Epilogo

Ellie ripone in un cassetto il diario di Angie. Ha letto molte pagine, altre rimangono da sfogliare, ma per il momento si sente appagata così. Non interessa conoscere il loro contenuto, perché sa che Angie e Dan nell’anno successivo regolarizzarono la loro unione, dalla quale nacque Patrick, il mitico nonno Pat. Poi il resto è storia recente, che conosce quasi a memoria. L’abbandono di Holland Island e della vecchia casa vittoriana, il trasferimento a Princess Anne, la partenza per il fronte europeo del nonno e il suo ritorno da reduce vittorioso. Poi ancora tanti altri eventi fino alla sua nascita. Tutti questi episodi li ha ascoltati innumerevoli volte dal nonno e sono rimasti impressi nella sua memoria come le fiabe narrate dai genitori.
Il week end lungo a Baltimore è stato un flop, almeno questa è la conclusione che ne ha tratto tornando a casa.
Annie e Matt sono stati dei padroni di casa impeccabili, gentili e pieni di premure. La loro abitazione, una villetta a schiera con un piccolo giardino davanti e uno scampolo di terra dietro, tenuto a orto, è molto graziosa. Ovviamente il paragone con la sua casa di Princess Anne è improponibile e impietoso, perché sia le dimensioni, sia la tipologia sono talmente diverse che è come confrontare una sedan Chevy Malibu con la city car della Toyota. Però in una città come Baltimore è un’abitazione confortevole e ambita da molti, soprattutto perché è in una zona tranquilla e piena di verde.
Ellie pensa che inviterà altre volte l’amica col marito, perché tra loro c’è molto feeling e molti argomenti in comune. Le conversazioni sono state sempre accese e interessanti, non si è mai annoiata come loro d’altronde. Matt è stato un cuoco eccellente, come Annie le aveva detto durante la settimana trascorsa a Princess Anne. Lei ha organizzato tutto con gusto e semplicità. Si è sempre sentita come a casa.
Però le è rimasto il rammarico di Dashiell, personaggio enigmatico, stravagante e alquanto odioso. Proprio ripensando a lui ha concluso che quei quattro giorni sono stati frustranti perché il suo atteggiamento ha rovinato tutto il resto.
Lui abita in pieno centro a Baltimore, in una vecchia casa di arenaria rossa, almeno questo era il colore originario. Il tempo e lo smog hanno trasformato il rosso in un grigio che lascia intravvedere sotto delle chiazze rossastre. Il suo è un tipico appartamento da single come struttura, pur essendo vasto per una persona sola, dove tutto ruota attorno alla camera da letto.
“Ha avuto la sfacciataggine di invitarmi a dormire a casa sua! Non ho compreso per chi mi abbia preso. E al mio rifiuto ha pure fatto l’offeso. E’ una persona insopportabile, indisponente e …”.
Sono questi i pensieri di Ellie ricordando quell’invito arrivato senza tanti giri di parole.
«“Stanotte sei mia ospite” aveva detto Dashiell all’arrivo da Annie a mezzogiorno».
“Non si è degnato nemmeno di salutarmi o chiedermi come stavo o se avevo fatto buon viaggio! Il benvenuto è stato «stanotte vieni a letto con me»! Più villano e strafottente di così non poteva essere. Se lui è abituato a trattare le donne che conosce come un oggetto o un trofeo da portare a letto, beh! con me ha sbagliato approccio”.
Adesso che seduta di fronte al caminetto del salotto ripensa a lui, sente ribollire il sangue mentre l’adrenalina cresce di intensità.
“Se ho voglia di andare a letto con un uomo, quello me lo scelgo io e non vengo scelta da lui. La mia disponibilità sessuale la decido nei tempi e nei modi. C’è maniera e maniera per rendersi attraenti e interessanti, ma il suo non lo è stato né nella forma né nel tempistica. Già mi aveva irritato il suo SMS durante il viaggio, figuriamoci poi il benvenuto detto con così signorile richiesta …”.
Al rifiuto garbato e deciso di Ellie, Dashiell se ne era andato senza salutare, scuro in volto e corrugato nel viso, lasciando basiti sia il fratello sia la cognata.
Aveva udito in lontananza durante la serata Annie che diceva a Matt: “Tuo fratello è impazzito? Rivede dopo due settimane Ellie e senza peli sulla lingua le chiede di passare la notte con lui! Sono rimasta senza parole! Poi offeso, come se lui avesse ragione, ha girato i tacchi e se ne è andato senza salutare. Un comportamento cafone e inqualificabile. La mia amica è stata fin troppo educata nella risposta. Io gli avrei mollato due ceffoni. Ogni volta che lo vedo, noto degli aspetti del carattere che non conoscevo. E purtroppo sempre più in maniera negativa”.
Non è stata capace di comprendere la risposta, solo qualche frammento indistinto «..maleducato.. a calci nel culo.. mi vergogno.. spero che ..» e poco altro. Ma non le sono interessate ascoltare con precisione le parole di Matt, perché un groppo le ha chiuso la gola e poi è stata troppo bruciante l’offesa per concentrarsi su quello che stava dicendo.
Ancora adesso sente gli occhi che si riempiono di lacrime come quel giorno, perché non aveva immaginato una simile conclusione. Non aveva accettato l’invito di Annie con la speranza di rivedere Dashiell, perché aveva compreso che natura che era in lui lo rendeva caustico, punzecchiante, ironico.
“No, no. Non avevo sperato che quel timido sentimento che aveva fatto capolino per Halloween potesse tramutarsi in qualcosa di più. Ma almeno ho creduto che potesse diventare un rapporto amichevole. Invece..”.
Nonostante il prodigarsi di Annie e di Matt per creare un minimo di calore attorno a lei, è rimasta latente la presenza di Dashiell, che avrebbe potuto comparire da un momento all’altro fingendo che non fosse successo niente.
Questa tensione aveva guastato il clima e l’atmosfera della vacanza. Ognuno di loro percepiva l’ansia che quell’episodio trascinava con sé.
Eppure momenti gradevoli e piacevoli ci sono stati, quando hanno passato un piacevole pomeriggio al Walters Art Museum con Annie che si è dimostrata un ottimo cicerone.
“Sono stata fortunata. In quei giorni si discuteva di Edgar Alla Poe e i suoi racconti a Enoch Pratt, una biblioteca pubblica posta nel centro di Baltimore. E’ enorme! Non ricordo di averne mai visitato una così imponente! E poi quanti eventi! Il calendario era fittissimo e un residente non aveva altro che l’imbarazzo della scelta!”.
Però il pensiero di Dashiell continua a torturarla.
“Non merita nulla, quel villano maleducato, ma è ricorrente. Ogni volta che penso a Annie, subito compare lui e quel viso da schiaffi! A volte mi dico che ne sono innamorata e che ho perso un’occasione. Ma non credo. Un uomo così non merita nessuna attenzione”.
Continua a fissare le fiamme del caminetto come se fosse ipnotizzata dal guizzare veloce del fuoco..
Era immersa nelle meditazioni quando sente la musica di Madonna, Like a virgin, risuonare dal telefono. Osserva il display illuminato e sussulta.
“E’ Dashiell! Cosa vorrà ancora? Perché ha deciso di torturarmi?” si domanda lasciando suonare il motivo, finché non cessa.
Una sottile ansia la prende mentre il respiro si fa più lento.
Un trillo e un breve avviso. E’ arrivato un sms.
“Sei per caso offesa?”.
“Sì” risponde infastidita e spegne il telefono.

