Ora il cerchio si è chiuso e la storia è terminata.
Poi penserò a qualcosa di altro da postare su questo mio blog.
Per il momento godetevi (ma non ne sono sicuro) la lettura.
Arrivederci a presto
Ludmilla e un mazzo di fiori – terza e quarta parte
Parte terza
Ludmilla continua a pensare alle rose, al biglietto e come sistemarle in casa. Il sole rosseggia basso sull’orizzonte. E’ stata una giornata calda nonostante che da domani cominci ufficialmente l’autunno. Il suo è un pensiero fisso dove collocare il mazzo, perché non ha mai posseduto un vaso, degno di tal nome.
«Quando mai qualcuno si è scomodato per regalarmi dei fiori? Nemmeno un fiore di campo!» riflette, quando, come folgorata da un’idea improvvisa, si ferma e torna sui suoi passi verso il centro città.
Infila contromano una via laterale piuttosto stretta per raggiungere più in fretta via San Romano.
“Lì sicuramente troverò un negozio dove acquistare un vaso di cristallo” si dice, mentre pedala allegra.
Sta fischiettando un motivetto e ride, perché era da un’infinità che non canticchiava il motivo dei Jethro Tull ‘My God’.
«The bloody Church of England in chains of history requests your earthly presence at the vicarage for tea.»
In poco tempo arriva a destinazione e rammenta che fino a pochi anni prima era piena di negozi e ricca di vita, mentre adesso ha troppe vetrine malinconicamente vuote e opache per lo sporco.
“Non è più la via che ricordavo una volta” dice parlando a voce alta. “Ora si vendono solo cianfrusaglie nei negozi dei cinesi. I quelli storici hanno chiuso o per la crisi del commercio o perché sono morti i vecchi proprietari. Che tristezza”.
Muove la testa per scacciare questi pensieri, mentre, scesa dalla bicicletta, entra in uno dei pochi esercizi storici superstiti, dove si vendono articoli per la casa.
“Vorrei vedere dei vasi di cristallo” dice alla signora che l’accoglie con un sorriso.
“Di che forma o genere?” le domanda cortese.
“Non ho un’idea precisa, a dire il vero” ammette senza provare vergogna.
“E’ un regalo?”
“No, mi serve per la casa ma lo vorrei comunque importante”.
La donna si allontana, mentre Ludmilla si guarda in giro. Era da un paio di anni che non entrava in questo negozio. Lo trova cambiato, forse a causa della nuova proprietà oppure perché sono modificati i gusti della gente. I prodotti le sembrano meno raffinati e più dozzinali, molti oggetti si trovano anche a minor prezzo sugli scaffali degli ipermercati.
E’ immersa in queste considerazioni, quando la proprietaria ritorna con tre vasi di cristallo, che dispone sul banco senza dire una parola. Aspetta che la cliente parli, mentre sorride compiaciuta.
Ludmilla li osserva in silenzio senza chiedere nulla, né prezzo né marca.
“Prendo questo” le dice, indicandone uno che assomiglia a un mazzo di fiori ma forse nemmeno. La forma la colpisce immediatamente, scartando gli altri due, più normali come modelli.
“Ottima scelta. Secondo me è il più bello dei tre” dice la donna. “E’ in offerta promozionale per settembre. Un Cristal Sèvres da collezione. Un autentico gioiello. Solo 288 euro. Pensi: risparmia quasi cento euro!”
La ragazza deglutisce vistosamente senza aprire bocca. Ormai non poteva pentirsi della scelta e fare marcia indietro
«Mi piace la linea ma mi prosciuga le finanze» riflette, rammaricandosi di non aver chiesto in anticipo informazioni sui prezzi, prima di indicare quello che voleva comprare. «Oggi è un giorno speciale. Questo mazzo di fiori richiede un vaso speciale. Crepi l’avarizia!»
“Mi fa una confezione regalo?” le domanda mentre fa un po’ di conti sulle sue finanze non troppo floride, meditando che ha speso quasi tutti i risparmi del mese.
“Certamente!”
Pagato e infiocchettato per bene lo ripone con cura nel cestino anteriore prima di riprendere la strada di casa.
“Respira ancora!”
“No, è morta! Non vedi?”
“Eppure ha mosso gli occhi!”
“Vedi troppi telefilm coi medici del pronto soccorso!” replica uno del 118.
“Ti dico che ho visto muovere gli occhi. Ne sono certo. I pompieri non arrivano più?” riafferma con decisione l’altro.
“Non lo so” risponde alzando le spalle.
