L'amore sboccia

I due amanti si fermarono guardandosi a distanza, incerti sul da fare.
Goethe avrebbe voluto colmare in un attimo lo spazio che li divideva, ma rimase immobile, scrutando la reazione di lei.
“Come è bella!”, penso “Più la guardo, più mi sento attratto dalla sua personalità, da quell’aria sensuale che emana il suo corpo. Perché sono stato così sciocco da offenderla. Mi saprà perdonare e accogliere nuovamente presso di sé?”
Rimaneva fermo indeciso tra l’andarle incontro o aspettare che fosse lei a fare il primo passo.
Ad Angelica era svanita tutta la passione mattutina ed ora non sapeva se doveva tornare a casa oppure accettare l’incontro con Goethe.
“Mi sono svegliata con una grandissima voglia di vederlo, toccarlo, parlargli, di stare insieme a lui. Ora non vorrei vederlo, né averlo visto! Però lo desidero, lo voglio. Voglio sentire la sua voce che legge le sue opere. Sento dentro di me la passione troppo a lungo repressa. Cosa devo fare? Sono confusa, ma innamorata o forse sono una innamorata incerta ed indecisa. Mi muovo o resto qui ferma?”
Mentre Angelica rifletteva su cosa fare, Goethe prese l’iniziativa e la raggiunse. Ancora prima che lei potesse proferire parola, le afferrò la mano che baciò con grande calore e disse: “Mia cara Angelica, sono lieto di rivederti dopo un lungo silenzio. Ho fatto un lungo viaggio nel sud dell’Italia visitando posti incantevoli pensando sempre a te. Sarebbe stato meraviglioso se tu avessi potuto accompagnarmi, ma purtroppo non era possibile”.
Stette un attimo in silenzio per rifiatare e vedere le reazioni di lei, poi riprese senza consentirle di rispondere: “Sono stato maleducato ed insolente l’ultima volta che ci siamo visti. Accetta le mie scuse e chiedo di perdonare la mia insolenza”.
Poi tacque, guardandola negli occhi.
Angelica, colta di sorpresa dalle parole del poeta, rimase muta pensando alla risposta da dare.
“Venite, non è conveniente restare qui sulla pubblica strada a discutere e parlare. Saliamo nel mio appartamento sopra lo studio. Lì potremmo conversare e chiarirci i motivi del dissidio comodamente seduti sul divano”.
Lo prese per mano e con passo deciso si avviarono verso le stanze di lei.
Maria, con molta lungimiranza, aveva ordinato ai servi di sistemare l’appartamento con fiori e frutta per renderlo accogliente e confortevole.
Il sole inondava la stanza coi suoi raggi dorati giocando a rimpiattino con mobili e suppellettili.
Si sedettero sul grande divano posto di fronte al camino e tenendosi per mano cominciarono a parlare.
“Wolfgang, ti perdono l’insolenza delle parole usate ed accetto le tue scuse. In tutti questi mesi ho trepidato sperando che arrivasse un giorno come questo. Il mio cuore batteva per te, come ti ho già detto, ma non ha mai smesso in tutto il tempo di scandire l’amore che provo per te. Mi sei mancato. Mi sono mancate le tue parole. Sono stata sorda perché non sentivo la tua voce”.
Goethe l’abbracciò baciandola sulle labbra con ardore, mentre Angelica s’accostava a lui per sentire la presenza del suo corpo.
Il bacio durò a lungo, come i sospiri trepidanti di lei. Avrebbe voluto che continuasse all’infinito, anche se faticava a respirare premuta dal corpo di lui.
Il poeta si staccò e si raddrizzò, dicendo: “Sono stato sciocco a disprezzare il tuo sentimento. Sento dentro di te la passione che emana il tuo corpo. Sei sensuale e fatico a trattenere il desiderio di unirmi a te. Siete una donna splendida, raffinata e colta nel corpo e nella mente, che qualunque uomo vorrebbe avere al suo fianco. Come ho potuto essere così cieco e sordo, non vedendo e non percependo il tuo amore puro e sincero?”
Angelica mise un dito sulle labbra di Goethe per farlo tacere: “Non dite nient’altro. Non turbate questa atmosfera incantata con le vostre recriminazioni. Il tempo è passato, è fuggito via tra le nostre mani, non permettendo di ritornare a quell’epoca. Ora comincia un nuovo giorno. E’ splendido, caldo e voluttuoso. Aspetta solo noi per dare inizio al tripudio delle danze. Non temere, io ti ho aspettata fiduciosa in questi mesi per rendere possibile il miracolo del nostro incontro”.
Tacque ed aspettò che le mani di lui si posassero sul suo corpo per trascinarla sul letto, che alle loro spalle era pronto ad accoglierli.
Goethe capì che era giunto il momento di dare sfogo alla loro passione troppo a lungo repressa.
Un po’ goffamente cominciò a slacciarle il corsetto bianco con mano incerta e un po’ tremolante sperando di completare in fretta l’operazione.
Il letto ampio e a baldacchino li accolse amorevolmente tra le braccia ed assiste muto alle prove d’amore dei due amanti.
I raggi del sole frugavano la stanza alla ricerca dei loro corpi, nascosti sotto candide lenzuola.
Era pomeriggio inoltrato quando lasciarono le stanze per avviarsi verso la piazza vicina.

(parte quindicesima)

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