Il mazzo di fiori – parte trentatreesima

“Io la uso poco o niente” comincia Ben Hamman, vuotando il sacco, mentre Lopapa in silenzio registra il colloquio. “La Smart rimane stazionaria sotto casa, sempre aperta e con le chiavi, sistemate sotto il sedile…”.

“Ma non teme che qualche ladro la rubi?” domanda curioso e stupito il magistrato.

“No. Una volta uno ci ha provato ma se ne è pentito amaramente. Ha preso tante bastonate, che gli ha fatto passare la voglia. La voce si è sparsa rapidamente e da allora nessuno ci ha riprovato”.

Lopapa analizza quest’ultima informazione e riflette che esiste un gruppo di malavitosi ben organizzato, che è sfuggito all’occhio attento di Ricardo. Decide di convocare il commissario per ascoltare insieme quello che Ben Hamman ha da raccontare. Ritiene che sia un’inutile perdita di tempo l’ascolto della registrazione con lui, che di certo porrà delle domande, che in assenza del teste non potranno avere una risposta.

Il tunisino rimane in silenzio in attesa della prossima domanda. Parlerà solo per rispondere alle interrogazioni del magistrato. Sa che il colloquio è registrato ma è anche consapevole che in tribunale potrebbe smentire tutto quello che ha dichiarato, se gli verrà suggerito così.

Lopapa chiama un poliziotto per accompagnare Ben Hamman nella stanza accanto.

“Concediamoci una mezz’ora di pausa” gli dice il magistrato. “Poi riprendiamo a parlare”.

Rimasto solo, chiama Ricardo.

“Paolo, vieni subito nel mio ufficio. Ci sono sviluppi imprevisti e importanti che necessitano la tua presenza” lo informa in maniera perentoria.

“Tempo cinque minuti e sono da te” gli risponde il commissario.

Il magistrato ascolta nuovamente la parte del colloquio registrato. Nella sua testa si forma l’idea che il duplice assassinio sia stato organizzato da questi misteriosi malavitosi senza però trovarne un movente. Quindi l’abbandona immediatamente, perché Ricardo gliela demolirebbe senza difficoltà. Sente puzza di imbroglio ed è consapevole che il tunisino parlerà molto poco e farà qualche nome, lo stretto indispensabile per rendere credibile la deposizione. Non nutre particolari aspettative. Dovrà affidarsi al proprio intuito e alle capacità logiche di Ricardo per venire a capo della storia, che appare sempre più intricata.

“Ciao, Carmelo” saluta il commissario, accomodandosi sulla poltrona a fianco della scrivania.

“Stavo interrogando Tarek Ben Hamman, il tunisino che ha prestato la Smart alla Lopiccolo, quando è uscito con un’affermazione sorprendente. Ti faccio ascoltare il passaggio”.

Ricardo ascolta con attenzione la registrazione, rimane impassibile senza muovere un muscolo del viso. E’ concentrato sia sulle parole sia sulla tonalità della voce.

“Vorrei riascoltarlo una seconda volta” chiede il commissario. “Il teste dov’è?”

“Qui a fianco del mio ufficio sotto stretta sorveglianza” risponde Lopapa.

“Non ha chiesto l’assistenza di un legale?” domanda incuriosito Ricardo.

“No”.

“Che stranezza. Prima dichiara di usarla solo lui. Poi sotto la minaccia di essere incriminato come complice comincia a parlare spontaneamente e fa una dichiarazione compromettente. Possibile che lui non abbia paura di questa misteriosa organizzazione che tiene alla larga dalla Smart i possibili ladri?” dice il commissario, scuotendo la testa. “Sento puzza di bruciato, di un bel tranello dal quale lui ne esce fuori pulito come un bambino e noi con le ossa rotte”.

“Capisci perché ti ho convocato? Anche a me è apparso strano il comportamento. E poi è ragionevole che tu non abbia mai sentito parlare di questi misteriosi personaggi, che incutono tanto terrore alla microcriminalità cittadina?” ragiona ad alta voce Lopapa.

“Sì, hai colto nel segno. I tuoi dubbi sono anche i miei. Richiama il teste e ascoltiamo la storia che ci vuol propinare” replica Ricardo.

Ben Hamman si siede di fronte al magistrato e aspetta in silenzio la prossima domanda. Ricardo non viene presentato. Non ce ne è bisogno, il tunisino lo conosce già.

“Stavi dicendo, quando ci siamo interrotti, che la tua Smart gialla è nella disponibilità di un’organizzazione misteriosa” dice Lopapa.