Nel mentre la piccola folla iniziale si ingrossa e il traffico rimane bloccato.
“Cosa è successo?” chiede una donna grassa con la bicicletta.
“C’è stato un incidente” dice un uomo dai capelli bianchi.
“Si è fatto male qualcuno?” domanda una ragazza che allunga il collo per meglio osservare la scena.
“Non lo so. C’è l’ambulanza e non sta caricando nessuno” replica un ragazzo col viso segnato dall’acne.
Le sirene dei vigili si smorzano, quando arrivano, facendosi largo tra la folla che occupa quasi tutta la strada.
Una vigilessa in carne cerca di far muovere l’ingorgo di macchine ferme. I primi clacson cominciano a strombettare. I pompieri sono bloccati nel traffico a trecento metri dal posto dell’incidente, finché un altro vigile non riesce ad aprire un pertugio per passare.
Dopo un’eternità il corpo viene estratto dalla Smart accartocciata contro il muro e caricato sull’ambulanza che a sirene spiegate corre verso l’ospedale che dista qualche chilometro.
La folla se ne va senza capire nulla della dinamica, perché ormai la curiosità è stata soddisfatta. Rimane la macchina ridotta a un ammasso di lamiere contorte, i segni sul marciapiede e i vigili che cercano di disciplinare il traffico. Scattano le foto, fanno i rilievi, si guardano intorno alla ricerca di qualche testimone, trovando solo il vuoto. Ormai è quasi buio e i lampioni si accendono prima con una luce rosata che diventa sempre più bianca. Il carro attrezzi staziona tranquillo, quasi sonnacchioso in attesa di risvegliarsi dal letargo e di imbarcare l’auto distrutta.
La giornata volge al termine.
Parte quarta
Ludmilla raggiunge l’abitazione col vaso ben infiocchettato e col mazzo di fiori, mentre la curiosità di conoscere l’ignoto ammiratore cresce in lei.
“E’ veramente bello questo vaso. Un po’ caruccio…” dice ad alta voce, arricciando il naso. “…Ma ne valeva la pena”.
Sistema con impegno e precisione contenitore e rose, mettendoli in bella evidenza. Si ferma ad ammirare l’acquisto e l’omaggio floreale e continua a pensare a chi possa aver scritto quel biglietto.
“Una grafia ordinata, precisa e asessuata” dice rileggendolo, mentre lo osserva con attenzione. “Le O sono tonde, le I hanno l’occhiolino. Le lettere sono raccordate tra loro senza stacchi. Chissà cosa significa tutto questo”.
Va in cucina per prepararsi qualcosa di veloce. Ha fretta di concentrarsi sul messaggio e sulla grafia. Sulla tavola sistema vaso e biglietto, che appoggia alla base di questo. Li osserva, mentre mangia mozzarella e insalata.
Sembra che abbia un chiodo fisso: capire il senso dell’omaggio e della bella frase, che legge in continuazione. Finisce in fretta la cena, perché vuol aprire il portatile e fare qualche ricerca in rete.
Su Google imposta ‘Esame della grafia’ e osserva i risultati: 153.000 voci trovate in 15 secondi.
“Troppe” esclama sconsolata, scorrendo l’elenco. Il primo è ‘Analisi online della scrittura‘. Accede al sito, legge le istruzioni per analizzare le corrispondenze scrittura-significato.
Inizia a seguire le indicazioni per giungere all’individuazione della tipologia di grafia. Confronta biglietto con esempi di scrittura, finché non arriva al termine del test.
Ludmilla legge con avidità il responso.
Caratteristica Principale : Quadratura.
La scrittura esaminata dimostra un certo equilibrio tra attività e ponderazione, tra lavoro e pausa. L’energia fluisce a dovere sotto il controllo della volontà.
Alcune componenti denotano un equilibrio tra la tendenza di aprirsi agli altri e all’ambiente e la necessaria prudenza e diffidenza.
Abbiamo poi rilevato che razionalità ed emotività sono ben bilanciate, conciliando armonicamente le componenti tecniche e quelle intuitive.
Questa scrittura inoltre denota un rapporto equilibrato tra costanza ed innovazione, tra il rispetto dei modelli ed il gusto di costruirne di nuovi. Difficilmente avrà grandi fedi o vocazioni ed altrettanto difficilmente avrà grande creatività o immaginazione.
Infine questa scrittura è equilibrata quanto a chiarezza, risultando ragionevolmente leggibile pur con qualche personalizzazione e manierismo. Ciò denota che un sano desiderio di essere compresi convive con un certo margine di indipendenza.
