Capitolo 42

Laura sentiva veramente come sua la dimora di Rossetti. La frequentò ancora qualche volta prima che Alfonso le annunciasse la sua partenza per Parigi.
“Devo incontrare il re di Francia, Francesco I, per difendere il mio ducato e sottrarlo alle mira del papa Leone X. Starò via qualche mese ma poi sarò tutto per voi”.
Laura annuì e non disse nulla.
“Cosa dovrei dire? Non partite, Alfonso! Restate qui, accanto a me! Gli affari di stato sono più importanti della mia persona” erano questi pensieri conseguenti all’annuncio della partenza.
Si limitò ad abbracciarlo con calore, perché per molti mesi non avrebbe potuto farlo. Era triste ma provò a nasconderla, perché non desiderava creargli delle difficoltà, avrebbe atteso con fiducia il suo ritorno come fanno tutte le mogli. Qualche giorno dopo il duca affrontò il lungo e pericoloso viaggio, sapendo che al suo rientro l’avrebbe trovata pronta ad accoglierlo.
Arrivò l’inverno in anticipo sui tempi ma a lei questo importava poco. Sentiva la mancanza di Alfonso. Aspettò con impazienza l’arrivo di qualche messaggio, che annunciasse il suo rientro in città, ma nessun paggio bussò alla sua porta per diversi mesi.
La ragazza ripensava nelle lunghe veglie invernali a quello che il duca aveva detto una delle ultime volte. «Il casale del Verginese e la dimora di Rossetti saranno vostre. Ma ho in serbo un’altra gradita sorpresa.». Si chiedeva di che tipo, perché non si era sbilanciato né tradito nel fornire altre indicazioni. Però accanto a questi pensieri piacevoli ce ne erano degli altri fastidiosi, perché continuavano a ronzargli nella testa come mosche moleste.
Paola aveva interrotto il suo racconto prima di descrivere l’incontro col conte e quello che era seguito. Laura le aveva detto che non voleva ascoltare il proseguimento ma non era vero. La curiosità era enorme esaltata da quella voglia pruriginosa di conoscere il mondo erotico degli adulti, perché il suo era limitato. Quei brevi accenni l’avevano stimolata e incuriosita a sapere cosa aveva provato, cosa era successo e come era finito. L’eccitava mettere a confronto la sua esperienza con quella della madre. Però non sapeva come riuscire a far riprendere la narrazione in modo spontaneo senza una sua esplicita richiesta. Le sembrava di essere diventata una bambina che osservava da una fessura nella porta cosa succedeva tra un uomo e una donna nella camera da letto.
“Non comprendo questa morbosa curiosità, che non ho avuto il coraggio di confessare a padre Fidenzio. Eppure ho rapporti stabili con un uomo. Una persona meravigliosa e delicata. Non ho da imparare nulla, perché so già tutto. Nonostante ascolterei a bocca aperta il racconto di mia madre”.
Questo pensiero compariva ciclicamente ma non trovava il modo di innescare il processo. Però era rimasta impressionata da quello che aveva rivelato Paola: Beatrice aveva solo tredici anni quando aveva subito quella violenza. Lei si rivide a quell’età. Era acerba nel fisico con la personalità che si stava formando. Era una persona in costruzione debole e facilmente manipolabile. Da poco era diventata donna e questo le aveva pesato non poco, perché era giunto inaspettato e per nulla preparata.
“Non è che ora ne sappia qualcosa di più ma in verità la comparsa del sangue non mi impressiona più come quella prima volta, quando mi sono svegliata con dolori e quel liquido rossastro e appiccicoso un po’ ovunque”.
Scacciò questi pensieri ricorrenti e si concentrò su Alfonso. Era un amante veramente straordinario che le sapeva donare istanti magnifici. Mai una volta si era dimostrato scortese, nemmeno nelle giornate di umore più nero. Laura lo adorava e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di renderlo felice. Si sentiva serena quando lo ascoltava, quando erano nel letto. Una sensazione di benessere che non poteva descrivere. Era convinta che anche lui provasse analoghe sensazioni ma erano solo impressioni.
Nell’ultimo messaggio era stato tenerissimo, lasciando trasparire la grande voglia di stringerla a sé. Lei rispondeva con messaggi meno elaborati ma tuttavia sinceri. Adesso era meno impacciata nello scrivere, nel rispondere alle sue missive. Le parole non uscivano più stentate dalla sua mente ma fluiva più naturalmente.
Era una serata di metà febbraio del 1519, dopo l’ennesima sfuriata della neve durata un paio di giorni, che aveva ricoperto tutto per molti piedi. L’attività di berrettaio del padre andava avanti stancamente, perché quello che era pronto non poteva essere ritirato e le nuove commesse erano scarse. La gente era rintanata in casa.
“Laura, potete andare in cucina a tenere compagnia a vostra madre e riscaldarvi un po’ al fuoco del camini. Per stasera finisco io gli ultimi lavori” le disse Francesco. La ragazza accolse l’invito con gioia perché era davvero infreddolita. Aveva le mani ruvide dal freddo, tutte screpolate e con qualche doloroso gelone che non dava tregua.
“Se mi vedesse Alfonso, cosa direbbe?” pensò mentre si fregava per togliere quel pallore glaciale.
Trovò la madre che ricamava una veste accanto al fuoco del camino.
“Per chi è, madre?”.
“Per voi. Sarà nel vostro corredo di nozze. Ai miei tempi portai con me solo un paio di camice di lino, diverse di canapa grezza, due giornee, una gamurra, due gornelle. Le lenzuola per la prima notte e un altro paio per tutti i giorni di tela ruvida e grossa. Una tovaglia fine per la domenica e una più grezza per tutti i giorni. E poco altro. Tutto acquistato con qualche scudo di quelli famosi del conte ..”. Un lungo sospiro interruppe la descrizione del corredo.
“Gli altri convinsero Francesco a sposarmi” riprese. “E sì, servivano degli scudi d’oro per convincere i genitori di Francesco, affinché mi sposasse. Ci volevamo bene ma lui era un bravo apprendista nella bottega del berrettaio Ludovico, mentre io ero solo una bella fanciulla giovane e non più ..”.
Tacque, incupendo il viso. Il demone della curiosità si appollaiò sulla spalla di Laura. «Chiedile del famoso incontro col conte» le sussurrava maligno.
Era calato il silenzio mentre osservavano le lingue di fuoco che guizzano e crepitavano nel camino.
“Ma voi, madre, eravate giovane e bellissima. Questo era più che sufficiente” disse nel tentativo di portare il discorso sul famoso incontro.
“No, figlia mia. Sono qualità che servono a poco per sposare un buon partito come Francesco. Utili se vuoi finire in un bordello di Capo delle Volte, ma non apprezzate per le nozze. Una vecchia storpia ma danarosa vale molto di più di una fanciulla bella e robusta. Senza quei famosi scudi d’oro non avrei mai sposato vostro padre e tu non saresti nata. Si, ascoltai il consiglio di Beatrice ..”
“Ma ditemi, madre. Che fine ha fatto quella bambina?” la interruppe Laura come per sviare il discorso su un terreno neutro.
“Che fine vuoi che abbia fatto? Quella a cui sono destinate tutte le disgraziate come lei. Dopo quel primo incontro col conte, si sparse la voce che per due testoni d’argento avrebbe accolto dentro di sé qualsiasi signore. E così fu condannata a vita. A quindici anni rimase gravida e il bastardino non si sa dove sia finito. L’ho vista qualche tempo fa ingrigita, sfatta e invecchiata. Vive barattando il corpo per un pezzo di pane ..”.
“Madre, perdonatemi se ho portato il discorso sull’evento lontano. Non era mia intenzione riaprire una ferita ..”.
“No, no. Dovevo farlo per sgravarmi da questo segreto. Dunque ..”.
E riprese il filo della narrazione da dove l’aveva interrotto qualche mese prima, mentre Laura non perdeva una sola sillaba del racconto. Il demone della curiosità aveva raggiunto l’obiettivo.

