Un viaggio, un incubo – quinta puntata

Eccoci con il nuovo appuntamento con la storia di Simona. Per chi avesse perso qualche puntata precedente, le può trovare qui.

Buona lettura.

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Simona osserva l’ora proiettata sul soffitto e ha un sobbalzo.

«Ho dormito due ore! E sono ancora nuda!»

C’è ancora luce. Le giornate sono lunghe e il sole sta scendendo dietro le punte dei grattacieli.

La suite è confortevole come potrebbe essere un caldo abbraccio. Ha una vasta stanza divisa idealmente in tre parti. L’area sonno con un letto di dimensioni enormi che guarda in lontananza un parco, una grande isola verde contornata da alti palazzi. Nei due angoli ai lati del letto da una parte c’è la zona cottura e dall’altra l’area relax con due poltrone e un tavolo. Un bagno ampio con doccia e vasca completa la suite. L’arredamento è moderno con colori tenui.

Simona ha trovato di suo gradimento la sistemazione. Quando la prenotato via internet, non pensava che fosse così confortevole.

Si guarda intorno con l’occhio ancora assonnato. Sente il corpo caldo nonostante l’aria condizionata. Fuori una leggera nebbiolina increspa le guglie dei grattacieli e opta per non uscire alla ricerca di un ristorante. Rinuncia all’idea di farsi servire un pasto nella suite dal servizio ristorante come le sere precedenti.

«Userò il servizio di cucina» mormora dirigendosi verso l’angolo cottura, dopo aver indossato un baby doll. «Nel congelatore ho visto pizze e nel frigorifero formaggio, birra e acqua. Per stasera va bene così».

C’è la televisione via cavo che le servirà per allietare la serata. Nell’angolo che funziona da salotto sta un computer con accesso a Internet funzionante se ha voglia di navigare in rete.

Il viso è rilassato nonostante la brutta avventura del pomeriggio. Canticchia e si organizza per trascorrere la serata. “Ok. Più tardi mi faccio un giro sul web per leggere le ultime novità e visualizzare la posta” si dice soddisfatta, mettendo nel microonde la pizza.

Ritiene inutile recriminare sugli avvenimenti del pomeriggio, perché non cambierebbe nulla. Si è dimostrata ingenua e incauta, ma dovrà raddoppiare le precauzioni per non cadere tra le grinfie di Mark di nuovo. Fa mente locale sul viaggio di ritorno programmato per il quattordici luglio. Legge la data sulla sveglia digitale: tre luglio.

“Ancora undici giorni, prima di recarmi al JFK Airport e imbarcarmi sul volo Air France con destinazione Milano con tappa a Parigi” riflette. Saranno undici giorni di supplizio con l’incubo di vedere sbucare all’improvviso il viso di Mark. New York è grande, ma la sfiga ci vede bene, anzi benissimo. “Quando ritieni di essere al sicuro… zac! e spunta la persona più indesiderata! E lui lo è! E se capita come farò a districarmi? Riuscirò a sfuggirgli oppure finirò sua prigioniera senza diritto di riscatto?”

Simona osserva sulla parete il display dell’orologio che segna le otto p.m. In Italia sono la mezzanotte. Non ha nessuna intenzione di chiamare casa, perché è tardi e non desidera raccontare gli avvenimenti odierni.

“Lo farò domani” si ripromette. “Saranno in pensiero perché non mi sono fatta viva, ma Dio mio sono una donna adulta! Questo lo devono capire”.

Il microonde l’avverte che la pizza è pronta. La mette nel piatto con formaggio e birra sedendosi al tavolo. Mentre mangia in silenzio si ripromette di fare il punto della situazione. “Di sicuro non ne parlerò con loro, perché sento già i pianti di mamma e le urla di papà che mi intima di prendere il primo volo di ritorno!” riflette pulendosi la bocca con una salvietta. “Sono a New York e voglio finire la mia vacanza anche se l’ansia mi farà da scorta immancabile”.

Non ha intenzione di barricarsi dentro nel residence per undici giorni. “Per stasera passi, tanto più che non ho molta fame” si dice mettendo il piatto sporco nel lavello. “Domani si esce per New York e che Dio me la mandi buona”.

Quello che ha mangiato non sembra volere andare giù. Ha un groppo alla gola e lo stomaco chiuso. Lo stress del pomeriggio sta presentando il conto ma si deve rilassarsi per affrontare la notte.

«Domani è un nuovo giorno» borbotta, sistemandosi sulla poltrona per vedere un po’ di televisione.

Un viaggio, un incubo – quarta puntata

Ecco la quarta puntata che vede protagonista una donna di quarantanni. Per chi avesse perso le puntate precedenti le trova qui.


