Una vita – parte ottava

foto personale
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Mentre teneva sotto il braccio quello scricciolo effervescente come l’acqua frizzante, Luca si domandò stupito cosa avesse attirato la ragazza a legarsi a uno sconosciuto non certamente giovane, senza capelli e con la pancetta.

Forse Simona gliela aveva spiegato, mentre lo accompagnava nel bed and breakfast. Però lui non aveva ascoltato. immerso com’era nei ricordi e adesso non aveva il coraggio di chiederlo apertamente. S’era creato tra loro un’atmosfera di serena fiducia e non voleva incrinarla con domande inopportune. La strinse più vigorosamente per farle assaporare il calore che trasmetteva, ripromettendosi di prestare attenzione a quanto gli stava dicendo.

Simona si sentiva sicura e protetta da questo uomo dall’età indefinita ma dallo spirito giovanile. Appariva taciturno e leggermente svagato ma spandeva serenità a piene mani. Non conosceva nulla di lui, solo il nome “Luca”. Un po’ poco per affidarsi fiduciosa a uno sconosciuto ma percepiva che non le sarebbe capitato nulla di male, finché lui stava al suo fianco. Aveva compiuto ormai trenta anni e si sentiva vecchia nello spirito, perché non aveva combinato nulla di buono fino a quel momento.

La sua infanzia era stata tribolata e amara, segnata da un padre manesco e poco rispettoso del ruolo, da una madre troppo arrendevole, che aveva chiuso un occhio sulle attenzioni del marito verso la figlia. Aveva sei o sette anni, quando una zia la strappò dal quel mondo torbido, che rischiava di inquinare quella bambina, portandola lontana.

Simona aveva un carattere solare, estroverso e incline alla fiducia. Non aveva focalizzato bene le motivazioni che l’avevano costretta a dividere il letto coi genitori, a quei giochi strani ai quali partecipava assonnata e annoiata. Solo quando era diventata una ragazza aveva compreso come avesse ballato pericolosamente sul baratro del precipizio, nel quale sarebbe caduta senza il provvidenziale intervento di zia Lina.

L’affetto della zia e di Maria, la proprietaria del casale, sanò le ferite dello spirito. Dentro di lei rimase il guasto di un’infanzia rubata, che celò con molto impegno senza rivelarlo mai a nessuno. Qualche amore sfortunato, la morte della zia, la perdita delle radici l’accompagnarono nel difficile viaggio di emancipazione economica e fisica. Lasciò la casa accogliente di Maria, che per lei era la vera madre, per stabilirsi in un monolocale in centro paese vicino al bar dove lavorava da un paio di anni. Però quando si sentiva triste si rifugiava in quel casale nella stanza, dove adesso alloggiava Luca. Quella era stata per molti anni il suo regno ed era sempre vuota, a sua disposizione.

Quando Simona si era presentata alla porta con quell’ometto buffo, calvo e un po’ grassottello, Maria aveva intuito che poteva ospitarlo in quella stanza senza timore di urtare la sensibilità della ragazza.

Mentre passeggiavano fra una bancarella e un’altra, Luca percepì che Simona aveva un passato da far riemergere dalle tenebre. “Non è in questo clima festoso il momento più adatto per parlarne” si disse, mentre le acquistava dello zucchero filato. Non aveva pensato all’eventualità di fermarsi qualche giorno ma l’istinto gli suggerì che sarebbe stato opportuno restare lì per raccogliere le fantasie e le confidenze della ragazza. “Ci penserò domani” disse alla parte razionale che impertinente aveva fatto di nuovo capolino per dissuaderlo dal proposito, conscio che avrebbe dato ascolto alla parte sognatrice.

Qualche giovane lanciò occhiate non proprio cordiali a quella strana coppia che si aggirava tranquilla e sorridente tra banchi e le giostre. Forse pensavano al solito vecchio bavoso e danaroso, che si accoppia con una ragazza giovane e piacente. Luca non ci fece caso. Sereno come era accanto a Simona.

