Konnie – parte quindicesima

L’ultima avventura di Puzzone

Su Caffè letterario è stata da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

25 agosto 2144

Il tempo è rimasto stabile con una temperatura gradevole. Questo ha favorito la marcia dei due ragazzi.

«Fino a questo momento non abbiamo fatto cattivi incontri» afferma Matteo, mentre prepara la colazione dove un tempo era l’abitato di Vigo di Fassa che adesso è ridotto a un ammasso di pietre sgretolate.

«Forse la presenza di Cucciolo li ha tenuti lontani» replica Alba con tono sicuro, mentre il lupetto alza la testa, sentendosi chiamato in causa. «Dobbiamo decidere quale strada prendere per arrivare al Karersee. Quella più diretta e corta o quella più facile ma lunga?»

Matteo sembra riflettere ma dentro di lui punterebbe a quella più corta. Vuole arrivare in fretta a Bozen e prendere la via del ritorno il prima possibile. L’esperienza del maltempo al Passo Pordoi ha lasciato il segno in negativo.

«Se sei d’accordo, prenderei il Karerpass, cercando di fare tappa sul lago prima di scendere su Bozen. Un paio di giorni di riposo prima di intraprendere il percorso di ritorno. Da una settimana non riusciamo a contattare Città del Sole».

Alba annuisce perché il crono programma è lo stesso che ha pensato lei. «Sì, in effetti non abbiamo dato notizia di noi. Pensi che ci sia una ragione per cui non riusciamo a contattarli?»

Il ragazzo scuote la testa in segno di diniego. «No. D’altra parte non abbiamo mai testato le comunicazioni a lunga distanza».

Stanno raccogliendo tutte le loro attrezzature per sistemarle negli zaini, quando sentono ringhiare Cucciolo in posizione di difesa. Mostra i denti minaccioso puntando verso un gruppo di alberi alla loro destra.

Alba sbianca e si sistema al riparo di un muretto miracolosamente ancora in piedi. Matteo si gira per osservare quale pericolo incombe su di loro.

Dal boschetto vede spuntare una sagoma imponente: un orso, anzi un’orsa seguita dei due piccoli.

«Buono Cucciolo. Se non li minacciamo, se ne vanno per la loro strada» sussurra Matteo, accarezzando la testa del lupetto, che sembra aver compreso il suggerimento del ragazzo. Il ringhio si smorza ma la postura rimane quella di prima: pronto ad attaccare se l’orsa si avvicina troppo con intenzioni bellicose.

Con calma Matteo raccoglie le ultime cose senza perdere di vista l’orsa. I due orsacchiotti giocano fra loro sotto lo sguardo vigile della madre che in apparenza pare disinteressarsi dei due ragazzi e del lupetto.

«Vieni Cucciolo» ordina Matteo avviandosi con Alba verso l’imbocco della strada che li dovrà condurre a Karersee.

«Ho avuto paura» ammette Alba arrancando su una strada alquanto dissestata. «Ho letto che le orse sono particolarmente aggressive quando sono con i loro cuccioli. Poi il ringhiare feroce di Cucciolo mi ha fatto pensare male».

Il lupetto sentendo il suo nome solleva la testa con la lingua rossa a penzoloni per la salita e la sete. Negli ultimi giorni ha integrato la sua dieta andando a caccia di piccole prede nei boschi lungo la strada. Però nella giornata odierna preferisce rimanere vicino ai due ragazzi. Non gli sembra un luogo adatto per allontanarsi. Ci sono solo roccia e dirupi e la vegetazione è scarsa.

Arrivati in cima al passo, lo spettacolo è desolante: non c’è nulla che sia rimasto in piedi. Il bosco ha ricoperto quasi tutto quello che un tempo era il paese. Il lago s’intravvede a malapena e si confonde con l’abetaia. Vanno alla ricerca di uno spiazzo dove piantare la tenda. Lo trovano dove un tempo era un’area di ristoro attrezzata, di cui non ne è rimasta traccia, sommersa da erba secca e rovi di more. Matteo col coltellaccio crea una zona libera, dove sistemano la tenda.

La sera è stellata e fredda. Accendono un piccolo fuoco usando rami e arbusti secchi. Non li riscalda ma possono tenere lontano dei predatori notturni in collaborazione del fine udito di Cucciolo.

«Proviamo a stilare un bilancio dei nostri dieci giorni» suggerisce Matteo, mentre mastica un pezzo di formaggio.