Foto di Pamela Marie da Pexels

«Fuck! Crap!» urla Mark inferocito, mentre tenta di sbloccare la cerniera rimasta a mezz’aria incastrata negli slip.

«Daughter of bitch!”» impreca mentre vede Simona infilarsi tra una pila di copertoni e delle portiere, sparendo alla sua vista.

«Floozy, I’ll kick your ass!» sibila mentre incespica nei jeans semi abbassati, tentando di rincorrerla.

La sente muoversi con cautela tra i rottami rugginosi di macchine, ma prima deve allacciarsi i jeans se vuole correre senza il rischio di cadere a ogni passo. Vede sul prato il perizoma che le ha appena strappato e lo raccoglie come un feticcio. «Wannabe forgiveness, slut!» e lo annusa.

Il profumo del indumento intimo carica Mark, che ricomincia la caccia a Simona. Però ha perso tempo prezioso e non la sente più aggirarsi tra le carcasse d’auto contorte. Pensa che si sia nascosta impaurita da qualche parte, mentre si muove in modo scomposto. Sembra un toro furioso dinnanzi al drappo rosso.

Gira per l’immenso cimitero di auto senza trovarne traccia o sentirne l’odore. Infuriato perché la preda è fuggita, raggiunge la Buick nera parcheggiata in un luogo riparato, lontano da occhi indiscreti, e comincia a perlustrare la strada.

Non è una zona molto trafficata, quindi difficilmente può avere trovato un passaggio da un automobilista in transito. Ha perciò la sicurezza che sia nei dintorni.

Ripercorre la carreggiata un paio di volte senza notarla e poi strepita: «Fuck! Crap! Playbacks are hell! You are a fucking cunt! Bastard!». Si ricorda che cento metri dal viottolo c’è la fermata del bus e l’ha visto arrivare mentre stava perlustrando il ciglio erboso alla ricerca di Simona.

Impreca contro se stesso perché la riteneva una donna stupida, incapace di ribellarsi, mentre si rivela più astuta e temibile di quello che pensava. L’ha sottovalutata. Da quel momento dovrà usare più astuzia se la vorrà catturare di nuovo. Scuote il capo e imprecando riprende la strada per New York.

La caccia è appena iniziata e durerà finché non l’avrà trovata. Sa che non rinuncerà con facilità a un bocconcino così prelibato, mentre il membro diventa duro pensando a lei.

Un viaggio, un incubo – terza puntata

E così siamo a quota tre. Per chi avesse perso le altre due le trova qui.

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Si domanda perché si è infilata in questa avventura che assomiglia più a un maledetto incubo che a qualcosa di stimolante.

“Fare sesso era l’ultimo dei miei pensieri! Ne ho fatto tanto che un po’ di astinenza mi avrebbe consentito di riassaporarlo con maggiore gusto” si dice ridendo per i ricordi lontani nel tempo.

Durante le lunghe conversazioni Mark aveva dimostrato capacità di pensieri profondi e intuizioni strabilianti. Nessuno degli uomini che aveva conosciuto aveva palesato le medesime qualità. “Ho creduto di essere incappata nella persona giusta” riflette con un sorriso amaro. “Ma alla fine si è dimostrato uguale agli altri”.

Ha un déjà vu. Ripensa agli uomini della sua vita che tra meteore e stabili sono stati troppi. Adesso ha quarant’anni e alle spalle un’esistenza sentimentale fallimentare con zero prospettive di miglioramento per il futuro.

Roberto, con il quale ha avuto la relazione più lunga, è stato la persona più importante tra tutti questi. Conosciuto negli ultimi anni del liceo ha avuto con lui una relazione durata tutta l’università per proseguire dopo tra passioni travolgenti e litigate altrettanto furiose. Più per inerzia che altro. Col senno del poi riconosce che non erano adatti: troppo diversi per carattere e aspirazioni. Lei aspirava a una esistenza a due tranquilla ma stimolante. Lui aveva in testa solo un mondo costituito dal sesso, dalla ricerca di stimoli artificiali e nessuna propensione alla vita di coppia. Ha tentato di coinvolgerla in giochi erotici di gruppo, ma le è stata sufficiente una volta sola. L’ha amato con molta passione, sperando di modificarlo ma senza risultati apprezzabili.

“Forse ho sperato di trovare in Mark quello che non c’era in Roberto” pensa con amarezza stringendo le labbra. “Ogni azione ha la sua reazione. Con Mark si è basata sul confronto, nella ricerca di quello che Roberto non è mai riuscito a donarmi. E questo mi ha condizionata”.

Mark si è presentato come una persona gentile ed educata. Le ha dato l’impressione di essere diverso dagli altri uomini conosciuti e frequentati. “Però devo confessare che ho preso una solenne cantonata! Esattamente come tutte quelle che lo hanno preceduto” rimugina tra sé al pensiero del pomeriggio.