FINE

Thanksgiving Day

Il 20 novembre 2010 Ellie riceve una telefonata da Annie. Quando si sono lasciate il 2 novembre, si sono date appuntamento per il 25 dello stesso mese, il giorno della festa del ringraziamento.
Lei se ne era scordata senza rimorsi qualche giorno dopo, tornando alle occupazioni abituali, fatte del nulla.
“Ellie, ti aspettiamo per mercoledì prossimo! Ci sarà anche Dashiell!..”.
Ascoltare la voce di Annie le fa piacere, ma sentendo che l’avrebbe attesa per la vigilia del Thanksgiving day l’ha colta di sorpresa. Non ha ancora percepito se questa è una novità piacevole o una seccatura. Però il primo impatto è di contentezza perché al momento della partenza degli amici aveva pensato che fosse uno dei classici inviti senza un reale seguito. Al primo momento di euforia subentra una sottile paura che questo possa costituire una trappola. Una sensazione senza un motivo concreto.
Lei è rimasta un po’ in silenzio a riflettere prima di rispondere.
 “Annie, che piacere sentirti! Come sta Matt? Non so se …” risponde cercando di modulare la voce in maniera allegra ma non troppo.
L’amica ride ma insiste che deve essere presente alla festa, perché tutti si vogliono sdebitare della favolosa ospitalità ricevuta a Princess Anne.
“Qui tutti ti aspettano, compreso il tacchino! Non puoi mancare assolutamente! E’ solo un viaggio di 126 miglia! Circa tre ore di auto. Se non hai impegni per i giorni successivi sarò felicissima di ospitarti per il week end. Così possiamo riprendere le chiacchiere interrotte a casa tua! Sei mai stata a Baltimore?”
Altra pausa di silenzio, mentre cerca una scusa per declinare l’invito, perché non ha molta voglia di uscire dal proprio guscio e affrontare un mondo diverso da quello abituale. Però non trova nulla di sufficientemente solido e rinuncia a frapporre delle difese.
“No, almeno di recente. Ci sono stata con nonno Pat quando avevo dieci anni. Ma non ricordo nulla. Sei sicura che non disturberò la vostra quiete?” chiede con un filo di trepidazione nella speranza che l’amica le dia un appiglio per rinunciare.
Sente una nuova risata allegra prima di ascoltare nuovamente la voce.
“Disturbare la nostra quiete? Ma viviamo su un vulcano in eruzione! Matt e io saremo ben felici di ricambiare la squisita ospitalità di Princess Anne! Anche ieri sera abbiamo ricordato il pranzo da Gino’s e la gita in barca! E poi ..”.
Ellie la interrompe perché sa cosa vuole aggiungere. Il ricordo di Dashiell le brucia ancora, perché dopo averla punzecchiata per bene è sparito.
“Nemmeno una telefonata di ringraziamento! Un sms per dire «Ciao! Come va?»! Nulla! Come se fosse sparito dalla faccia della terra! E io che ..” riflette senza ascoltare quello che l’amica le dice.
Poi Annie le chiede di procurarsi carta e penna per dettarle le indicazioni della strada da seguire.
“Ma non c’è bisogno! Con Google map ..”
“No, no! Ascolta e segna. La nostra abitazione è vicino a Arundel Village Park nella 10th Street. Percorri la MD-10N verso la MD-2N in direzione Baltimore/Towson fino all’uscita 3. Qui prosegui a sinistra in direzione Brooklin fino all’incrocio con Church St…”
“Annie, vai troppo veloce.. Sembri un treno in corsa senza conducente …”.
“Ho capito, ho capito. Facciamo così. Quando sei entrata nella MD-10N ci chiami. Noi ti aspettiamo all’uscita 3. Mi raccomando segui la direzione Brooklin, altrimenti torni indietro!”.
“Va bene, va bene” dice controvoglia Ellie. “Farò come hai detto. Uno squillo quando sono entrata nella MD-10N”.
“Riesci a partire presto mercoledì?”.
“Presto? Come?”.
Nuova risata allegra risuona nell’orecchio di Ellie prima di capire che il presto è nella mattinata prima di mezzogiorno.
“A mercoledì!” conclude la telefonata Annie.
La ragazza osserva il Blackberry e scuote il capo. Rimpiange di non essersi opposta con maggior tenacia all’invito, perché il pensiero di rivedere Dashiell le tormenta la mente.
“Non so se odiarlo o ignorarlo. Il suo comportamento è stato indisponente. Ha giocato con me come il gatto col topo. Peccato che il ruolo della povera topolina è toccato a me!” rimugina baloccandosi il telefono nelle mani.
Un bip annuncia l’arrivo di un messaggio. Osserva lo schermo curiosa, perché gli sms arrivano di rado.
“Chi sarà mai?” si chiede mentre seleziona visualizza.
«Ciao! Come stai? Non ho avuto più tue notizie dopo la mia partenza! Sei forse irritata con me? Sì, lo so. A volte sono indisponente, ma … suvvia non prendertela! A mercoledì! Dashiell».
Il primo impulso è quello di cancellare il testo.
“E’ veramente una persona odiosa! Per quasi tre settimane non si fa vivo come se io non esistessi. Poi … Crede di prendersi gioco di me? Ma adesso che faccio? Rispondo oppure no?” riflette mentre l’ira lentamente va sbollendo.
Dopo la telefonata con Annie e il messaggio di Dashiell si sentepiù risoluta, energica, sicura di sé, meno debole psicologicamente. Percepisce che non è in balia degli altri e dei loro umori. Se ci fosse Dashiell in questo momento, comprende che sarebbe l’attimo buono per parlare dei suoi sentimenti o dei suoi sogni. Però è sola nella casa e lui è lontano, nascosto dietro lo schermo di un telefono. Dunque tutti i suoi propositi svaniscono mentre decide che non avrebbe risposto.
“Non merita che io mi sprechi per cercare delle parole che non sento mie. Se vuole uscire allo scoperto che faccia lui il primo passo. Io di messaggi ne ho lanciati diversi, ma è stato come metterli in una bottiglia e affidarli al mare” e riflette sugli ultimi avvenimenti.
La giornata odierna prima della telefonata di Annie è stata per Ellie un periodo pieno di pace in cui si è goduta la quiete della casa da sola sentendosi a proprio agio e in pace con se stessa. Quando capita, di solito non ha nessuna voglia di uscire per mettersi in mostra, non perché si sente timida o chiusa, ma per un senso di pigrizia dolce e amabile che la prende avvolgendola come un bozzolo. Per lei è un momento di relax senza pensare a nulla. Però la telefonata prima e il messaggio poi hanno rotto quest’atmosfera incantata e riportata nel mondo della realtà.
Adesso deve pensare che fra pochi giorni avrebbe preso la Buick nera per guidarla fino a Baltimore e quindi deve organizzare il viaggio.
Il dolce far niente la induce a sognare ma deve pensare al regalo da portare a Annie e Matt.
“Per Dashiell niente! E perché mai dovrei sprecare tempo e denaro a favore di qualcuno che mi ha ignorata per quasi tre settimane?” dice con tono astioso.
Inoltre deve prendere in considerazione quale abbigliamento è più adatto alla circostanza. Riflette anche che dovrebbe passare per un saluto dai lontani cugini che discendono da quella mitica zia Ethna, citata tante volte da Angie.
“Ma questa Ethna che grado di parentela ha con me? Era la sorella del mio bisavolo, Don, il padre di Angie. Quindi? E i suoi discendenti sono cugini o nipoti? Beh! devo ammettere a denti stretti che Dashiell aveva ragione. Sono parenti e basta. Il grado di parentela ha poca importanza” concluse senza troppi distinguo.
Si domanda se loro si ricordano di avere una parente che abita a Princess Anne nella casa di una zia. L’ultima volta che li aveva visti è stato oltre venti anni prima. Però il vero problema è come rintracciarli e contattarli.
Troppi pensieri si sono addensati sul capo di Ellie come nuvole cariche di pioggia, mentre lei avrebbe voluto continuare nel clima sereno precedente.
“Al diavolo tutti questi pensieri! Ci penserò lunedì. Oggi godiamoci gli ultimi scampoli di giornata senza arrovellarsi il cervello per trovare soluzioni che arriveranno limpide e facili tra pochi giorni”.
E riprende l’occupazione precedente: la lettura dell’ultimo libro di Katie Hickman “The pindar diamond”. E’ una storia dai contorni misteriosi, di avidità e di segreti, di passioni proibite e di tradimenti, ambientata tra i canali veneziani e le coste della Dalmazia, tra le celle dei conventi e le stanze oscure dell’harem di Costantinopoli.
Leggendo le pagine a poco a poco si dimentica di tutto, ricreando l’atmosfera che si era incrinata momentaneamente.
Lunedì sarà un altro giorno.

Neve, neve

Il tempo di arrivare alla casa vittoriana e il cielo da grigio plumbeo diventò bianco compatto, mentre grossi fiocchi di neve iniziarono a scendere su vecchi cumuli color grigio sporco.
A prima vista sembrava la solita nevicata come ce ne erano state altre negli ultimi giorni, ma presto cominciò a soffiare un vento gelido e impetuoso che generò grossi accumuli.
Angie e Dan osservavano la tempesta di neve che pareva che volesse sommergere tutto in un turbinio bianco. La strada divenne una coltre bianca senza tracce umane, mentre il sibilo delle folate voleva insinuarsi nelle fessure delle finestre, che presto furono ricoperte da uno strato compatto di soffici fiocchi.
Dan le domandò se aveva scorte di legna sufficienti per riscaldare gli ambienti, perché di certo per diversi giorni sarebbe stato quasi impossibile approvvigionarsi.
“Se dobbiamo fare economie, è meglio conoscerlo in anticipo piuttosto quando non si può fare più nulla” concluse.
“Quello che mi preoccupa, sono le vivande. Ieri prima di partire, ho chiesto a Meg di portare a casa tutto quello che era deteriorabile o gettarlo via. Quindi non c’è nulla o quasi in casa” affermò allarmata una sconsolata Angie.
Dan scosse il capo un po’ scoraggiato e partì alla ricerca di uno store aperto per acquistare generi di prima necessità per i prossimi giorni.
La donna non avrebbe voluto che uscisse con una tempesta di neve che rendeva problematico anche solo camminare, rimanendo trepidante in attesa del rientro. Restò sempre alla finestra, tenendo sotto controllo la via.
Affondando per un paio di piedi nella neve, faticando non poco nel contrastare la violenza del vento, Dan riuscì a riguadagnare la strada di casa. Teneva ben stretto il bottino di vivande che era stato capace di procurarsi con notevole sforzo e qualche litigio.
Nell’androne debolmente illuminato da lampade a olio si scrollò di dosso tutta la neve che aveva raccolto e che ben presto si tramutò in acqua, che chiazzò di umidità il pavimento.
Angie lo aiutò a togliersi gli abiti ricoperti da un sottile strato di ghiaccio per sostituirli con altri tenuti al caldo vicino al camino proprio per questa evenienza.
“Dan, non dovevi uscire con questo tempo! Ti sarai preso sicuramente un accidente! Ero seriamente preoccupata! Solo ora mi sento sciogliere leggermente dalla tensione accumulata”.
L’uomo sorrise mentre con un fazzoletto di lino tentava di frenare il gocciolio del naso arrossato e umido. Lei afferrò i vestiti bagnati fradici per trasportarli in cucina accanto alla stufa ad asciugare.
“Per qualche giorno non moriamo di fame!” disse con un sorriso amaro Dan, mentre depositava il bottino conquistato sulla tavola.
Dalla legnaia in cantina portarono nelle varie stanze diverse ceste di legna per tenere alimentato il fuoco e riscaldare gli ambienti.
Angie riconosceva che lui aveva preso decisamente le redini del comando, come se fosse il vero padrone di casa. Dirigeva ogni operazione, impartiva le direttive, come se si dovesse affrontare un lungo assedio della neve in maniera che non venisse sprecato nessuna risorsa. Se fosse stata da sola, forse non sarebbe riuscita a organizzare con analoga precisione ogni aspetto dell’emergenza da fronteggiare.
“E’ inutile sprecare legna e carbone per riscaldare delle stanze dove non entreremo mai. E’ sufficiente concentrare il combustibile laddove pensiamo di trascorrere il nostro tempo. Lasciamo spenta la caldaia a carbone. Servirebbe a poco. Camini e stufe possono bastare per non morire assiderati”.
Il buio della sera li colse mentre erano occupati a tenere ben acceso il fuoco nelle diverse stanze, mentre il cielo  era rischiarato dal candore dei fiocchi che scendevano vorticosi. Il vento non accennava a diminuire, anzi pareva che rinforzasse sempre di più. Dopo un frugale pasto serale si sistemarono nel grande letto matrimoniale osservando le lingue rossastre che guizzavano imperiose nel camino.
“Non avrei mai pensato che tu avessi avuto il coraggio di affrontare il viaggio verso Deal Island dopo quasi una settimana di intense nevicate. Quindi ho creduto bene di farti una sorpresa, dopo aver preparato un bagaglio leggero per raggiungerti qui. Ma il destino è a volte curioso!” disse Dan mentre la stringeva a sé.
“Sì, il destino è curioso perché spesso ama giocare con noi, coi nostri sentimenti mentre ci sbeffeggia. Così ieri ci siamo incrociati senza vederci. Tu scendevi a terra, mentre io salivo a bordo. Però oggi siamo qui insieme”.
Questi pensieri ricordarono a Angie la megera, provocandole qualche brivido alla schiena.
“Sì, sono stata temeraria e incosciente perché poteva finire male. Devi sapere..” replicò la donna e cominciò a raccontargli l’avventura al Black Wharf’s.
“Hai alloggiato in quel covo di tagliagole e prostitute? E sei riuscita a riportare indietro tutto senza perdere un cappello? Nessuno è entrato nel tuo letto? Evidentemente ieri era la tua giornata fortunata!” concluse Dan mentre le accarezzava il viso.
“Davvero ho corso seri rischi? Ho capito subito che quella megera era ..”.
“Chi? Miss Pimpim? ..”.
“E chi sarebbe Miss Pimpim? Alla reception c’era una vecchia segaligna e secca come uno stecco, che mi ha rapinato 20 dollari! Ma ho compreso subito in quale postaccio ero capitata! Ero talmente stanca che non ho osato andarmene e cercarne un altro migliore”.
Dan rise di gusto mentre la baciava.
“Ringrazia la tua buona stella e Miss Pimpim, che per venti dollari ti ha fatto tornare a Holland Island sana e salva!” e la attirò verso di sé come per proteggerla da un nemico invisibile.
Mentre le spiegava i motivi di quel nomignolo curioso, pigramente scivolarono nel sonno.
La mattina li colse abbracciati, mentre la stanza era gelida. Il fuoco durante la notte era morto lentamente, mentre fuori infuriava la tempesta.
Per diversi giorni fu praticamente impossibile avventurarsi fuori di casa. Il vento aveva accumulato quasi tre piedi di neve sulle strade, mentre il portone era sommerso fino a metà. Folate gelide spazzarono via le nuvole dal cielo, ma trasformò tutto in ghiaccio.
Era una mattina freddissima ma illuminata da un sole limpido, quando Dan cominciò ad aprire un varco dalla soglia di casa alla strada, mentre Angie preparava una bevanda calda a base di vino, rum e spezie.
“Cos’è questo intruglio?” chiese tossendo per la vampata di calore e di energia prodotta dall’infuso.
“La preparava sempre Wina a mio padre nelle serate più fredde d’inverno. A lui piaceva molto e se ne scolava mezzo bricco”.
“Il gusto è buono e gradevole, ma per fortuna sto lavorando sodo di pala. Altrimenti sarei ubriaco e steso per terra! Saranno 60° almeno, dal calore sprigionato nello stomaco!”.
Il tempo si stabilizzò sul bello gelido nei giorni successivi.
Quando mancò quasi una settimana a Natale, Dan le annunciò che doveva ritornare a Deal Island per sbrigare alcuni affari urgenti, ma sarebbe tornato alla vigilia per portarla con lui nella sua casa.
“Preferisco rimanere qui e trascorrere le feste a Holland Island” gli disse seccamente Angie.
Lui rimase in silenzio cercando di comprenderne i motivi. La capiva perché l’esperienza del viaggio a vuoto precedente doveva essere stata scioccante. Però non riusciva a mettere a fuoco che problemi sarebbero sorti, visto che era lui che la veniva a prendere questa volta e non doveva affrontare il viaggio da sola.
La fissò e le rispose laconicamente «Come vuoi. Staremo noi due soli in questa grande casa». La partenza fu carica di malinconia ma l’arrivederci lasciò nei loro cuori un sapore gradevole per il breve periodo di lontananza.
Durante l’assenza di Dan, Angie si interrogò sul loro rapporto e sulle possibili implicazioni future. Circa un mese prima lui si era sbilanciato seriamente con una proposta di matrimonio dai toni inusuali, ma che le avevano prodotto molti pensieri positivi. Nei quasi quindici giorni, quando erano rimasti asserragliati nella casa a causa della neve e del gelo, aveva compreso che la loro relazione avrebbe potuto funzionare.
Però durante questo periodo Angie aveva accettato espansione e crescita personale con cautela adottando un punto di vista pragmatico. Qualsiasi cosa facesse o programmasse, era caratterizzata da prudenza e cautela. Le interessava ciò che avrebbe potuto realizzare nel concreto, ma cercava di tenere i piedi per terra senza mai perdere di vista la realtà. Non era né troppo idealista né troppo conservatrice.
“Forse sono stata troppo fredda con Dan senza mostrare quell’entusiasmo che la presenza avrebbe dovuto ingenerare. Ma l’esperienza di quel viaggio mi ha reso prudente. Non ero io che dovevo correre da lui, ma viceversa dovevo aspettare che lui mi venisse a prendere. Ecco dove ho sbagliato”.
Non aveva mai pensato che doveri e obblighi della vita fossero una restrizione ma li considerava invece un mezzo per raggiungere maturazione e saggezza. Questo era fondamentalmente un modo di vedere giusto, tuttavia doveva trovare un punto di equilibrio fra libertà e necessità di avere un compagno. Questo era l’obiettivo che si doveva porre a breve termine.
Durante l’assenza di Dan scoprì in che modo poteva tradurre in realtà le aspettative, perché era stata in grado di distinguere i sogni dalla realtà ed era stata capace di scartare ciò che non era solido e che le avrebbe impedito di mettere le basi per il successo.
Accolse con grande entusiasmo il ritorno perché aveva compreso che quello era l’uomo giusto per lei.

