Capitolo 14

Laura Dianti lavorava alacremente ma continuava a rimuginare quanto aveva ascoltato dalla madre. Era una ragazza giovane ma aveva ben chiaro quello che voleva. Assecondare le voglie del Duca senza opporre resistena non erano questi gli obiettivi in cima alla scala dei desideri. Trovare un bel giovane, che le volesse bene, era un’aspirazione difficile da conquistare, anche perché la città non godeva di un grande credito morale. Ascoltando le amiche, pareva che ci fossero più bastardini che abitanti. Naturalmente sapeva che erano esagerazioni, ma un sottofondo di verità c’era. Un bel dilemma si annidava nella mente della ragazza tra sogni improbabili e realtà non lusinghiere.
Un senso di gelo percorreva le mani che faticavano a muovere l’ago con destrezza. Le accostò al braciere che emanava un caldo tepore che mitigava solo in parte l’aria circostante. Un breve sollievo irruppe dentro di lei, mentre un senso di calore rimetteva in circolo i pensieri. Si alzò per riattivare il sangue che pareva essersi congelato per il freddo, coagulandosi nelle vene, e guardò la strada dalla porta.
La neve turbinava in fiocchi ampi come una mano e tutto era bianco immacolato. Nessuno aveva osato uscire di casa o dalla bottega. Il silenzio era opprimente e affascinante.
Laura rimase immobile a osservare lo spettacolo, inalando il profumo della neve fresca.
“Se continua così, domani non possiamo uscire di casa” udì la voce del padre che commentava la spettacolare nevicata.
“Come facciamo?” replicò la ragazza per nulla entusiasta dell’idea.
Un lieve sorriso increspò il viso dell’uomo che continuò a parlare.
“Come facciamo? Come negli inverni passati. Restiamo chiusi nelle nostre case finché le scorte di legna e di cibo ce lo consentono. Poi ..”
“Poi, padre? Siamo nella strada dei commerci. La Calle di Ripa Grande. Nessuno fa nulla? Dobbiamo restare barricati in casa, finché il sole non tramuta neve in acqua?”.
L’uomo allargò le braccia e aggiunse. “Qualcuno libererà il portone d’ingresso del proprio negozio, qualche altro davanti a casa. Ma la strada rimane bloccata e nessuno oserà avventurarsi fuori”.
Alla ragazza non sembrava una buona giustificazione ma doveva accettarla. Tornò al posto di lavoro per riprendere a cucire il berretto iniziato il giorno precedente. Si era appena seduta e aveva ripreso l’ago che manovrava con rapidità e abilità, quando udì entrare la madre con una tazza di latte bollente in mano. Volute di vapore si levavano dalla scodella come tanti piccoli serpentelli.
“Ecco la vostra tazza con qualche piccola ciambella dolce appena cotta” e osservò lo stato del braciere.
Ormai le braci erano diventate cenere calda e non scaldavano più di tanto. Lo raccolse per mettere nuovi tizzoni ardenti, perché l’aria era veramente gelida e il fiato si condensava in minuscole gocce di ghiaccio.
Laura era ghiotta di quelle ciambelle che parevano sia nella forma sia nella sostanza minuscole brazadele, che la madre preparava con grande abilità di arzdoura. Ne prese una che ammorbidì nella scodella fumante e rifletteva ancora una volta sugli eventi del giorno precedente. Più mandava giù, più svaniva un po’ di consapevolezza e di sicurezza che aveva alimentato con l’uomo ideale, anche se non si era mai fatta illusioni. Era come se ingoiasse speranze friabili, che venivano dimenticate in fretta. Mangiava con calma, assaporando il gusto e il profumo delle ciambelle appena sfornate. Però il senso di colpa saliva insieme a quella folle, insana sensazione che stava effettivamente concretizzando ma che non aveva ancora focalizzato nella sua interezza.
Sul piatto di metallo, leggermente ammaccato sul bordo, stavano invitanti le ultime ciambelline che parevano suggerire che tutto sommato non avrebbero rovinato nulla, se ne avesse presa un’altra
“Non sono una gran bellezza, non sono neanche così donna, come molti credono. Sono una ragazzina invecchiata con l’aria innocente” si disse, mentre ne intingeva un’altra nel latte ormai intiepidito.
Il pensiero scivolò leggero nella bocca piena di briciole di ciambella e poi giù senza rimorsi verso lo stomaco. Si rendeva conto che nonostante tutte le smentite pubbliche un pensierino al Duca l’aveva fatto. Era un affascinante connubio tra sogno e realtà ma poi ripensandoci bene tornò coi piedi per terra. Tutto sommato era un’insignificante e semplice ragazza, magari anche noiosa e soprattutto inesperta. Quindi volare troppo alti non era mai un aspetto positivo, perché rischiava di passare il suo tempo a metà nel confronto con le altre e il resto nella ricerca di nascondersi agli occhi della gente.
“Lo pensano tutte, quando mi vedono. Segretamente e alle mie spalle confabulano ponendosi delle domande simili alle mie. «Perché lei e non io?»  Allora mi comincio a chiedere cosa c’è nel mio aspetto, nel mio modo di agire che possa dare l’impressione che ci sia qualcosa che abbia attirato il Duca. Lentamente acquisto la consapevolezza che in realtà lo sto facendo per una scelta precisa, quella classica «voglio uscire da questa vita di rinunce». Però non mi renderò conto di avere la sensazione di ballare su una corda tesa a 10 m dal suolo. Il risveglio potrebbe essere amaro”.
Laura era immersa in questi pensieri, mentre senza accorgersene aveva finito le ciambelle. Eppure c’era qualcosa che la rendeva nervosa, restia a lanciarsi in un’avventura dai contorni incerti. Forse era l’istinto di conservazione, che la frenava, perché percepiva di essere meno amabile o appetibile. Avrebbe desiderato essere amata e riamare a sua volta, ma era la sensazione di lasciare tutto al caso che non la convinceva. Doveva prendere in mano il suo destino e decidere cosa fare del suo futuro. Capiva di essere ancora una ragazza po’ timida ma non quella solitaria e superba di un tempo. Non si era spaventata, quando il Duca le aveva rivolto la parola, perché nel bene e nel male aveva un’idea sufficientemente precisa e chiara di quello che voleva. Doveva trovare solo la strada per raggiungere l’obiettivo che aveva in mente per poter dire a se stessa che se lo era guadagnato. Desiderava costruirsi un percorso per diventare una nuova donna senza aspettare che qualcuno le desse valore.
“A cosa state pensando” le chiese la madre vedendola assorta con la scodella del latte ormai freddo.
“A nulla, madre. A nulla” rispose pronta, riprendendo il lavoro interrotto.

