Un gioco estivo

Copertina di un Paese rinasce

Luisa propone come gioco scherzoso dell’estate alcune battute sull’essere anziani.

ecco le mie

1) Non ti arrabbi mai, tanto non ci senti da questo orecchio.

2) Hai la vista acuta ma non inganni nessuno.

3) Dannati giornali! Scrivono troppo in piccolo per risparmiare della carta.

4) Non capisci perché da quando hai sessant’anni ti chiamano anziano.

5) Un tempo c’erano i nonni ma adesso te ne devi stare da solo al parco.

6) La patente ti serve per andare a fare le visite ma quei carognoni te la vogliono togliere.

7) Il problema non è se mi chiamano nonno ma piuttosto il pensiero di andare a letto con la nonna.

8) Il mondo è nostro per mancanza di concorrenza giovanile.

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Konnie parte nona

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

Oggi nel 1476 nasceva a Ferrara Alfonso primo d’Este, il protagonista del mio romanzo storico i tre cunicoli , insieme a Giacomo anche lui nato a Ferrara il 21 luglio di molti secoli dopo.

I tre cunicoli – carteaceo

È la storia romanzata dell’amore tra Alfonso e Laura Dianti col contorno di altri personaggi in parte reali e in parte di fantasia.

10agosto 2144 Bozen ore 10

Sono passati sei mesi da quando Konnie ha fatto una sortita all’esterno. Il compleanno degli ottanta è passato e avverte tristezza come se incombesse su di lui una sciagura. In realtà da troppo tempo è solo e avverte che la sua ora si avvicina a grandi passi. Non ha più stimoli. Le pagine bianche del suo diario sono finite da oltre un anno ma anche se ce ne fossero altre non saprebbe come scrivere i suoi pensieri. Non ha materiale per la scrittura.

Si trascina stancamente da una stanza all’altra e questa apatia è cresciuta un giorno dopo l’altro. Si è accentuata da quando ha fatto sei mesi prima una sortita fuori dal bunker. Avverte dolori articolari ed emicranie. Ogni tanto ha eruzioni cutanee dolorose che crescono. Ricorda bene le raccomandazioni di Marie, sua madre. «Non uscire se i sievert superano il valore di uno. Potresti rimanere in vita solo con l’aiuto di cure ospedaliere. Purtroppo gli ospedali non esistono più».

Però lui non ha intenzione di trasformare il bunker nel suo sarcofago come è stato per i suoi genitori. «Preferisco morire all’aria aperta. Le mie ossa diventeranno polvere».

Anche le scorte di cibo sono ridotte al lumicino. «Forse bastano per una settimana o anche meno».

Konnie si agita inquieto tra dolori e paure dell’ignoto. Si alza dalla sedia a fatica ma ha deciso. «Esco e sarà quel che sarà!» A fatica si trascina nella sua stanza. Prende una cartella di cuoio nero dove dentro ci mette il diario, la piantina del bunker e la sua localizzazione. Poi ci aggiungerà le chiavi per aprire le porte. In una sacca di iuta grezza infila qualche capo di vestiario, e le vivande rimaste. Spegne la luce e si avvia verso l’uscita. Il generatore atomico garantirà la corrente elettrica per molti anni. Quindi terrà in vita l’area del freddo, la purificazione dell’aria e tutto quello che funziona in modo elettrico. È l’unico apparato che non ha mai destato preoccupazioni.

Fa i gradini che lo conducono all’esterno con grande fatica. Gli manca il fiato e sono ancora più sdrucciolevoli rispetto all’altra volta. Non sembrano finire mai. Prima di aprire la porta che lo conduce all’esterno si appoggia alla parete socchiudendo gli occhi. Deve calmare il battito cardiaco e regolarizzare il respiro.

Esce e rimane abbagliato. La luce intensa ferisce la sua vista. Chiude gli occhi e li copre con una mano. Avverte un calore intenso sulle guance e sulla testa. Il suo corpo è abituato alla temperatura costante del bunker e alla luce soffusa delle lampade interne.

S’inginocchia perché gli mancano le forze per restare ritto. Si fa forza per alzarsi usando un bastone da montagna di suo padre.

È preso tra due fuochi: proseguire o ritornare nel bunker. «No, non posso tornare indietro. Devo andare avanti per vedere se incontro qualche essere umano». La decisione è presa senza tentennamenti.