«Pensavo meglio ma anche peggio» replica Alba distendendo le gambe. «L’inizio è stato duro con tutto il maltempo che abbiamo subito ma poi il tempo stabile ci ha consentito di procedere più spediti».

Il ragazzo annuisce ma il suo pensiero è su come hanno trovato il mondo esterno. «Credo, se un giorno l’aria sarà respirabile senza protezioni, la situazione richiederà molti lavori. Le vie di comunicazione sono in pessimo stato e non rimane nulla dei paesi. La natura si è ripreso tutto quello che era suo».

«Ma non siamo arrivati a Bozen. Potrebbe esserci lì una situazione migliore…».

Matteo ride. «Sei una ottimista inguaribile» la interrompe. «Dubito che la situazione sia migliore. In questi dieci giorni non abbiamo incontrato nessun essere umano. Temo che siamo rimasti solo noi». Osserva il minigeiger che segnala valori ancora elevati e pericolosi per l’uomo. Scuote la testa al pensiero dell’ottimismo della compagna.

Alba non si dà per vinta. «Dobbiamo esplorare la pianura prima di trarre delle conclusioni negative».

Matteo sorride per non smorzare i pensieri positivi della ragazza. Le prende la mano e gliela stringe con vigore. «Ora pensiamo a riposarci per essere in forma domani mattina. Se siamo fortunati, possiamo raggiungere in serata Bozen».

Poi si distendono dentro la tenda mentre il fuoco divampa allegro con l’ultima legna che lo alimenta. Cucciolo tra di loro sembra già nel mondo dei sogni perché le zampe tremano. Tuttavia sanno che un minimo rumore lo svegliare all’istante.

Le ombre rossastre guizzano attraverso il telo a formare immagini fantastiche.

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Una citazione interessante

Da ‘Il signor giardiniere’ di Frédéric Richaud traggo questa citazione che esce dalla bocca di un personaggio di questo libro.

Siamo nel 1674 l’Europa è scossa da diversi conflitti con alleanze ballerine. Un personaggio scomodo che ha preso le difese dei contadini vittime di soprusi e uccisioni scrive questo all’amico giardiniere.

“…Si marchiano gli uomini col ferro rovente; loro si difendono per un momento, ma il tempo passa in fretta e sembra che ben pochi serbino il ricordo della loro ferita. Che sia l’amnesia a governare il mondo?…”

Sono passati quasi quattrocento anni eppure questo è molto veritiero.  La gente scorda in fretta i soprusi patiti.

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Ricomincia il gioco del lunedì

Eletta Senso riprende il consueto gioco del lunedì con un tautogramma in s per onorare settembre che è cominciato.

Sinceri sublimi sospiri

sussurrano sulla sabbatica sacralità del sabato.

Stentano sensazioni saccenti su segreti sdegnosi.

Salve, semidei senza sospetti.

Solidi sensi sentono sicuri suoni.

Per Luisa ho proposto questo.

Sabbia silente

scivola sullo specchietto scintillante.

Sabba, streghe, sacrifici

sgorgano silenziosi sul suolo,

scendendo scale e scaloni.

Saccenti sacerdoti

spiegano sospettosi sgorbi,

spauracchi e storie.

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Konnie – quattordicesima parte

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Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la quattordicesima parte del romanzo Konnie.

La potete leggere anche qui. Buona lettura

11 agosto 2144 Bozen

Dopo un peregrinare lento con le gambe, che faticano a obbedire ai suoi comandi, prova a centellinare in qualche modo le forze per cercare qualcosa che possa offrire riparo per la notte. Gli edifici ancora in piedi sembrano sbriciolarsi da un momento all’altro e hanno i tetti collassati all’interno. Il selciato è esploso in più punti sotto la spinta di alberi ed erbacce. Una statua corrosa dalle intemperie svetta tra tanto sfacelo. Solo un qualcosa assomigliante a un chioschetto, che mostra segni evidenti di ruggine, sembra offrire un solido riparo. I vetri sono ridotti in polvere, le parti di legno al tocco si disgregano. Le uniche parti che resistono sono quelle in ferro, intaccate e ricoperte da uno strato di polvere rugginosa. Il tetto, pur presentando qualche buco riesce a garantire un buon riparo. Il pavimento è ricoperto da un po’ di tutto. Cent’anni alle intemperie e all’abbandono mostrano il loro biglietto da visita.

