Sono grave? Storia semiseria di un lettore.

copertina di carta
Un giallo Puzzone

Lunedì leggevo questo post del blogger Luca Rota e ho sorriso perché mi sono visto nello specchio.

Con il suo consueto stile graffiante chiede consiglio a chi lo legge su una grave forma di librite – neologismo coniato per descrivere questa malattia non invalidante ma costosa, assai diffusa tra i lettori forti. Non ho mai capito la distinzione tra i lettori. Un lettore è un lettore sia che legga un solo libro in un anno sia che ne legga almeno dodici. Fine del pistolotto.

Lui si lamenta di aver acquistato tre nuovi libri che si aggiungono ai duecento cinquanta in attesa di lettura.

Ho sorriso perché proprio poco prima di leggere il pezzo ho acquistato un nuovo ebook che si aggiunge agli altri quattro ordinati nelle settimane precedenti.

Si dà il caso che tra carta e digitale ne ho circa quattrocento che disseminati per la casa, nel Sony e nel Fire sono lì pronti per essere letti. Non rischiano l’oblio ma aspettano pazienti il loro turno.

Non è un eufemismo parlare di disseminati per la casa.

Quando quattordici anni fa ho traslocato, ho venduto circa settecento dei mille volumi che avevo. Motivo: mancanza di spazio nella nuova casa. Poi libro nuovo si aggiunge a libro nuovo e in breve tempo anche i nuovi spazi si sono saturati. Quindi i libri sono finiti per terra, dentro credenze svuotate del loro contenuto per la disperazione di mia moglie che mi ha minacciato più volte di portarli al rogo. Poi mi sono detto: compro gli ebook e ho risolto il problema spazio. Una risata vi seppellirà. Perché?

Come una formichina ho messo in piedi tra carta e digitale oltre mille e duecento libri, di cui quattrocento sono in attesa di lettura.

Col ritmo attuale potrei avere scorte per poco meno di dieci anni ma dubito che nel frattempo non compri più nulla.

Qualche settimana fa rovistando tra i libri ricoperti di polvere e ammonticchiati pericolosamente in un angolo ho trovato un racconto di Calvino. Mi sono detto: «Lo metto in cima, perché quando ho finito la lettura attuale, lo leggo».

Detto e fatto ma il racconto non è più in cima ma sepolto da altri libri comprati nel frattempo.

Rovistando nel Sony, quello degli epub, ho trovato un giallo Cielo nero di Arnaldur Indriason che l’ho messo in lettura. Ovviamente è stato soppiantato dal giallo di Elena Andreotti. Insomma pascolando nella carta e nel digitale vorrei leggerli ma ce ne è sempre uno nuovo che diventa prioritario.

Sono grave?

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Un viaggio, un incubo – nona puntata

Eccoci ancora con Simona che prosegue il suo viaggio a New York. Per chi avesse perso qualche puntata le può trovare qui.

Buona lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Simona riprende il foglio mentre mangia un trancio di pizza e lo rilegge per l’ennesima volta.

Don’t run away from me!

My dick ‘ll reach wherever you are, my blonde pussy.

I’ll fuck you and you ‘ll be my bitch.

Catch ya in a few. Check it out!

M.

«Ma va a fanculo, bastardo! Avrai pane per i tuoi denti! Se ne hai ancora!» urla con la bocca piena, mentre si versa una birra. «Dunque, mi hai scovato. Non devo nascondermi, perché sai dove sono. Sei un lurido bastardo! In rete eri gentile, ma qui sei violento».

Mentre la rabbia monta sempre di più, appallottola il messaggio e urla: «Mi vuoi scopare? Provaci se ci riesci!»

Manda giù l’ultimo sorso di birra, mentre si distende sul sofà. Deve far sbollire l’ira che le sta annebbiando la mente.

«Non scapperò!» aggiunge mentre accende il televisore. «Non mi avrai, né sarò la tua puttana. Mi hai sottovalutato, bastardo!»

Ride con le lacrime agli occhi ripensando alla chat. Gli ha mostrato il pelo nero del suo sesso e gli ha raccontato scopate del tutto inverosimili. Mark si è fatta un’opinione errata di lei: pronta ad aprire le gambe. Ride perché si è divertita sentirlo ansare mentre si masturbava. Ha commesso un unico errore che poteva costarle caro: accettare quell’invito ambiguo del pomeriggio ma lo ha creduto diverso: un uomo e non una bestia. Adesso lo conosce e non ripeterà lo sbaglio. “Chi persevera non avrà scampo, ma questo non vale per me” pensa.

