Short stories – Le mutandine cremisi

La short stories di questa settimana appartiene a me per soli due snodi, gli altri quattro sono di tre autori diversi

Mi incanto spesso con lo sguardo nel vuoto. Osservo il tramonto. Colmo di quel suo tratto rosso che mi separa dai giorni. Di accecato sguardo,inciampo lento sui pensieri crudi della vita. Camminavamo insieme,io e lei,quando dei nostri tanti passi tracciavamo una sola orma,e di futuro l’unica impronta. L’eyeliner le scorreva sul viso,come un fiume di parole avvolto da lacrime. Aveva dipinto il pianto, su una tela che incorniciai per sempre. La ebbi più volte di nascosto ma non la amai. Quelle sue mutandine di pizzo cremisi,a colorare contorni di labbra celate,fra gambe dischiuse di gonna nera, parlavano più delle parole. Qualunque cosa indossasse la rendeva unica. L’abito lungo da sera. Quell’aria da donna viziata. I suoi tacchi alti. Le sue innumerevoli maschere. Così non vivevo della fugacità del tempo, né vivevo mai la verginità di ogni suo peccato. Ero ingegnosamente felice. Aveva curve in posti dove le altre donne non hanno nemmeno i posti. Nutrivo il desiderio di un suo seno come il suo latte nutriva le esigenze di un bimbo. Prima che si abbandonasse alla notte, fra luci soffuse, me la lasciavo danzare nel sangue. Scavalcai stanze certe, pur di poterla raggiungere. È come se mi dovesse rubare un sogno. L’avrei spinta al muro e baciata fino a farle perdere il respiro ma oramai il muro era fra noi… “Ho tacchi troppo alti perché io possa correrti dietro, e un’autostima altrettanto alta per poterti correre dietro scalza…” mi disse. Io non volevo essere baciato dalla fortuna. Volevo andarci a letto. Io e Lei.. … E ora immobile, sul ciglio della vita, colgo spicchi di luna, fra stelle che scorrono,e sogni che sfuggono. Le rubai il tempo,ma mi catturarono le sue promesse. É nella prigionedel rimorso che vivo l’ergastolo del suo ricordo… Frammenti d’animo, su negativi di memoria… (by Gianni Bagnoli)

“Staremo assieme finché dura!” questo era il patto, a volte sembra che si dicano queste cose solo per rendersi più malinconici quando cala la sera, e arriva la fine.
Ed è beffardo il tempo: le sue parole erano chiare per quanto si lasciasse scorrere tra le labbra quel senso ingenuo, ambiguo che sembra lasciare la parvenza che qualcosa si possa ridestare come un morto quando tutto è compiuto. Ma i miracoli non esistono, e quel che più è vicino al miracolo è il caso, rassodato da un pacco consistente di volontà. Alla fine diciamocelo non c’è sempre la speranza che duri in eterno? Eppure forse lì capii che avrei potuto amarla, solo quando mi mise quel muro dinanzi: io non vedevo più la stessa stradina percorsa più volte, su di lei, in lei, in me, assieme e sempre con estremo piacere nelle lunghe ore della notte, ma vedevo l’ oblio. Era il gusto salino del sudore spremuto dalla sua pelle nella zona che sosta tra la sua spalla e il suo collo? Era il suo rossetto rosso tenue che si intonava con i colori dei suoi occhi scuri? NO. Era la sua incertezza che mi faceva fremere. (by Lucilla Malaugurio)

Era quell’indumento intimo che mi faceva impazzire. Il pensiero del cremisi che affiorava tra le pieghe dell’inguine non mi faceva dormire. Era un sogno ricorrente, una
fantasia continua.
“Mentre adesso stringo Anna fra le mie braccia e le sussurro parole dolci all’orecchio, mi sembra di abbracciare lei e mormorarle quelle parole. E sono preso dall’ansia senza controllo”.
“Che hai” mi dice la compagna.
“Nulla. Ma mi piacerebbe regalarti delle mutandine color cremisi”.
“E un colore che odio” replica scostandosi dalle mie braccia.
“Eppure ti starebbero benissimo”.
“No” e fa il gesto di alzarsi dal letto, di fuggire lontano da me. “Non me le metterò mai!”.
Allora mi riabbandono alle mie fantasie e sogno amplessi irrealizzabili. Le sollevo la gonna con lentezza facendo scivolare le mani su quelle gambe glabre e lisce come il velluto. Lei freme impaziente.