Konnie spinge a fatica quella che un tempo è stata una porta che cigola strisciando sul fondo. A parte qualche sedia rovesciata c’è lo scheletro di un divanetto in ferro ampio a sufficienza per ospitare una persona sdraiata.

Per il momento si siede per riposare e bere un po’ d’acqua dalla borraccia. «La devo centellinare con parsimonia. Ignoro se potrò trovarne altra di potabile» borbotta appoggiando la schiena.

«È stato molto faticoso arrivare fin qui» aggiunge con un filo di voce, mentre si deterge la bocca bagnata. Si sente stremato, osserva delle piccole emorragie cutanee sulle braccia. Il respiro si fa affannoso. Prova sensazioni di nausea e vertigini. Prende qualcosa dallo zaino per placare quella che gli sembra fame ma poi la rimette via. Lo stomaco è chiuso e non vuol ricevere nulla. Rischia solo di vomitare. «È meglio conservare il cibo per un’altra occasione senza sprecarlo».

Si distende sul divanetto. Non è molto comodo ma la stanchezza prevale sul disagio. Chiude gli occhi e sogna.

Il suo è un sogno in bianco e nero. Vede due giovani con un cane che pare un cucciolo. Ignora di quale razza sia ma gli appare molto giovane. Sono vestiti in modo strano ma ben diverso da lui. Il sogno continua ma si sveglia. È tutto intorpidito e sente freddo ma non ha nulla con cui coprirsi. Nel bunker non ha mai provato queste sensazioni. La temperatura era mite e non variava mai. Quello è stato per tutta la sua vita la zona comfort, una calda cuccia che l’ha cullato per ottant’anni. Però ricorda il bianco candore e il freddo pungente di sei mesi prima.

Intuisce che ha commesso un errore lasciando il bunker ma la curiosità di conoscere il mondo esterno e il terrore che quello sigillasse la sua vita è stato il detonatore della sua uscita.

Con lentezza scivola nel dormiveglia e ricomincia a sognare.

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Konnie – parte tredicesima

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Su Caffè Letterario è pubblicato la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

22 agosto 2144

La notte non è stata semplice da superare, perché il vento ha imperversato con violenza: c’è stato il rischio concreto che la tenda fosse strappata e volasse via. Poi si è aggiunto una bufera di neve che per fortuna è durata poco ma accumulato altri centimetri sul suolo.

Matteo e Alba hanno dormito come i gatti: un occhio chiuso e uno aperto, pronti a far fronte alle intemperie. Da quando una settimana prima sono partiti dalla Città del Sole non sono stati fortunati col tempo. Hanno pensato che sarebbe stata una scampagnata raggiungere Bozen ma invece pare un miraggio. Però hanno conosciuto aspetti del mondo esterno di cui ignoravano l’esistenza come la neve e il vento. Hanno compreso che non assomigliano per nulla alla calma piatta della Città del Sole e nemmeno ai video che hanno visionato più volte. La realtà è assai differente.

La mattina li accoglie splendida con un cielo di un azzurro intenso senza un alito di vento, mentre il sole fa scintillare la neve caduta nella notte che crocchia sotto di loro. La temperatura è rigida, mentre il respiro tende a condensare all’interno del casco. Devono azionare più volte un piccolo interruttore per disappannare l’interno.

«Riusciremo a tornare indietro tra qualche settimana?» Domanda Alba con tono preoccupato, quando al mattino si rimettono in marcia per scendere a valle. Ha lo sguardo allarmato con una profonda ruga che le solca la fronte.

«In estate non nevica» prova a rassicurarla Matteo, procedendo in discesa con passo guardingo, mentre Cucciolo rimane accanto a loro senza correre avanti e indietro come nei giorni precedenti. Sa d’aver pronunciato un’eresia, perché è evidente che non è vero.

Alba sorride perché tra qualche settimana l’autunno sarà alle porte. Quindi per quelle che sono le sue conoscenze il tempo dovrebbe virare al brutto, ma come lo ignora. Però un primo assaggio l’ha avuto. Matteo non l’ha convinta per nulla ma tace.

Scendono con cautela sulla strada ricoperta di neve. A malapena riconoscono sotto il velo bianco pietre e altri ostacoli. Lasciano alle spalle le orme dei loro piedi.

«Hai visto come è ingrossato Cucciolo? E come è morbido il suo pelo?» esterna Matteo osservando il lupetto che trotterella accanto a loro.

