Il mazzo di fiori – parte undicesima

Squilla il telefono di Ricardo.

“Pronto” risponde nel suo tipico accento romano.

Il commissario resta in silenzio, ascoltando quello che gli dicono. Ludmilla cerca di captare cosa gli stanno comunicando ma non afferra manco una sillaba. Non presta attenzione al procuratore che ha il suo cellulare ma è concentrata sul poliziotto che sta rispondendo.

“Va bene. Ho capito. Tra non molto sono in ufficio. Ti richiamo” dice a conclusione della telefonata.

Lopapa, che è rimasto muto, riacquista la parola.

“Signorina Presente, ho ascoltato solo la solita voce che mi informa che l’utente chiamato non è raggiungibile e di riprovare più tardi”.

“Non è possibile!” esclama la ragazza contrariata.

“Perché?” le domanda il procuratore, inarcando una sopracciglia.

“Ho fatto il numero di Teresa e ha risposto il commissario Ricardo” riafferma con decisione Ludmilla.

“Vuole provare lei?” dice porgendole il telefono.

“Certamente!”

“Non mi crede?”

“No!”.

Lopapa sorride divertito e lo allunga alla ragazza che lo afferra prontamente. Febbrilmente compone il numero di Teresa. Sul display compare numero e nome. Si rilassa. E’ certa di non aver commesso errori. Dopo uno squillo ascolta esterrefatta la voce preregistrata che la informa che il cliente non è raggiungibile. Rimane basita e annichilita.

“Eppure…” si dice, mentre apre il registro delle chiamate. Le scorre. “Teresa, Teresa, Teresa, Teresa… No non mi sono sognata. Ci sono solo chiamate identificate da Teresa. Qui gatta ci cova”.

Non dice nulla. Guarda imbronciata ora l’uno ora l’altro e pensa che la vogliono uccellare ma lei non ci sta.

“D’accordo. Ho preso un abbaglio” comincia con voce seria come se recitasse un mea culpa, mea maxima culpa. “Però ora mi dovete dire che cosa è successo a Teresa. Teresa Lopiccolo”.

Ludmilla ha il volto scuro con gli occhi ridotti a una fessura per la rabbia e la frustrazione.

“Non lo sappiamo. Speravamo che lei ci dicesse qualcosa” risponde Lopapa. “C’è una giovane donna che aspetta di essere identificata”.

Ludmilla rabbrividisce, intuendo la triste realtà. Tace, vuole ascoltare cosa le dicono. Lei ha già parlato a sufficienza. Adesso è arrivato il loro turno di scoprire la carte. Tutti stanno zitti, aspettano che sia lei a dire qualcosa. Il silenzio è surreale, finché Ricardo non lo rompe.

“Mi sembra che abbiamo inscenato una bella commedia. Ma è venuto il momento di esporre con chiarezza i fatti. Parla lei oppure io?” domanda rivolgendosi al procuratore, che annuisce per conferma.

“Bene. Ascoltami, Ludmilla” inizia il commissario, volgendo il capo verso la ragazza. “Venerdì scorso c’è stato un incidente in Corso Giovecca all’altezza del Parco Massari. Una Smart ha sbattuto contro il muro di cinta e una donna è morta…”.

“Per un incidente si muove polizia e magistratura?” esclama stupita, perché le appare illogico un simile spiegamento di forze.

“Forse l’hai letto sulla cronaca di Ferrara che…”

“No. Non ricordo di aver letto nulla in proposito su questo incidente. Non metto in dubbio che ci fosse scritto ma sono argomenti che sorvolo nella lettura del giornale. Preferisco letture più piacevoli” lo interrompe la ragazza.

“…sei una ragazza sveglia” dice con un sorriso Ricardo. “Proseguo il discorso. Subito è apparso un caso ambiguo. I medici hanno gettato l’allarme. Pare che un proiettile abbia colpito la donna…”.

Ludmilla prova un brivido di paura, ascoltando quelle parole.

“Il dottor Lopapa era il procuratore di turno sabato e l’ha preso in consegna. Domenica è stato rinvenuto nella macchina un cellulare che non era più funzionante. La sim era ancora buona ma ci mancava il PIN per attivarla. Fortuna vuole che nella borsa della donna ci fosse un biglietto con quattro cifre, che si sono dimostrate la chiave di apertura”.

Il commissario trae un respiro dopo il monologo detto quasi in apnea.

“Quindi l’avete messo su un telefono nella speranza che qualcuno chiamasse. Ma credo che chiedendo al gestore vi avrebbe saputo dire il nome del proprietario…” disse Ludmilla, che comincia a comprendere cosa fosse successo.

“Certo, ma avremmo perso tempo. Poi c’erano chiamate senza risposta da identificare. Insomma d’accordo col procuratore abbiamo fatto l’esperimento. Pienamente riuscito”.

“Ho capito il pesce, che ha abboccato all’esca, sono stata io” ribadisce indispettita la ragazza.

