L’attesa

da Laboratorio di scrittura

Il tema della sfida è “aspettando qualcuno che non arriva”.

Ecco cosa ho pensato.

Luca è lì, in attesa ben sapendo che lei non arriverà mai. Ormai è una specie di rito da un mese. Tutte le sere alle diciannove si siede sulla panchina del parco Grande, quella dove si sono conosciuti.

Lei, Enrica, è una donna minuta dai capelli ricci e scuri. Non più giovanissima ma ancora piacente. Una sera di fine aprile si sentiva depressa perché il compagno l’aveva scaricata senza troppi complimenti. Anzi a dire il vero in malo modo. Raccolte le sue poche cose se ne era andata rifugiandosi presso un’amica in attesa di trovare una sistemazione dignitosa. Seduta sulla panchina aveva lo sguardo assente. Fissava un punto che solo lei vedeva. Poi…

Una ragazzo giovane, forse di una decina d’anni a come le pareva, si è seduto sulla panchina.

«Disturbo?» Ha chiesto con voce timida e impacciata, sistemandosi meglio.

Lei lo ha guardato prima con astio poi sorridente. «No!»

«Luca» si è presentato cercando di dare un tono sicuro alla voce.

«Enrica» ha risposto sorpresa. In effetti non aveva intenzione di parlare ma lo stupore per quella presentazione e il viso pulito del giovane ha vinto sulla sua voglia di stare in silenzio.

Così hanno cominciato a parlare, aprendosi a poco a poco l’uno con l’altra. Hanno scoperto di avere interessi comuni. A entrambi piace leggere, visitare mostre e frequentare concerti pop. Un sottile filo di empatia si è annodato tra loro.

È diventato un rito serale quell’incontro e quelle chiacchiere in libertà, finché una sera di fine settembre sulla panchina sedeva solo Luca.

Il ragazzo ha pensato che avesse avuto un impedimento ma anche nelle sere successive il posto è rimasto vuoto.

Nonostante si sono incontrati per quasi cinque mesi di lei conosce solo il nome e la professione: infermiera. Null’altro. Un po’ poco per intraprendere una ricerca.

Lui è timido e per la prima volta ha avuto l’ardire di abbordare una ragazza ma ha deciso lascerà sulle stecche della panchina il suo nome e il numero di telefono. “Se prova qualcosa per me, passerà di qui e leggerà il mio messaggio” riflette con amarezza mentre si alza per tornare a casa.

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Pangramma di luglio

Julia Solonina – da Pexels

Per il consueto gioco del lunedì Eletta Senso propone un pangramma, ovvero un composizione dove le parole iniziano con le lettere dell’alfabeto italiano.

Ecco la mia composizione

Amore

benedetto

che

dona

emozioni

forti e

gradite

ha

insieme

jack e

kappa,

luci

multiformi.

Nuvole

oblique

partono

quando

riescono

superare

travolgendo

uomini

vanitosi.

Waterloo per

xenofobi

yankee e

zuzzurellone.

Phaltri- by pexels

Per Luisa ho composto questo pangramma

Amico,

beviamo

calici

di desideri,

evadiamo

fantasie

gioiose.

Hai

intatti

jolly,

kid!

Lasciamo

marcire

noie,

orrori,

pensieri

qualunquisti.

Ridiamo

su sinceri

trastulli.

Udiamo

voci verso

weekend,

xenofobo

yuppie!

Zingaro!

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Acrostico per luglio

Foto personale

Per onorare luglio Eletta Senso ci chiede di comporre un acrostico

Ecco il mio

Lente Luci Lambiscono

un unico universo,

graziose gioie gridano

le loro languide,

innocenti invocazioni insieme

ordinari obiettivi ottusi.

Foto personale

Per Luisa ho creato questo acrostico per luglio

Le Labbra Lasciano

un umido umore,

generosi germogli garbati

legano lacci leziosi

intorno idoli inutili,

orridi obbrobri ordinati.

 

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Gioco degli incipit

Foto generata con AI
Morena Fanti per chi ama scrivere qualcosa ha indetto un piccolo gioco, quello degli incipit. Le regole sono semplici, le potete leggere sul suo blog ma che riporto in breve qui. Si scrive un racconto tra le 4500 e 6000 battute, spazi compresi. Ci si iscrive fino al 15 luglio. I racconti inviati via email, l’indirizzo lo trovate sul suo blog, verranno raccolti entro il 15 settembre e poi pubblicati in forma anonima per essere lette e commentai sul suo blog. Altri dettagli li trovate sul suo blog. Non siate timidi. Partecipate in massa. 😀 Bella scrittura
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Una tragedia annunciata

Foto personale

Per il laboratorio di scrittura di Salem ho prodotto questo.

Alex camminava assorto nella nebbia che avvolgeva Ferrara come un sudario di morte.

Avvolto nel cappotto di cashmire marrone e con il borsalino sulle ventitré osservava le scarpe di vernice nere che producevano un suono lamentoso sul marciapiede lucido per la nebbia bagnata.