Alba lo scruta e sorride. Annuisce perché anche lei ha notato questo cambiamento. Però non è in grado di giustificarlo. Nella Città del Sole non ci sono cani e nemmeno gatti. Qualche altro animale è presente ma sono mucche e pecore. Si domanda se al loro ritorno sarà permesso di introdurlo ma rimanda la questione a più avanti.

La discesa sembra meno disastrata rispetto alla salita ma comunque impegna i due ragazzi a non scivolare sul sottile strato di ghiaccio che si è formato durante la notte. Notano che sui costoni che contornano la strada il bosco presenta delle cicatrici che non si sono ancora chiuse per bene.

Man mano che scendono la neve si trasforma in acqua e piccole cascatelle scivolano da un tornante su quello più in basso. Camminano in silenzio facendo attenzione a dove posano i piedi. Cucciolo si avventura ogni tanto nel bosco che ha guadagnato spazio sulla strada, ridotta a stretto sentiero. Però ritorna in fretta al loro fianco.

Sono stanchi e le ombre della sera cominciano a calare. Lungo il tragitto non hanno trovato ruderi o altro e non sono arrivati a valle. Finalmente arrivano in uno spazio in piano con i resti di una costruzione, che accanto presenta una fossa rettangolare. Adesso è una buca colma di acqua scura maleodorante. Ignorano cosa poteva essere in origine.

«Non mi piace questa zona. C’è un odore malsano» afferma con tono categorico Alba. «Cerchiamo un altro posto».

Matteo annuisce con decisione. L’ubicazione, dove pernottare, non lo convince.

Si muovono, perlustrano, saggiano la solidità delle pareti rimaste in piedi, finché non decidono di sistemare la tenda in un luogo vicino a una struttura che contiene dei macchinari corrosi dalla ruggine.

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Lipogramma in A per Luisa

Luisa ha proposto un lipogramma in A.

Ecco il mio

L’insulto giunge per mezzo del web. Colpisce duro. Impreco contro i leoni occulti dietro lo schermo. Verrebbe il desiderio di rispondere dente per dente, occhio per occhio. Mi fermo. Rifletto. Spreco il mio tempo contro coloro che sono privi di cuore e di cervello? Sono reietti, illusi di vincere un like perché sono ombre cinesi, prive di idee. Chiudo il computer e mi leggo un libro. È meglio e più utile.

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Tautogramma in F per Luisa

Krimhilde e le fanciulle scomparse

Per Luisa ho costruito questo tautogramma in F.

Fiorenza e Francesco, fidanzati, firmano fogli su fogli con le loro firme per formare una fregatura a Filippo. Funzionerà? Fingere? Fabbricano un foglietto falso per un fabbisogno febbrile di falsificare la forma della facciata. Il facchino facilita la furbata.

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Equinox di Chiara Strazzulla

equinox di Chiara Strazzulla

Ho finito di leggere Equinox di Chiara Strazzulla – Gainsworth Publishing. La casa editrice è specializzata in fantasy di tutti i generi. L’autrice vive a Cardiff nel Galles e ha publicato con Stile libero di Einaudi tre libri.

Me l’ha proposto Sara Fabian di Milioni di particelle.

È un bel tomo di pagine (sono 554), scritto bene – si nota l’estrazione culturale – e ben documentato. Risiedere in una città del Regno Unito è un jolly non da poco da spendere con successo. Anche la capacità di parlare di esoterismo con proprietà denota un’attenta maestria e un’accurata documentazione sull’argomento.

Tra draghi cinesi e suore esorciste, sedute spiritiche e libri antichi che svelano i segreti della magia rituale si snoda la trama tra le morti atroci per opera di un mostro multiforme. L’ispettore William Ashcroft scoprirà l’esistenza di una Londra misteriosa che si muove tra le crepe del mondo dominato dalla logica. La sua natura razionale di poliziotto si trova di fronte a delle scelte che potrebbero cambiare molto più della sua semplice vita.

Non uscire dal cerchio”.

È un fantasy noir ma nel contempo è anche un brillante thriller che spinge il lettore a capire chi sta dietro alle sei morti che l’ispettore deve svelare.

Per me è un po’ troppo lungo e forse eliminando e tagliando qua e là si renderebbe snella la lettura mentre il ritmo narrativo non avrebbe pause, visto la natura di thriller del romanzo.

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Konnie – parte dodicesima

I tre cunicoli – carteaceo

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post del racconto Konnie, pensando di far cosa paicere lo ripublico anche qui.

