Una storia così anonima – parte ventottesima

dal web
dal web

Poitiers, 15 novembre 1307, ora sesta – anno secondo di Clemente V

Pietro rientra nella sua stanza, trovandola sottosopra. La sacca da viaggio vuotata sul pavimento e completamente stracciata. I ricambi degli indumenti ridotti in brandelli. Anche la camera appare devastata. Il pagliericcio, su cui ha dormito, devastato, la piccola poltrona di velluto squarciata. Uno spettacolo da lasciare allibiti chi avesse visto lo scempio.

‘Cosa cercavano?’ si chiede, osservando quella desolazione. ‘Ma è tanto importante, quello che ho stretto in cintura, da provocare queste rovine?’ si dice, cercando di ridare una parvenza di ordine alla stanza. Prima di mettersi in viaggio dovrà procurarsi una nuova sacca e degli indumenti di ricambio. Sa che il viaggio sarà lungo e pericoloso. Chi gli dà la caccia, non arretrerà di un pollice. Tuttavia per il mobilio non può fare nulla.

Mentre esce, s’imbatte in Philippe. “Qualcuno mi vuole male” fa Pietro, mostrandogli la camera.

“Ma chi?” domanda il chierico.

“Non saprei” afferma il frate, scuotendo la testa. “Passo dal cardinale per salutarlo”.

“Partite? Così presto?”

“Sì, la commenda di Bologna mi attende. Il viaggio di ritorno sarà lungo e disagevole per il tempo” dice Pietro, abbracciandolo con vigore.

Philippe resta in silenzio. Si era affezionato a questo templare rude ma sincero. Il pensiero che parta e che difficilmente lo rivedrà, gli lascia nell’anima un vuoto e una profonda amarezza. Vorrebbe seguirlo ma non gli è permesso. Lo vede allontanarsi a passo svelto, mentre lui ritorna nella sua stanza.

Pietro si avvia senza indugi. Non vuol mostrare l’emozione che l’ha colpito e gli volta le spalle. Cancella dalla mente questo addio e si concentra sulla missione da compiere. É consapevole che anche i muri hanno orecchie e occhi. Cerca di mostrarsi disinvolto, fingendo di ignorare che qualcuno lo possa seguire. Salutato il cardinale, al quale narra gli ultimi inconvenienti, acquistato nella cittadina, quanto gli serve per il viaggio, compresa una rudimentale mappa per orientarsi, esce da Poitiers all’ora nona. Inizia la nuova avventura verso quel posto sperduto nel sud della terra dei Galli, dove un tempo vivevano i Catari. Cavalca spedito, perché tra non molto dovrà fermarsi. Le giornate corte di novembre e il cielo cupo di nuvole gli danno solo un paio d’ore di cammino.

Riflette. ‘Anche se non lo vedo, di certo quel cavaliere mi viene appresso e dovrò fare molta attenzione. Sono in un territorio nemico, dove a ogni passo si nasconde un’insidia. Il cardinale mi ha concesso un salvacondotto. Tuttavia servirà a poco’ si dice, mentre, arrivato a un villaggio vicino a un fiume, si ferma per la notte nella locanda de I Tre Cervi.

Poitiers, studio del cardinale Colonna, 15 novembre 1307, ora sesta – anno secondo di Clemente V

Il cardinale Colonna riceve Louis de Chevalier e ascolta quello che gli dice. Tiene il capo appoggiato alla sua mano e pensa che questo cavaliere sia un incapace. Non mostra i suoi pensieri ma annuisce ogni tanto.

“Cosa proponete di fare?” gli chiede brusco, interrompendo la lunga litania di scusanti.

“Di seguirlo, se abbandona questo palazzo” risponde Louis, che ha compreso che il cardinale è di umore tutt’altro che buono.

“Non avete dato prova di grande abilità” replica acido Colonna.