Dopo Roberto il diluvio dei sentimenti l’ha travolta vedendo passare nel suo letto troppi uomini, senza che nessuno di questi le abbia saputo donare un briciolo di amore. Ricorda Enrico, con cui ha tentato di convivere con esiti a dir poco disastrosi.

“Con Enrico non riesco a capacitarmi come abbia potuto commettere un errore così grossolano, forse anche peggiore della sopravvalutazione di Mark!” si dice con un sorriso storto. “Mi aveva preso per la badante della madre, quasi ottantenne e con evidenti deficit cognitivi. Dovevo lavare e stirare tutta la sua roba, quella della madre e ci mancava poco anche della sorella! Tempo quindici giorni e sono schizzata via tornando a casa mia. È stato comico, per non dire patetico, quando ha tentato di convincermi che stavo commettendo un errore! Si, l’errore lo stavo commettendo, ma non come diceva lui. Tra tutti quelli dopo Roberto, questo è stato il flop più clamoroso. E non so ancora cosa mi aveva attratto”.

In questa carrellata di ricordi di amori sfortunati e improbabili non poteva mancare la parentesi con Anna, la collega di lavoro lesbica. Per mesi Anna ha tentato di avere una relazione con lei, finché dopo la delusione con Enrico ha deciso di accettarne il corteggiamento. È stata un’altra esperienza infelice sotto tutti i punti di vista, mentre conviene che tra l’amore saffico e quello etero la bilancia pende con decisione verso il secondo. Forse Anna non ha saputo toccare le giuste corde delle sensazioni ma è più probabile che lei non provasse nulla in quella relazione.

«Per fortuna» esclama ridendo a quel ricordo. «Siamo rimaste tutte e due senza lavoro, perché la società ha chiuso i battenti. Così senza traumi si è concluso quel legame che stava diventando ingombrante».

Si aggira inquieta nella stanza sotto il diluvio dei ricordi e si chiede cosa non funzioni dentro di lei. “Attiro uomini a profusione, ma il loro unico obiettivo è fare sesso, a parte Enrico, che voleva una colf”. Scoppia in una sonora risata ripensando a Enrico, visto che l’ha scopata tre volte per sbaglio, perché glielo ha chiesto lei.

Questi pensieri le fanno capire che l’avventura con Mark è stata dettata dal desiderio di uscire dal grigiore della sua esistenza e sentirsi viva a quarant’anni.

Mentre si stava avviando a superare la soglia dell’età, che per molte donne rappresenta l’apice della loro vita, ha scoperto blog, chat e tanti amici virtuali con cui scambiare opinioni e commenti. La scrittura tra il personale e l’attualità riesce a fornirle un momento di serena tranquillità, facendole dimenticare le delusioni amorose.

Un anno e mezzo fa c’è stato l’incontro fortuito su Twitter con Mark, poi l’uso di Messenger per parlare on line. All’inizio era contenta perché poteva perfezionare il suo inglese, poi è diventata una droga, perché aspettava con ansia la sera per aprire il dialogo con lui. “Le telefonate su Skype, che mi hanno permesso di sentire la sua voce calda e sensuale” ricorda con un pizzico di nostalgia perché fino all’altro ieri hanno affollato la sua mente.

Il loro rapporto virtuale è diventato saldo e vincolante, trasformandosi un po’ per volta nel confidenziale che le ha permesso di raccontare i suoi problemi, desideri, ansie e gioie. E lui suadente come una sirena le ha offerto su un piatto d’argento le soluzioni, come districarsi tra i meandri oscuri del lavoro, delle relazioni interpersonali, dei problemi irrisolti del cuore. Come un ragno tesse con pazienza la tela per catturare la preda, così Mark malizioso ha posto domande sempre più intime e imbarazzanti per chiunque ma non per lei, che ha risposto senza problemi nei minimi dettagli.

«Sono diventata un libro aperto, mentre ho messo a nudo la mia personalità complicata e talvolta immatura» afferma con un pizzico di rammarico. «Lui ha capito tutto benissimo, sapendo con precisione cronometrica ogni mia mossa e pensiero, trovando l’argomento giusto per convincermi. Come stamattina, quando non ho reagito alle sue avance lasciandomi soggiogare dal suo fascino perverso, come capitava con Roberto! Due persone tanto diverse, quanto uguali per il potere che hanno esercitato su di me».

Ricorda con esattezza come Mark ha preparato la trappola per attirarla a New York. Prima ha detto che sarebbe venuto a Roma per conoscere me e la mia famiglia, ma poi con varie scuse e impedimenti ha rimandato il viaggio di settimana in settimana, finché non lo ha annullato. A quel punto le ha chiesto di raggiungerlo nella Grande Mela.