La festa sta finendo

“Bel tipetto la zia..” dice ridendo Dashiell in una pausa della lettura del diario.
Ellie lo fulmina incenerendolo. “Non è mia zia, ma la bisnonna!..”
“Uh! Uh!” borbotta come infastidito “Ma come sei pignola! Zia, trisavola, bisnonna,.. alla fine è pur sempre una parente! Che differenza fa?”
Annie si stringe al marito ridacchiando e sussurra divertita. “E’ la prima volta che trovo divertente il fratellino! Le sue uscite sono in questi giorni esilaranti! Ma credo che lo faccia per innervosire Ellie, perché ha capito che lei ci tiene all’esatta parentela”.
La ragazza stringe le labbra per non far uscire quello che pensa. Non ama gettare benzina su fuoco anche perché sono ospiti e tra qualche giorno se vanno. E questi diverbi entreranno a far parte dei ricordi da raccontare per le feste di Natale, quando al termine del pranzo si citano gli episodi più curiosi e intriganti capitati nel passato.
“Queste battutine sono veramente sgradevoli e potrebbe risparmiarmele! Non credo che non abbia memorizzato l’esatto grado di parentela. Però si diverte ogni volta a estrarre un nuovo status per Angie! Lo dice, ne sono sicura, per sondare le mie reazioni e divertirsi alle mie spalle” riflette in silenzio, mentre aggrotta la fronte visibilmente irritata.
“Che strane facce fai! Ti apprezzo di più quando hai il viso disteso e sorridente e non corrucciato come in questo momento!” prosegue non notando nessuna reazione verbale.
Ellie rimane silenziosa, cercando di distendere le rughe che increspano il viso come onde nel mare senza molto successo.
Dashiell le prende una mano con dolcezza e la fissa con attenzione.
“Lo sai che aggrottando la fronte, rimangono le rughe! Così sembri più vecchia con la pelle tutta grinzosa! E dicono che non sei serena! Siamo rilassati a goderci questo sherry e … Devo farti i miei complimenti..”.
Matt sogghigna divertito.
“Mio fratello è un vero istrione! Punzecchia come una zanzara per poi trasformarsi in un candido angioletto. Adesso le ammannisce lo zuccherino. Quando inizia il discorso così non si sa dove arriverà” dice sottovoce a Annie, che annuisce per conferma.
Ellie si irrigidisce e tenta inutilmente di sottrarre la mano dalla presa di Dashiell che riprende a parlare dopo una breve pausa, come se si fosse aspettato una reazione di curiosità da parte della ragazza.
“Devo farti i complimenti, perché sei stata una padrona di casa perfetta e puntuale. Hai organizzato tutto con precisione, mettendoci ..” e rivolge lo sguardo al fratello e alla cognata alla ricerca di un segno di assenso “mettendoci a nostro agio. Sono passati diversi giorni, ma sono volati via leggeri! Quando fra qualche giorno riprenderemo la strada di casa …”.
E fa una piccola pausa per interrogare gli occhi di Ellie prima di riprendere il discorso.
“Dicevo… quando riprenderemo la strada di casa, credo che un velo di malinconia ci avvolgerà lasciandoti qui!”
Annie commenta col marito le ultime esternazioni, deducendo che il cognato è abile del dare un colpo prima al cerchio poi alla botte. Adesso è in versione dolce.
“Beh! Se vuoi ..” inizia a parlare Annie, subito bloccata dallo sguardo di Dashiell.
 Ellie continua a rimanere silenziosa, perché quelle parole la infastidiscono e non poco.
“Per chi mi ha preso? Fino all’altro ieri aveva un muso lungo un chilometro ed era assente mentalmente e visibilmente annoiato. Non andava bene nulla. Criticava e basta. Ora questa serenata sulla mia presunta bravura, sul trascorrere veloce delle ore, sul rimpiangere che loro partendo mi lasciano sola! Sembra più che voglia farsi perdonare le acidità dette in precedenza che essere sincero”.
“Volevi dire qualcosa, Annie?” le chiede con tono gentile Dashiell.
“Beh! No… Sì, in verità! Ellie la conosco da una vita, ma raramente l’ho vista così motivata e brava nei panni della padrona di casa. A dire il vero le occasioni sono state veramente poche. Però non sono sorpresa perché è sempre stata una ragazza posata e determinata nel raggiungere i propri obiettivi. Quando decide un traguardo difficilmente manca di centrarlo, ma in particolare lo raggiunge nel migliore dei modi” replica Annie rinfrancandosi man mano che parla.
Dashiell torna a osservare la ragazza senza allentare la presa delle mani e sorride come per farsi perdonare.
“Sei per caso..” inizia un nuovo discorso interrompendolo subito.
La pausa cade nel silenzio di tutti che la osservano.
“Dicevo.. se per caso ..”.
Ellie si riscuote dal torpore nel quale era piombata.
“Beh! Veramente .. no.. semplicemente .. insomma aspettavo che tu avessi finito il discorso..” e si ferma dopo aver farfugliato molti inizi senza concluderne uno.
“Anch’io sono stata bene con voi. Mi avete tenuto compagnia e coinvolta nelle vostre discussioni. Sono state giornate intense e diverse dal solito. Movimentate e interessanti. Di certo non mi sono annoiata. Inoltre ..Ma, sì! Perché non ripetere questa esperienza? Possiamo ritrovarci altre volte tutti insieme, quando i nostri impegni ce lo consentono”.
Annie sorride perché la tensione si è stemperata e coglie l’occasione per invitarla a Baltimora, perché presto sarà il Thanksgiving Day, una bella festa da trascorrere insieme. Però si schernisce perché non sarà all’altezza della amica come padrona di casa.
Dashiell è d’accordo sull’ultima affermazione della cognata, perché cucina e casa hanno sempre lasciato a desiderare.
“Sarebbe un’ottima opportunità per farti conoscere Baltimora. Di certo non è tranquilla come Princess Anne, ma ..” e continua a stringere le mani di Ellie.
“Sicuramente la tua antenata Angie..” dice sorridente “ha avuto molto coraggio affrontare un viaggio in quelle condizioni climatiche. Doveva essere cotta di …”.
“Dan..” suggerisce Annie.
“Sì, di Dan! Poi come è finita? Sicuramente si sarà sposata, se in qualche modo sei nata tu..” conclude con un largo sorriso.
Ellie, che si era distesa, corruga nuovamente la fronte e arriccia il naso irritata.
“Beh! la mia antenata ..” e volutamente calca sulla parola prima di riprendere il discorso.
“Angie era sicuramente coraggiosa, perché io al suo posto non sarei riuscita ad affrontare il viaggio. Però toglimi una curiosità. Come mai dimostri simile interesse verso una donna vissuta cento anni fa?”.
Dashiell sorride e prima di riprendere a parlare fa un grosso respiro.
“Forse è dovuto allo stereotipo che mi sono creato del mondo femminile di inizio novecento. Tutto chiesa e famiglia. Senza grande autonomia di pensieri e di azioni. Ma leggendo queste poche pagine del diario sono rimasto stupito. E mi sono domandato se sono state scritte effettivamente da lei oppure è una finzione letteraria. Ma ora basta pensare al passato. Torniamo al presente”.
Per chiudere degnamente una serata movimentata e ricca di spunti propone di scegliere un gioco di società tra quelli che Ellie ha.
In effetti Dashiell ha cercato emozioni e stimoli nel rapportarsi con Ellie, anche a costo di provocare una bella battaglia. Lo schema che ha in mente è difficile da gestire anche se sa che è fondamentalmente costruttivo. Comprende che non deve essere troppo impaziente perché intende costruire un legame duraturo. Le chiede solo di gratificare il proprio bisogno di emozioni. Non è sua intenzione creare i presupposti di un litigio. D'altra parte percepisce che questo è il momento giusto per mettere le carte in tavola e cercare un punto d'intesa. Si domanda se esistono remore fra loro. La risposta secondo lui è che non ci sono. Quindi può godersi allegramente questa nuova esperienza.