Osserva lo schermo del televisore senza interesse. “Sex and City l’ho già visto. Un thriller non mi pare il caso, anche se Moon, della saga di Twilight mi incuriosisce. Lo vedrò in Italia” riflette decidendo di leggere qualcosa con il sottofondo della musica classica.

La rabbia sta sbollendo. Simona si aggira per la suite con solo le mutandine, perché la serata è torrida.

Accende la postazione internet e si connette a Twitter per leggere qualche cinguettio. Non le interessa se Mark sia in linea e poi può usare un altro nick che lui non conosce.

«Chi se ne frega» sbotta facendo il login con Simo69.

Legge molti cinguettii senza rispondere, perché non c’è nulla d’interessante. Sa che lui lascia sempre la connessione attiva, ma di sicuro sarà in giro alla caccia di qualche preda.

«Si, ho capito chi è! È il classico cacciatore di fanciulle da adescare. Non mi stupirei che sia un pedofilo. Però su Twitter è passato senza lasciare tracce».

Tra la posta scopre una mail di Irene di due giorni prima, che le annuncia il suo arrivo per il quattro luglio.

“Peccato, che non l’abbia letta subito. Di sicuro non avrei contattato Mark prima del suo arrivo. Chissà come avrà fatto a scovarmi nel giro di poche ore. Eppure sono stata discreta. Ma adesso basta pensare a quel bastardo”.

Spegne tutto, regola la temperatura della suite per la notte e nuda si getta nel lettone.

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leggiamo un po’

Il testo non è nuovo ma io lo adoro…

Le linee parallele si incrociano

Era ritornata dalla vacanza, sotto la spinta di una telefonata della Polizia, che l’aveva messa in apprensione il giorno precedente.

«Polizia di Stato di Milano, commissariato di Milano Centro. Parliamo con la signorina Alice Milango?» domandò un voce con accento romano.

«Sì. É successo qualcosa?» rispose la ragazza preoccupata.

«Ci spiace informarla che i suoi genitori sono scomparsi».

un racconto che vi stupirà.

Presqu’île de Giens, 26 agosto 2012

Marco camminava di buon passo lungo la Route de la Mandrague con la sacca sulle spalle. Il sole era sorto da un paio di ore ma la temperatura si manteneva fresca. Doveva raggiungere il centro di Presqu’île de Giens per arrivare alla stazione ferroviaria di Toulon. Avevano deciso così la sera precedente. Avrebbero seguito strade diverse per il rientro in Italia. Nessuno sapeva che erano insieme, nascosti nella pineta de la Mandrague. Il segreto doveva rimanere tale. Lui avrebbe raggiunto la stazione di Toulon attraverso Hyeres, mentre lei, con la macchina a noleggio, avrebbe puntato direttamente verso Nice.

….

Ecco qualche assaggio de Le linee parallele si incrociano.

tratto dal web

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Che combinazione!

Pensate un po’ per quale strana combinazione cosa ho trovato.

Le linee parallele si incrociano

 

Non lo immaginerete mai. Sulla mia scrivania!

Suvvia gente basta andare su amazon oppure su kobo e voilà il colpo è fatto.

Se siete curiosi potete trovarne degli altri qui e qui.

Tanti testi per tutti i gusti. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

Su Kobo ne trovate anche uno gratis.

copertina

Buone letture

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Un viaggio, un incubo – ottava puntata

Prosegue il viaggio di Simona che non sembra una passeggiata. Per chi volesse, senza impegno 😀 , trova qui le altre puntate.

Foto di Quincy Anderson da Pexels

Buona lettura.

Mentre legge il foglio, Simona sente squillare il telefono. Inghiotte la saliva, osserva il display e risponde.

«Ciao bella! Come va?» urla una voce lontana che riconosce subito.

«Bene» risponde fiocca Simona rassegnata a parlare con Irene.

«Tutto bene? Hai una strana voce come se avessi mangiato un topo! Ho una splendida notizia…».

«Si, tutto bene. Solo che non mi aspettavo la tua telefonata. Quale notizia?» ribatte con tono più franco.