“Ho trovato l’idea seducente” ricorda senza imbarazzo. “Un viaggio nella grande America da sola, contando sull’appoggio di uno che la conosce. Il dollaro debole che rende la vacanza a low-cost come propulsore economico. La possibilità d’incontrare questo grande amico e confidente, che ho apprezzato per i consigli disinteressati ma vincenti. Così ho deciso di partire nonostante l’opposizione di mia madre che non ha visto di buon occhio la mia vacanza americana. Devo dire che ha avuto un fiuto e un intuito eccezionale, ma io ho voluto fare di testa mia, sbagliando clamorosamente”.

Ricorda ancora le sue parole per convincermi: «Se vieni a fine giugno, troverai il clima ideale. Io avrò molto tempo da dedicarti».

Così organizzato il viaggio in tutti i dettagli, è partita fiduciosa verso la grande America.

Il resto è storia recente.

Nuovo post su Caffè Letterario e un sorpresa

Su Caffè letterario ho pubblicato un nuovo post. Da una splendida fotografia di Fabiana ho tratto lo spunto per un mini racconto.

Però mi piace parlare di una cara amica, Isabella Scotti, più conosciuta come Tachimio, e dello splendido omaggio che mi ha fatto.

Qualche giorno fa il postino ha suonato, una volta sola 😀 , per consegnarmi un pacchetto che mi ha incuriosito subito.

Dentro c’era un libriccino, solo ino per le dimensioni ma one per il contenuto.

All’imbrunire bisbigli d’amore” è una raccolta di ben 22 poesie, una più bella dell’altra. Si parla di amore, di sentimenti e di passioni col tono garbato di chi si muove in silenzio ma un silenzio rumoroso per i battiti del cuore.

Sono un bel numero e sono tutte belle. Sceglierne una o due è come fare torto alle altre. Tutte generano sensazioni ma due in particolare hanno prodotto emozioni forti e intense.

Soprattutto di sera” ha un’atmosfera magica come solo la sera è in grado di suscitare. Parole che mescolano passione e amore fondendoli in un unico crogiolo di sentimenti.

Riporto senza commenti “Chiudo gli occhi”, perché anche voi che leggete chiudendo gli occhi rivivrete l’amore che Isabella a profuso nelle sue parole.

Chiudo gli occhi

Vorrei vestirmi

del tuo amore, ora che

nuda

sul letto

giaccio.

Vorrei fosse

il tuo corpo

a coprirmi

tutta.

Solo così

non sentirei

più freddo,

né più tremerei.

Il tuo

infuocato amore

vorrei,

il tuo calore,

che mi scalderebbe

anche l’anima,

lo so.

E allora

guarda,

ora chiudo gli occhi

e in silenzio

aspetto…

Vorrei,

oh come

vorrei…

Le poesie o si amano o si odiano senza via di mezzo. O parlano al cuore oppure solo al vento.

Ebbene Isabella parla al cuore e le sue poesie si amano.

Un vero peccato che questo libro di poesie sia quasi introvabile e quindi più prezioso da conservare.

copertina All’imbrunire bisbigli d’amore – foto personale

Un viaggio, un incubo – seconda puntata

Eccoci con la seconda puntata di questo racconto lungo.

Foto di Wellington Cunha da Pexels

Finita la doccia, controlla i danni fisici subiti, che ripuliti non sono così preoccupanti come le è sembrato a prima vista, e tira un sospiro di sollievo.

In un paio di giorni non si sarebbe notato più nulla: qualche livido fra le cosce, diversi graffi superficiali alle spalle e sulle mani, un taglietto sotto il seno sinistro e basta. Però non li avrebbe notati nessuno, perché sono parti normalmente coperte.

Si rilassa sul letto nuda coi capelli ancora umidi. “Li asciugherò più tardi, se ne ho voglia. Ora desidero stemperare la tensione della lunga corsa”.

Non ha fornito a Mark l’indirizzo di New York e sorride a questo pensiero, perché sarebbe in preda al timore di vederselo sbucare dalla porta d’ingresso.

Dopo l’arrivo ha trascorso i primi due giorni a sistemarsi per riprendersi dalle differenze di fuso orario, il cosiddetto jet lag. Le sei ore di differenza dall’Italia si sono fatte sentire nel sonno come nei pasti. Per ventiquattro ore ha avvertito uno scompenso nell’orologio circadiano. Sonno e veglia sono stati sfasati come la voglia di cibo.

“Una sensazione strana” si è detta all’arrivo al JFK di New York. “Percepisco sonno e fame, ma sono appena le quattro del pomeriggio e ho davanti molte ore prima di mangiare e dormire”.