Il ritorno

Angie aveva trovato a fatica una stanza presso Black Wharf’s dopo aver pregato una vecchia arpia a lungo. Non era stato facile convincerla, ma dopo molte insistenze aveva ceduto.
“Però il bagaglio non entra” aveva detto la proprietaria dopo l’estenuante battaglia per l’accettazione.
“Non posso lasciarlo sulla banchina!” aveva replicato Angie, tentando di moderare la voce e le parole senza riuscirci in maniera convincente.
“E’ troppo ingombrante! E poi non ho nessuno che possa trasportarlo in camera!”.
“Non mi dica che non ha nessuna stanza al piano terra da usare come deposito! Io riparto con postale delle dieci di domani mattina. Non mi interessa portarlo in camera”.
Dopo una lunga discussione dai toni accesi, finalmente il baule e le due grandi borse trovarono ospitalità nel sottoscala buio e umido.
“Fanno 20$ da pagare in anticipo” aggiunse acida la vecchia megera, che assomigliava più alla maitresse di una casa di appuntamento piuttosto che alla gerente di un albergo.
“Mi sembra una rapina! Venti dollari per una notte senza la colazione è esagerato” disse veemente Angie che stava perdendo le staffe.
“Prendere o lasciare! Se lei vuole la stanza, questo è il prezzo! Né un cent di più, né di meno. Il prezzo lo faccio io. Questa è la cifra che ricaverei per tutto il tempo che lei occupa la stanza”.
Angie ebbe un moto di smarrimento, interrogandosi in quale bettola era capitata. Si guardò intorno impacciata e sentì un brivido correrle lungo la schiena. Non era di freddo ma di sottile paura, perché i visi degli altri ospiti non erano del tutto rassicuranti.
“Dunque l’impressione che sia un albergo a ore è giusta! Ma io non posso girare Wenona alla ricerca di qualcosa di meglio!” rifletté in un attimo, prima di riprendere la schermaglia con la donna.
“Almeno mi può servire qualcosa in camera?” chiese dubbiosa sul buon esito della domanda.
La gerente la guardò di sbieco come se avesse pronunciato una bestemmia sull’altare maggiore al cospetto dei fedeli.
“Vuole la cena servita in camera? Non ho il ristorante, ma se lei è disposta ..”.
Spazientita Angie scosse la testa come se fosse infastidita da tutte quelle discussioni. Era nervosa perché Dan aveva mancato l’appuntamento, era impaurita perché era finita in posto non molto raccomandabile, era affamata perché erano molte ore che non mangiava nulla. Insomma aveva un diavolo per capello.
“Senta, quanto vuole ancora?” chiese quasi rassegnata ma incollerita.
“Non lo so. Dipende da quello che mi chiede Bob”. Il tono della voce era distaccato, mentre allargava le spalle in segno di incertezza.
“E Bob chi sarebbe, di grazia?”.
“E’ il cuoco del ristorante accanto alla mia pensione. Poi dipende da cosa vuole mangiare. Che ne so cosa vuole ordinare”.
“Ho capito! Ho capito! E’ meglio che faccia un salto nello store qui accanto. Mi pare essere finito in un covo di ..” e tacque per non compromettere una situazione al limite dell’assurdo, prima che la maitresse cambiasse idea sbattendola sul marciapiede innevato.
“E’ ancora in tempo se vuole andarsene. Io non la trattengo. Alle sue spalle c’è la coda che aspira alla sua camera! Ci sono altre pensioni in città. Non esiste solo la mia. Dunque paga questi venti dollari o le devo buttare i bagagli nella neve?” ringhiò la vecchia inferocita.
“Tenga i suoi venti dollari e che ..” e mise sul bancone due banconote da dieci prima di tacere per sempre.
Salita in camera furente e col sangue in ebollizione, depositò la borsa da viaggio nella stanza al primo piano. Senza darsi una rinfrescata ridiscese immediatamente per andare nello drugstore adiacente alla pensione per acquistare qualche genere alimentare. Con una borsa di carta piena di cibo e bevande si avviò con passo deciso, senza salutare la vecchia, per le scale oer raggiungere la stanza.
Si barricò dentro mettendo una sedia sotto la maniglia per quello che poteva servire. La camera era ampia con un letto matrimoniale di fattura scadente, un armadio in cattivo stato e in un angolo un portacatino rugginoso con annesso catino scrostato, il piattino, la brocca e un minuscolo asciugamani. Sotto il letto c’era un pitale dall’aspetto poco invitante per l’uso intenso e la scarsa pulizia.
“Tutto questo per venti dollari! E poi dove sono finita? Credo che difficilmente riuscirò a prendere sonno stasera. La stanza è gelida. Se non mi copro per bene, domani sono un pezzo di ghiaccio. Adesso diamoci da fare con questa minuscola stufa. Speriamo che l’arpia abbia messo legna a sufficienza. Con venti dollari mi compro una legnaia intera!”.
Accesa la stufa e controllata la scorta di legna, prese un po’ di pane e formaggio dalla busta per calmare la fame.
Ricapitolò tutte le disgrazie capitate, ma era inutile recriminare. Un tempo così inclemente avrebbe scoraggiato tutti meno lei. Dunque era colpa sua se si trovava in questa situazione sgradevole.
Dalla borsa da viaggio estrasse uno scialle di morbida lana e dei guanti di foderati di agnello, che indossò per proteggersi dal freddo. Spostò un dondolo di vimini vicino alla stufa, che era il punto più caldo della stanza. Recuperò dal letto e dall’armadio con le ante pericolosamente in bilico tutte le coperte utilizzabili che depose sul dondolo. Si sarebbe ricoperta con queste durante la notte, mentre adesso ricevevano quel poco di calore che la stufa emetteva. Sperò solo che non contenessero ospiti sgraditi, vista la scarsa pulizia che regnava ovunque. Le lenzuola, un tempo bianche, adesso erano di un colore che virava tra grigio sporco e il giallo opaco e non odoravano di sapone.
Guardò fuori dalla finestra senza vedere nulla: uno strato denso e sporco di ghiaccio impediva qualsiasi visuale esterna.
“Sarà un pomeriggio e una notte lunga quello che mi aspetta. Il tempo non passerà mai”.
Mise la busta con gli acquisti su una sedia vicino al dondolo, perché era sicura che il gelo li avrebbe conservati perfettamente nonostante la stufa producesse il massimo del calore possibile, equivalente a poco più di un alito appena fuori dal freddo.
E si preparò alla lunga veglia.
Un’alba lattiginosa e fredda l’accolse avvolta nelle coperte dopo una nottata popolata da incubi e rumori provenienti dalle stanze contigue.
Le era sembrato di ascoltare quel continuo scalpiccio di scarpe rumorose che salivano e scendevano le scale, come se fosse un pellegrinaggio di devoti. Quello che l’aveva terrorizzata maggiormente erano stati i gemiti e le bestemmie per nulla dissimulate che era stata costretta a udire con una certa frequenza. Più di una volta aveva avuto la percezione che qualcuno avesse provato a forzare la maniglia della porta d’ingresso senza successo.
Non meno angoscianti erano stati nelle pause di silenzio i sogni nei brevi dormiveglia nei quali cadeva stremata dalla stanchezza. Però assomigliavano maggiormente a incubi che a visioni oniriche. Quello più ricorrente era che uno sconosciuto entrava e la possedeva brutalmente nel letto senza che lei potesse opporre resistenza. Nessun piacere ma sensazioni dolorose pervadevano il corpo mortificando sia il fisico sia la mente.
Al risveglio queste impressioni erano talmente vivide che si domandava se fossero state realtà oppure no, mentre un debole chiarore illuminava la stanza e lei avvolta nelle coperta accanto alla stufa.
“Tra non molto potrò riprendere la via di casa. Questa esperienza marchierà a fuoco la mia carne. Sarà molto difficile dimenticarla. La delusione provata è talmente grande che non ho più parole per descriverla e valutarla. Non mi sarei aspettata un simile comportamento da parte di Dan! Se vorrà, sarà lui a venire a Holland Island! Mai più affronterò un viaggio con tutte queste incognite!”.
Era immersa nei suoi pensieri, quando sentì un bussare deciso e una voce che diceva «Miss Fairbanks! La sveglia. Sono le nove!».
Era talmente intorpidita dal freddo che le parole rimasero dentro di lei. Mangiò le ultime porzioni di cibo rimaste, si sistemò alla belle meglio, poi discese nella reception per chiedere un aiuto nel trasporto dei bagagli.
Alle dieci e mezza il postale si staccò dal molo per prendere la direzione verso Holland Island.
La giornata minacciava nuova neve e l’aria era tagliente come una lama del coltello.
“Mi è sufficiente arrivare a casa e poi può scendere tutta la neve del mondo che non me ne interessa nulla”.
Osservava Chesapeake Bay e il grigiore delle acque gelide solcate da qualche lastra di ghiaccio.
Alle undici e trenta il postale scaricava il suo carico di essere umani e di derrate alimentari. Angie scese a terra alla ricerca di un facchino per i bagagli, ma scoprì la presenza di Dan che attendeva l’approdo dell’imbarcazione.
Non sapeva se essere contenta o mostrare il disappunto perché non era al molo di Wenona ad attenderla.
“Angie! Dov’eri? Sono arrivato ieri per venire a prenderti, ma non ti ho trovata. Ho saputo che eri partita per Deal Island e quindi ho atteso con impazienza il tuo arrivo. Finalmente posso stringerti!”.
Lei si abbandonò a un pianto liberatorio e disse «Troviamo un facchino per i bagagli e poi andiamo a casa. Non vedo l’ora di rifugiarmi tra le mura amiche!».