Il cavaliere resta in silenzio. Senza dubbio ha ragione. Gli è sfuggito di mano in un tragitto abbastanza facile. ‘Non è che qui mi sia dimostrato abile’ si dice, ‘qualsiasi cosa dica a mia discolpa, appare come un’ammissione di incapacità’.

“Non siete riuscito nemmeno a ucciderlo al primo albore nel silenzio di una notte buia” continua il cardinale a infierire su Louis. “Sono certo che entro domani tornerete con la coda tra le gambe, perché lui vi ha seminato”.

Colonna è irritato. Quel Pietro da Bologna ha aiutato il nemico, Bonifacio VIII, nella guerra tra le due famiglie. Nuovamente è ricomparso, protetto dall’avversario, cardinale Caetani, che è riuscito a toglierlo dalle grinfie di Guillaume de Nogaret. Il viso è una maschera di ghiaccio ma dentro bolle come la camera magmatica di un vulcano in eruzione.

Louis intuisce i pensieri malevoli del cardinale e onestamente non lo può smentire. Ritiene che il silenzio sia la migliore difesa, Però rischia di irritarlo ulteriormente, facendolo esplodere.

“Col vostro permesso” dice Louis de Chevalier “uscirei dal palazzo per attendere la preda”.

Il cardinale fa un gesto con la mano infastidito. “Andate ma se tornate a mani vuote, vi farò giustiziare”.

Il cavaliere fa inchino e si prepara a seguire Pietro. Lo vede uscire e poi rientrare. Non comprende quel muoversi ma attende fiducioso. Si sta annoiando, osserva due giocatori di dadi e si distrae. Alza gli occhi e vede il frate in fondo alla via. Impreca, raggiunge il suo cavallo e si pone all’inseguimento. ‘Il cardinale aveva ragione. Rischio l’ennesima figura da incapace’ si dice col cuore a mille. ‘Dove sarà andato? Non lo scorgo più’ fa, bestemmiando contro se stesso.

Prova a ragionare con lucidità, mentre raggiunge la porta di uscita. ‘Se sta facendo ritorno in Lombardia, potrebbe puntare o a est o a sud. Se invece…’. Impreca per la sua dabbenaggine. Chiede al sergente delle guardie se ha visto uscire un cavaliere con un mantello bianco. “Sì” gli risponde. “Che direzione ha preso?” insiste Louis, che scalpita per mettersi all’inseguimento. “Quella strada lì” gli risponde, indicando un sentiero fangoso, che taglia un fitto bosco. Senza ringraziarlo, Louis parte al galoppo all’inseguimento di Pietro. Le tracce sono nette sul terreno molle per la pioggia della notte. Raggiunge un villaggio posto sulla riva di un fiume. Ormai è sera. Di sicuro il frate si è fermato lì. C’è un’unica locanda. Non ha molta scelta. Non conosce l’area.

“C’è una stanza per la notte?” chiede alla locandiera, una donna dalla corporatura robusta quasi obesa e dai capelli scuri e unti.

“Sì. Due denari d’argento” dice, pretendendo il pagamento in anticipo.

Louis scende nella stanza dove servono la cena. Una graziosa servetta gli serve una zuppa di cipolle, carote e ceci, condita con pane nero di segale. Il cavaliere le fa un cenno col capo. Mette sul tavolo in bella vista una moneta d’argento. La ragazza si avvicina, incurante degli sguardi della locandiera. “Volete altro” gli chiede, avvicinando la mano alla moneta.

“Sì. Un’informazione” fa il cavaliere, spingendo con un dito il denaro sotto il palmo della servetta, che lo afferra saldamente.

“Cosa?” domanda sottovoce.

“C’è un monaco tra i vostri ospiti?”

“Sì” risponde sibilando, prima di riacquistare il tono normale. “Cosa vi servo?”

“Il piatto della locanda” risponde Louis, mentre compare un denaro d’argento.