Alla fine del secondo giorno ha contattato telefonicamente Mark, che con insistenza voleva conoscere dov’era alloggiata, ma ha finto di non capire la domanda. Si sono dati appuntamento al Central Park per la mattina seguente per fare la prima conoscenza visiva dopo tanto chiacchierare in inglese via chat.

L’incontro non è stato dei migliori, anzi piuttosto deludente. Simona ha immaginato Mark più alto e giovane. Le è sembrato un uomo non più nel fiore degli anni con la tendenza alla pinguedine. Si è domandata il motivo per cui lo vedeva alto, snello, vigoroso e gentile, mentre adesso era tutt’altro. Basso di statura con pochi capelli che mostrano molte ciocche grigie ribelli e dalla pelle avvizzita.

La conversazione ha languito, perché lui ha mostrato più interesse alle sue forme che a parlare.

Sdraiata sul letto si alza per vedersi riflessa sullo specchio di fronte. Il suo aspetto non risente dell’età. Ha forme desiderabili nonostante i quarant’anni e le tante battaglie con gli uomini. Poco grasso, solo un leggero accenno sui fianchi, zero cellulite, il seno sodo e ben sostenuto, la pelle vellutata senza grinze. Il ventre invece non è mai stato piatto, ma piuttosto rotondo. Però questo ha smesso di essere un cruccio da molti anni e lo ha accettato come è. Le zampe di gallina ci sono, pensa osservandosi allo specchio, ma non si notano più di tanto, È sufficiente un po’ di cosmesi per renderle invisibili.

È soddisfatta del proprio corpo e avverte di essere in armonia con lui, mentre con le mani lo ripercorre dal seno al pube e lo paragona con quello di Irene, che ha visto tante volte nudo. Questo mostra i primi attacchi del tempo con le forme che si sono arrotondate e appesantite. Quando erano all’università, Simona faticava ad attirare gli sguardi dei ragazzi, mentre l’amica non aveva altro che l’imbarazzo della scelta. Però adesso, con un sorriso di soddisfazione sul viso, le parti sono invertite. Lei non fatica a trovarsi un uomo, per contro Irene suscita tiepidi entusiasmi. Solo offrendo sesso riesce a racimolare un accompagnatore.

Appagata ripiomba sul letto, mentre riaffiorano le sensazioni sgradevoli della mattinata con Mark.

«Non ha fatto altro che toccarmi un po’ ovunque con mio grande imbarazzo» esclama schifata. «Non mi sarei aspettata questa aggressività sessuale che non ho gradito».

Non era la prima volta che un uomo la palpeggiava, ricorda storcendo la bocca.

«In quarant’anni sono passata nel letto di molti, ma lui mi ha procurato fastidio. Non mi ha stimolata, anzi tutt’altro» afferma corrugando la fronte.

Da più di un anno si frequentano via chat. Nutriva una grande curiosità per questo incontro ma l’impatto è stato deludente. Quello che la impensierisce è stato la mancata attivazione del campanello d’allarme per il suo comportamento.

«Mi sono lasciata convincere di andare fiduciosa all’appuntamento pomeridiano» borbotta osservandosi allo specchio. «Sono stata un’ingenua accettare la sua proposta. C’erano tutti gli ingredienti per valutare la situazione e rispondere con un secco ‘No, thank you’. Eppure non l’ho pensato e mi sono cacciata in un ginepraio che avrebbe potuto finire molto male».

Nelle sue intenzioni il viaggio non doveva essere un tour sessuale, ma desiderava incontrare una persona, conosciuta virtualmente, per stringere un’amicizia reale. In questo momento comprende che questo aspetto rimarrà inevaso, dopo l’esperienza del pomeriggio.

Un viaggio, un incubo – prima puntata

Comincia con questa puntata un nuovo viaggio. Buona lettura

Foto di Juliana Stein da Pexels

Ha cominciato camminando con cautela, poi ha accelerato, passi sempre più lunghi, rapidi e contratti. Uno di seguito all’altro.

Una maratona e poi di colpo, lo scatto: i fianchi che spingono verso l’alto, i muscoli delle gambe che si rattrappiscono e si slanciano in avanti. Le suole delle scarpe di tela battono l’asfalto rugoso. I gomiti sollevati oscillano avanti e indietro.

Non ha mai corso così. Non ricorda di averlo mai fatto. Non ricorda niente.

Ogni tanto, l’ululato di un clacson da un’automobile in corsa la sferza e la fa barcollare. Un urlo prolungato che si smorza e muore in avanti, in quel punto imprecisato dell’orizzonte verso il quale Simona corre.

Non solleva mai lo sguardo da terra. Vede la punta delle scarpe di tela bianca apparire e scomparire davanti a sé.

Simona continua a correre finché il fiato la sorregge, perché sa che deve allontanarsi il più possibile da quel luogo, dove è rimasta paralizzata dalla paura.

