maria, presto venite! Desidero alzarmi per andare allo studio!”
Goethe era là davanti al portone in attesa di Angelica.

(parte tredicesima)

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