“Aspetta” le dico. Scorgo il pizzo cremisi e poi tutto il resto. Sposto un lembo. Lei inarca la schiena per farsele sfilare. Adesso è mia. La sento ansare. Il cuore accelera. Lei urla di gioia e di piacere.
Sento un botto di una porta. Mi sveglio. Sono solo. (by orsobianco9)

Anna se ne era andata, iniziava il lavoro alle 8 quel giorno presso una nuova azienda di architettura in città. Conosco Anna da quasi 5 anni, è una brava compagna e amante, sempre presente e premurosa. Viviamo da un anno in un mini appartamento. Vivere con lei mi ha fatto capire come spesso la realtà sia diversa da come la si immagina. Maledetta immaginazione, io ne ho fin troppa e non sempre riesco a buttarla sul lavoro. Disegno fumetti e faccio l’operaio part time. Con Anna anche il sesso non andava male, ancora ci cercavamo e non mi potevo lamentare ecco… Ho quasi 34 anni e da qualche tempo mi chiedo se potrò mai conciliare l’amore con il sesso. A volte li confondo, quello che sento per Anna è forte, è un sentimento che credo sia amore, ma… perché poi cerco altro altrove?! Vorrei essere felice così. Dopo aver fatto tutto l’elenco delle cose positive di me e Anna una voce mi stuzzica dicendomi “è solo razionale, non sarà una lista della spesa sulle qualità che ti renderà completo!” ma allora cosa?! Con Anna posso pensare a costruire qualcosa di duraturo… perché tra me e Anna funziona alla fine, sì ci sono i soliti scazzi chiaro..ma chi non ne ha!?
Vorrei prendere e andarmene via da qui… mi alzo guardo fuori dalla finestra…il cielo è ricoperto di nuvoloni grigi, si sta preparando a piovere… il cielo piange, dentro di me la tormenta si placa un po, perché quando si piange dentro e fuori piove ci si sente cullati e compresi.
Mi alzo ed inforco la mia matita carboncino, allontano le scartoffie dalla scrivania e lascio che la mia mano segua il corso del foglio, come se fossero i suoi seni e i suoi fianchi…se solo le urla di piacere si potessero disegnare la mia testa non sarebbe sempre pronta ad esplodere. (by Lucilla Malaugurio)

Driiiiiin. Suona il telefono. E’ Anna che mi chiede se sta sera ho voglia di uscire fuori per cena. “Dai amore, hanno aperto un nuovo ristorantino indiano. Andiamoci! E fammi felice questa volta…che ti costa!”
Non ho voglia, ma decido di accontentarla. Anna è permalosa e contraddirla comporterebbe un’intera serata di rancorosi silenzi.
Oggi proprio non sono in me, non ho lo stimolo per fare nulla. Riprendo in mano il carboncino e continuo a tracciare forme di donna e intanto fantastico, sogno, provo a toccare il cielo con un dito (o meglio, con una mano..) mentre immagino la mia ragazza “mutande cremisi” vestita come una danzatrice del ventre, con tanti veli semi trasparenti, sempre color cremisi, svolazzanti sui suoi morbidi fianchi. Un bustino a balconcino che lascia ben poco alla fantasia, quei suoi occhi da felino che intriganti mi fissano.
Quanto vorrei averla di fronte, in carne e ossa, e possederla. Ancora una volta, e poi ancora…ogni orgasmo con lei era un biglietto d’ingresso per il paradiso. Non era una ragazza spinta o porca, anzi, Anna forse è molto più aperta di lei, però quei suoi ingenui modi di provocare mi davano alla testa, mi facevano vedere le stelle.
Vorrei rivederla, davvero. E’ la cosa che più vorrei in questo momento… (by Maria Adelaide Carnazza)

Aveva ragione Anna. Una serata diversa serviva per scaricare quella tonnellata di cattivi pensieri che vagavano per la testa. Era felice. Non smetteva di parlare di Marco, il gran capo, di Antonio, il giovane di studio e di chi so io, tanto il nome l’avevo dimenticato. Solo un dettaglio non ero riuscito a cacciarlo via: erano le mutandine cremisi. Ormai erano un’ossessione, un farneticare senza scampo. Ormai lo sapevo: queste mitiche mutandine Anna non le avrebbe mai indossate, nemmeno se l’avessi legata. Piuttosto si sarebbe uccisa. Me l’aveva detto. “Mutandine color cremisi non le metterò mai!” mi aveva urlato in viso l’ultima volta che quasi implorando glielo avevo chiesto. Sembrava una belva, era fuori di testa. Non avevo mai osato chiederle i motivi di questa avversione, temendo che mi piantasse su due piedi. Però devo scoprirlo prima che diventi una malattia. Stasera non mi pare la serata adatta. Allegra e felice per il nuovo lavoro, per i nuovi colleghi che trovava simpatici. No, non era il caso di turbare quest’atmosfera gaia. Tornati nel monolocale, Anna mi trascinò in camera. “Basta disegni!” disse scompigliandoli tutti, mentre ero costernato perché avrei faticato a rimetterli in ordine. Fu un’orgia di piacere. Si mise sul dorso e cominciò a parlare. “Ho visto la tua eroina con le mie fattezze e le mutandine cremisi. Stasera sono in vena di descriverti i motivi del mio odio. Avevo 16 anni. Avevo comprato degli slip cremisi per una festa in campagna. Ubriaca di alcol e fumo, Luca mi prese, le strappò e mi violentò. Ero ancora vergine. Ci vollero anni per riprendermi. Ma forse un giorno le metterò per te”. (by orsobianco9)

4 risposte a “Short stories – Le mutandine cremisi”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *