La partenza

Angie si aggirava spaesata per la casa adesso che Dan era partito per Deal Island. L’aveva accompagnato al postale, che aspettava il suo carico umano e la sacca della corrispondenza. Era stato un commiato triste. Entrambi avrebbero voluto che non si fosse verificato, ma lui doveva rientrare. Affari urgenti richiedevano la sua presenza altrove.
Un lungo bacio e «Quando mi vieni a trovare? Scrivimi e io sarò al molo ad attenderti» era stato il suggello melanconico della partenza.
Lei aveva gli occhi lucidi e aveva farfugliato qualche parola incomprensibile. Si era compreso solo qualche monosillabo e spezzone di frase «Sì. Verrò presto!», «..sistemo ..» e nulla più. Poi si era allontanata volgendo le spalle al postale, perché non desiderava osservarne il distacco dal molo. Non le piaceva mostrarsi col viso rigato di lacrime.
“Sono stati quindici giorni… i più belli della mia vita! Devo farmi forza senza sprofondare nell’apatia. Quando lo andrò a trovare? Domani? La prossima settimana? Tra un mese? Mai? No, no… è inutile pensarci oggi! Devo lasciar decantare la sbornia e ragionare lucidamente. Dan è forse l’uomo che ho cercato in questi anni?”
Erano queste le domande che Angie seduta sulla poltrona di vimini accanto al fuoco acceso con le poesie di Whitman in mano si poneva. Interrogava se stessa alla ricerca della risposta giusta senza trovarla.
“Perché? Perché devo ragionare lucidamente senza dare ascolto a quello che il mio istinto mi suggerisce? Il mio cuore dice di partire presto, anzi che dovevo partire con lui! Ma forse è stato più prudente fare qualche piccola riflessione. La fretta può essere una cattiva consigliera”.
Lei teneva in mano il libro di Walt Whitman, la sua raccolta di poesie «Leaves of grass», che sfogliava ogni volta che si sentiva triste alla ricerca di un’ispirazione felice. In realtà aveva una discreta biblioteca, in parte accumulata dal padre, in parte incrementata da lei. Le piaceva molto il modo di scrivere di Mark Twain ironico e scanzonato, ma l’autore preferito era Henry James con i due romanzi «The portrait of Lady» e «The wings of the dove», dove si descrivono gli amori di due giovani donne alle prese con gli inganni e le delusioni amorose. Però l’autore che l’aveva sconvolta maggiormente era Nathaniel Hawthorne con «Scarlet letter», un libro ereditato dal padre. L’eroina del romanzo, tragica e umana allo stesso tempo, l’aveva impressionata, perché non riusciva a capacitarsi come fosse stata possibile una situazione simile.
Essere condannata al pubblico ludibrio con l’infamante lettera A cucita sul petto solamente perché ha avuto una relazione fuori dal matrimonio col marito lontano, chissà dove era, è qualcosa di sconvolgente e di immaginabile. Inoltre questo puritanesimo bigotto e ipocrita non mi è mai andato a fagiolo. Ricordo che era inconcepibile fino a qualche anno fa che una donna avesse potuto comprare questo libro. Era il romanzo dello scandalo! Fortunatamente mio padre l’aveva acquistato a Baltimora durante uno dei nostri viaggi. Però leggerlo mi mette i brividi. Divento nervosa… Però è incredibile come Hester abbia sopportato tutte le angherie e le vessazioni delle comari e poi del marito senza rivelare mai il nome dell’amante! Era veramente una donna innamorata e forte! Io al suo posto mi sarei ribellata! Avrei gridato ai quattro venti il nome del padre di mia figlia e avrei affrontato i pettegolezzi della gente. Però… però nel periodo nel quale è stato ambientato il romanzo un’adultera rischiava il patibolo! Una vera vigliaccata.
Erano queste le riflessioni, che faceva ogni volta che toccava quel libro, anche quando semplicemente lo sfiorava.
La sua mente adesso era assorbita dal pensiero di Dan, che era partito da pochi giorni.
“Cosa scrivo? Ora? O tra qualche giorno?” rifletteva ad alta voce, sfogliando stancamente il libro che teneva in mano senza soffermarsi sulle parole.
Si alzava e girava per la stanza sempre col pensiero fisso: il desiderio di stare nuovamente tra le sue braccia. Poi tornava a sedersi sulla poltrona di vimini, incapace di trovare una soluzione al tormento che divorava la mente.
“Basta!” urlò ad alta voce.
“Basta! Scrivo e parto per Deal Island! Mi manchi moltissimo!”
Si alzò decisa e andò nello studio fermamente determinata a scrivere la missiva.
 