Konnie non conosce nulla di quello che vede intorno a lui. Alla sua destra ci sono dei ruderi. «Forse è la casa dei miei genitori o meglio quello che resta». Sono cresciuti degli alberi all’interno e dei rampicanti sui pochi muri in piedi. Davanti delle erbe sono alte quasi come lui. Ricorda vagamente che sua madre gli aveva descritto la presenza di un giardino ben curato tra l’abitazione e la strada. Ride perché adesso ci sono solo erbacce che con fatica fende per raggiungere la strada o quello che resta.

Alle sue spalle osserva incassata due speroni rocciosi una stretta gola, mentre davanti si apre una pianura.

parte una, parte due, parte tre parte quattro parte cinque parte sei parte sette parte ottava 

Foto di cottonbro studio: https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-che-tostano-bicchieri-di-vino-3171837/

Il 21 luglio è anche una data molto cara a me. È il mio compleanno

Tanti auguri.

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Acrostico dell’estate con varianti

Krimhilde e le fanciulle scomparse

Eletta Senso sente il richiamo dei giochi linguistici e propone per ammazzare la noia di questa bollente estate un acrostico con varianti.

L’acrostico lo conosciamo tutti. Si tratta di comporre qualcosa le cui parole iniziano con le lettere della frase o del nome proposto. Nel nostro caso è ESTATE.

Il mesostico è qualcosa di diverso l’ultima parola della composizione deve formare il lemma proposto ovvero ESTATE

Il telestico è una variante più complicata perché il lemma ESTATE deve comparire come l’ultima lettera della composizione.

Ecco cosa ho prodotto.

Acrostico dell’estate con variazioni

Enormi Energie

Stanno Subito

Tramutando Trepidi

Amorevoli Abbracci

Tra Tranquilli

Evviva Ed Emozioni.

Varianti

Mesostico

Giungono tra Energici

battimani i Sudati

atleti che Trovano

refrigerio tra Abeti

secolari che Trasformano

uno scenario Emozionante.

Telestico

La bollent E

mis S

a oves T

della cas A

misura il bugde T

del compagno infedel E

 

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Altre storie di sei parole

I tre cunicoli – carteaceo

L’idea di Luisa di costruire delle ministorie di solo 6 parole mi ha incuriosito.

Così ne ho pensate delle altre

Vedo volare una mosca. Sento ronzio.

La campagna veste di festa. Verde.

Il libro sullo scaffale è caduto.

Guardo le stelle. Penso a te.

Non sono molto originali ma non ho saputo fare di meglio.

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Una storia in sei parole

I tre cunicoli – carteaceo

Luisa propone per il gioco linguistico di scrivere una storia completa in sei parole.

[Vacanze]

Dovendo partire per Braies, chiudo casa.

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Lipogramma in L per Luisa

Per Luisa che ci propone il gioco linguistico in assenza di Eletta in pausa vacanze ho composto questo lipogramma il l come luglio.

Una generosa sosta ci concediamo tra vigne e peri con un vento vigoroso che mitiga un’arsura tremenda.

Seduti sotto un’ombra fresca scriviamo su questo quaderno aforismi e poesie. Una gioia immensa pervade mente e spirito e ci trasporta in un mondo fantastico dove vivono estro e immaginazione.

Siamo d’estate.

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Konnie parte ottava

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

17 agosto 2144

Si sono sistemati in una piazzola più a valle accanto a un rudere ricoperto di muschio ed edera. Accendono un piccolo fuoco con i legnetti raccolti intorno per scaldarsi e mangiare qualcosa di caldo. Si è alzato un vento freddo e il cielo si è coperto. Cucciolo si sistema tra loro.

L’alba non è rosata ma grigia e umida. Una fastidiosa pioggia li sveglia. Un pessimo buon giorno. Piegata la tenda gocciolante si mettono in cammino per raggiungere il fondo valle seguendo la vecchia strada costruita per la Città del Sole.

Un ostacolo si para dinnanzi a loro: un torrente incassato tra le due alte sponde. «È il Cordevole» spiega Alba dopo aver consultato la carta. Il vecchio ponte che lo scavalca non sembra molto sicuro. Provare a guadarlo è ancor più rischioso. Gocciolanti per la pioggia che sta infittendo restano in silenzio mentre Cucciolo si scrolla per liberare il pelo dall’acqua.

«Cosa facciamo?» Il tono di Alba è tutt’altro che rassicurante. «Rinunciamo?»

«No!» replica secco Matteo che sta valutando di rischiare il passaggio sul ponte che presenta vistose crepe sia sul manto stradale sia sulla fiancata. Questa appare sgretolata in più punti mettendo a nudo l’armatura corrosa dalla ruggine.

«Sistemiamoci al riparo di quell’abetaia. Facciamo una sosta e mangiamo qualcosa» propone Matteo, riflettendo sul da farsi.