8 risposte a “Capitolo 14”

  1. Buon mattino ,Gian Paolo. Anche Laura, come tutte le persone nate senza un vita agiata e
    con la prospettiva di un futuro ancora più amaro inizia a considerare le “attenzioni” del duca.
    Il pensiero, inizia così, a farsi un bella strada, pur tormentato da sacrosanti dubbi
    Stamattina le ciambelle di Laura mi hanno fatto compagnia col mio caffè.
    Ti seguo…mi piace come e ciò che scrivi
    Un abbraccio
    Mistral

    1. E’ stato un amore reale quello tra Laura e Alfonso che vissero come coniugi dopo la morte di Lucrezia. lei ebbe molti vantaggi in termini economici e un figlio di un loro figlio fu quel Cesare che fu costretto ad abbandonare Ferrara e rifugiarsi a Modena dove proseguì il ducato estense fino al 1859.
      Si dice che il certificato di matrimonio tra laura e Alfonso sia stato bruciato da un fratellastro per evitare pericoli nella successione a Duca.
      Quindi questo capitolo in qualche modo serve di raccordo per quelli successivi.
      Grazie per l’assiduità nel segurmi e un grande abbraccio.
      Buona serata
      Gian Paolo

  2. ciao mi fa molto piacere che sei passato, come vedi anche io latito per un po’ e cmq dovrei , al solito, leggermi tutti i capitoli precedenti, per cui non posso commentare il post ma un saluto lo lascio molto volentieri, ciao.

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