Omaggio a Michelangelo Antonioni

In questi giorni è morto un grande concittadino, che ha sempre amato la sua città, Ferrara, come un altro grande personaggio Giorgio Bassani.

Entrambi sono stati e lo saranno sempre accanto a me con le immagini in bianco e nero di Antonioni e i romanzi di Bassani. Entrambi hanno contribuito a farmi crescere culturalmente ed a riflettere sul senso della vita.

Ricordo Antonioni con alcune frasi che testimoniano il suo amore per Ferrara.

Se uno rinnega o perde le sue radici, quando tornerà sarà sempre uno straniero nella propria terra

Ho portato sempre con me Ferrara: l’ho lasciata molti anni fa con un bagaglio di affetti ed immagini, che ho portato sempre con me, ovunque sono andato

Nella mia memoria rimangono impressi il trittico di film “L’avventura, La notte e L’eclisse”, già alla loro uscita relitti fossili in bianco e nero, quando nelle sale si proiettavano i grandi colossal americani a colori in cinemascope, fututoscope, ..

Dialoghi rarefatti collegati tra loro da splendide immagini hanno colpito la mia fantasia giovanile e hanno trasmesso sensazioni difficili da descrivere. Sono film difficili da amare e da capire, perché i lunghi silenzi con un sottofondo musicale leggero, ma martellante, costringevano lo spettatore a pensare ed a concentrarsi sull’immagine. Allora ero un ragazzo ma questi tre film mi hanno indotto a riflettere sulla vita e sul suo senso di vuota inutilità.

Quelle lunghe carrellate che indugiavano lente su attori e luoghi, sono cariche di silenziosa malinconia ed interiore solitudine, che non produce mai depressione od angoscia, ma invita all’introspezione psicologica per ricercare il senso della nostra esistenza.

I film successivi, a colori, che molti hanno giudicati le sue opere migliori, secondo me sono meno convincenti, perché l’artista ha ceduto all’aspetto commerciale della sua opera.

Antonioni è ricordato come “il maestro dell’incomunicabilità”, ma mi domando a quasi cinquanta anni dall’uscita di quei tre film, nell’epoca della comunicazione globale e del web.”Qual è il livello di comunicabilità della società attuale?”

A mio parere lui ha anticipato i tempi, descrivendo l’attuale società, dove la comunicazione è diventata impersonale, virtuale attraverso strumenti tecnologici, dove le persone non riescono più a parlarsi direttamente e fisicamente, dove il silenzio e la solitudine sono elementi palpabili e concreti.

11 risposte a “Omaggio a Michelangelo Antonioni”

  1. Un caro saluto ad una persona scontrosa e riservata (che sicuramente nasconde una grande sensibilità)…grazie per il commento su volobliquo.
    Ciao
    Loreta

  2. Non possiamo sempre attribuire la scarsa comunicazione al semplice veicolo che la trasporta e la diffonde; se le persone sentono il silenzio e la solitudine, la causa va ricercata nelle persone stesse e nel loro vissuto. Penso sia giusto riconoscere che gli strumenti tecnologici offrono numerosi vantaggi a chi è affetto da gravi problemi fisici e che, per poter comunicare, ha necessità di sofisticate attrezzature e relativi software studiati ad hoc.
    Il Web è lo specchio di una situazione di disagio della nostra società, non la causa del disagio; è un potente mezzo di comunicazione che avvicina persone lontanissime e che, probabilmente, non avrebbero altrimenti la possibilità d’incontrarsi. Il più delle volte spersonalizza la comunicazione; altre volte esso permette (proprio perché impersonale) di scoprire ciò che c’è di più profondo negli esseri umani. Non è semplice aprirsi, parlare di qualsiasi cosa con chi s’incontra per strada la prima volta: nel Web, invece, questo può succedere, ci si sente più liberi, perché le reazioni del nostro corpo possono essere celate e restare protette. Certo, spesso questo tipo di comunicazione è vincolato dal limite della casualità, ma anche nella vita reale tante cose ci accadono per caso. Sta poi alla volontà dei singoli fare in modo che i rapporti umani non siano lasciati solo al caso e all’evento virtuale.
    Ciò che ci attira e ci fa ritornare al luogo dell’anima è, però, il calore concreto degli amici di sempre, di chi possiamo rivedere, frequentare, coloro con cui possiamo parlare anche degli argomenti più banali e stare bene. Un ritorno al nostro luogo d’origine e il nostro familiare contatto con tutto ciò che lo comprende e lo completa è l’energia che ci rivitalizza e chi vi rinuncia si sentirà costantemente un’anima in pena.