Fissati i teli della tenda tra due alberi, si mettono al riparo per rifocillarsi. Accendere un fuoco è proibitivo, quindi si accontentano di mangiare pane e formaggio. Cucciolo trema per il freddo e la pioggia che ha infradiciato il suo pelo. Ai ragazzi va meglio perché la tuta protettiva li tiene all’asciutto.

Il tuono brontola e un violento scroscio si abbatte su di loro. Il torrente fa sentire la sua voce cupa e minacciosa. Un ruggito feroce.

«Ci conviene trovarci un’altra sistemazione meno pericolosa, se si scatenano i fulmini» suggerisce Alba con voce preoccupata, mentre osserva la radura che si sta ricoprendo con le nuvole basse. «Mi pare di scorgere un rudere alla nostra sinistra. Non è molto ma possiamo sistemarci là».

Matteo annuisce e raccolte le loro cose e liberato il telo si avvia verso quelle pietre che un tempo era un’abitazione o un riparo per custodire delle attrezzature. Cucciolo soffia e abbaia deciso verso un cumulo, finché non si calma. “Deve aver scorto o avvertito un rischio per noi, liberando l’area” pensa il ragazzo, accarezzandogli la testa.

«Non capisco perché Cucciolo si sia innervosito» chiede Alba con tono interrogativo.

«Noi non vediamo o sentiamo i pericoli ma lui sì e quindi ha fatto sgomberare il posto da intrusi sgraditi».

Matteo raccoglie un grosso ramo caduto da un abete e con quello batte le pietre a terra e quel poco che è rimasto in piedi per avere la certezza che non ci siano altre insidie. Inoltre controlla che le due pareti rimaste siano sufficientemente statiche e non crollino sotto l’effetto del vento.

Sistema la tenda addossata ai muri che la proteggono su due lati. Steso sotto un telo per proteggersi dall’umidità del terreno, Matteo va alla ricerca di rami e piccoli legnetti per improvvisare un fuoco. Sa che sarà difficile accenderlo e tenerlo acceso ma sono in quota e la temperatura scende di parecchio. Con le pietre meno umide prepara un focolare approssimativo proteggendolo dalla pioggia.

Non è molto ma almeno possono mangiare qualcosa di caldo e creare un po’ di tepore che asciugherà i loro zaini e il pelo di Cucciolo.

Il picchiettare della pioggia ora leggero, ora violento è una specie di litania musicale per le loro orecchie. Hanno visto qualche video ma è la prima volta che ne prendono coscienza. Un’esperienza nuova che si aggiunge alla scoperta del sorgere e del tramontare del sole e a tante altre sperimentate durante l’uscita nel mondo esterno.

«Torniamo indietro?» Alba ha dismesso il sorriso e i lineamenti del suo viso sono tesi. Osserva con apprensione la violenza della pioggia che sembra travolgere la loro tenda.

«No. Non dobbiamo lasciarci prendere dal panico». Matteo nota che rivoli di acqua mista a fango scendono dall’abetaia e lambiscono il loro rifugio improvvisato. “Devo deviare questo flusso. Come?” Ci sono altre pietre di discrete dimensioni rotolate più a valle. “Se le sistemo sul quel lato impedisco al fango di penetrare nella tenda”. Sotto gli occhi curiosi di Alba comincia il lavoro. Quando ha finito, è un solido argine alla pioggia e alla fanghiglia.

Il rumoroso picchiettare della pioggia e la stanchezza compiono il prodigio di farli addormentare subito.

Cucciolo dorme come i gatti con un occhio chiuso e l’altro aperto.

le altre puntate le trovate qui

parte una, parte due, parte tre parte quattro parte cinque parte sei parte sette

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Konnie – parte settima

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la settima puntata di Konnie che potete leggere anche qui.

Buona lettura

Le cime delle montagne intorno si tingono di rosa e le ultime stelle si confondono col cielo.

Alba si muove grugnendo. Avverte dolori alle spalle e formicolio alle mani. Si drizza eretta, guardandosi stupita intorno. Non si trova nella sua cameretta nella Città del Sole ma sulla nuda terra, dura e scomoda. Poi scoppia in una risata liberatoria. Ricorda che con Matteo sono usciti dalla calda cuccia della Città del Sole per esplorare quello che c’è tra loro e Bozen.

Il ragazzo si sveglia per le risate di Alba. Distende le articolazioni che sono intorpidite per la postura sconnessa assunta durante il sonno.

«Sveglia, dormiglione!» Urla la ragazza trattenendo la risata. «La giornata è splendida e la vista è mozzafiato».

