Per Luisa ho costruito questo abbecedario.
Zaffate
Ventose
Ululano
Tempestose
Sopra
Ricordi
Quando
Pronunci
Orribili
Nomi.
Menziona
Lucide
Idee.
Hai
Grandi
Fenomeni
Entrando
Direttamente
Come
Base
Avanzata.

Fantasie e realtà
Per Luisa ho costruito questo abbecedario.
Zaffate
Ventose
Ululano
Tempestose
Sopra
Ricordi
Quando
Pronunci
Orribili
Nomi.
Menziona
Lucide
Idee.
Hai
Grandi
Fenomeni
Entrando
Direttamente
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Base
Avanzata.
Questo lunedì Eletta Senso propone un gioco interessante costruire una frase o altro usando parole che iniziano con le lettere dell’alfabeto a, b, c, d, e,… Io l’ho fatto partendo dalla zeta. Questa volta ho lasciato fuori le cinque lettere straniere.
Ecco cosa ho strologato.
Zuzzurelone,
Vaghi
Ubiquo
Tra
Sterpi
Ruvidi.
Quindi
Piangi
Oppure
Nascondi
Male
Lucida
Invidia.
Hai
Gettato
Fresche
Erbe.
Davanti
Canti
Brutti
Auguri.
È stato appena pubblicato su Caffè Letterario la quarta parte de racconto ‘La bambina senza nome’ che ripropongo anche qui.
Lorenzo si alzò con lentezza dallo sgabello mentre la bambina rimaneva assorta e con gli occhi bassi verso terra come se fosse alla ricerca di qualcosa che aveva perso.
Samuele con lo straccio umido passò e ripassò più volte il bancone di rovere pieno di segni e bruciature. Erano gesti meccanici che ripeteva tutti i giorni. Però pensava a quella bambina tanto strana quanto inquietante. A pelle sentiva che avrebbe portato guai ma non poteva intimare all’amico di allontanarla. Aggrottò la fronte e fermò la mano con lo straccio. “Il bancone è già pulito” ammise osservandolo. In effetti era lucido come mai lo era stato prima. Sorrise storto, arricciando il lato destro della bocca.
Lorenzo osservò la bambina, mentre gli avventori avevano interrotto le loro attività per scrutarlo. Si chiesero che intenzioni aveva quel ragazzo, seppur giovane, leggermente stempiato e con qualche ciocca di capelli grigi. Speravano che allontanasse quella cinna dagli occhi gialli che parlava poco ma mangiava molto.
Samuele appoggiò il mento sul palmo della mano col gomito posato sul bancone. Con un soffio cercò di scostare una ciocca unta dei capelli scivolata sulla faccia. Anche lui era curioso di conoscere le mosse dell’amico.
«Vado dalla Giannina per comprare qualcosa per lei» e indicò con lo sguardo la bambina. «Così non è presentabile».
Poi Lorenzo si avviò verso la porta.
Otello alzò il suo metro e ottanta dalla sedia. «La cinna la pues via cun tè» urlò con voce stentorea.
Lorenzo finse di non aver udito nulla e uscì all’aperto, chiudendo alle spalle la porta. “Sarebbe stato meglio portarla con me, così da non rischiare di comprare qualcosa che non le va bene”. Tuttavia scosse il capo. Non poteva portarla in quelle condizioni. I capelli neri avevano un diavolo per capello ed erano tutti attorcigliati. Rise sommessamente perché in effetti pareva proprio un diavolo. Piedi neri con croste di sudiciume che forse nemmeno un bagno avrebbe estirpato. Il naso moccioso colava sulla bocca. Le unghie erano incrostate di un colore scuro la cui natura era di difficile interpretazione. «No, no!» esplose con un filo di voce. «Compro qualcosa e poi la getto in vasca sotto l’acqua. Speriamo che Sam abbia acceso lo scaldabagno».
Il glin glon del campanello sopra la porta annunciò il suo ingresso e una giovane donna dai capelli biondo ossigenati gli venne incontro.
«Buon giorno! Posso esserle utile?»
Lorenzo si guardò intorno alla ricerca della Giannina, la proprietaria senza trovarla.
«Dovrei vestire una bambina…». Però si bloccò, pensando se in effetti era una bambina oppure una ragazza minuta oppure… Scosse il capo. Ignorava la sua età.