Aveva appena lasciato l’amica del cuore con un grande abbraccio incurante degli sguardi un po’ ipocriti delle persone. Qualcuno aveva gridato. «Sporca giudea!»

Avrebbe voluto prenderlo a pugni sul muso. Lei era una persona come tutti noi. Anzi per certi versi era migliore di tanti altri che erano solo capaci di sollevare il braccio nel saluto fascista. “Teste bacucche! Sono zucche vuote, prive di qualsiasi grammo di cervello”.

Mentre Micol gli volgeva le spalle, Alex rifletteva sulla sua sorte. Dense nubi nere si addensavano sul suo capo e il futuro era per lei tutt’altro che roseo.

Micol, mentre si allontanava, aveva il cuore pieno di tristezza. Alcune lacrime le rigavano le guance. Di tutti i suoi amici e le sue amiche solo Alex le era rimasto vicino. Gli altri cercavano di stare alla larga come se fosse un’appestata. Nel migliore dei casi la evitavano per non venire a contatto con lei ma alcuni fingevano di non conoscerla. Se la incrociavano, cambiavano strada oppure, se non potevano farlo, facevano un impercettibile cenno con la mano o col viso, guardandosi intorno furtivi. Le leggi razziali appena promulgate parlavano chiaro: loro dovevano essere marchiati a fuoco. Dovevano Niente più scuola, niente più cinema. Insomma dei reietti.

Ormai era un puntino sfocato nella nebbia ferrarese ed era conscia che il suo destino era segnato.

Il 10 novembre del 1940 sentì bussare con forza nella sua casa di Via Vittoria, all’interno del ghetto. Con rassegnazione andò ad aprire conoscendo già cosa sarebbe successo.

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Estate in ST

foto personale

Per festeggiare l’avvento dell’estate Eletta Senso propone un gioco usando ST di eSTate.

Stiamo entusiasti stamani: è il solstizio d’estate, la stagione estiva si sta stabilendo stabile.

Stamani stravaccati stiamo distesi con distacco

e stancamente nella stanza distanti dalla statua di Astrid. A destra si staglia lo stagno.

Ci estraniamo con stile nella stasi ostentando fasto.

Foto di Allya Izumi da unsplash

Per Luisa ho preparato questo

Estasiato distinguevo lo stambecco che si stagliava sulla strada sterrata sulla destra. A sinistra stravaccato stava un ciclista stravolto dalla stanchezza.

Stavolta distanti all’esterno dello stabilimento uno straniero stampigliava stereotipi senza stile come statue destinate all’estinzione. Stamani con destrezza distaccavo stampe nelle stanze della stazione.

La stagione estiva contrasta l’entusiasta straniero.

Le stelle stentano a mostrarsi.

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Anna dai capelli rossi

da Pexels

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato questo mini racconto

Eccolo

Anna è una ragazza che sta sbocciando nel trapasso da bambina a donna. Ama seguire le amiche che si radunano sotto la quercia appena fuori dal paese per operare le magie.

Ada che è più grande di lei di qualche anno la vuole inizializzare a riti celtici. Però lei nicchia e preferisce osservarle in silenzio mentre raccolgono delle erbe e dei frutti che ripongono con cura in un cestino di vimini foderato con foglie di salice.

Sono sei la compagne e lei fa la settima che osserva solo. Da un marsupio estraggono un mortaio di legno dove metteranno il raccolto contenuto nel cesto.

Anna guarda in silenzio le loro attività senza capirci molto. Ascolta parole che non le dicono nulla ma solo suoni inarticolati. La brezza della sera le scompiglia i capelli di un rosso fulvo.

Pestano a turno nel mortaio di quercia frutti e fiori appena raccolti per creare degli infusi che useranno per Simhain. Iperico, verbena, salvia e rosmarino mescolati col sidro di mela.

Le ragazze dondolano al ritmo delle loro nenie mentre Anna sembra fuori tempo. Poi la mettono al centro del cerchio e la cospargono con nettare di uva dell’anno precedente. Lei vorrebbe sottrarsi ma non ci riesce e stoicamente resiste al supplizio.

Si sente sporca e appiccicosa ma sorride perché sa di essere nel cerchio delle streghe.

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Abbecedario in favola

Foto personale

oggi per il gioco letterario Eletta Senso propone di usare tutte le lettere dell’alfabeto.

Ecco il compitino.

Andiamo

Bene

Con

Doverosa

Energia,

Finché

Gino

Ha

Iniziato

Jack

Kristal,

Lamentandosi.

Magari

Non

Osiamo

Partire

Quando

Rientra

Solitario

Trafelato.

Uniamo

Voci.

W

Xenofobo

Yankee

Zuzzurellone.

foto personale

Per Luisa ho composto questo.

Avanza

Benevolente

Con

Discrezione,

Esamina

Floridi

Gazebi,

Ha

Incontrato

Jerome

Klock.

Lascia

Musicare

Note

Orribili

Per

Quanto

Recuperi

Schemi

Tanto

Unici.

Vediamo

Waterloo,

Xerocopie (di)

Yuppie!