Fatta la colazione col caffè liofilizzato e qualche galletta abbrustolita si rimettono in viaggio dopo avere ripiegato la tenda. Continuano a segnare il loro passaggio mentre scendono verso valle. Sono alla ricerca della strada che secondo la carta porta al Passo Pordoi e da lì a Canazei.

«Eppure per costruire il nostro rifugio» borbotta Matteo, «di certo c’era una strada o un sentiero che serviva per il trasporto del materiale e delle persone. Questo mi ha raccontato Michele qualche anno fa».

Alba scuote il capo. «Ci dovrebbe essere ma la natura in assenza degli umani ha ripreso possesso di tutto il suo regno e cancellando tracce e ricordi».

Il ragazzo scuote la testa perché non è d’accordo. “Almeno una traccia ci dovrebbe essere rimasta ma sembra tutto bosco e basta”.

Quando il sole, leggermente velato da nubi bianche frastagliate che si muovono veloci nel cielo azzurro, è alto, i due ragazzi decidono per una breve sosta. Sono affaticati perché gli zaini pesano e devono prestare attenzione a non mettere i piedi su pietre o rocce per evitare passi falsi. Trovano una piccola radura ricoperta da enormi felci e fiori sconosciuti. La filmano a memoria futura. Fa caldo, un caldo afoso che potrebbe presagire un violento temporale. Il contatore geiger segnala un livello di radioattività di circa due sievert o poco più, ancora alto e pericoloso.

Sentono muovere qualcosa tra le felci come una specie di guaito. Matteo impugna quel coltellaccio che dondola sul suo fianco. Spunta un muso con la lingua rossa a penzoloni. Gli occhi implorano cibo e il corpo si muove sofferente come se fosse ferito. Il ragazzo rinfodera l’arma. Ha capito che non è una minaccia.

«Un cane oppure un lupetto?» Chiede Alba, gettandogli la galletta che stava mangiando.

L’animale si sdraia poco distante e afferra con le zampe anteriori il cibo che sgranocchia in fretta.

«Ha fame il cucciolo!» ridacchia Matteo dando un colpetto sulla spalla della ragazza.

Ridono vedendolo mangiare con avidità quel pezzo di pane. Alba gli lancia un cubetto di carne secca, che l’animale prende al volo masticandolo con vigore. La lingua a penzoloni fa intuire che oltre la fame abbia pure sete. Matteo si guarda intorno alla ricerca di qualcosa dove possa versare l’acqua. L’unico oggetto è una foglia verde che recide con un colpo del coltellaccio. La gira e dalla borraccia fa cadere delle gocce. Il cucciolo si frappone con la lingua per bagnarsi la gola.

Alba gli accarezza la testa. Un gesto che gradisce. «Ciao Cucciolo! Noi andiamo». I due ragazzi riprendono a scendere a zig zag ma si fermano subito. Qualche passo dietro loro c’è il lupetto intenzionato a seguirli.

«Bene, abbiamo la scorta» ridacchia la ragazza, che riprende la discesa. Il cucciolo sia pure a fatica si è accodato a qualche metro di distanza. Zoppica come se avesse una ferita alla zampa anteriore destra. Si fermano per vedere cosa non funziona. Il lupetto si lascia visitare e con la lingua lecca la mano di Matteo.

«Ha una brutta ferita infetta ma non solo» spiega il ragazzo con tono serio, mentre prende del disinfettante dalla sacca che porta a tracolla. «La zampa è più corta delle altre. Ecco perché il branco l’ha abbandonato».

Finita la medicazione riprendono la discesa col lupetto che si è sistemato tra loro. La sua andatura è meno zoppicante ma comunque fatica a tenere il loro passo.

«Finalmente!» esclama Matteo scorgendo sulla loro destra il segno di una vecchia strada tutta sconnessa e ricoperta da arbusti ed erba. La pavimentazione in macadam è quasi sparita ma camminare è più agevole rispetto al bosco.

Fatti tre tornanti sentono il rumore dell’acqua che scorre tra i massi, mentre Cucciolo sparisce attratto da quel suono.

«Andiamo a vedere. Possiamo riempire le tanichette con acqua fresca» suggerisce Matteo infilando un groviglio di rovi.

È una piccola cascatella che forma una pozza, prima di fluire a valle. I due ragazzi ridono vedendo Cucciolo che beve con abbondanza. Riempiono le tanichette di tessuto appese alla cintola e pensano di fermarsi per la notte nella piccola radura adiacente al minuscolo laghetto formato dal piccolo salto d’acqua tra le rocce. Però capiscono che il posto non è salubre vedendo il lupetto che si allontana dopo essersi dissetato.

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