«La bambina non la vedo» chiosò garrula la commessa, scrutando alle spalle di Lorenzo se fosse entrata senza che l’avesse vista oppure fosse rimasta fuori.
«Infatti non c’è». Lorenzo controllò circolarmente in senso orario quello che c’era in esposizione. Un tempo la Giannina vendeva solo merceria ma poi aveva aggiunto sempre nuove mercanzie e adesso c’era un po’ di tutto, scarpe comprese. Insomma uno entrava nudo e usciva vestito. D’altra parte il borgo aveva perso abitanti e negozi. C’erano rimasti la Giannina con articoli per la persona e la casa, un mini market per gli alimentari, tabacchi e giornali e basta.
«Ma com’è?» Chiese curiosa la donna con tono leggermente sarcastico, pensando che un uomo non sarebbe stato in grado di comprare nulla.
«Mi serve dell’intimo, un vestito, calze e scarpe» ribatté con voce calma, ignorando la domanda e la velata ironia.
La commessa perse il sorriso e aggrottò la fronte ma fu preceduta da Lorenzo che proseguì. «La taglia è small. Le scarpe un trentasei o forse meglio un trentacinque. Per l’intimo mutandine di cotone e una canotta bianca. Ah! Il vestito intero con maniche corte».
La donna spalancò gli occhi ma non spiaccicò parola, girando sui tacchi per raggiungere uno stand dove erano appesi vestiti.
Lorenzo la seguì e indicò un vestitino a fiori molto grazioso. Poi scelse delle ballerine nere adatte ai colori dell’abito. Per il resto lasciò fare alla commessa.
Con due voluminose sporte di carta tornò alla trattoria.
Quello che lo lasciò di stucco fu la vista al suo interno. Rimase senza parole.
Il gioco proposto da Eletta Senso lunedì scorso e riproposto da Luisa Zambrotta oggi è un omaggio all’Estate. Un monovocalico i E.
Da Eletta ho interpretato male il senso e ho costruito qualcosa dove le parole iniziano con E.
Ecco cosa ho scritto.
Eravamo entusiasti entrambi: estate evapora. Ebbro ed energico, ebbene esattamente, esamino ecatombi ebdomadari.
Eccessi, eccitazione espirano entro estivi errori.
Da Luisa invece ho cercato di usare solo la vocale E. Ovviamente non ci sono riuscito al cento per cento. Ecco il testo
Eterne sere emerse nelle nere ment(i) dell’essere. Eteree, ferme ebbrezze nell’eccedere eccellente dell(a) mente. Sebbene estendete le vene dell’estr(o), tenete ferme le f(a)velle.
E va bene non sempre le ciambelle riescono col buco.
Oggi sul blog di Eletta Senso ho inserito il mio acrostico doppio in omaggio a settembre.
Lo riporto anche qui.
Serve
Energia,
Trasmette
Tensione
Elettrica.
Magari
Buone
Risposte
Evadono
Energiche
Richieste.
Benevolenti
Maniere
Esamina
Tranquillo,
Testando
Ebbrezze
Solari.
Le altre parti le trovate prima e seconda.
La terza parte è stata pubblicata su Caffè Letterario ma la potete leggere anche qui.
In breve sul vassoio rimasero le briciole. La bambina li aveva divorati in pochi minuti. Pareva avesse una fame vecchia come il mondo.
Sandro e Otello ripresero la loro partita a carte contro Checco e Chiccaja ma sembravano forzati, senza entusiasmo. Se prima dell’arrivo di Lorenzo con la bambina ogni giocata era un lazzo, una battuta pungente, adesso il clima si era raffreddato. Poche parole ma molti sguardi inquieti verso quella cinna che suscitava troppi interrogativi su chi fosse in realtà.
Pipin e Al Pâg’ smisero di parlare di Thiago Motta, di Orso, di Skorupski e bisbigliavano osservando di sottecchi la bambina a divorare quei panini che loro ne avrebbero mangiati appena uno nello stesso tempo. Zuan di Chiccon invece era rimasto in silenzio con lo sguardo assorto, quasi assente. L’occhio era spento e le labbra serrate, ridotte a un sottile filo.