La festa di Ognisanti

« Venite con me
    È la festa di Ognissanti
    Faremo tremare tutti quanti.
    Gli scherzi, stavolta, son giustificati
    le risa e i lazzi perfino aumentati. »
(Ray Bradbury, L'albero di Halloween, XX secolo)
 
Ellie e Matt sono impegnati nel preparare la cena di Halloween, mentre Annie e Dashiell si occupano delle decorazioni e della tavola.
“Esco” dice all’improvviso Dashiell affacciandosi sulla porta.
“Dove vai?” chiede Ellie sorpresa dall’annuncio mentre sta preparando Walnut Dip with Garlic (una vellutata di noci con aglio).
“Sorpresa! Aspetta il mio ritorno” replica serafico, indossando un giubbotto imbottito e foderato di pelliccia.
Lei rimane perplessa perché, facendo mente locale, non le pare che manchi nulla in casa.
“Le zucche intagliate ci sono. Le ho approntate io. Il dolce lo sta finendo Matt. Sono già pronti dolcini e antipasti. La vellutata è quasi finita, mentre per il secondo ci sono tutti gli ingredienti. La lista è stata spuntata più volte e non manca nulla. Gli addobbi ci sono tutti comprese le candele. Cosa non c’è da spingere Dashiell a uscire?” scuote la testa dopo aver elencato mentalmente tutto il necessario per la serata.
Si gira verso Matt, che terminata la preparazione della torta, si sta riposando, mentre controlla la cottura nel forno.
“E’ strano tuo fratello. O sta muto come un pesce o è loquace come un pappagallo. Non sono ancora riuscita a prendergli le misure. Sembrano tutte sbagliate! Secondo te cosa è andato a comprare? Ho provato a pensarci, ma non ho trovata nessuna risposta valida”.
Lui alza le spalle e allarga le braccia sorridendo.
“Non saprei! A volte è talmente misterioso da ingannarsi da solo tanto che alla fine non riesce a capirsi! Durante questa vacanza ho scoperto dei lati dei quali non ero al corrente. Eppure credevo di conoscerlo bene. Diciamo che sono rimasto sorpreso anch’io. Pazientiamo e vediamo con che cosa tornerà. E’ talmente imprevedibile che anche l’improvvisata mi affascina ogni volta che la fa. La stranezza è che si muove per Princess Anne come se avesse abitato sempre qua. Se qualcuno mi lascia a tre isolati da qua, entrerei nel panico perché non saprei dove andare”.
Ellie che aveva interrotto la preparazione della vellutata riprende in silenzio avvolta nei suoi pensieri. Ritiene inutile pensarci troppo e si concentra sulla preparazione del piatto.
Annie si unisce a loro, adesso che ha terminato la sistemazione della tavola, e comincia a chiacchierare con Matt.
“E’ stata una vacanza veramente piacevole”. E rivolgendosi all’amica soggiunge: “Sei una padrona di casa perfetta! Ciascuno di noi si è sentito perfettamente a proprio agio. Sei riuscita perfino a trasformare un orso in un essere umano!”
Ellie arrossisce senza rispondere. Gli apprezzamenti le fanno piacere ma non desidera dire le solite parole di circostanza. E poi sarebbe come ammettere che si interessa a lui.
“Sarà anche vero, ma è più prudente muoversi con cautela”.
E’ immersa nei suoi pensieri, quando sente del trambusto all’ingresso. Interrompe nuovamente la preparazione del primo e va a vedere cosa sta succedendo.
“Oh!” esclama stupita, “Ma è bellissima!”.
“Cosa?” urla Annie dalla cucina.
“Venite! Dashiell è tornato!”.
Annie e Matt accorrono all’ingresso, attirati dalle grida di Ellie e osservano Dashiell che con grande fatica sta piazzando proprio sull’ingresso un enorme vaso di coccio con dentro una splendida pianta di Limequat.
“Sei in gran forma, fratellino!” esplode sbalordito, “Ma hai fatto una fatica del diavolo a trasportare questo vaso! Potevi chiamare aiuto”.
Dashiell sbuffa e ansa, guardandolo di sbieco per nulla socievole.
“Anziché commentare per prendermi per i fondelli e stare impalato a guardare mentre lavoro, alza il culo e vieni a darmi una mano!”.
Ellie si fa avanti, ma lui vigorosamente accenna di no col capo. Lei sarebbe solo di intralcio e di nessuna utilità.
“Ehi, dico a te che si ricorda del fratellino solo per sfotterlo! Aiutami a sistemarlo per stasera. Poi domani Ellie ci dirà dove piazzarlo! Accidenti! Pesa come un macigno!”.
 “Come pensi di usarlo?” chiede premurosa Annie.
“Ci appendiamo qualche dolcetto e lo lasciamo all’aperto. Però adesso dobbiamo trovare la posizione giusta”.
La serata promette bene. Tutti aiutano a sistemare la pianta e ad appendere dolcetti e qualche moneta sui rami in un’atmosfera calma e rilassata.
La cena è un gran successo per Ellie, che riceve molti complimenti, e si svolge in un clima di grande cordialità e distensione. Lei che aveva molti timori adesso è rinfrancata e gongola non troppo vistosamente.
Verso mezzanotte sentono del trambusto fuori della porta e comprendono che qualche ragazzino ha raccolto le monetine e fatto incetta di dolcetti. Tutti sorridono e pensano a quando avevano la loro età. Sciamavano da un portone all’altro col solito “Dolcetti o scherzetti” sempre sulla bocca. E non sempre erano accolti in allegria.
“Bei tempi!” sussurra Annie.
“Non siamo poi così decrepiti! Volendo lo possiamo fare ancora” rimbecca Dashiell.
“Però è passato il nostro tempo! Ora sono loro che si divertono questa sera” ribatte Annie con malinconia, mentre si trasferiscono nel salotto a bere un bicchierino di cherry come suggello alla cena.
“Alla tavola ci pensiamo domani” dice Ellie accortamente “Ora concludiamo in allegria questa piacevole serata”.
Dashiell, seduto accanto a lei, le prenda una mano, mentre con l’altra sorseggia lo cherry.
“Che ne dici di leggerci qualche pagina del diario della trisavola?” le chiede all’improvviso.
Lei trasale visibilmente alla richiesta. Non se l’aspettava mostrando un accenno di irritazione alla domanda.
“Angie è la mia bisnonna..” lo corregge la ragazza.
“Non fa differenza. Trisavola o bisnonna è comunque una persona del passato. A me è sufficiente ascoltare quello che ha scritto” replica serafico e calmo.
Lei non demorde nel negarsi, mentre lui è come un martello pneumatico che continua a fare «Pum! Pum!».
“Hai detto che allora la società era libertina nella sostanza, ma puritana e impeccabile nelle apparenze. E le persone non erano disposte a coming out finché non scoppiava lo scandalo. Ora mi sembra che ci sia un clima diverso…”.
“In verità non ho detto questo. Angie non si nascondeva, né aveva nascosto che Dan dormiva con lei. Ho affermato che la gente allora riteneva sconveniente e non vedeva di buon occhio che si desse pubblico scandalo senza salvare le apparenze. Più o meno quello che sta avvenendo la società nella quale viviamo”.
“Uffa! ma quanto sei puntigliosa e pignola! Alla fine abbiamo espresso il medesimo concetto con parole differenti. Se a lei stava bene andare a letto con Dan, non ci trovo nulla di disdicevole .. Allora ci leggi qualcosa? Sono curioso di conoscerla meglio questa eroina ante litteram che viveva in una società bigotta e ipocrita”.
Ellie non ha nessuna intenzione di leggere delle pagine del diario di Angie e di avviare una nuova discussione su quello che ha scritto. Le sembra di mancare di rispetto alla bisnonna, di mettere in piazza i pensieri e le azioni.
“Il mondo non è cambiato da allora a oggi: c’erano molti stravizi come ora, ma le trasgressioni delle persone vengono sempre nascoste sotto il tappeto come se non siano mai esistite. Le persone sono disposte a tutto, pur di mettere a tacere gli scandali, almeno fino a quando non scoppiano tra le mani. Sono pronti a mistificare senza pietà sbandierando etica e valori morali e si scagliano contro quelli che non riescono a nascondere l propri vizi, veri o presunti. Se pensiamo alla sessualità di Rock Hudson, che fino alla morte è stato un idolo per le casalinghe americane, l’immagine dell’uomo da amare. Eppure era un gay sotto copertura, quando tutti sapevano bene di quale pasta era fatta l’uomo! Cosa è cambiato ora di quel finto bigottismo? Non mi pare molto, Anche se talvolta sembra di andare di moda l'eccesso opposto: dall'ipocrisia si è passati alla pioggia di confessioni, rivelazioni, auto gossip. Però la sostanza cambia poco”.
Dashiell sbuffa e insiste finché Ellie non cede e prende il diario di Angie.
“Solo poche righe” precisa la ragazza “Non credo che a Annie e Matt interessi molto la sua storia. Fatico a comprendere i motivi di tanta attenzione da parte tua..”.
“La gita a Holland Island ha stimolato la mia curiosità, quando hai affermato che quei ruderi erano stati di proprietà della tua famiglia. Poi quando…”.
“E va bene. Mi hai convinta. Poche pagine e poi chiudiamo l’argomento. Siete qui per divertirvi e non per annoiarvi con i pensieri della mia bisnonna”.
Dashiell, tenendole sempre la mano, annuisce come conferma, ma prima vuole aggiungere ancora qualcosa.
“Lascia giudicare a noi se la tua trisavola… perdonami, bisnonna… scrive cose noiose oppure no”.
Annie e Matt, seduti di fronte, sorridono al gustoso siparietto di Ellie e Dashiell.
“Sono sicura…” bisbiglia Annie “sono sicura che ha fatto breccia nel cuore di tuo fratello la mia amica. Serviva proprio questa vacanza per metterlo al tappeto”.
Il marito replica solo con la mimica del viso che esprime quanto sia d’accordo con le sue affermazioni.
E tutti aspettano che Ellie cominci a leggere.