16 risposte a “Capitolo 42”

  1. “Tutto è perduto fuorché l’onore”. Ciò disse Francesco dopo la battaglia di Pavia.
    In quel tempo dominava la Spagna.
    Certo che la madre è un personaggio molto interessante, con alle spalle una vita decisamente intrigante.
    Poi ne sapremo di più.
    Letto, come sempre, con vivo interesse!
    Un caro abbraccio.

  2. Se non mi sbaglio questo capitolo lo lessi già su io.bloggo?
    Va beh in ogni caso l’ho letto tutto non potrai crederci,
    ma mi sveglio la notte
    e mi hai tenuto compagnia

  3. C’è tanta maestria dell’autore in questo episodio Dalla tenerezza di Laura nel pensare al suo amato lontano, la neve, che, in quei giorni lontanissimi da noi, imprigionava persone e attività, i ricordi di Paola, la curiosità eccessiva di Laura e la famosa dote che a dire il vero esiste ancora in qualche parte del nostro Paese.
    Bravo ancora, Gian Paolo
    Un abbraccione
    Mistral

  4. La realtà interrompe sempre i sogni e ci si accorge di quanto poco possa valere la vita di qualcun altro… un corpo in vendita perde inevitabilmente anche pezzi della propria anima e purtroppo ancora oggi si comprano vite in saldo…
    ho notato che diventi sempre più bravo caro orso…
    un abbraccione

    1. Maria, le tue parole mi lusingano molto. Lo sai che apprezzo molto i tuoi post. Quindi anche questo commento mi riempe di soddisfazione.
      I corpi in saldo purtroppo è una costante vecchia come l’uomo. E non credo che nel futuro qualcosa cambi.
      Un grande abbraccio

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