Samuele percepì che il clima era cambiato in peggio. Quelle sette persone non più giovanissime, anzi avanti nell’età, erano una costante fissa di quella sala. Non mancavano mai sia che fuori diluviasse, sia che una tormenta di neve avesse bloccato il paese. Loro erano sempre presenti e riempivano la sala col loro vociare un po’ sgraziato. Eppure era stata sufficiente la presenza di un’estranea, di una bambina enigmatica per cambiare l’atmosfera da gaia a pensierosa.
Provò a concentrarsi sul motivo della chiamata a Lorenzo ma la mente tornava di continuo su quella domanda “Chi è questa bambina?”. Non era una normale cinna come Elena, la figlia di Federico, il veterinario. “No, no!” e scosse la testa come per rafforzare il pensiero. “No! Troppo diversa e vestita male per essere un bambina di un paese nelle vicinanze”. E poi le conosceva tutte quelle dei borghi che facevano corolla a Monteacuto. Non ci voleva molto. Si potevano contare con le dita di una mano. “Dunque da dove è spuntata?” Per Samuele era un enigma irrisolto. “Lorenzo ha parlato di averla raccolta vicino alla Fonte Vecchia. Che sappia non ci sono case, nemmeno casolari nelle vicinanze. Solo roccia, arbusti e castagni. Se uno si perde lì, passano giorni prima che qualcuno lo possa soccorrere”.
Lorenzo era rimasto senza parole vedendo la piccola divorare quella montagna di panini farciti con abbondanza da Samuele. Ne voleva prendere uno da accompagnare al rosso frizzante ma non aveva fatto in tempo. La mano era rimasta a mezz’aria e vuota. Però lo stomaco brontolava perché voleva essere riempito. «Sam, me ne prepari uno con crudo e formaggio di capra stagionato?».
Samuele compì una piroetta e sparì in cucina per tornare con un mezzo sfilatino su un piatto. Lo consegnò direttamente nelle mani di Lorenzo, perché se l’avesse posato sul bancone le mani rapaci della cinna l’avrebbero artigliato prima che lui potesse afferrarlo.
Gli occhi gialli della bambina ebbero un guizzo di disappunto come una fiammata per spegnersi subito.
Lorenzo sussultò ma non mollò la presa. Aveva scorto quel lampo maligno. “Chi ho raccolto per strada?” pensò mentre masticava con vigore un boccone strappato dal pane che teneva saldo nella sinistra. Deglutì rumorosamente mentre sorseggiava il vino. Non gli era sfuggito l’atteggiamento della bambina che aveva lanciato un’occhiata carica di odio. “Eppure si avrebbe dovuto sfamare con dieci o dodici panini”. Sorrise perché definirli così era un eufemismo viste le dimensioni. Chiedere a Samuele un altro vassoio per la piccola era fuori discussione. Avrebbe spazzato via in poco tempo tutto. Si pulì la bocca dalle briciole col dorso della mano e finì il suo calice di rosso.
«Come ti chiami?» Chiese con tono dolce, cercando i suoi occhi rivolti verso il basso.
La domanda ebbe il potere di catalizzare tutti gli sguardi sulla bambina, mentre si udiva solo il roco ansare di Otello.
Nessuna risposta.
«Chi sei?»
Ancora silenzio. Sembrava che tutti avessero smesso di respirare tanto era assordante.
Adesso erano gli occhi di nove persone a fissarla senza un attimo di sosta. Tutti in attesa di una risposta che non arrivava e forse non sarebbe mai pervenuta.
Lorenzo, visti gli inutili tentativi di farla parlare, si rivolse a Samuele. «Quale impellente problema mi ha fatto scomodare dalla routine quotidiana?»
L’oste socchiuse prima l’occhio sinistro, poi quello destro come volesse concentrarsi sulla risposta. Li riaprì insieme e ammise con candore che in quel momento lo ignorava. «Ma sono certo che l’argomento era davvero importante se ti chiesto di salire dalla città».
Lorenzo strinse le labbra e serrò la mandibola per evitare una risposta che avrebbe provocato la rottura di un’amicizia che durava dall’età scolare. Non era la prima volta e non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Adesso era lì e ci sarebbe rimasto, anche se la bambina raccolta per strada gli provocava strane sensazioni.