«Nella mattinata parto per New York e atterro alle tre e trequarti! Ah! È vero che per te è ancora pomeriggio. Dimenticavo la differenza di fuso orario. Non vedo l’ora di abbracciarti! Mi ospiti nella tua suite?»

Simona rimane a bocca aperta senza parole. Osserva il telefono e il foglio che tiene stretto nell’altra mano e non sa cosa rispondere. Pensieri confusi si ammassano nella testa tanto che si sente frastornata. È stata una giornata dura e difficile sotto tutti gli aspetti.

«Ci sei? Non sento più nulla. Devo dedurre che non sei contenta di avermi tra i piedi!» afferma con la voce spezzata dall’amarezza.

«No, no! Semplicemente è una notizia strepitosa! Certo che posso ospitarti nella mia suite. Oltre al letto matrimoniale, luxury bed come dicono i fogli promozionali, che può ospitare almeno tre persone, c’è anche un divano letto nel salotto. Non hai che l’imbarazzo della scelta: o vieni nel lettone con me o dormi da sola sul divano…» e accennò a una mezza risata per nulla imbarazzata.

Non è la prima volta che dorme con una donna senza costituirle motivo di turbamento. Con Irene ha perso il conto.

«Non cambi mai! Lo sai che preferisco gli uomini, ma ti terrò compagnia nel lettone! Però niente scherzi! Si dorme solo e basta. Mi vieni a prendere all’aeroporto?»

«Certo. Mi deludi però» ribatte con una punta di malizia senza disagio e aggiunge: «Non sapevo che avessi pronunciato i voti di castità. Dunque a domani».

«Nessun voto di castità!» esclama con voce squillante. «Se mi trovi un negrone, me lo faccio nel lettone!» e una nuova risata fragorosa arriva alle orecchi di Simona. «Dicono che sono dei portenti! Ma con te niente! Piuttosto dimmi: con Mark come va? Com’è? Ti rompo le uova nel paniere?»

Simona ha un momento d’incertezza nel rispondere alla domanda. Vorrebbe mentire ma preferisce una risposta cauta.

«Mark?» fa una piccola pausa prima di spiegarsi. «Non è quello che pensavo e credo che difficilmente lo vedrò nei prossimi giorni».

Irene trattiene il fiato e resta in silenzio, sperando che l’amica sia meno parca di parole.

«Mi terrai compagnia in giro per New York, che non ho ancora visto per nulla. A parte il Central Park. A domani” conclude Simona.

La notizia che l’amica sarà domani a New York le solleva un po’ lo spirito dopo una giornata stressante. Nella mano sinistra tiene stretto il foglio, che rilegge.

«Vedremo» replica bellicosa, depositandolo sul tavolo. Si sente più forte e decisa. L’arrivo dell’amica ha alzato il tono di adrenalina.

«Domani è un altro giorno».

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Un viaggio, un incubo -settima puntata

Per chi aspettava la nuvoa puntata, eccolo servito. Qui potete trovare le altre puntate pubblicatre in precedenza.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

Buona lettura.

Mark arrabbiato e accaldato raggiunge il proprio appartamento nel Bronx, masticando amaro l’insuccesso patito.

Non era mai capitato prima e per di più è stato giocato astutamente.

“Si, quella femmina non avrebbe aperto con facilità le gambe e la scopata sarebbe stata sudata” riflette mentre stappa una birra.

«Pur in un ambiente difficile si è mossa con attenzione senza commettere errori» chiosa mentre ansa per scaricare il suo membro. «Non si è persa d’animo, ritrovando con facilità la via d’uscita. Si è diretta verso l’unico punto che poteva garantirle la salvezza: la fermata dell’autobus. E io ho perso tempo a cercarla tra le carcasse d’auto! Però me la voglio fottere! Costi quel che costi! E sarà una prigioniera senza possibilità di evadere».

È disteso sul letto, mentre dà sfogo alle sue fantasie erotiche. Il pensiero di Simona è in cima alle sue preferenze, perché è veramente una bella donna, dopo averla vista di persona.

«Ha quarant’anni, ma non li dimostra! Ha una pelle morbida ed elastica come una ventenne!» continua il suo monologo dopo essersi sfogato. «Niente grasso. Ha forme rotonde e toniche. La pancia è appena pronunciata, ma sembra soda e invitante. E poi ha due tette della giusta misura e che si reggono benissimo senza reggiseno! Altro che quelle siliconate che sembrano mele avvizzite e dalla buccia plastificata! Quando mi attacco ai loro capezzoli, mi sembra di avere in bocca due pezzi di plastica! Che schifo! Non trovo più nessuna donna che non abbia le tette rifatte! Si, se me la fotto, sarà uno schianto!»