Holland Island, 15 novembre 1910
 
Mio adorato Dan!
Sono passati pochi giorni, ma sento la tua mancanza! C’è un vuoto dentro di me e dentro questa casa, come se fosse sceso all’improvviso una grossa gelata notturna.
Ogni cosa compreso il mio corpo è ricoperto dal ghiaccio.
I giorni trascorsi insieme sono stati i più emozionanti della mia breve vita. Avevo ascoltato e letto parole su quello che viene chiamato amore, ma credo che tutto questo sia niente rispetto a quello che provo.
Nei quindici giorni non ho mai avvertito la necessità di dichiararlo apertamente: sono stati sufficienti gli atti, il modo di propormi. Con naturalezza e semplicità, ma ora che non ci sei lo devo gridare affinché tu lo possa sentire.
La prossima settimana, martedì 22, prenderò il postale e arriverò a Deal Island alle tredici! Così potrò essere stretta nuovamente tra le tue braccia.
Da questo momento conterò i minuti, come i grani del rosario.
Vorrei che oggi fosse già lunedì!
Un abbraccio fortissimo.
Tua
Angie
 
Lasciato asciugare l’inchiostro, si precipitò all’ufficio della corrispondenza affinché la lettera finisse nel sacco pronto per imbarcarsi sul postale in partenza da Holland Island.
Angie era riuscita a calmare la propria agitazione che stava crescendo a dismisura, mentre una nuova ansia stava facendo capolino: era quella legata all’attesa per la partenza.
Mentre stava facendo ritorno a casa, avvolta nel pesante mantello, incrociò il reverendo White che accennò a fermarla senza riuscirci.
Lei era talmente avvolta nei suoi pensieri che non vide il pastore, ignorando il tentativo di parlarle. Camminava come se fosse in trance, desiderosa solamente di rientrare nella casa.
Al reverendo bruciava ancora la brusca cacciata di qualche giorno prima e la mancanza di rispetto alla sua autorità, ma di un aspetto era intimamente contento: la partenza dell’uomo che aveva originato lo scandalo.
“Se ne è andato perché io e gli isolani gli abbiamo fatto comprendere che non era ben accetto! Mi auguro che non rimetta più piede a Holland Island! Il suo comportamento è stato altamente lesivo alla onorabilità di Miss Fairbanks e dei suoi concittadini”.
Il pastore ignorava che Dan sarebbe partito comunque, perché alcuni impegni lo richiedevano a Deal Island con notevole urgenza. Però nella sua boria vantava con se stesso di essere stato la causa del precipitoso allontanamento.
“Non importa, se non sono riuscito a parlare con Miss Fairbanks. Lo farò nei prossimi giorni. L’importante è che sia stato rimosso l’origine del loro scandaloso comportamento” e si avviò verso la chiesa.
Angie chiuse il portone alle spalle e si avviò di corsa nella sua stanza. Doveva pensare a cosa desiderava portare con sé. Da un armadio estrasse una pesante borsa di cuoio scuro che poteva contenere un paio di vestiti e qualche altro abito ancora. La gettò sulla poltrona in attesa di riempirla. Poi cominciò a ragionare cosa altro le serviva.
Si sedette sconsolata su una poltrona di raso rosso, perché non sapeva il numero di giorni che sarebbe stata ospite di Dan.
“L’ultimo viaggio che ho fatto è stato il 20 di settembre per la festa di Mabon. Però in quell’occasione dovevo prendere con me solo lo stretto necessario per trascorrere la notte e fare il viaggio di ritorno la mattina successiva. Ora la situazione è molta diversa. Conosco la data di partenza, ma non quella del ritorno! Da Dan rimarrò per pochi giorni oppure per una settimana o oltre? Già mi sono autoinvitata senza nemmeno conoscere se lui ha concluso tutti i suoi impegni oppure no. Fissare in modo arbitrario la durata della mia permanenza mi sembra una forzatura. Non credo che lui possa rispondere ai quesiti rispondendo alla mia missiva, perché manca il tempo per farlo. Dunque…”.
Comprese che era inutile pensare al bagaglio. Avrebbe atteso una improbabile risposta e poi avrebbe preso una decisione legata la momento.
Rinfrancata e con la mente leggermente più tranquilla si avviò verso la cucina per preparare qualcosa da mangiare, perché da domenica aveva piluccato qualcosa senza eseguire un pranzo o una cena degna del nome.
Però il tarlo continuava a lavorare.

11 risposte a “La partenza”

  1. Un episodio eccellente, realizzato con cura, attenzione per i particolari e scioltezza narrativa. Interessante lo spazio dedicato ai libri che Angie legge e soprattutto alle sue riflessioni in merito.
    Sempre più odioso il pastore!
    E adesso vediamo cosa succederà.
    Un carissimo abbraccio 🙂

  2. Forse ho l'impressione che ti riesce al meglio tratteggiare e descrivere i personaggi più 'cattivi' e 'problematici'. Complimenti, buona narrativa.

  3. uhm.. secondo me autoinvitarsi non è mai una buona idea.. sono curiosa di sapere cosa accadrà!.. non tenerci troppo sulle spine!.. Grande Orso Bianco! Baci Baci

  4. Bello! questo capitolo mi è piaciuto moltissimo…
    poi mettere in ridicolo il pastore borioso e ficcanaso è un vero piacere… e si crea un bel contrasto tra il bigottismo ecclesiastico e la citazione del romanzo di Hawthorne e della sua "scandalosa" eroina e lo sconvolgentissimo Whitman canto il corpo elettrico
    un abbraccio

  5. In effetti quando ho pensato agli autori che avrebbero potuto essere letture di Angie, mi è nata l'idea del pastore. Mi è sembrato un connubio perfetto adatto al periodo storico nel quale è ambientata la storia.
    Sono felice che tu abbia trovato bello questo intreccio
    Un abbraccio

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