Zitti!

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Labirinti in Elle

foto personale

oggi Eletta Senso propone un acrostico in ELLE come Labirinti

Lucente Lamine

Lanciano Luci Luminose.

Le Labbra Lucide Lilla

Lasciano Laconiche Lacerazioni.

Le Lacrime Lucidano Labili Labbra.

Lago Lucente Laggiù Libera Libellule.

Generata con AI

Per la proposta di Luisa ho composto questo.

La lacca lucida largheggia sulle labbra. Laggiù lontano lasciamo il labirinto lacustre del lago. Un laborioso lavoro lascia un lucente legno levigato. La lagna leva una laconica lirica sul labaro lacerato.

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Continua tu

da In montagna di lunedì

Elena Salem propone per il suo laboratorio una nuova sfida. Continua tu la storia

Ecco l’inizio

Il navigatore satellitare aveva smesso di funzionare. Marco continuò a guidare senza avere idea di dove stessero dirigendosi. Imboccò una strada secondaria e d’improvviso si trovò di fronte a un misterioso paesino. Cercò di localizzare su Google il luogo in cui erano approdati, ma la copertura era del tutto assente. Prese una vecchia mappa stradale, ma sulle pagine il luogo sembrava non esistere.

La moglie gli strinse la mano. Marco percepì la sua incuriosita e al tempo stesso un certo timore. Il villaggio sembrava disegnato su un album per bambini. Case colorate in stile tirolese. Gerani variopinti ai balconi, persone sorridenti, al limite del teatrale, che giravano in bicicletta. Qualcosa non andava. Oppure erano finiti per errore sul set di un film che stavano girando.

«Fermati, c’è un bar» disse la moglie.

Lui parcheggiò davanti all’entrata.

«Ben tornati» disse il barista, porgendo loro due tazze di caffè.

Marco aggrottò le sopracciglia. «Noi non siamo mai stati qui».

Il barista sorrise. «Tutti dicono così, all’inizio». Poi indicò una vecchia foto sulla parete dietro al bancone. Erano loro due, vent’anni prima…

Ed ecco la mia prosecuzione

Marco sbiancò mentre Laura strinse gli occhi per focalizzare l’immagine. Lei era astigmatica e vedeva sdoppiati i contorni. Estrasse gli occhiali dalla tracolla e fissò quella fotografia sbiadita dal tempo. Ebbe un sussulto. Erano proprio loro più giovani di vent’anni.

«Com’è possibile?» sussurrò con un filo di voce avvicinando le labbra all’orecchio di Marco.

L’immagine era in bianco e nero e li ritraeva insieme ad altre coppie.

«Ma quelli…». Marco s’interruppe. Aveva riconosciuto Aurora e Tommaso, Gaia ed Enrico. Il cuore smise di battere e rimase senz’aria nei polmoni.

«Stai bene?» esclamò Laura osservando il marito terreo in viso. «Stai bene?» ripeté col tono serio della voce.

Marco annuì. Poi con l’indice tremante indicò le coppie degli amici. Non riusciva a capacitarsi di quella fotografia di gruppo. Una trentina di persone.

Laura girò intorno al bancone per osservare meglio quei volti. «Non è possibile. Aurora vent’anni fa era ancora single e poi non aveva sposato Tommaso».

Marco si appoggiò coi gomiti al piano lucido di mogano dietro cui stava l’oste, che ridacchiava.

«Tutti dicono così all’inizio» ripeté con tono ironico come a prenderli in giro. «Anche i vostri amici hanno detto la medesima frase prima di ricredersi e ammettere di essere stati qui nell’agosto del 2005».

Laura strinse la mano a Marco che balbettava parole incomprensibili come un bambino che stava imparando a parlare.

L’oste sembrava divertito nel vedere lo sconcerto negli occhi di questa coppia. «Eppure siete arrivati in gruppo. Chi a piedi, chi in macchina. Avete chiesto informazioni. Avete consumato e poi mi avete chiesto di fare un’istantanea di gruppo». Si girò indicando la fotografia ingiallita dal tempo che troneggiava insieme ad altre.

Marco deglutì rumorosamente, mentre Laura si soffiava il naso. «Ma dove siamo?» chiese con voce supplichevole.

«Siete a…» e lasciò in sospeso il nome. Pareva divertirsi a giocare con loro come il gatto col topo.

Marco lanciò uno sguardo smarrito fuori nella piazza prospiciente il locale dove si trovavano. Le persone sembravano volare e non camminare e vestivano una foggia tra il casual e il tirolese in accordo con le tipologie delle case che facevano corona.

Laura si strinse al marito mentre l’oste riprese a parlare «Siete a…».

Lo squillo del telefono fece sobbalzare Marco che si mise ritto sul letto. Era tutto sudato e aveva la gola secca. Con voce impastata rispose. «Pronto. Chi siete?»

«… siete a Lasch in Vental».

Udì il clic e il segnale di libero. Si stropicciò gli occhi incredulo. Laura se ne era andata vent’anni prima e lui viveva solo.

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