    Un caro saluto,
    Rosalba

  3. Condivido in tutto e per tutto queste parole di Rosalba…e così buttiamoci pure dove crediamo sia meglio: fra le braccia degli amici, nel web…
    E se questa cosiddetta “incomunicabilità” fosse sempre esistita? Se facesse parte dell’essere uomo, come il suo opposto, ovvero la socialità…?

  4. Per Rosalba e Paoloadizero
    Ho letto i vs. commenti e preferisco rispondere con calma, ragionando e soffermandovi sulle vs. osservazioni, che da una certa angolazione sono condivisibili.
    Cinquanta anni fa Antonioni suscitò non poche polemiche, quando uscì il film “L’avventura”, perché si parlava di amanti, di solitudine, di silenzi, argomenti tabù in quegli anni.
    Allora quando i ragazzi parlavano tra loro, si guardavano in faccia (si potrebbe obiettare che non era possibile fare altrimenti) e ragionavano su tantissimi argomenti in gruppo o a coppie, aiutandoli a maturare e a crescere. Quando due innamorati si lasciavano, la fine era sancita da lunghe spiegazioni, accettabili oppure no. Detto in altre parole esisteva una comunicazione che portava a socializzare.
    Se c’erano incomprensioni, silenzi, solitudine, questi appartenevano al mondo degli adulti, che faticavano a percepire i mutamenti nella società di quegli anni. Questo è stato il messaggio di Antonioni.
    A distanza di cinquanta anni cosa è cambiato? Le distanze si sono annullate, le notizie fanno il giro del mondo in pochi secondi, si parla con persone a migliaia di chilometri di distanza e ci si vede pure, ma la comunicazione diretta langue, e spesso non si riesce nemmeno a parlarsi: il mondo è cambiato ma in peggio.
    Osserviamo i ragazzi.sembrano svuotati, incapaci di scrivere due righe in linguaggio comprensibile, quando parlano col sesso opposto sembrano timidi, in compenso riescono a scrivere migliaia di SMS, sul web sono loquaci ed audaci. Un qualche motivo si sarà, visto che cinquanta anni fa non era così!
    La coppia quando scoppia si lascia via SMS o email, senza avere il coraggio di affrontarsi e discutere.
    Le coppie adulte (parlo di quelli tra i 35 e 45 anni), se non si sono lasciati prima o si fanno gli affari loro o stanno in silenzio davanti al televisore.
    Forse ho tratteggiato un quadro troppo fosco, ma guardandosi intorno a questa è l’atmosfera che si percepisce.
    E’ fuori di ogni dubbio che la tecnologia ha aiutato molte persone meno fortunate di me a reinserirsi in questa società e sentirsi vive.
    Per cui ben venga la tecnologia, ma deve essere un mezzo e uno strumento (sottolineo l’articolo indeterminato), perché deve contribuire a migliorare insieme ad altri mezzi e strumenti la nostra vita,.
    E’ vero che il web è lo specchio del nostro disagio, ma siamo proprio sicuri che non contribuisca ad aumentarlo?
    Per cui se la tecnologia non riesce a migliorare il nostro senso della vita, allora va ridimensionata o usata con cautela.

  5. E’ il caso del cane che si morde la coda: quando esiste un problema, se non lo si risolve, si corre il rischio che aumenti. Cinquant’anni fa era molto difficile trovare coppie di genitori che lavoravano entrambi. Oggi è rarissimo il caso in cui uno dei due stia a casa a seguire costantemente i figli. I ragazzi trascorrono ore da soli e TV, PC, giochi, cellulari vengono usati senza il filtro di chi dovrebbe parlare con i giovani. Essi hanno spesso come punto di riferimento i propri coetanei con le stesse preoccupazioni e rispondono come meglio possono. Bisogna che gli adulti parlino con loro. Altrimenti, certo, in questo caso, gli strumenti tecnologici non favoriscono la comunicazione, ma eliminarli non eliminerebbe il problema dell’incomunicabilità.
    Rosalba

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