Cosa c’era in quel posto da incutere angoscia? Non lo sa nemmeno lei, è consapevole che là sta il male o meglio un uomo che lo personifica.

Perché si è recata da sola e a piedi nel deposito di uno sfasciacarrozze, avendo ben chiaro che quell’uomo avrebbe tentato di aggredirla e stuprarla?

«Sei stata una sciocca ragazza, mia cara Simona» farfuglia col fiatone per la lunga corsa disperata. «Lo sapevi che Mark voleva una cosa sola: il tuo sesso. E lo voleva con le buone o le cattive, lo voleva e basta! Cosa ti è venuta in mente di andare in quel deposito? Non avevi capito che il luogo era solitario e disabitato? Pensa alle indicazioni che ti ha dato questa mattina a Central Park? Ti ha detto: ‘Vai alla stazione delle corriere Amtrack e prendi l’autobus per New Haven. Quando sei a New Rochelle scendi alla terza fermata dopo il paese. Fai cento passi oltre la fermata, sulla tua sinistra c’è un piccolo viottolo che porta a un fabbricato. Io sarò lì ad aspettarti. Ricordi bene le istruzioni?’ Cosa pensavi che ci fosse lì? Il paradiso terrestre? O l’inferno? Ricorda che ti aveva detto come vestirti: una camicetta bianca leggera, una gonna corta e sotto solo un perizoma in miniatura. Con un abbigliamento del genere dove credevi di andare? A una festa danzante per debuttanti? Sei stata una grossa ingenua non pensare che lui ti voleva fottere! E poi pensavi di cavartela con una scopata? Magari fosse stata solo quella! No, non ci siamo per nulla! Chissà quali altri progetti aveva in mente! Eppure non sei una bambina, ma sei una donna matura.»

Simona ricorda con terrore la faccia contratta di Mark che l’afferra per le spalle per sbatterla sull’erba sudicia di olio e benzina pronto a sollevare la gonna e strappare il perizoma di dimensioni ridottissime. L’aveva comprato, dopo essersi lasciati a Central Park, nella 3th Avenue da Bloomingdale’s nel reparto di lingerie per indossarlo nel pomeriggio, proprio per lui.

C’era quasi riuscito, ma ha perso tempo con la cerniera dei jeans inceppata e lei si era rialzata di scatto ed era corsa via dietro una pila di carcasse di gomme.

Questa è stata la sua salvezza. Mark ha imprecato nello slang del Bronx mentre la cercava dove si era nascosta. Lo ho sentito vicino, mentre si spostava, cercando l’uscita in quel labirinto di carcasse arrugginite e corrose dalla pioggia, di portiere e gomme accatastate in pile instabili pronte a crollare a ogni refolo di vento. Il cuore batteva impazzito per il terrore di finire nelle mani dell’uomo, deciso a farla sua a tutti costi.

Quando è stata in prossimità dell’uscita, che vedeva come il miraggio della fata Morgana, aveva capito che Mark era lontano. Si è corsa sulla strada, dove non è al sicuro, ma forse può contare sugli automobilisti di passaggio.

Dopo la lunga corsa col cuore in gola e con la paura unita come ombra dietro di lei, è alla fine arrivata alla fermata dell’autobus, dove è discesa allegra e fiduciosa un’ora prima.

Scruta sotto il sole cocente di luglio la strada, pregando che la corriera gialla si stagli all’orizzonte e si materializzi presto.

Sente la camicetta aderire al seno, zuppa di sudore, che scivola lento verso la gonna e ancora più giù lungo le cosce, mentre i capezzoli scuri e duri si stagliano netti sulla stoffa bianca. Il sudore lascia una scia di odore animalesco, quasi mascolino per la paura e la lunga corsa. Però non gliene importa nulla, prega che l’autobus arrivi in fretta. Si sente sporca dopo essere stata sbattuta sul lurido prato dello sfasciacarrozze, anche se non riesce a vedere la schiena e i capelli. Viste le condizioni della gonna, anche la camicia non sarà messa meglio: imbrattata di grasso nero e strappata in più punti.

Si torce le mani in preda all’ansia perché la corriera tarda a venire, mentre le macchine sfrecciano davanti a lei. Finalmente la sagoma amica del bus si profila in lontananza sul lungo rettifilo nero che solleva ondate di vapore.

«Avanti!» sussurra ansiosa Simona. «Muoviti! Sei la mia salvezza! Dio, ti prego, fa correre quella lumaca!».

Vede il grosso lampeggiante giallo in azione, perché l’ha vista e si appresta ad accostare.

La porta anteriore si spalanca, come la grande bocca di una balena per accoglierla al sicuro dentro il grande ventre. Scorge in lontananza la macchina di Mark, che con lentezza sta scrutando i bordi della strada alla ricerca della preda sfuggita.