“Montone e cavoli” fa la ragazza, alla quale brillano gli occhi alla vista della nuova moneta. ‘Il mio Claude sarà felice’ pensa.

“Va bene” dice il cavaliere, facendola rotolare sul tavolo. Gli piace. É graziosa e pare smaliziata. Una compagnia durante la notte non sarebbe male per migliorare l’umore.

“Cosa vuole da te quel forestiero?” dice la locandiera, che ha seguito con sospetto la conversazione.

“Cosa c’è dopo la zuppa” risponde, andando in cucina.

Mentre la ragazza serve il montone, Louis le sfiora la mano, insinuando il denaro tra le dita. “Avete degli impegni per la notte?” le domanda, mentre afferra la carne.

“Potrei essere libera per due denari” replica la servetta, mentre si allontana.

Louis sorride. ‘Mica stupida la servetta’ si dice, mentre strappa un altro lembo di carne. ‘Due denari li vale. Ha un culo sodo e ben tornito. Credo che mi farà divertire stanotte. Avrò modo di interrogarla, senza avere addosso gli occhi di quella grassona’.

Terminata la cena, il cavaliere chiede un bicchiere di vino rosso speziato con qualche dolcetto, che gusta lentamente. Non ha fretta e vuole tenere sulle spine la ragazza, che gironzola irrequieta attorno al tavolo, dove in bella mostra stanno tre denari d’argento.

“Vi aspetto” fa Louis, mentre le tre monete cadono per terra. La servetta si ferma a raccoglierle e finge di restituirle. “A dopo” gli dice sorridente.

Louis con calma si alza e paga alla locandiera la cena consumata, prima di ritirarsi nella sua camera.

Passa qualche ora, quando ode un bussare discreto. “Avanti” dice il cavaliere disteso sul letto. Dalla porta vede sbucare il viso lentigginoso della ragazza, che scivola velocemente dentro.

“Credevo di non vedervi stanotte” dice acido l’uomo.

“Non ho potuto prima” risponde la ragazza, che fa scivolare a terra la veste di lana, rimanendo nuda.

“Venite qui o vi prenderete un accidente” fa Louis, facendole posto accanto a lui. “Però prima di divertirci, voglio qualche altra informazione”.

“Non era nei patti” replica risentita la ragazza, già pentita di avere accettato l’invito.

“Però l’accordo era per due denari. Io ve ne ho dati tre. Un quarto è per le informazioni” afferma il cavaliere con decisione, abbracciandola. “Il monaco, non l’ho visto in sala? Per caso è partito?”

La ragazza non si sottrae all’abbraccio. Tuttavia vorrebbe monetizzare quello che gli rivelerà. “Un altro denaro e vi racconterò tutto quello che vi interessa”.

Louis ride, mentre con le mani le fruga il corpo. “Siete troppo avida. Rischiate di non ottenere nulla” le dice senza smettere di toccarla. “Ora rispondete senza indugio, se volete evitare guai”.

La servetta vorrebbe sgusciare fuori dal letto ma le mani robuste del cavaliere la inchiodano sul materasso di paglia. “Non costringetemi a usare la forza” le sibila nell’orecchio, mentre si mette a cavalcioni su di lei.

La ragazza trema. Ha capito di essere stata troppo imprudente. Ha ragione il cavaliere nell’affermare che l’avidità potrebbe perderla. Sente l’uomo che si scarica dentro di lei. Prende coraggio e parla. Sa che non può fare altrimenti “Gli ho servito una frugale cena in camera”.

“Così va meglio” risponde Louis, che con le mani le blocca le braccia. “La sua stanza dove si trova?”

“Al vostro stesso piano. Tre porte avanti” dice con la voce incrinata dal pianto.

“Suvvia, siate allegra. Vi divertirete stanotte con me” esclama Louis. “Se vi dimostrerete docile, altri due denari finiranno nelle vostre tasche”.

0 risposte a “Una storia così anonima – parte ventottesima”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *