Una storia così anonima – parte dodicesima

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Ospizio del Mont Cenis, 6 novembre 1307, primo albore, anno secondo di Clemente V

Henry de Caron si desta al suono della campanella dell’Ospizio, che annuncia una nuova giornata. Non è sua intenzione passare dalla cappella per ringraziare con le lodi mattutine il cominciare di un nuovo giorno. Gli interessa mettersi in viaggio il prima possibile. Ha una missione da compiere e non può perdere ulteriore tempo. Si alza e sveglia i compagni. Se vuole raggiungere Pietro, deve sbrigarsi a passare il valico. Probabilmente avranno trovato riparo nel paese al termine della discesa del passo. Il nome non lo ricorda ma non ha importanza. Dice a se stesso, mentre si veste. I compagni non comprendono tanta frenesia a partire, quando fuori l’albeggiare è ancora lontano.

“Si passa dal refettorio per mangiare qualcosa. Poi si affronta l’ascesa al colle” fa Henry con un tono che non ammette repliche.

Pietro si sveglia. Fuori c’è ancora buio. Philippe sta dormendo ancora. Si volge a est in direzione di Gerusalemme e inginocchiato recita le lodi del mattutino. Sveglia il chierico, che assonnato chiede il motivo di tanta fretta.

“Si parte subito. Il tempo di lavarsi e bere un po’ di latte appena munto, poi in sella verso la pianura” dice a bassa voce.

Esce e rompe il velo di ghiaccio dell’abbeveratoio per le abluzioni del mattino. Il fiato si congela in una nube di vapore. Il freddo intenso ha disegnato minuscoli ricami su qualunque oggetto, posto all’esterno. Le stelle stanno sparendo a una a una dal cielo. Le cime delle montagne intorno da nere diventano rosate. Le nuvole, che corrono veloci, si colorano. La giornata non annuncia neve o pioggia.

Salutato Simon, si mettono in viaggio. “Fatte attenzione. La strada non è bella, perché è gelata col freddo della notte” dice il vecchio, dopo aver dato loro il latte ancora caldo della prima mungitura della giornata.

Henry de Caron ha fretta. Non può permettersi che acquistino altro vantaggio. Hanno un vantaggio rispetto a Pietro e Philippe: affrontano la salita al valico di Mont Cenis e la discesa verso Lens-le-Bôrg con la luce del giorno. Hanno volato, rischiando più di una volta di finire in un dirupo. Ben prima dell’ora sesta entrano in paese. Attraverso le domande ai valligiani imparano che i due sono in viaggio dalla mattina verso Modane. Spronano i cavalli al loro inseguimento.

Li deve intercettare, seguire e poi bloccare. Le consegne sono queste. Il motivo non gli interessa. É pagato per rispettare gli ordini e non per contraddirli o per valutare se sono validi oppure no. Gli hanno suggerito di fare attenzione, perché è un personaggio carismatico e gode di ampie protezioni nella corte papale. Il frate conosce personalmente il papa, perché hanno studiato insieme diritto a Bologna. Riveste i compiti di procuratore per l’eloquenza e la preparazione giuridica acquisita. Ha saputo maneggiare con molta perizia grosse quantità di denaro che la Santa Sede ha destinato al sovvenzionamento della lotta contro gli Aragona, nel periodo dei Vespri Siciliani. Quando Bonifacio VIII intraprese la sua guerra personale con la potente famiglia dei Colonna, si adoperò affinché i Templari prestassero al papa un ingente somma in fiorini d’oro. Quest’attività lo ha portato in rotta di collisione con Filippo IV, il capetingio, perché il re si era schierato contro Bonifacio e a favore degli avversari.

Henry riflette, mentre affronta la strada di fondovalle lungo il fiume Arc, come le informazioni ricevute fossero esatte. Ragionamenti acuti e logici, parole sempre intonate al momento senza lasciarsene sfuggire una di troppo. Gli brucia ancora come nel tragitto tra l’abbazia di Novalesa e l’Ospizio del Mont Cenis sia riuscito a beffarlo. Si chiede come abbia intuito la sua presenza, visto che era rimasto sempre fuori della portata visiva. Immaginava che avrebbe preso la via più breve, anche se era la più rischiosa per il tempo, e aveva intuito giusto. Però nonostante tutte le sue precauzioni Pietro da Bologna l’aveva gabbato e aveva guadagnato molte ore di vantaggio. Adesso doveva correre per non lasciarlo fuggire.

Pietro e Philippe tengono un buon passo. Vogliono essere a Camberiacum prima del vespro. Il frate sa che Henry de Caron è alle sue spalle, anche se non lo vede. Lo sente sempre più vicino. Però i cavalli più di così non possono correre. Sono animali robusti, i bardi appenninici, resistenti alla fatica e al freddo ma non sono dei gran corridori. Potrebbe giocargli ancora una volta lo scherzo di farsi sopravanzare o di prendere un’altra strada ma rischierebbe di perdere troppo tempo. Lui è conscio, che prima arriva alla corte di Clemente V meglio è, e sarebbe al sicuro. Il salvacondotto del chierico vale meno di una pergamena usata e inservibile nella terra del re capetingio.

Pietro, mentre galoppa in silenzio, pensa che, se raggiunge Lugdunum prima di Henry, avrà ottime possibilità di sfuggirgli. Tuttavia è anche consapevole che difficilmente ce la farà prima del vespro odierno. ‘Deve aver sfiancato quelle povere bestie’ si dice, scuotendo il capo. La sensazione che siano ormai prossimi a raggiungerli si fa sempre più acuta. Le mura fortificate di Camberiacum si intravvedono in lontananza. I cavalli hanno la schiuma alla bocca per la fatica. Devono fare per forza una sosta. Pietro si sente relativamente tranquillo. Qui siamo nella contea Sabaudia, che non è vassalla del re francese, e forse la lunga mano di Filippo IV non riesce ottenere i risultati che desidera. Il borgo è piccolo, stretto intorno al castello. É poco prima dell’ora nona e il sole non è ancora tramontato. Chiede informazioni sulla via più breve e quella più facile. ‘Per Saint-Sulpice è la strada più breve ma dovete passare quella montagna là‘ gli dice il maniscalco, presso cui hanno ricoverato i cavalli a riposare e per essere ferrati di nuovo. Il monte appare arcigno. ‘Quella più facile ma vi allunga la strada di molte miglia è quella che passa per Bourdeau‘.

Pietro riflette che è più prudente la strada più lunga. Riprende il cammino verso Bourdeau. ‘Sicuramente Henry de Caron passerà per Saint-Sulpice‘ si dice. Forse ha trovato la maniera di beffarlo ancora una volta.

I tre cavalieri arrivano a Camberiacum quando ormai il buio è calato. Ritiene inutile proseguire. Sarebbe pericoloso continuare per una strada sconosciuta e con scarse probabilità di raggiungere Pietro e il suo compagno.

Ricoverano i cavalli presso il maniscalco del borgo.

“Sono passati due cavalieri forestieri?” domanda Henry de Caron all’uomo.

“Forse” risponde in maniera evasiva il maniscalco, che avverte qualcosa di ostile nelle parole di Henry.

“Sono passati oppure no, qui da voi due forestieri?” lo incalza con tono prepotente.

“No” ribadisce seccamente l’uomo. “La stalla è piena. Non potete lasciare qui i vostri cavalli”.

Henry de Caron scuro in volto esce. É sicuro che Pietro sia passato da lì. Dovrà cercare altrove le informazioni che gli servono. Cerca un locanda dove mangiare e dormire ma domani riprenderà la caccia. La contea di Sabaudia non è vassalla del re capetingio. Lo sa bene Henry de Caron e quindi non può minacciare nessuno.

Pietro e Philippe costeggiano il lago e dopo un lungo giro si fermano in un minuscolo borgo lungo il fiume Ain. Sa di aver perso molto del vantaggio sui suoi inseguitori ma spera di arriva a Lugdunum prima di Henry de Caron.

La strada è lunga, tra campi, neri e brulli, e piccole fattorie isolate. Dolci colline, dove si stagliano scheletri di alberi spogli, accompagnano il viaggio di Pietro e Philippe verso Lugdunum.

Al vespro del giorno seguente sono in prossimità delle porte del borgo fortificato, dove pensano di sostare per la notte. Si fermano per decidere la strategia da seguire, quando si presenteranno alle guardie che presidiano l’ingresso. É indeciso tra trovare un alloggio fuori dalle mura o entrare. ‘Se passo inosservato, significa che Henry de Caron non è ancora arrivato. Ma se…’ si dice incerto e dubbioso. Il suo sesto senso gli suggerisce che non sarà così.

“Abbiamo un salvacondotto di sua Santità. Nessuno ci oserà torcere un capello” afferma Philippe un po’ ingenuamente.

“Non contate su quella pergamena. Vale meno di un pugno di polvere” fa Pietro, mentre pensa che il suo compagno di viaggio è troppo giovane e candido per capire.

Il chierico lo guarda stranito e sprona il cavallo verso la porta. Il frate rimane incerto se seguirlo o ritornare sui suoi passi, quando vede un drappello di cavalieri venire verso di loro. Ritiene inutile darsi alla fuga. Il cavallo è stanco e rischia solo di essere ucciso. Lentamente segue il giovane compagno, avanti un centinaio di passi. Sa che sono venuti per loro.

Si ferma, circondato da una decina di armati. Quello che sembra il comandante gli intima di non muoversi. Pietro sorride. ‘Sono già fermo‘ si dice, rimanendo immobile. Spera che il chierico prosegua senza tornare indietro.

“Dovete venire con noi a Parigi” gli ordina quello che pare il capo.

“Ma il cavallo è stanco” risponde il frate, che con sollievo vede sparire in lontananza Philippe.

“Non importa” replica con ottusità il cavaliere. Al piccolo trotto prendono la via per Parigi.

parte tredicesima

0 risposte a “Una storia così anonima – parte dodicesima”

  1. Affascinante e con tanta poesia:” Il freddo intenso ha disegnato minuscoli ricami su qualunque oggetto… Le stelle stanno sparendo a una a una… Le cime delle montagne intorno, da nere diventano rosate…”. Un saluto caro. Marisa

  2. E cosi’ il mio blogger scrittore preferito si cimenta anche nel romanzo storico medievale….bello, è un periodo che mi affascina tanto. Son d’accordo con la tua amica Elena, sarebbe bello leggerti in ebook anche, pensaci. Un abbraccio 😉

  3. Coinvolgente, intenso, bello, il lungo,viaggio di Pietro e chierico.
    Sotto un paesaggio impervio e freddo, continua l’ inseguimento del falso Templare, Henry de Caron
    Ci lasci col fiato sospeso…saranno amici o nemici gli uomini che hanno fermato Pietro?
    Sei davvero un eccellente scrittore, Gian Paolo
    Bacioni
    Mistral

  4. La curiosità corre sul filo della rete. 😉
    Quel Henry De Caron sarà mica un impostore? Il suo ruolo è ancora nebuloso per me … 🙁
    Corro a leggere il capitolo successivo!
    un abbraccio
    Affy

  5. L’inseguimento come disciplina mentale e strategia. L’altalena delle riflessioni e dei piani di fuga/caccia avvince moltissimo, finché una svolta davvero inaspettata ribalta la situazione. Giostrata benissimo, con gli stacchi al punto giusto e alcuni splendidi tocchi paesaggistici.

  6. Finalmente sono arrivata per deliziarmi con questo racconto che incuriosisce sempre più. La fine ci conduce all’attesa del seguito mio caro. Andrò subito a leggere la puntata successiva. Grazie Gian Paolo, i tuoi racconti sono sempre gradevoli e ricchi d’inventiva. Un abbraccio. Isabella

  7. Tutto fila liscio come l’olio, Gian Paolo, se non fosse per un piccolo inciampo per il quale ti consiglio di cambiare font, è solo una delle soluzioni bada bene, quando passi da una location e gruppo all’altro.
    Nei cartacei si usano i paragrafi e, pena la confusione da parte del lettore o l’abbandono della lettura, si evita di tenere ravvicinate le due sponde del plot..
    Non volermene: mi piace come conduci il gioco altrimenti non ti darei consigli.

    1. grazie per il suggerimento. Controllo quello che ho sul PC. A volte WP fa il birichino. Non sempre rispetta le mie impostazioni.
      Sono sempre utili i suggerimenti dei lettori

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