Osservarono del movimento verso uno spiazzo dove si ergeva un alto palo. Si diressero da quella parte. Simona sapeva cosa avrebbero trovato, mentre per Luca era semplice curiosità comprendere il motivo di tanto assembramento.

Era il momento dell’albero della cuccagna. Si fermarono per guardare le evoluzioni di gruppi di giovanotti, tesi a scalare quell’asta coperta di grasso con in cima una pentolaccia di coccio, che dovevano abbattere per conquistare il premio. Creavano una piramide umana ma alla fine mestamente il più leggero, che si issava agile sulle spalle degli altri, scivolava verso la base senza riuscire nell’intento di conquistare l’ambito premio. Risero e applaudirono quei tentativi infruttuosi e comici nell’epilogo. Poi si mossero in giro con gli occhi pieni di stupore, osservando quella folla festante, che si aggirava senza pensieri.

Luca le comprò dell’altro zucchero filato, le mandorle caramellate appena tolte dalla pentola di rame, il croccantino sottile. Ricordò che l’aveva fatto per Gloria, quando andavano alle giostre per la festa del patrono della sua città.

Simona percepiva che questa era una serata speciale, perché aveva trovato quel padre amorevole che le era mancato da sempre.

L’assenza di una figura paterna aveva segnato negativamente i suoi rapporti con i ragazzi, perché Simona avrebbe voluto trasfondere in loro quella mancanza, mentre loro cercavano una ragazza da amare e non da accudire.

Stanchi e appagati per il lungo girare, si sedettero su una panchina in attesa dei fuochi di mezzanotte.

«Luca» disse Simona, rompendo il silenzio. «Si fermi anche domani. È la mia giornata di libertà. Possiamo fare un salto al mare».

«Non lo so» rispose pacato mentre osservava quegli occhi vivaci e mobili. «Non le prometto nulla».

“Bugiardo” disse la parte razionale con tono di rimprovero. “Sai già che lo farai. Non puoi mentire a te stesso”.

“Ma no è vero” rimbeccò la parte creativa. “Lui deciderà al momento. Come sempre”.

Le due personalità di Luca presero a litigare, confondendolo, finché non le mise a tacere. Quello che lo rendeva incerto e terrorizzato era il pensiero del costume. Non ricordava da quanto tempo non fosse andato in spiaggia. Tuttavia questi pensieri sparirono in fretta.

Un botto squarciò il nero della notte, che si colorò di mille colori. Erano i tanti attesi fuochi che avrebbero suggellato la chiusura della lunga festa prima di darsi l’appuntamento al prossimo anno. Questo lo distolse dal dubbio di rispondere con un ‘sì’ o con un ‘no’. La meraviglia del cielo colorato gli fece dimenticare la richiesta di Simona.

Tutti a naso in su. «Oh! Oh!» esclamavano, osservando quella cascata di luci multicolore che striavano il cielo, mentre stormi di uccelli impauriti si levavano in volo per cercare nuovi ripari. L’abbaiare sguaiato dei cani era sovrastato dal rombo impetuoso degli scoppi, mentre i giardini ricolmi di persone commentavano lo spettacolo pirotecnico.

«È tempo di salutarci» disse Luca dopo che si era spento l’ultimo boato e tutto tornava buio e silenzioso.

«L’accompagno. Così non smarrisce la strada» ribatté Simona, decisa a trascorrere il resto della notte con lui, perché voleva parlare dei segreti che custodiva in fondo all’anima.

E si avviarono parlottando sottovoce verso il casale di Maria.

parte settima parte nona

0 risposte a “Una vita – parte ottava”

  1. Trovare qualcuno con il quale aprirsi….una rarità! Buon we. Lo scorso anno in corrispondenza del festival ero a Ferrara, grazie ancora per la vostra gentile accoglienza!

    1. Ricordo bene con quale piacere vi abbiamo incontrati e conosciuti. Sarebbe bello poter rinnovare l’incontro.
      Sereno fine settimana.
      O.T. la bipede… e l’impatto con l’università? Tutto bene?
      Un bacio

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