Infilata la moneta nella feritoia, si rannicchia sul sedile centrale per nascondersi alla vista del cacciatore, perché non è ancora in salvo. Spera che a Mark non venga in mente di salire sull’autobus a una delle prossime fermate. Deve trovare un sistema per mettere più strada possibile tra loro. Gli occhi cadono sulla mappa dei trasporti urbani, che evidenziano che alla prossima fermata potrebbe scendere per prendere la metropolitana fino all’appartamento nelle vicinanze di Times Square a Manhattan.

I pochi passeggeri non sembrano curarsi di lei, ma cercano refrigerio dai finestrini aperti.

“Meglio così” pensa Simona. “Un problema in meno”.

Sbircia dietro e davanti sperando di non scorgere la Buick nera di Mark, prima di allungare lo sguardo alla fermata che si avvicina. Tira un respiro di sollievo, forse riesce a farcela a tornare nel Residence Inn Patriot, dove alloggia da quando è arrivata a New York, senza essere intercettata da Mark.

Quaranta minuti dopo è al sicuro nella sua stanza al quinto piano, che guarda il Bryant Park. Si guarda allo specchio: è in condizioni terribili. Toglie la camicetta, strappata in alcuni punti e nera di grasso, di fango e di altri sudiciumi, e la getta nel cestino, insieme alla gonna inservibile.

Rimane nuda, perché il minuscolo perizoma è rimasto sul prato dello sfasciacarrozze come un trofeo perduto. Controlla tutte le abrasioni del corpo prima di mettersi sotto la doccia bollente a togliersi odori e sozzure raccattati durante il tentativo di Mark di violentarla.

Era il 30 giugno 2009, quando Simona è giunta a New York con un volo Air France via Parigi tre sere prima per incontrare Mark, con cui aveva chattato per oltre un anno. I genitori non volevano che volasse in America a fare conoscenza con uno sconosciuto incontrato sul web. Lei ha quarant’anni e vive da single da una vita e non ha voluto ascoltare i loro consigli.

Si è presa due settimane di ferie per andare nella Grande Mela. Il viaggio e il soggiorno sono costati relativamente poco a causa del cambio favorevole e per di più si faceva una bella vacanza in una città per lei mitica che le è sempre sembrata irraggiungibile.

Adesso le pare di essere piombata in un incubo.

Chiuse le feste

Oggi abbiamo smontato l’albero ed tolti gli addobbi.

la fioriera è tornata – foto personale

Una bella faticata, molto di più che a fare il processo inverso.

Adesso riposeranno per undici mesi in attesa di vedere di nuovo la luce.

Buona Befana.

foto personale

Appuntamento per martedì 7 gennaio con la prima puntata del racconto

Anno nuovo, propositi vecchi

credits by https://www.ecologiae.com/bike-sharing-new-york-biciclette/20855/

Tempo fa qualcuno mi ha chiesto perché non pubblicavo racconti a puntate. In effetti avevo deciso di non pubblicare a puntate più nulla. Questo non implicava che avevo smesso di scrivere testi più lunghi di qualche pagina. Infatti ne ho quattro già pronti.

Mi è capitato tra le mani il secondo o il terzo racconto lungo che avevo scritto e sono ritornato sulla mia decisione di non postare più a puntate. È novella lunga, poco meno di venti capitoli per meno di cento pagine.

La sto rivedendo e rinfrescando per pubblicarla di nuovo. Partirò la prossima settimana, martedì per la precisione, e sarà sul blog due volte alla settimana. Sfidando chi dice che il venerdì porta sfortuna sarà il secondo giorno di pubblicazione. Quindi due appuntamenti fissi. Segnateli: martedì e venerdì.

A martedì per la prima puntata.

È tempo di bilanci

credits by Dmitriy Melnikov – www.dreamstime.com

Di solito non faccio bilanci sul blog ma l’eccezione conferma la regola.

Quindi vi delizio con qualche numero.

Bilancio del blog 2019

Anno articoli totali Commenti totali Media commenti per articolo “Mi piace” totali Media “Mi piace” per articolo Parole totali Media parole per articolo
2007 105 540 5.1 23 0.2 29.088 277
2008 75 602 8.0 4 0.1 34.957 466
2009 104 615 5.9 5 0.0 31.445 302
2010 116 1.070 9.2 0 0.0 29.133 251
2011 76 831 10.9 15 0.2 81.645 1.074
2012 137 2.499 18.2 1.069 7.8 102.837 751
2013 135 2.331 17.3 883 6.5 101.229 750
2014 124 3.422 27.6 2.126 17.1 110.730 893
2015 114 3.306 29.0 2.011 17.6 88.312 775
2016 99 2.950 29.8 2.627 26.5 82.126 830
2017 190 3.459 18.2 4.948 26.0 108.300 570
2018 170 3.787 22.3 5.162 30.4 111.637 657
2019 109 3.234 29.7 3.275 30.0 50.408 463
2020 1 14 14.0 13 13.0 421 421

