La satira

La satira ha una componente di moralismo e una componente
di canzonatura. Entrambe le componenti
vorrei mi fossero estranee, anche perché non le amo
negli altri. Chi fa il moralista si crede migliore degli altri e chi
canzona si crede più furbo, o meglio crede le cose più semplici
di come appaiono agli altri. In ogni caso, la satira esclude
un atteggiamento d’interrogazione, di ricerca. Non
esclude invece una forte parte d’ambivalenza, cioè la mescolanza
d’attrazione e ripulsione che anima ogni vero satirico
verso l’oggetto della sua satira…
Però apprezzo e amo lo spirito satirico quando viene fuori
senza una particolare intenzione, in margine a una rappresentazione
più vasta e più disinteressata. E certamente ammiro
la satira e mi faccio piccolo piccolo al suo cospetto quando
la carica dell’accanimento derisorio è portata alle estreme
conseguenze e supera la soglia del particolare per mettere in
questione l’intero genere umano, confinando con una concezione
tragica del mondo

(di Italo Calvino – tratto da “Definizioni di territorio: il comico” e fa parte dei “Saggi 1945-1985”,
volume I (Meridiani Mondadori 2001))


Quale è il confine tra satira ed etica? E’ labile, per non dire invisibile, come quello che separa comportamenti leciti da quelli illeciti. Inoltre questo confine (la cosiddetta border line) si sposta nel tempo  e nello spazio.
La satira è un genere letterario che nasce con l’umanità ed ha sempre rappresentato un gesto di sfida verso il potere.
Nell’antica Grecia non era un genere molto comune e non sono rimaste molte opere.
Aristofane con la sua "commedia greca" fa della satira politica un suo ingrediente. In modo similare Ippocrate, che è certamente più noto per le sue opere mediche, negli Aforismi trattando del riso e della follia prende lo spunto per pungere sui costumi e sulle credenze dell’epoca.

"la vita è breve, l’arte lunga
l’esperienza ingannevole, il giudizio difficile.
Ippocrate"


Non era un genere letterario a se stante, ma nelle varie opere si introducevano elementi di satira politica o sui costumi.
Però è in età romana che il genere satirico raggiunge livelli superiori, quando punge e pungola la res publica per la rilassatezza dei costumi e i vizi della società.
Numerosa fu la schiera di autori di opere satiriche a cominciare da Lucilio (II sec. a.C.), che rese la satira un genere letterario autonomo codificandone la struttura e gli obiettivi. Prima di lui Ennio scrisse degli epigrammi, del tutto simili alle satire, di cui si conosce ben poco, essendo andati perduti nella quasi totalità
Orazio con i due libri di satire trasforma la satira dai toni aggressivi e degli attacchi personali in liriche più pacate e sorridenti, raffinate e pungenti. Hanno
un intento morale, quello di colpire, con ironia quasi sempre benevola, i più comuni vizi umani quali l’ambizione, l’avidità di ricchezza, la brama di ascesa sociale.Sempre con intenti fare satira compone gli epodi e le odi, dove il bersaglio e il tono sono diversi dalla satire.
Con Giovenale si chiude la grande epoca della satira latina.
E’ con Ariosto che la satira riacquista il suo rango di genere letterario, dove sono sempre i potenti, i costumi e la politica ad alimentare il filone satirico.
Così si arriva ai giorni nostri dove la satira spesso trascende nell’offesa in nome della libertà di espressione contro l’attività censoria delle istituzioni.
Qual’è il confine divisorio? Quando la satira da libertà di pensiero si trasforma in offesa personale? Il confine è incerto, labile e soprattutto mobile. Cambiano i tempi, cambiano le istituzioni e l’asticella si sposta.
Chi fa satira accusa l’attività censoria di essere al servizio del potente di turno, della persona oggetto degli strali satirici, di non potere esprimere liberamente il proprio pensiero.
I personaggi colpiti ovviamente accusano il satirico di farsi scudo dell’ironia per offenderli.
Chi avrà mai ragione?
Domanda dai mille volti e dalle mille risposte, ma nessuna certezza di essere nel giusto.

2 risposte a “La satira”

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