“Sì. Io potevo usarla solo nel fine settimana, salvo che un loro emissario non la bloccasse…”.

“E come facevano?” esordisce Ricardo, rimasto in silenzio fino a quel momento.

Ben Hamman non parla per diversi secondi, come se dovesse raccogliere le idee.

“Non ti preoccupare. Nessuno di loro saprà qualcosa” lo incita il commissario.

“Un certo Carlo mi recapitava un biglietto con parole convenzionali. Tipo ‘il mazzo di fiori non è disponibile‘ o…”

“Dici sul serio o ti stai inventando?” lo interrompe Ricardo.

“Non mi crede?” domanda il tunisino.

“No” risponde secco il commissario.

Ben Hamman alza le spalle come se la risposta gli fosse indifferente.

“Continua” lo sollecita Lopapa.

“Per quel week end la Smart non era disponibile”.

“Ma per fare qualcosa come cinquemila chilometri al mese, doveva fare viaggi lunghi! Non mi pare che sia la vettura più confortevole” dice Ricardo.

“Non lo so. Il contachilometri non l’ho mai guardato, né ho fatto mai benzina. C’era sempre il pieno. E quando la usavo, dovevo fare benzina prima di lasciarla sotto casa”.

Il magistrato e il commissario stanno in silenzio come per raccogliere le idee, prima che Lopapa riprenda a parlare.

“Sei proprio sicuro di non aver mai sbirciato chi saliva in macchina?” domanda curioso il magistrato.

“No. La prendevano quando ero già uscito per andare al lavoro e la riportavano, quando io non ero in casa. Mai visto nessuno… Non so chi siano”.

“Beh! Non proprio tutti” dice sornione Ricardo. “Quel Carlo…”.

“No. Mai visto in viso Carlo…” lo interrompe Ben Hamman.

“Ma come fai a sapere che si chiama così?” interviene il commissario.

“E’ un nome di fantasia. Mai visto, né parlato. Solo dei bigliettini nella buca della posta” precisa il tunisino.

“Conosci un certo Felix?” gli domanda a bruciapelo Lopapa, cambiando argomento. Ha compreso che su quel versante non riceverà più informazioni, ammesse che siano valide.

Ben Hamman rimane perplesso e disorientato. Non si aspettava un cambio di argomento. Era deciso a depistarli per bene con l’affare della Smart ma la domanda l’ha sorpreso, rendendolo incapace di rispondere immediatamente.

“Felice?” risponde titubante.

“Potrebbe essere anche Felice” aggiunge Lopapa. “Dunque lo conosci?”

“Non lo so” replica il tunisino, che ha ripreso il controllo di sé.

“Senta, Ben Hamman. Sono stanco delle sue giravolte. O dice la verità o la affido al commissario che la metta in una cella di sicurezza, finché non decida di parlare con sincerità” esclama un Lopapa spazientito.

“Chiedo l’assistenza del mio avvocato” dice il tunisino, che ha compreso che questa volta la minaccia diventerà esecutiva.

“Chi devo chiamare?” gli chiede il magistrato.

“L’avvocato Marsello” risponde pronto Ben Hamman.

“Sarà fatto. Intanto firmo la carta per la sua custodia cautelare”.

Poi rivolgendosi a Ricardo, gli dice: “L’affido a te”.

“Chiamo una volante per tradurlo in questura” conferma il commissario.

Ben Hamman rimane impassibile.

22 risposte a “Il mazzo di fiori – parte trentatreesima”

  1. Ciao, Gian Paolo !
    Come già iniziato la finale del campionato di calcio Brasile 2014
    la vostra nazionale di calcio e ad est qualificata
    Permettetemi di augurare ITALIA, mio nipote patria EMANUEL
    http://aliosapopovici.wordpress.com/2013/09/13/
    successo, modo lunng, per raggiungere la finale del 13 Luglio 2014
    ma non importa chi, per vincere il titolo mondiale! 🙂 🙂 🙂
    Forza Italia! 🙂 🙂 🙂
    Aliosa.

    1. Grazie Aliosa dell’augurio che la nostra nazionale (mia per appartenenza, tua per associazione con tuo nipote) possa raggiungere la finale.
      Un grande saluto e un Forza Italia.

  2. Questo episodio ruota parecchio intorno alla figura del tunisino Ben Hamman che però non mi sembra una figura di particolare spicco anche se credo nasconda ancora qualcosa, magari qualcosa che riguarda quel Felix. Mah 🙂
    Continuerò a leggere …

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