I due uomini ridono alla battuta e stanno per riprendere il discorso e porre altre domande, quando Ludmilla ricomincia a parlare.

“Teresa… Teresa Lopiccolo non possiede un auto. Di questo ne sono certa. Non sapevo nemmeno che avesse la patente. Ha detto una Smart?” chiede volgendo il viso a Ricardo, che rimane sorpreso ma non troppo.

“Sei sicura?” incalza Lopapa, rimasto muto fino a quel momento.

“Sicurissima!” replica decisa la ragazza.

“Aveva il ragazzo?” le chiede il procuratore.

“Che io sappia no. Ha sempre detto che non conosceva quasi nessuno a Ferrara, anche se viveva qui da molti anni”.

“Conosci di quale regione era originaria?” interviene Ricardo, che sospettava che non fosse ferrarese.

“Dalla Puglia. Mi ha accennato una volta che i suoi erano ritornati là. La città non la so o può darsi che l’abbia dimenticata”.

“Sei sicura?” le chiede Lopapa, che ha preso qualche appunto. “Si era trasferita a Ferrara coi genitori, che poi erano tornati al paese di origine oppure?”

“Non era molto loquace su questo punto, né io ho mai indagato a fondo. Ricordo, erano i primi giorni che lavorava con me, che mi disse che la madre era tornata a … il nome non lo rammento ma era una città pugliese. Il padre non so ma la madre di certo sì”.

“Sai dove abita?”

“L’indirizzo esatto no ma basta chiedere al nostro servizio del personale, loro hanno tutte le informazioni. Comunque era in via Porta Mare o da quelle parti. Di certa abitava da sola”.

“Bene” dice il procuratore. “Ti chiediamo un piccolo sforzo. Identificare il cadavere. La vista non sarà piacevole ma cercheremo di ridurre il disagio”.

Ludmilla sbianca. Il pensiero di vedere un cadavere le dà la nausea. Non sa se sarà in grado di reggere.

“Quando?” chiede facendosi coraggio.

“Anche subito. Il tempo di arrivare alle camere mortuarie del vecchio Sant’Anna” risponde Lopapa. “Vieni anche tu, Ricardo?”

“Sì. Il tempo di una telefonata e sono pronto. Con quale macchina andiamo?”

“Con la tua. Mi evito di predisporre l’uscita di una delle nostre”.

Il terzetto usce nel parcheggio della procura e si avvia verso l’ospedale.

Ludmilla s’è seduta dietro ed è tesa. Si è dimenticata dell’ufficio, del servizio del personale, di tutti. Pensa solo a Teresa e alla sua fine, se è effettivamente lei.

I due uomini chiacchierano come se la ragazza non ci fosse.

“Sei in grado di descriverla?” chiede bruscamente Lopapa che ha smesso di parlare con Ricardo.

“Certamente. Piccola. Più bassa di me. Rotondetta e coi capelli ricci…” comincia Ludmilla, mentre il commissario entra nel parcheggio di fronte alle camere mortuarie.

“Che colore?”

“Castano scuri. Anche se a volte le piaceva schiarirli un po’”.

“Siamo arrivati” dice Ricardo mettendo fine alla descrizione.

Il poliziotto confabula con un inserviente, che accompagna il terzetto in un’area riservata.

Lopapa prende sottobraccio Ludmilla, che percepisce calore e fiducia. Sente che sarà una prova non indifferente da superare, perché ha la quasi certezza che la donna sia proprio Teresa.

L’ambiente è freddo e puzza tremendamente di acido fenico, disinfettanti e di morte. Entrano una stanza illuminata da neon violacei che rende l’ambiente ancor più spettrale.

Da uno scomparto una persona con un camice verde estrae un carrello e lo mostra alla ragazza, che porta la mano alla bocca.

“E’ sufficiente così” afferma perentorio il procuratore, stringendo con vigore Ludmilla.

Usciti in silenzio, lungo il corridoio si ode solo il suono dei tacchi di plastica di Ludmilla, che si lascia abbracciare da Lopapa.

“Non è stata una visione esaltante” si dice la ragazza, che conserva nitido l’immagine del viso della donna. “Non credevo che la morte potesse distorcere così i lineamenti”.

Escono nel parcheggio e traggono un sospiro di sollievo, prima di risalire in macchina.

“E’ lei?” chiede senza perifrasi il procuratore.

38 risposte a “Il mazzo di fiori – parte undicesima”

  1. ahah, vedo che ci sono già state ‘rimostranze’ sull’averci lasciati appesi al dubbio, perciò non ti farò le mie e attendo buona buona dicendo ‘povera Ludmilla!’ ma non ancora ‘povera Teresa’ bensì povera l’altra 😉
    buon we
    Lud

  2. Gian Paolo, giuro questa volta che ti ammazzo!Finire il capitolo così, lasciarmi nel dubbio! Come ci dormo la notte? 🙂 Scherzi a parte, bravo..torna presto con il nuovo capitolo! Buona serata!

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