10 agosto 2144 Bozen

Konnie si deve fermare ogni venti passi. Fatica a respirare, tossisce. Avverte stanchezza con le gambe che gemono per il dolore. Cerca riparo dalla luce troppa intensa. Gli occhi lacrimano e faticano a rimanere aperti.

Quello che intravvede attraverso la visione opaca dello sguardo è tutto nuovo. I suoi ricordi basati sui filmati visti nelle lunghe serate nel bunker non collimano con quello che osserva intorno. Nemmeno le montagne che contornano la città sono le stesse. Sembra che abbiamo un altro aspetto. «Come?» Rantola col cuore che batte all’impazzata.

Carcasse arrugginite di qualcosa che battezza come auto sostano ai bordi di quello che un tempo era una strada. Ruderi o montagne di macerie sono ricoperte di verde.

Ascolta il rumore tipico di acqua che scorre sulla sua destra. «Dove sono?» Ricorda che suo padre gli ha descritto tre fiumi che passano per la città. «Quale dei tre?» La curiosità lo spinge ad avvicinarsi. Dalla sponda osserva che un fitto bosco gli preclude quasi per intero la vista. Intravvede un rigagnolo d’acqua in basso. «Forse è solo un’illusione ottica» Prosegue il suo cammino sulla sponda che lascia intuire che un tempo c’erano dei sentieri che a fatica sono percorribili.

Si allontana sempre più dal suo rifugio e capisce che non vi farà più ritorno. Non ha il senso dell’orientamento e tutti i posti sembrano uguali. Non saprebbe riconoscere da dove è passato. Questo lo spinge a proseguire.

Il sole è alto sull’orizzonte e fa molto caldo. Suda copiosamente. Si ferma all’ombra di imponente abete per detergersi il sudore e bere qualcosa dalla borraccia.

Alza verso il cielo lo sguardo e rimane affascinato: un azzurro così nitido non lo ricorda. Ride scuotendo la testa. Il suo occhio per ottant’anni ha visto solo grigio e nero, i colori unicamente nei film e nelle illustrazioni dei libri. «Dovrebbe essere mezzogiorno». L’ha dedotto dal fatto che il sole è alto nel cielo. La calura è insopportabile ma vuole spostarsi in città alla ricerca di un riparo per la notte.

«In città?» Ride, alzandosi a fatica. «Ma sono già in città! Forse in centro».

La fitta boscaglia nata sulla sponda del fiume rende l’aria ancor più rovente e afosa. S’incammina mentre sta sudando copiosamente. Si gira più volte. Gli pare di udire dei latrati alle sue spalle. «Lupi o cani?» Non vede nulla. «Se mi assalgono, per me è finita». Anche volendo non riesce accelerare il passo. Vede la traccia di un sentiero che scende dolcemente verso il basso. «Forse mi porta in centro città» borbotta mentre lo segue.

L’intuizione è corretta. Case crollate, selciato divelto è l’immagine che si presenta alla sua vista. Si ferma a rifiatare mentre studia il percorso da seguire. Non si fida infilare quelle stradine strette dove a fatica potrebbe procedere. Una desolazione è quello che vede. Preferisce proseguire in quella più ampia perché la parte centrale sembra meno ostruita.

Arriva in uno slargo dove alla sua destra osserva la facciata di una chiesa. Si ferma appoggiandosi al tronco di albero. Fatica a respirare, gli manca l’aria.

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Konnie – parte undicesima

Copertina di un Paese rinasce

Su Caffè Letterario è stata pubblicata l’undicesima parte del racconto Konnie. La potete leggere anche qui.

Buona lettura

21 agosto 2144

Le cime rosate dei monti circostanti danno il buongiorno ai ragazzi, che dopo una rapida colazione fredda riprendono il cammino. Però prima provano a contattare la Città del Sole. Sono tre giorni che non la sentono. Nessuna risposta. «Forse siamo in un punto dove non si prendono le comunicazioni» afferma Matteo, riponendo l’apparato nello zaino senza spegnerlo. La batteria dovrebbe durare almeno sei mesi.

La strada è umida e sdrucciolevole. La ricopre un velo di ghiaccio.

«Siamo ancora in tempo per ritornare indietro prima che sia troppo tardi» suggerisce Matteo con tono neutro. Tuttavia lui vorrebbe portare a termine la spedizione ma vuole sentire il parere della compagna.