Liberatosi del peso del sesso, si alza e va in bagno a ripulirsi. Non è soddisfatto di come è andata la giornata. Aveva altri obiettivi. Adesso deve rifare i piani che aveva in mente e non sa da dove cominciare. Quello che ha pensato di fare con Simona è andato in fumo, perché è stato troppo precipitoso.

Quando l’ha vista al Central Park non è riuscito a contenersi anticipando le mosse, perché ha pensato a una facile passeggiata. Doveva procedere con maggior cautela e guadagnarsi la fiducia di Simona. La voglia di sesso è stata troppo forte senza che sia riuscito a trattenersi.

«Di persona è ancora più affascinante. La devo riprendere».

Accende il condizionatore e si prepara una canna. Deve ragionare come raggiungerla.

«È stata furba. Niente numero di telefono, nessun indirizzo» esclama contrariato. «Sarà come cercare un ago nel pagliaio. Vediamo se per caso è sul web».

Si spoglia mettendosi in canottiera e boxer prima di sedersi davanti al computer sempre acceso pronto a ordire la sua tela di ragno. Ne ha catturate molte, ma niente d’interessante: un paio di scopate senza sugo e un addio senza rimpianti.

Mark ha circa quarant’anni, è un broker assicurativo di discreto valore. Ha due matrimoni falliti alle spalle e una ragazzina di tredici anni per figlia, che per fortuna vive con la madre, una mezza baldracca, che se la faceva col suo migliore amico.

A volte gli viene il dubbio che Alessia, la figlia, sia nata dalle scopate di Ricky, perché non gli assomiglia per nulla. Sono anni che non la vede o la sente, ma non prova nessuna nostalgia, perché proprio non gliene importa nulla.

«Che si vadano a fottere Alessia e Susan! Le donne sono capaci solo di aprire le gambe» dice alzando il tono della voce, mentre dà una lunga tirata alla canna.

L’universo femminile è la sua ossessione senza distinzione tra etero, bisex od omo, purché siano belle e che la diano. A volte gli pare di discendere da Geronimo, perché dopo il fallimento con Susan pensa solo ad arricchire la collezione di scalpi di donne per soddisfare la propria libido.

Guarda la posta, che come al solito è piena di schifezze. Un po’ di spam, qualche mail di donne in cerca di un manico.

“Ma che vadano a farsi fottere! Al solo vedervi lui si ammoscia” si dice buttando tutto nel cestino.

Si collega a Twitter per scoprire se @Simo69 sta cinguettando o lo ha fatto.

«Nessun trillo da quando è arrivata a NY!» impreca sottovoce. «Nessun passaggio in rete! Muta e invisibile! Porca cagna! Eppure… vuoi che sia alloggiata in una topaia senza internet? No, lei evita, non vuole essere intercettata! È furba quella troietta, ma quando era a casa, aveva sempre la webcam puntata tra le gambe! E raccontava delle scopate con gli amici! E io solo a sbavare e masturbarmi! Si divertiva a eccitarmi, perché si sentiva al sicuro. Se solo si collegasse, scoprirei in un baleno da dove sta navigando e zac! piomberei subito a prenderla in consegna. Non sono mai riuscito ad adescare una donna europea per scoparmela. Solo siliconate americane o canadesi, che non ti danno nessuna emozione. Tutte sfondate dall’uso del dildo. Con loro pare di navigare nel deserto al buio. Puah! Che schifo!»

Deluso si alza per prepararsi un caffè e una nuova canna.

«Fumo troppo! Dovrò limitarmi o finirò male!» strepita mentre arrotola la bustina. «Però sono troppo nervoso. Quella cagna mi ha stregato».

Guarda l’ora: sono le sei p.m. E da due ore si trova rinchiuso in quel buco che chiama appartamento. Due stanze più i servizi per quasi 600 dollari al mese. Una donna a ore gli tiene ordinate le due camere.

Si guarda intorno e scrolla la testa. “Fa schifo! Devo cambiare Shelly, perché a malapena si nota che ha pulito. Va bene che la pago in natura, quella baldracca, ma non posso portarci nessuna donna qui. Scapperebbero subito per lo sporco che si annida in ogni angolo. Devo farci un bel discorso e allungarle qualche dollaro extra, ma deve cambiare registro”.

Però a Shelly non rinuncia, perché gli garantisce sesso settimanale per tutto l’anno. È una donna di colore di origini cubane di circa trentacinque anni, dalle forme rotonde come piacciono a lui e senza parti rifatte, sempre disponibile anche quando ha il ciclo. Non è bellissima, ma ci sa fare e lo soddisfa in tutto. Non c’è orifizio che non venga passato in rassegna con cura meticolosa. Al termine del servizio di pulizia si trattiene per la notte per il pagamento. Non ha mai capito perché abbia rinunciato a qualche dollaro in cambio di sesso.

Torna alla postazione per vedere se ci sono novità.

E subito si accende la lampadina. Adesso sa come scovare Simona.

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Un viaggio, un incubo – sesta puntata

Eccoci alla sesta puntata di questo racconto lungo. Per chi volesse – a suo rischio e pericolo – leggere le puntate precedenti può trovarle qui.

Buona Lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Un pallido sorriso compare sul viso di Simona sdraiata sul letto dove si è sistemata dopo aver mangiato qualche spicchio di pizza.

Spazia con l’occhio fuori della grande vetrata per ammirare lo spettacolo del tramonto, che gioca fra i grandi palazzi di fronte. La mente è vuota, come se tutti i pensieri fossero volati via impauriti per lo scampato pericolo.

Non sa il perché, ma ricorda Anna, mentre osserva tra le cosce aperte il ciuffo nero, che si riflette senza imbarazzi nello specchio di fronte al letto.

Non è stata un’esperienza esaltante, eppure qualcosa ha imparato. “Devi essere più aggressiva se vuoi sopravvivere!” le aveva detto quando si sono lasciate, ma a quanto sembra la lezione non le è servita.

Hanno lavorato come segretarie nella ditta Bombardi per qualche anno prima della chiusura.

«E per fortuna!» esclama contenta. «Ognuna di noi ha seguito strade diverse. Io ho trovato un impiego a Carugate, lei è rimasta a spasso prima di tornare ad Aci Castello. Senza troppi rimpianti la nostra storia è finita».

Per qualche mese si sono sentite per telefono, poi l’oblio è sceso sul loro rapporto. E ripensandoci col senno del poi, non avrebbe fatto l’errore di avere una nuova relazione con lei.

È interdetta perché non comprende i motivi per i quali ripercorre quella parte della sua vita, quando uno squillo la distoglie dal pensare ad Anna. Si guarda intorno alla ricerca della fonte rumorosa.

“Non è il mio telefono” si chiede mentre il suono si fa sentire a intervalli cadenzati.

«Ah!» esclama afferrando la cornetta del telefono a fianco al letto. «Chi è che mi cerca? Nessuno sa dove alloggio a parte i miei genitori. Nemmeno Irene, che voleva accompagnarmi. Però forse… Sarà meglio che risponda così smette di ululare».

Un brivido di terrore le percorre la schiena mentre solleva il ricevitore.

«Hello!»

«Miss Ferrari?»

«It’s me».

«Reception speaking. There’s a message to you».

«A message? Who?» replica attonita. Non riusce a comprendere chi le ha scritto.

«I don’know. I send it to you with an office boy».

«I’m sorry. Wait a moment, please. I can’t receive someone».

«Sure! You arrive in a quarter of an hour. Goodbye!»

«Thank, goodbye».

In fretta si toglie il baby doll e indossa un paio di jeans e la camicetta, mentre s’infila un paio di ballerine nell’attesa di sentire bussare.

Aspetta con ansia di leggere il contenuto del messaggio e conoscere il misterioso mittente.

“Chi sarà mai? Eppure sono stata discreta negli spostamenti” pensa in preda all’angoscia.

Uno squillo annuncia l’arrivo del fattorino e gli mette mezzo dollaro in mano.

Tremolante apre la busta ed estrae un foglio scritto a mano.

Legge e sbianca.

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Un viaggio, un incubo – quinta puntata

Eccoci con il nuovo appuntamento con la storia di Simona. Per chi avesse perso qualche puntata precedente, le può trovare qui.

Buona lettura.

credits by Pexels.com

Simona osserva l’ora proiettata sul soffitto e ha un sobbalzo.

«Ho dormito due ore! E sono ancora nuda!»

C’è ancora luce. Le giornate sono lunghe e il sole sta scendendo dietro le punte dei grattacieli.

La suite è confortevole come potrebbe essere un caldo abbraccio. Ha una vasta stanza divisa idealmente in tre parti. L’area sonno con un letto di dimensioni enormi che guarda in lontananza un parco, una grande isola verde contornata da alti palazzi. Nei due angoli ai lati del letto da una parte c’è la zona cottura e dall’altra l’area relax con due poltrone e un tavolo. Un bagno ampio con doccia e vasca completa la suite. L’arredamento è moderno con colori tenui.

Simona ha trovato di suo gradimento la sistemazione. Quando la prenotato via internet, non pensava che fosse così confortevole.

Si guarda intorno con l’occhio ancora assonnato. Sente il corpo caldo nonostante l’aria condizionata. Fuori una leggera nebbiolina increspa le guglie dei grattacieli e opta per non uscire alla ricerca di un ristorante. Rinuncia all’idea di farsi servire un pasto nella suite dal servizio ristorante come le sere precedenti.

«Userò il servizio di cucina» mormora dirigendosi verso l’angolo cottura, dopo aver indossato un baby doll. «Nel congelatore ho visto pizze e nel frigorifero formaggio, birra e acqua. Per stasera va bene così».

C’è la televisione via cavo che le servirà per allietare la serata. Nell’angolo che funziona da salotto sta un computer con accesso a Internet funzionante se ha voglia di navigare in rete.

Il viso è rilassato nonostante la brutta avventura del pomeriggio. Canticchia e si organizza per trascorrere la serata. “Ok. Più tardi mi faccio un giro sul web per leggere le ultime novità e visualizzare la posta” si dice soddisfatta, mettendo nel microonde la pizza.

Ritiene inutile recriminare sugli avvenimenti del pomeriggio, perché non cambierebbe nulla. Si è dimostrata ingenua e incauta, ma dovrà raddoppiare le precauzioni per non cadere tra le grinfie di Mark di nuovo. Fa mente locale sul viaggio di ritorno programmato per il quattordici luglio. Legge la data sulla sveglia digitale: tre luglio.

“Ancora undici giorni, prima di recarmi al JFK Airport e imbarcarmi sul volo Air France con destinazione Milano con tappa a Parigi” riflette. Saranno undici giorni di supplizio con l’incubo di vedere sbucare all’improvviso il viso di Mark. New York è grande, ma la sfiga ci vede bene, anzi benissimo. “Quando ritieni di essere al sicuro… zac! e spunta la persona più indesiderata! E lui lo è! E se capita come farò a districarmi? Riuscirò a sfuggirgli oppure finirò sua prigioniera senza diritto di riscatto?”

Simona osserva sulla parete il display dell’orologio che segna le otto p.m. In Italia sono la mezzanotte. Non ha nessuna intenzione di chiamare casa, perché è tardi e non desidera raccontare gli avvenimenti odierni.

“Lo farò domani” si ripromette. “Saranno in pensiero perché non mi sono fatta viva, ma Dio mio sono una donna adulta! Questo lo devono capire”.

Il microonde l’avverte che la pizza è pronta. La mette nel piatto con formaggio e birra sedendosi al tavolo. Mentre mangia in silenzio si ripromette di fare il punto della situazione. “Di sicuro non ne parlerò con loro, perché sento già i pianti di mamma e le urla di papà che mi intima di prendere il primo volo di ritorno!” riflette pulendosi la bocca con una salvietta. “Sono a New York e voglio finire la mia vacanza anche se l’ansia mi farà da scorta immancabile”.

Non ha intenzione di barricarsi dentro nel residence per undici giorni. “Per stasera passi, tanto più che non ho molta fame” si dice mettendo il piatto sporco nel lavello. “Domani si esce per New York e che Dio me la mandi buona”.

Quello che ha mangiato non sembra volere andare giù. Ha un groppo alla gola e lo stomaco chiuso. Lo stress del pomeriggio sta presentando il conto ma si deve rilassarsi per affrontare la notte.

«Domani è un nuovo giorno» borbotta, sistemandosi sulla poltrona per vedere un po’ di televisione.

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