Tra lazzi e scherzetti

Le schermaglie, che c’erano state durante la navigazione, sembrano sopite nella serata al ristorante Beach Bay’s, trascorsa in un clima disteso e allegro. Le chiacchiere indugiano sul passato tra ricordi di scuola e aneddoti di vita, mentre le battute nervose del pomeriggio sono dimenticate.
Le giornate volano mentre arriva la vigilia di Halloween in un clima grigio di pioggia. In casa però regna il sole e la distensione.
Ellie e Matt si mettono ai fornelli, mentre Annie e Dashiell osservano divertiti. C’è un’atmosfera dal sapore goliardico tra lazzi e scherzetti. Tutti sono rilassati discorrendo piacevolmente di argomenti frivoli, degni della vigilia.
“Invece di stare lì impalato come uno stoccafisso allungami quella zucca!” grida Ellie a Dashiell.
“Io sono l’ospite. Che padrona di casa sei, se lo costringi a lavorare per te?” replica tra il serio e il faceto l’uomo.
“Devi guadagnarti la cena!”.
“Esistono anche i ristoranti, dove stai seduto e vieni servito e riverito!”.
“Questa me la devo segnare! Ah! Ah! Crede di essere riverito, il signorino! Ah!”.
Matt interrompe la preparazione della torta Jack O’Lantern per ascoltare il battibecco tra i due litiganti.
“Stento a riconoscere mio fratello” sussurra in un orecchio a Annie.
“Pensavo di conoscerlo a fondo, ma in questa vacanza ha mostrato lati che mi erano sconosciuti. Introverso, musone, di poche parole e per contro …lo trovo litigioso, ciarliero, pronto alla battuta, … Una bella differenza …”.
“Evidentemente la bella e battagliera rossa ha colpito e affondato il nostro irriducibile single” replica sorridente “Tu sei sicuramente informato meglio di me sul fratellino. Se dici questo…chissà quanto ancora dobbiamo scoprire di lui nei prossimi giorni! Sinceramente ero un po’ perplessa quando gli hai proposto di unirsi a noi. In realtà dentro di me non volevo crederci che tu trasformassi una vacanza per noi due in una col terzo incomodo, ma ora mi devo ricredere positivamente. Senza la sua presenza sarebbe stata una vacanza moscia e noiosa. Invece è diventata divertente e allegra …”.
Ellie rossa in viso come la chioma si gira per osservare l’amica e il marito, intenti a parlarsi sottovoce. Ha percepito solo qualche frase smozzicata senza capirne il senso.
“Battiamo la fiacca! Di questo passo per mezzanotte non c’è pronto nulla!” borbotta con voce stridula la ragazza, visibilmente infastidita dalle loro parole.
“Beh! Non abbiamo fretta! E poi mancano ancora otto ore alla mezzanotte!” replica sorridente Matt nel tentativo di disinnescare la tensione che si sta creando.
“Non ti scaldare più di tanto! Ci stiamo divertendo tantissimo, Ellie! Non mi sono mai trovato a mio agio come in questi giorni! Poi, male che vada, una telefonata a Pizza Hulk e arrivano quattro enormi pizze Halloween!” aggiunge ironicamente Dashiell.
“Ma dove hai letto che vendono la pizza Halloween? Non sapevo che conoscessi così bene Princess Anne! Quando l’hai frequentata?” chiede stupita Annie.
“Ci siamo passati dinnanzi quattro volte. E fuori, sul marciapiede, era appeso un enorme cartello con tanto di numero di telefono che ho memorizzato. Sembrava una pizza spaventosa dalla foto! Degna della serata”.
Lei rimane a bocca aperta dallo stupore e non riesce a trovare le parole giuste per replicare.
“E’ vero che non osservo nulla quando sono in giro. Però il cognato non lo facevo così osservatore! Altro punto a suo vantaggio. E’ proprio certo che gli aspetti delle persone sono come la cipolla. La sfogli e non vedi mai il cuore” riflette Annie rimanendo in silenzio.
“Dovrai perdonarmi, fratello, ma non ricordo di aver osservato nessun cartello con la foto di una pizza spaventosa. Penso che l’avrei notato. E questo quando sarebbe avvenuto?”.
Dashiell lo guarda ironicamente prima di rispondere. E’ ben conscio che Matt sia uno scarso osservatore, perché, quando guida, ha sempre la necessità che qualcuno gli dia le indicazioni giuste altrimenti chissà dove finisce.
“La prima volta l’altro ieri, quando siamo andati a Wenona. La seconda volta ieri mentre passeggiavano per Main Street”.
“Wenona? Non ricordo di essere andato in quella località”.
“Guidavi tu mentre Ellie di dava le imbeccate giuste per arrivarci. Ti ricordi il porto dove è ormeggiato Rebecca?”.
Matt osserva il fratello sgranando gli occhi. Non rammenta che lo skipjack di Ellie si chiama Rebecca, né tanto meno che la località dell’ormeggio sia Wenona. Sono due nomi che non gli dicono niente come se non li avesse mai uditi.
“Matt, lo sappiamo tutti che quando guidi o cammini non osservi nulla perché sei concentrato nella guida. Non è una novità” lo rassicura Annie, stringendogli la mano.
“Matt!” lo canzona Dashiell “Non crucciarti. Non è colpa tua se non guardi dove stai andando e non memorizzi nomi e insegne. Non ti ricordi come da piccolo ti infuriavi quando si faceva quel gioco dove si dovevano indovinare le posizioni delle foto? Non ne azzeccavi una che una! E vincevo sempre io!”.
Il fratello non vuole dargli la soddisfazione, ammettendo che da piccolo non riusciva a vincerlo. Lo sa perfettamente che non memorizza nulla. Questo è una limitazione che ogni tanto affiora e qualche volta con effetti dirompenti.
“Nessun cruccio fa parte mia. Semplicemente non ricordavo il nome della località” ribatte calmo.
“Però ora diamoci da fare. Ellie ha ragione che di questo passo a mezzanotte possiamo andare a letto senza aver mangiato nulla”.
Tutti e quattro decidono di collaborare senza polemiche.
 
Martedì 6 dicembre si avvicinava sempre più, mentre pareva che non volesse smettere la nevicata che era copiosa da diversi giorni. Holland Island era letteralmente ricoperta da uno strato di neve di almeno di cinquanta centimetri che in alcuni punti per effetto del vento diventava una muraglia. Nonostante il lavoro incessante di cento spalatori, ingaggiati a Deal Island, era molto difficoltoso muoversi sia a piedi sia col calesse, perché le strade si erano trasformate in pericolose piste di ghiaccio. Enormi cumuli di neve grigiastra e sporca si ammassavano ai lati delle strade. Con l’aiuto di diversi volenterosi tra enormi difficoltà erano tenuti sgombri gli accessi alle abitazioni. I collegamenti con la terraferma erano a singhiozzo, tanto che i rifornimenti alimentari diventavano sempre più proibitivi. Ormai anche le scorte di legna e carbone erano ridotte al lumicino. Qualcuno faceva osservare se avesse continuato a nevicare tra un paio di giorni sarebbero rimasti sicuramente al freddo e avrebbero dovuti contingentare anche le vivande.
Angie osservava con molta apprensione questo continuo cadere di neve dall’unica finestra, che rimaneva aperta giorno e notte, chiusa solo dagli scuretti interni. Era seriamente preoccupata, perché reputava che recarsi all’approdo con un baule pieno di vestiti e due enormi borse non sarebbe stata una passeggiata.
“Mi domando se troverò un volenteroso che trasporterà il mio bagaglio fino al postale. Ma a cosa serve preoccuparsi di questo, quando mi domando se sarà in grado di svolgere il suo servizio? Pericolose lastre di ghiaccio attraversano Chesapeake Bay, così da rendere pericolosa la navigazione. Le strade sono praticamente impraticabili. Non credo che la situazione a Deal Island sia migliore di qui. Al ritardo ci mancava solo una nevicata coi fiocchi e controfiocchi. Riuscirò a raggiungere il mio Dan?”
Erano questi i pensieri o meglio le preoccupazioni di Angie che vedeva sempre più problematica la partenza. Meg erano diversi giorni che non si faceva vedere, ma era comprensibile l’assenza.
“Chi osa avventurarsi sulle strade di Holland Island senza una specifica e inderogabile urgenza? Però devo lasciarle delle incombenze per i quaranta giorni di assenza. Tenere riscaldata la casa, fare le pulizie settimanali, procurare la legna da ardere e il giorno del mio rientro provvedere al rifornimento delle provviste alimentari” rifletteva scrutando ora il cielo ora il giardino non più riconoscibile.
“Come faccio?” si domandava sconsolata, “Come posso lasciarle le istruzioni da seguire durante la mia assenza?”.
Un altro giorno stava passando lentamente senza che il tempo accennasse a migliorare. Si allontanò dalla finestra scendendo in cucina, pensando se era opportuno iniziare i preparativi dei bagagli.

La nevicata

La tensione è scemata, mentre le due coppie chiacchierano tra loro. Le scintille tra Ellie e Dashiell si sono spente senza però diventare fredde del tutto. Sotto la cenere qualche brace cova pronta a riprendere veemenza non appena un alito di vento la riaccende.
Lo skipjack scivola silenzioso sulla via del ritorno sotto la guida attenta e precisa del Capitano Krantz.
“E’ molto confortevole questa imbarcazione” esordisce Dashiell che pare interessato all’argomento.
“Dicevi che l’hai comprata un anno fa a prezzo di occasione…”.
“No, no! Molto prima! L’ho vista tre o quattro anni fa. Sembrava una balena spiaggiata, corrosa dal vento e dalla salsedine. Ho pensato subito di acquistarla ma ero frenata dal fatto che ero una perfetta sprovveduta in merito! Di imbarcazioni non ne capivo un accidente e mi sarebbe seccato gettare dei dollari dalla finestra. Per fortuna o per un curioso caso del destino il capitano Krantz era seduto a pochi metri di distanza da me, intento a fumare la pipa. Osservando il mio viso contrariato, ha capito il dilemma che mi stava dilaniando. «Signorina – mi ha detto avvicinandosi – lo acquisti senza remore! Farà l’affare della vita una volta che tornerà a veleggiare nel Chesapeake Bay. Lo vede malmesso, ma il fasciame è integro e sano. Il restauro non sarà molto costoso. E’ un’imbarcazione eccezionale. Gliela posso garantire!» e così col suo aiuto l’ho comperata e sistemata. Devo convenire che senza quell’imbeccata provvidenziale non avrei mai avuto il coraggio di farlo. Non sono pentita, anzi ho la certezza di essere felicissima dell’acquisto. Lui si è offerto di guidarla quando io avevo voglia di fare un giro. E così è stato. Mi domando come farò quando il Capitano non sarà più in grado di governarla…”.
“Non ti preoccupare! Ci penserò io!” replica Dashiell tutto serio.
Annie e Matt si guardano sorpresi: stentano a riconoscerlo. Ai loro occhi appare trasformato. Un’autentica metamorfosi.
“Non sapevo che tu fossi in grado di manovrare una barca” esclama il fratello sorpreso.
“Infatti, non lo sono. Però si può sempre imparare!” replica divertito.
La cognata lo osserva sbalordita: per lei è un’altra persona, una vera rivoluzione copernicana per come l’ha conosciuto fino a quel momento.
“E’ da quando hai deciso di prendere lezioni di vela?” chiede con garbata ironia Annie.
Dashiell guarda sorpreso il fratello poi la cognata prima di sorridere.
“E’ sempre stata una passione che ho coltivato in segreto. Ma oggi ho deciso che la prossima primavera voglio apprendere i segreti della navigazione a vela. Questa imbarcazione è una vera meraviglia. Così se Ellie …” e fa una pausa osservandone le reazioni.
Lei sta per rispondere, quando il Capitano avverte che stanno per entrare in porto.
Dashiell senza attendere la risposta si precipita in coperta per studiare le manovre.
Annie stringendo il braccio di Matt sorride all’amica, che è rimasta senza parole.
“Se questa non è una dichiarazione… poco ci manca!” afferma decisa.
“Dashiell è un buon partito. E poi quando prende una decisione, la persegue fino in fondo. Vero, Matt?” prosegue scrutando ora Ellie ora il marito.
Il Capitano con una manovra perfetta accosta alla banchina, mentre la voce di Dashiell risuona dal boccaporto.
“Ragazzi, la gita è finita!”.
“Complimenti per l’ottima manovra, timoniere!” rimbecca Matt.
La compagnia è allegra, mentre il sole radente le acque illumina debolmente la loro discesa a terra.
“Capitano, grazie ancora per la cortesia di averci accompagnato in questa escursione non prevista” gli dice Ellie col coro di ringraziamenti degli altri.
Sulla via del ritorno la ragazza propone di fermarsi a Dames Quarter, un minuscolo paesino di Deal Island oppure proseguire fino a Princess Anne.
“Veramente… preferisco tornare a casa” dice Dashiell, “e uscire più tardi”.
“Va bene. Visto che da Gino’s ci siamo già stati. Suggerisco Beach Bay’s, dove possiamo mangiare una zuppa di granchi e gamberi veramente deliziosa. Se siamo fortunati possono esserci anche ostriche della baia. Ormai sono diventate una rarità. Non ci sono più pescatori che escono a cercarle. Un vero peccato!” afferma decisa Ellie.
In meno di mezz’ora sono di ritorno, mentre le prime ombre calano sulla casa. Ognuno sale nella propria camera.
Ellie, dopo essersi sommariamente rinfrescata, legge qualche pagina del diario di Angie.
 