Alba si ferma. Lo guarda mettendosi con le spalle al sole. «Dici sul serio o stai scherzando?» Fatta una breve pausa riprende col tono deciso di chi non ha intenzione di gettare la spugna. «Ti capisco e capisco che siamo in ritardo. Le tue preoccupazione sono anche le mie. Ci aspettano giornate dure perché le strade sono tutt’altro che agevoli e il tempo non sarà nostro amico. Restando al calduccio nella nostra tana, non ci siamo resi conto che il mondo esterno è ben diverso dal nostro. I ritmi sonno veglia sono scanditi in altro modo. Piove, nevica e c’è il sole in maniera imprevedibile. La natura non è benevola. Tuttavia la nostra missione è quella di portare certezze se in futuro decidiamo di uscire da sotto e riappropriarci del mondo di sopra».

Matteo ascolta col sorriso sulle labbra il monologo di Alba che si è infervorata, agitando le mani. La voce è salita di due ottave ed è vagamente stridula. «Allora rimettiamoci in marcia!» Prende per mano la ragazza con Cucciolo che scodinzola felice.

Avanzano con lentezza per diversi motivi. La strada è in salita e incontrano ostacoli di varia natura. Inoltre ignorano quali pericoli si celino dietro ogni curva. Alcuni tornanti sono franati su quelli sottostanti e per avanzare si sono dovuti arrampicare su cumuli di rocce col timore di rovinare a valle.

Matteo vede Alba ansimare un po’ più del dovuto. Fatica a tenere un passo spedito. Si guarda intorno alla ricerca di un punto dove fermarsi per riposare e mangiare qualche barretta energetica.

Salgono in silenzio sempre attenti alla strada piena d’insidie. «Ecco!» Si affretta a dire indicando col braccio un anfratto nella roccia. «Possiamo fermarci lì. Quei nuvoloni neri non promettono nulla di buono».

Alba si ferma. Osserva il cielo perplessa. «Forse è meglio proseguire e raggiungere la sommità del passo. Lì dovremmo trovare un posto migliore per ripararci se per caso si scatenasse un temporale o una nevicata improvvisa».

«Ti vedo stanca» replica il ragazzo osservandola. I movimenti sono rallentati e le risposte meno incisive.

Alba sorride ma ha pronta la replica. «Mi vedi sbuffare ma sono ancora in grado di camminare. Se non ce la faccio più, ti chiedo di fermarci».

I due ragazzi riprendono con buona lena la marcia, anche se il fondo stradale è scivoloso per il sottile strato di neve ghiacciata. Non hanno l’attrezzatura idonea a camminare in montagna e quindi faticano più del dovuto. Pagano l’inesperienza di non conoscere la variabilità del tempo in montagna come hanno già provato da quando hanno lasciato la Città del Sole. Lì c’è sempre il sole e il tempo è costante al bello ma fuori non è così. La temperatura può scendere di molti gradi nell’arco di breve tempo. Il sole può comparire o sparire in maniera improvvisa. Per i due ragazzi tutto questo rappresenta una novità.

I nuvoloni si allontanano veloci lasciando il cielo pulito. L’altezza del passo, il camminare spediti ha messo loro il fiatone e, respirando con affanno, raggiungono la sommità.

Lo spettacolo è desolante: non è restato quasi nulla in piedi. Ci sono solo rovine e ruderi con la natura che si è riappropriata del terreno, cancellando ogni traccia umana. I raggi del sole morente illuminano quel senso di abbandono che i resti delle antiche costruzioni trasmettono ai due ragazzi. Devono decidere se fermarsi oppure proseguire verso il fondovalle. Come stanno sperimentando da quando hanno lasciato la Città del Sole, la situazione meteorologica sta virando al brutto. Il cielo si va coprendo di nuvole nere, cariche di pioggia. Il vento comincia a rinforzarsi soffiando con forza. La temperatura scende in picchiata.

La stanchezza del camminare a piedi a cui non si sono ancora abituati e il timore di un peggioramento del tempo li fa optare per la soluzione più ovvia. Scelgono di riposarsi per riprendere il cammino la mattina seguente. Trovare un posto riparato è un problema. Il sole e il gelo hanno spaccato tutte le opere umane. Dopo aver girato tra i vari ruderi si sistemano tra le rovine di un hotel di cui è rimasto ben poco. Un muro rimasto in piedi quasi per miracolo offre un valido riparo dal vento.

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