Qui le visualizzazioni per anno in totale

Visualizzazioni
Anno totale Var. %
2012 9167 0,00%
2013 7667 -16,36%
2014 11113 44,95%
2015 10099 -9,12%
2016 10162 0,62%
2017 14940 47,02%
2018 22984 53,84%
2019 17330 -24,60%

 

Infine il resoconto totale del blog dal 2012 – Il  2011 era presente solo il mese di dicembre in modo parziale dopo la migrazione dei dati dalla piattaforma Splinder

Resoconto generale
articoli 1572
Visualizzazioni 104043
Visitatori 38122
Follower 1199
Follower mail 10

Infine i dati statistici degli ultimi tre anni

anno Var % anno Var % anno Var %
2017 2018 2019
Visualizzazioni 14940 0,00% 22984 53,84% 17330 -24,60%
Visitatori 7073 0,00% 12244 73,11% 7073 -42,23%
Like 5150 0,00% 5361 4,10% 5150 -3,94%
Commenti 3520 0,00% 3258 -7,44% 3520 8,04%
articoli 195 0,00% 180 -7,69% 193 7,22%
Media pag. 2,11 0,00% 1,88 -10,90% 2,11 4,98%

Commento finale: sono soddisfatto dei risultati. Sono cresciuti i commenti e la media di visualizzazione per pagine pur con un calo vistoso di visualizzazioni e visitatori. Il che vuol dire che i visitatori sono più mirati rispetto a prima.

In un altro post, per non rovinarvi l’appetito, riporterò i dati statistici per nazionalità di visitatori

 

Buon anno, amici!

credits by Natalia Volodko dreamstime.com

Questa filastrocca la recitavano i ragazzi il giorno di Capodanno. Le ragazze il primo dell’anno dovevano stare ben rintanate in casa e non mostrarsi, perché si diceva che portasse male per i restanti giorni. Insomma erano di malaugurio. Povere bambine!

Esattamente vedere un uomo, come prima persona nell’anno che comincia, è un buon auspicio, mentre la vista di una donna ha il significato opposto.

E non è ancora finita. Molti superstiziosi ritenevano che ricevere gli auguri da parte di una donna portasse male. Quindi era il sesso maschile che doveva augurare il Buon Anno.

Insomma per le donne, bambine, adolescenti, adulte era meglio per ventiquattro ore starsene rinchiuse in casa e non mettere la testa fuori dalla porta per non attirarsi le contumelie dei superstiziosi. Donne e bambine il primo giorno dell’anno nuovo dovevano stare nascoste e in silenzio. Al massimo ricevere gli auguri da parte di uomini e bambini.

Dunque i bambini andavano di casa in casa recitando alla padrona la filastrocca per ricevere dolci o qualche soldo.

Zirudela del bòn’ an

Sgnòra padròna

la méta la pitòna

la méta bèn’ bèn’

chè st’altr’an a turnarén’

turnarén’ con la cari’òla

a pùrtàr via vòstra fi’òla

turnarén’ còl cari’ulòn

a pùrtàr via vòstar nunòn’

Bonàno!

La gu’àrda in’ tla cardén’za

chè la tròva di luvin;

la m’in’ dàga zin’qu’ànta

ch’a m’impinìs la pàn’za,

la m’in’ dàga dusent

ch’a vag via pi’ù cuntént.

Bonàno!

La traduzione in italiano non rende bene quanto la versione dialettale. Ovviamente ha meno musicalità dell’originale e non tutti i lemmi dialettali hanno un significato preciso in italiano.

Filastrocca dell’anno nuovo

Signora padrona

faccia come la tacchina**

lo faccia ben ben

perché il prossimo anno torneremo

torneremo con la carriola

per portare via vostra figlia

torneremo con il carriolone

per portare via il vostro nonno.

Buon anno!

Guardi nella credenza

che troverà i lupini*

me ne dia cinquanta

che mi riempio la pancia

me ne dia duecento

perché me ne vado via contento.

Buon anno!

  • lupini sono dolci tipici delle feste natalizie o di carnevale da non confondere col legume che si mangia salato. Sono piccoli dolcetti che assomigliano nella forma al legume ovvero tondeggianti e leggermente in rilievo.

** la pitona è la femmina del tacchino che è sinonimo di lentezza per come si muove. Qui sta a indicare che si muove con lentezza. La traduzione avrebbe richiesto un giro di parole abbastanza ampio senza rendere il senso dei due versi.

credits by Creativno dreamstime.com

 

Buon anno a tutti voi

Un felice 2020