La mattina sembrava essere più silenziosa del solito, mentre pochissima luce filtrava dalle finestre chiuse. Non aveva un’idea dell’ora perché tutti gli orologi erano concentrati al piano terra. Il ticchettio delle pendole le era fastidioso.
Angie era al caldo sotto un bello strato di coperte, ma rimpiangeva l’assenza di Dan, che era in grado di scaldarla meglio. Sospirò e nicchiò a uscire dal dolce tepore del letto, ma doveva farsi forza se voleva riscaldare la stanza. Il fuoco notturno era morto da molto e senza l’intervento umano sarebbe rimasto spento.
Rabbrividendo infilò una pesante vestaglia da camera e cominciò ad armeggiare nella stufa dietro al letto. Al camino si avrebbe pensato più tardi.
Dopo qualche tentativo infruttuoso la legna iniziò a crepitare con lentezza.
“Ci vorrà tempo prima che la stanza si riscaldi un poco. Nel mentre scendo in cucina per prepararmi qualcosa di caldo. La casa è gelida e i vetri sono incrostati di ghiaccio. Brrr..”.
Sul vassoio si notava una cuccuma di caffè nero e un bricco di latte fumante accompagnato da un pezzo di torta e qualche galletta abbrustolita. Questa sarebbe stata la sua colazione. Depose il tutto sul letto e accese il fuoco nel camino. Sentiva brividi di gelo in tutto il corpo. La lunga permanenza fuori dal letto si faceva sentire con insistenza, convincendola a tornare rapidamente sotto le coperte.
“Fa veramente freddo. La casa è gelida. Anche se alimento il fuoco prima di coricarmi, la notte è troppo lunga per conservare un minimo di calore alla mattina. Quest’anno l’inverno sembra aver anticipato la sua discesa” disse tremando. Ne aveva immagazzinato un bel po’ in cucina.
Aperti gli scuretti interni, si sforzò inutilmente di schiudere i vetri. Il ghiaccio li aveva cementati sugli infissi e questo l’aveva preoccupata non poco.
“Fuori l’aria è talmente gelida che non riesco neppure aprire le finestre. Ieri sera nevicava copiosamente, ma ora?” e si rifugiò sotto le lenzuola.
L’aria della stanza cominciava a intiepidire, mentre concludeva la colazione.
“Speriamo di riuscire più tardi a vedere fuori!” rifletteva mentre sorseggiava una tazza di caffè leggermente schiarito col latte.
“Dal silenzio che si percepisce devo dedurre che c’è stata una bella bufera stanotte. Pazienza. Spero solo che fra due settimane il postale riesca a raggiungere Holland Island”.
I vetri erano appannati dalla condensa dell’aria umida interna a contatto col gelo esterno. Le pareva di percepire il sibilo del vento che si incuneava tra le fessure delle imposte, mentre il silenzio era rotto solo dal crepitare del fuoco.
Il calore della stanza aveva consentito l’apertura del vetro dopo i tentativi infruttuosi di prima, ma aveva faticato moltissimo a spalancare l’imposta.
Il vento fece precipitare all’interno un nugolo di fiocchi di neve che si dissolsero in acqua. Ellie come una bambina appoggiò il naso alla finestra per osservare stupita lo spettacolo esterno.
Ogni cosa era ricoperta da un fitto strato di bianco che per effetto del vento tendeva ad accumularsi in determinati punti. Faticava a scorgere l’acqua della baia che era solcata da leggere lastre di ghiaccio. Solo qualche uccello infreddolito si aggirava alla ricerca di qualche briciola lasciando le impronte delle zampe sul manto di neve compatta.
“Oggi dovrò starmene chiusa qua dentro! Non ho nessuna intenzione di togliere la neve dal vialetto di accesso. Per diversi giorni ho delle provviste di cibo. Di sicuro non morirò di fame”.
Dal cielo color latte continuavano a scendere fiocchi che ben presto si accumularono sul davanzale arrivando al bordo del vetro.
Tornata a letto riprese la lettera di Dan e cominciò a riflettere.
“Ho fatto bene a scrivergli? O dovevo aspettare che si facesse vivo lui? Forse ho sbagliato, mettendolo in difficoltà e costringendolo a invitarmi. Però non riuscivo a resistere all’idea di raggiungerlo e stare accanto a lui. Ormai quel che è fatto, è fatto. Ho scritto e mi ha risposto. Il pensiero di trascorrere un mese intero con Dan mi rende impaziente ma devo controllarmi maggiormente. Non devo mostrare troppa fretta, devo governare con più freddezza le mie azioni, ma al cuore non si comanda! E’ via da pochi giorni ma percepisco un gran vuoto nella mia esistenza e vorrei colmarlo al più presto. Dan, conto i minuti che ci separano. Aspettami!”.
Per due giorni e due notti cadde incessante la neve, mentre lo strato nevoso assumeva proporzioni preoccupanti. Un gelido vento spazzava la baia che era percorsa da lastre di ghiaccio sempre più numerose.
Angie se ne stava rinchiusa in casa, osservando dalla finestra della camera da letto, rimasta sempre aperta, lo spettacolo della nevicata.
Doveva decidersi a uscire, ormai le scorte si erano ridotte pericolosamente. Mentre rifletteva sul da farsi le parve di udire delle voci in lontananza. «Miss Fairbanks! Miss Fairbanks!» gridavano alcuni uomini armati di pale e picconi, agitando le mani.
Lei aprì la finestra per ringraziarli, perché l’avrebbero liberata dalla morsa della neve.
Erano passati tre giorni e il sei dicembre le pareva lontano una vita.

La delusione

Angie aspettava con ansia l’arrivo del martedì per poter partire, quando arrivò una lettera di Dan che la gettò nello sconforto.
 
Deal Island, 18 novembre 1910
 
Angie, carissima!
Leggo la tua ansia che traspare dalle parole della tua lettera. Ed è anche la mia! La partenza può esserti sembrata frettolosa, ma impegni urgenti e inderogabili mi hanno costretto a lasciarti sola, anche se avrei voluto rimanere ancora.
Purtroppo questi non sono stati ancora sciolti e mi angustiano ancora, assorbendo ogni mia energia. Sono oberato da doveri e responsabilità che non mi concedono tregua. Mi sento prosciugato nel fisico e nella mente, ma devo resistere e portare a termine positivamente questi affari ancora sospesi prima di permettermi un momento di riposo. Di questo avremo modo di parlarne. Ora non posso dire nulla di più.
Ti chiedo perdono perché al momento della partenza ho acceso dentro di te il fuoco dell’impazienza chiedendoti quando saresti venuta a trovarmi. A malincuore ti prego di rimandare la partenza di almeno dieci giorni, senza per questo che sia pentito di quelle parole pronunciate salendo sul postale. Quello era il mio pensiero e lo è tuttora.
Avrei voluto trascorrere con te Thanksgiving day col tacchino, patate dolci e torta di zucca e festeggiare il Black Friday andando a fare shopping a Princess Anne. Però tutto ha congiurato contro di me e i miei buoni propositi.
Se tu sei d’accordo vorrei celebrare le festività natalizie nella nostra casa di Deal Island. Un mese tutto dedicato a noi!
Dunque ti aspetto lunedì 5 o al massimo il giorno dopo, anche se i miei impegni non fossero cessati!
Non vedo l’ora di poterti tenere tra le mie braccia e sciogliere quel ghiaccio che ti sta ricoprendo.
Sarò sul molo ad attendere l’arrivo del postale.
Tuo devotissimo
Dan
 
La rilesse più volte, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. Ancora due settimane di supplizio l’attendevano.
“E’ vero che poi ci sarà stata una lunghissima vacanza che finirà nel 1911. Ma il desiderio di stare accanto a Dan è talmente forte che rinviare di dieci giorni la partenza è come una pugnalata alla schiena. Dunque dovrò portare con me molti indumenti per coprire un mese. Cosa mi conviene fare? Preparare un baule oppure riempire molte borse? Ma ora rispondiamo con la conferma del giorno della partenza”.
 
Holland Island, 20 novembre 1910
 
Mio carissimo Dan!
 
Leggo con dispiacere che sei sommerso da impegni gravosi che impediscono il nostro incontro.
Anche se già pregustavo di essere nella nostra casa di Deal Island tra qualche giorno, dovrò pazientare fino a martedì 6 prima che possa essere stretta a te e riscaldarmi con il tuo affetto.
Pazienza! Poi un lungo periodo ci vedrà uniti. Sarà la prima volta che le feste natalizie non le trascorro nella nostra casa di Holland Island da quando sono nata. Però sarà una gioia immensa festeggiare con te in qualunque posto del mondo.
Dunque martedì 6 sarò sul postale con un bel po’ di bagaglio e spero che la traversata sia tranquilla.
Non vedo l’ora che le giornate passino e che domani arrivi il giorno della partenza.
Un grandissimo abbraccio
Tua
Angie
 
