Viaggio in Kukimistan

Cercando negli archivi mi sono imbattuto in questo singolare racconto di viaggio in una landa misteriosa. Non sono il mio forte ma ci provo lo stesso.

by pexels fahad-hussain

अउ अंखदऐ श झत डडईगठ

Sono un viaggiatore che ama le destinazioni insolite, quelle fuori dai grandi circuiti turistici. Così la scorsa estate ho puntato su un paese dal nome strano che mi ha affascinato.

La meta era Kukimistan, una regione esotica e misteriosa, dove si parla una strana lingua dal nome cacofonico Hindarumud. Poi su wikipedia ho scoperto che è uno dei tanti dialetti della lingua madre, Murdacitui, nota come Carobollo.

Dunque ero in vacanza, solitario e curioso, in questa landa semi desertica, popolata da un popolo bizzarro con le labbra blu e il naso a sventola. In effetti sono le orecchie, mentre il naso è a forma di patata schiacciata.

Non capivo una mazza di quello che dicevano ma quando loro ridevano, ridevo anch’io, alla fine ridevamo tutti. Chissà cosa pensavano di me ma se loro sapevano cosa pensavo di loro mi avrebbero bastonato. La regione era di uno squallore inimmaginabile. Dopo essermi annoiato a morte perché non c’era nulla da vedere, ho deciso che era arrivato il momento di di prendere un souvenir da mettere nella mia collezione dei viaggi impossibili.

Gira e rigira, e dopo una nuova giravolta, mi sono ritrovato per terra sporco di sabbia nera e rossa. Naturalmente tutti ridevano e siccome il riso è contagioso, ho cominciato a ridere anch’io.

«Ma che c’è da ridere?» Ero innervosito, mentre mi tenevo la pancia per il riso convulso.

«Glu, glu mum trun, strun vun ku».

Un kukimistano dal ciuffo tipo Macario e vestito come il signor Bonaventura mi si parò davanti. Non ricordate chi erano questi due personaggi, bé ve lo spiegherò nel prossimo post.

«Sembri un tacchino starnazzante!» Lo ho guardato indispettito, mentre mi alzavo colorato di rosso e di nero.

Poi mi sono ricordato che ero alla ricerca di un oggetto per la mia collezione di viaggi strampalati. Mi sono osservato intorno. Era rimasto solo quel kukimistano dal ciuffo alla Macario mentre gli altri se ne erano andati via. Forse non facevo più ridere.

Lo ho guardato in cagnesco. «Pare che non riesca a trovare un oggetto ricordo da comprare».

«Ququ Murumu» e ha portato la mano sul naso. Sembrava che volesse prendere per i fondelli con quel gesto.

«Hue! Bellimbusto. Il cucù marameo lo vai a fare ad Angela!» e gli ho fatto una boccaccia. Il kukimistano ha assunto un’espressione irata con la bocca ancora più viola e con il viso tutto grinzoso. «Qui la situazione precipita se non mi do una mossa». Mi sono allontanato per evitare guai grossi e ho ripreso la ricerca.

Ho visto un negozio con questa insegna ठआमअ इनचउलआ, che era parlante per chi conosce la lingua Hindarumud ma non era il caso mio. Comunque mi sono diretto verso quella bottega con il cipiglio da trionfatore. «È quello che fa per me!» Sono entrato deciso a comprare il famoso oggetto dei miei desideri che tuttavia ignoravo cosa era.

Sugli scaffali impolverati di rosso e di nero, racchiusi in cellophan trasparente ho visto un libro dal titolo accattivante अउ अंखदऐ श झत डडईगठ. Non potete immaginare la mia sorpresa nel trovarlo, anche se non avevo la più pallida idea di cosa trattasse. Tutto congiurava per farmelo comprare.

«Lo compro. È mio! È mio!» Ho urlato a squarciagola attirando gli sguardi severi degli altri clienti. Un ominide con un paio di occhialini neri e rossi mi ha guardato come se fossi appena scappato dal manicomio. Forse non aveva tutti i torti.

L’ho preso e lui me lo ha strattonato per strapparmelo ma io non ho mollato la presa.

«È mio!»

«Nu, Nu!» Però non cedeva di un millimetro nel tentativo di riprenderlo con la forza.

«Ma che cacchio dici? In che lingua parli? Impara l’italiano, troglodita!»

Inferocito come un gatto in amore replicò con «Mu, mu!»

Il balletto è andato avanti per tutto il pomeriggio, mentre una folla sghignazzante, mi parevano tante iene, si è assiepata sull’ingresso per assistere alla lotta per il possesso del libro. Urlava incitando il kukimistano a non cedere la preda. «Fu, fu! Du vudu stu minchiu!»

Alle otto di sera, il negoziante ha detto qualcosa che naturalmente non ho capito. «Duvu chudu nugu. Dumu cuntu». Per forza parlava in lingua e nessun traduttore simultaneo me lo traslitterava in italiano.

«E no, bello mio. Di qui non esco se non mi porto via questo libro e il dizionario in lingua Hindarumud per la sua traduzione in italiano». Come un esagitato rosso in viso e con grandi aloni di sudore sparsi a macchia di leopardo sulla camicia e pantaloni non mollavo il malloppo.

«Nu, nu».

«Sì, sì» ho replicato secco.

Insomma per farla breve sono riuscito a portarmi in hotel libro e dizionario.

Ma come è stato scritto? Sembrano sgorbi, zampe di gallina. Mi hanno imbrogliato. Domani torno e gliene dico quattro” mi sono detto, mentre entravo nella doccia che non ha mai funzionato durante le vacanze. Mi sono domandato cosa c’era di efficiente in questo paese del kaiser. Di sicuro nulla, nemmeno il mangiare.

Mi sono insaponato per bene, ho usato lo shampoo per i capelli. Il tutto in allegria, fingendo che l’acqua scorresse abbondante e calda. Già mi sentivo meglio. Non c’era nulla di più rigenerante di una doccia fantasma.

Finite le abluzioni, ho preso il mio tablet.

«Questo non mi molla mai!»

Fatta una foto alla copertina del libro, una vocina dal tono profondo e stentoreo mi ha informato che il libro tanto sudato è disponibile su IBS.IT come remainder a 1€ dal titolo ‘La tramadura dell’amore’ di Terun DJ Trepal e mi danno anche l’incipit iniziale.

Non è l’amore il separatore più forte tra un uomo e una donna, ma il sesso’.

Aperto il libro in lingua originale Hindarumud ho provato a leggere la prima riga.

E questi sgorbi descrivono questa bellissima frase profonda e intelligente?” ho riflettuto stupito, richiudendolo subito. Ho finto di collegarmi a Internet mettendo nel carrello il libro. “Non pensate che qui Internet arrivi. Tutta fantasia” mi sono risposto ridendo.

Del dizionario Hindarumud-Italiano non me faccio una pipa. Questa lingua è per paesi sotto sviluppati. Finiranno tra i cimeli dei viaggi del Nonsenso”.

Ero tranquillo e contento con un prezioso reperto di lingua Hindarumud in mio saldo possesso. Domani con un viaggio low cost lascerò queste lande dalla lingua gorgogliante da tacchino per tornare nella civilissima Italia, dove c’erano, sì, 5000 dialetti ma almeno a spanne e a gesti ci si poteva intendere. “È una lingua universale, migliore persino dell’esperanto”.

«Che viaggio, che lingua!» Gorgogliai addormentandomi.