Asciugò l’inchiostro con calma, indossò una mantella blu pesante e un copricapo di lana per proteggerla dal freddo, prima di avviarsi all’ufficio postale. Non c’era nessuna urgenza questa volta. Aveva davanti a sé ancora molti giorni prima della partenza.
Un cielo grigio coperto da spesse nuvole che promettevano neve faceva da sfondo mentre si recava a spedire la risposta.
Alzò gli occhi come per sfidarlo, mentre una folata di vento gelido si insinuò sul collo, facendola rabbrividire.
“E se nevicasse come lo scorso anno, riuscirò a prendere il postale?” si interrogava dubbiosa mentre si arrotolava nel mantello per impedire che il gelo penetrasse dentro di lei.
Camminò in fretta, salutando con un breve cenno del capo i rari passanti che avevano osato sfidare il freddo.
Uscendo dal Post Office, osservò che il cielo era schiarito diventando bianco mentre minuscoli fiocchi scendevano verso terra.
“Brrr! Se non fosse stato per la lettera a Dan, oggi era la classica giornata da rimanere rintanati in casa accanto al camino. Ora è meglio che mi sbrighi a rientrare prima che la strada si ricopra di neve”.
Alzò il bavero della mantella per coprire parte del viso, lasciando scoperti solo gli occhi. Camminò più svelta che le era possibile, mentre faceva attenzione a non scivolare sul velo di ghiaccio che si stava formando.
“Miss Fairbanks! Si fermi!”.
Era la voce del reverendo White che risuonava stridula nel silenzio, mentre la nevicata infittiva. Finse di non udire quel suono indisponente, perché non aveva la minima intenzione di fermarsi e ascoltare quello che le voleva dire.
“Sa dove abito! Se vuole viene a bussare al mio portone! Ora voglio riparare a casa e scaldarmi col fuoco del camino” rifletté accelerando ulteriormente il passo.
Il richiamo si perdeva tra i sibili del vento come un eco lontano, finché Angie non aprì il portone, chiudendolo rapidamente.
Il mantello era diventato bianco ricoperto da un lieve strato neve, che depositò nell’androne.
“Domani ci penserà Meg a raccogliere l’acqua e a pulire. Ora corriamo nella sala per riattivare il fuoco”.
Deposto mantella e copricapo su una panca, si diresse dapprima verso la camera da letto per accendere la stufa e il camino.
“Stanotte si gelerà! E’ meglio tenere il fuoco allegro per riscaldare la stanza!” si disse mentre infilava una pesante vestaglia da camera.
Prese il libro che stava leggendo e si sistemò su una poltrona accanto a camino, da dove poteva osservare la finestra.
Il ghiaccio aveva orlato il vetro, mentre il vapore lo aveva reso opaco. Però si intravvedevano minuscoli fantasmi bianchi aleggiare oltre l’apertura.
La nevicata stava assumendo il carattere di una tormenta, che in breve aveva ricoperto ogni cosa di un candido manto. Mulinelli di cristalli di ghiaccio si alzavano sospinti dalle raffiche di vento andando ad addensarsi sui tronchi degli alberi, sulla staccionata che divideva il giardino dalla strada, su ogni ostacolo che incontrava nel suo cammino.
“Nevica presto quest’anno! E l’inverno sembra essere arrivato in anticipo. Forse è stato provvidenziale il ritardo nella partenza perché non so se fra tre giorni riuscivo a partire! E’ una magra consolazione la mia. Avrei preferito essere sul postale piuttosto che starmene rinchiusa fra queste quattro mura!”.
Si coprì con una coperta di pecora e aprì il libro.
“Ho letto qualche pagina, ma mi conviene ripartire dall’inizio. Trovo deprimente questo libro della Eliot, Middlemarch. Troppo lento e dal tono vagamente didattico. No, no! Questi inglesi sono veramente senza fantasia. Ma adesso che lo preso, facciamoci forza e leggiamolo”.
Aprì il libro dalla solida copertina in pelle con fregi d’oro dell’edizione inglese di Blackwood e cominciò a leggere, accorgendosi ben presto che la sua mente era altrove a Deal Island.
“E’ inutile. Non riuscirò a leggere nemmeno un rigo. Penso ad altro e poi questa Eliot è una palla!” e richiuse per l’ennesima volta il primo volume i quest’opera monumentale.
E tornò a guardare fuori.
Nel buio della sera vide solo fiocchi di neve che vorticosi si avvitavano nell’aria e sospirò.

La partenza

Angie si aggirava spaesata per la casa adesso che Dan era partito per Deal Island. L’aveva accompagnato al postale, che aspettava il suo carico umano e la sacca della corrispondenza. Era stato un commiato triste. Entrambi avrebbero voluto che non si fosse verificato, ma lui doveva rientrare. Affari urgenti richiedevano la sua presenza altrove.
Un lungo bacio e «Quando mi vieni a trovare? Scrivimi e io sarò al molo ad attenderti» era stato il suggello melanconico della partenza.
Lei aveva gli occhi lucidi e aveva farfugliato qualche parola incomprensibile. Si era compreso solo qualche monosillabo e spezzone di frase «Sì. Verrò presto!», «..sistemo ..» e nulla più. Poi si era allontanata volgendo le spalle al postale, perché non desiderava osservarne il distacco dal molo. Non le piaceva mostrarsi col viso rigato di lacrime.
“Sono stati quindici giorni… i più belli della mia vita! Devo farmi forza senza sprofondare nell’apatia. Quando lo andrò a trovare? Domani? La prossima settimana? Tra un mese? Mai? No, no… è inutile pensarci oggi! Devo lasciar decantare la sbornia e ragionare lucidamente. Dan è forse l’uomo che ho cercato in questi anni?”
Erano queste le domande che Angie seduta sulla poltrona di vimini accanto al fuoco acceso con le poesie di Whitman in mano si poneva. Interrogava se stessa alla ricerca della risposta giusta senza trovarla.
“Perché? Perché devo ragionare lucidamente senza dare ascolto a quello che il mio istinto mi suggerisce? Il mio cuore dice di partire presto, anzi che dovevo partire con lui! Ma forse è stato più prudente fare qualche piccola riflessione. La fretta può essere una cattiva consigliera”.
Lei teneva in mano il libro di Walt Whitman, la sua raccolta di poesie «Leaves of grass», che sfogliava ogni volta che si sentiva triste alla ricerca di un’ispirazione felice. In realtà aveva una discreta biblioteca, in parte accumulata dal padre, in parte incrementata da lei. Le piaceva molto il modo di scrivere di Mark Twain ironico e scanzonato, ma l’autore preferito era Henry James con i due romanzi «The portrait of Lady» e «The wings of the dove», dove si descrivono gli amori di due giovani donne alle prese con gli inganni e le delusioni amorose. Però l’autore che l’aveva sconvolta maggiormente era Nathaniel Hawthorne con «Scarlet letter», un libro ereditato dal padre. L’eroina del romanzo, tragica e umana allo stesso tempo, l’aveva impressionata, perché non riusciva a capacitarsi come fosse stata possibile una situazione simile.
Essere condannata al pubblico ludibrio con l’infamante lettera A cucita sul petto solamente perché ha avuto una relazione fuori dal matrimonio col marito lontano, chissà dove era, è qualcosa di sconvolgente e di immaginabile. Inoltre questo puritanesimo bigotto e ipocrita non mi è mai andato a fagiolo. Ricordo che era inconcepibile fino a qualche anno fa che una donna avesse potuto comprare questo libro. Era il romanzo dello scandalo! Fortunatamente mio padre l’aveva acquistato a Baltimora durante uno dei nostri viaggi. Però leggerlo mi mette i brividi. Divento nervosa… Però è incredibile come Hester abbia sopportato tutte le angherie e le vessazioni delle comari e poi del marito senza rivelare mai il nome dell’amante! Era veramente una donna innamorata e forte! Io al suo posto mi sarei ribellata! Avrei gridato ai quattro venti il nome del padre di mia figlia e avrei affrontato i pettegolezzi della gente. Però… però nel periodo nel quale è stato ambientato il romanzo un’adultera rischiava il patibolo! Una vera vigliaccata.
Erano queste le riflessioni, che faceva ogni volta che toccava quel libro, anche quando semplicemente lo sfiorava.
La sua mente adesso era assorbita dal pensiero di Dan, che era partito da pochi giorni.
“Cosa scrivo? Ora? O tra qualche giorno?” rifletteva ad alta voce, sfogliando stancamente il libro che teneva in mano senza soffermarsi sulle parole.
Si alzava e girava per la stanza sempre col pensiero fisso: il desiderio di stare nuovamente tra le sue braccia. Poi tornava a sedersi sulla poltrona di vimini, incapace di trovare una soluzione al tormento che divorava la mente.
“Basta!” urlò ad alta voce.
“Basta! Scrivo e parto per Deal Island! Mi manchi moltissimo!”
Si alzò decisa e andò nello studio fermamente determinata a scrivere la missiva.
 
Holland Island, 15 novembre 1910
 
Mio adorato Dan!
Sono passati pochi giorni, ma sento la tua mancanza! C’è un vuoto dentro di me e dentro questa casa, come se fosse sceso all’improvviso una grossa gelata notturna.
Ogni cosa compreso il mio corpo è ricoperto dal ghiaccio.
I giorni trascorsi insieme sono stati i più emozionanti della mia breve vita. Avevo ascoltato e letto parole su quello che viene chiamato amore, ma credo che tutto questo sia niente rispetto a quello che provo.
Nei quindici giorni non ho mai avvertito la necessità di dichiararlo apertamente: sono stati sufficienti gli atti, il modo di propormi. Con naturalezza e semplicità, ma ora che non ci sei lo devo gridare affinché tu lo possa sentire.
La prossima settimana, martedì 22, prenderò il postale e arriverò a Deal Island alle tredici! Così potrò essere stretta nuovamente tra le tue braccia.
Da questo momento conterò i minuti, come i grani del rosario.
Vorrei che oggi fosse già lunedì!
Un abbraccio fortissimo.
Tua
Angie
 
Lasciato asciugare l’inchiostro, si precipitò all’ufficio della corrispondenza affinché la lettera finisse nel sacco pronto per imbarcarsi sul postale in partenza da Holland Island.
Angie era riuscita a calmare la propria agitazione che stava crescendo a dismisura, mentre una nuova ansia stava facendo capolino: era quella legata all’attesa per la partenza.
Mentre stava facendo ritorno a casa, avvolta nel pesante mantello, incrociò il reverendo White che accennò a fermarla senza riuscirci.
Lei era talmente avvolta nei suoi pensieri che non vide il pastore, ignorando il tentativo di parlarle. Camminava come se fosse in trance, desiderosa solamente di rientrare nella casa.
Al reverendo bruciava ancora la brusca cacciata di qualche giorno prima e la mancanza di rispetto alla sua autorità, ma di un aspetto era intimamente contento: la partenza dell’uomo che aveva originato lo scandalo.
“Se ne è andato perché io e gli isolani gli abbiamo fatto comprendere che non era ben accetto! Mi auguro che non rimetta più piede a Holland Island! Il suo comportamento è stato altamente lesivo alla onorabilità di Miss Fairbanks e dei suoi concittadini”.
Il pastore ignorava che Dan sarebbe partito comunque, perché alcuni impegni lo richiedevano a Deal Island con notevole urgenza. Però nella sua boria vantava con se stesso di essere stato la causa del precipitoso allontanamento.
“Non importa, se non sono riuscito a parlare con Miss Fairbanks. Lo farò nei prossimi giorni. L’importante è che sia stato rimosso l’origine del loro scandaloso comportamento” e si avviò verso la chiesa.
Angie chiuse il portone alle spalle e si avviò di corsa nella sua stanza. Doveva pensare a cosa desiderava portare con sé. Da un armadio estrasse una pesante borsa di cuoio scuro che poteva contenere un paio di vestiti e qualche altro abito ancora. La gettò sulla poltrona in attesa di riempirla. Poi cominciò a ragionare cosa altro le serviva.
Si sedette sconsolata su una poltrona di raso rosso, perché non sapeva il numero di giorni che sarebbe stata ospite di Dan.
“L’ultimo viaggio che ho fatto è stato il 20 di settembre per la festa di Mabon. Però in quell’occasione dovevo prendere con me solo lo stretto necessario per trascorrere la notte e fare il viaggio di ritorno la mattina successiva. Ora la situazione è molta diversa. Conosco la data di partenza, ma non quella del ritorno! Da Dan rimarrò per pochi giorni oppure per una settimana o oltre? Già mi sono autoinvitata senza nemmeno conoscere se lui ha concluso tutti i suoi impegni oppure no. Fissare in modo arbitrario la durata della mia permanenza mi sembra una forzatura. Non credo che lui possa rispondere ai quesiti rispondendo alla mia missiva, perché manca il tempo per farlo. Dunque…”.
Comprese che era inutile pensare al bagaglio. Avrebbe atteso una improbabile risposta e poi avrebbe preso una decisione legata la momento.
Rinfrancata e con la mente leggermente più tranquilla si avviò verso la cucina per preparare qualcosa da mangiare, perché da domenica aveva piluccato qualcosa senza eseguire un pranzo o una cena degna del nome.
Però il tarlo continuava a lavorare.