Arrivata in fondo, ricomincia la lettura.
“Cosa vogliono dire queste parole?” si domanda, arricciando una ciocca dei capelli nervosamente. Non ci capisce molto e rilegge il risultato con curiosità. Non comprende per nulla chi potrebbe essere il potenziale ammiratore.
“Ma sarà un ammiratore? Oppure…”.
Il dubbio la sfiora ma lo ricaccia indietro. Rifà una nuova lettura del responso con la speranza di avere un lampo, un’intuizione che squarci quel velo di nuvole che le oscurano la mente.
“Che vuol dire ‘QUADRATURA’?” si domanda dubbiosa. “Poi non dice nulla se è un uomo o una donna. Parla genericamente di equilibrio, di volontà ma nulla più. Sono al punto di partenza. L’ignoto ammiratore continua a rimanere tale”.
Scorre la pagine fino in fondo e seleziona una ricerca correlata. ‘Calligrafia e Personalità’.
“Chissà se scopro qualcosa” dice mentre quasi istantaneamente le viene proposta la pagina iniziale dei risultati.
“Nulla di nuovo. Tutti vogliono qualche soldo per qualcosa che non merita”.
Continua a gingillarsi col biglietto. Ormai è diventata un piccola ossessione.
“Devo scoprire l’autore del biglietto. E’ se fosse donna?”
Un dubbio inquietante le tarla il cervello. Ha sempre pensato al maschile ma mai al femminile.
“Se fosse donna, cosa significherebbe questa bellissima frase?”
Passa il tempo, lo schermo del TV al plasma mostra delle immagini che scorrono senza che Ludmilla le fissi nella mente. Il suo unico pensiero è conoscere chi ha scritto il biglietto e la grafia non le viene in soccorso.
“E’ inutile” si dice, scuotendo la testa con i capelli ricci e lunghi che si agitano in qua e in là.
Si avvia in bagno a prepararsi per la notte.
Dal quotidiano di Ferrara del giorno successivo
la Nuova Ferrara – 21 settembre 2013
Inspiegabile incidente ieri sera in centro storico. Muore una giovane donna
dal nostro inviato
Ieri sera circa alle 18 in Corso Giovecca una giovane donna ha perso la vita, andando a sbattere contro il muro di cinta del Parco Pareschi. Trasportata al Sant’Anna di Cona, vi è giunta senza vita. Il decesso con ogni probabilità è stato istantaneo a causa del botto contro il muro. La dinamica dell’incidente è alquanto misteriosa e dubbia, perché non ci sono tracce di frenate sull’asfalto, né il coinvolgimento con altri mezzi. Fortunatamente sul marciapiede non transitava nessuno, altrimenti ci sarebbe stata una strage. I vigili urbani, accorsi dopo qualche minuto sul luogo dell’incidente, non si pronunciano, perché è tutto inspiegabile e qualsiasi ipotesi potrebbe essere valida. E’ emerso successivamente che la Smart è intestata a un tunisino in regola col permesso di soggiorno. Interpellato, non sa dare una spiegazione perché a guidarla fosse una giovane dall’apparente età di trent’anni, della quale non si conosce l’identità per assenza di documenti di identificazione. Dunque un mistero nel mistero avvolge questo episodio inquietante. Questo rende ancor più complicata la ricostruzione di quello che è avvenuto prima e dopo l’incidente. L’ipotesi più accreditata è che la ragazza abbia avuto un malore, perdendo il controllo del mezzo. Le indagini proseguono.
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Il mazzo di fiori – prima e seconda parte
Riprendo un romanzo, nato per caso e pubblicato le prime due parti pubblicato su questo blog e le altre due parti su Caffè Letterario. E’ stata una specie di sfida con Ludmilla che aveva postato un grazioso post con al centro un mazzo di fiori e relativo biglietto, chiedendo chi poteva essere. Da gioca nasce gioco e così ho proseguito nella scrittura.
Per comodità, spero, le ripubblico qui oggi e domani in modo che il lettore non debba trafficare troppo coi link alle quattro parti.
Oggi saranno riporposte unite la prima e la seconda parte. Domani la terza e la quarta. Poi la pubblicazione assumerà una cadenza settimanale in una giornata non ancora decisa.
Buona lettura.
Prima parte
“Un mazzo di fiori?” esclama Ludmilla, quando dopo la corsa mattutina in bicicletta entra nell’ufficio.
Si avvicina curiosa e trepidante, perché ha visto anche il classico biglietto appuntato con la spillatrice al cellophan della confezione.
«Può un gesto bastare più di mille parole?»
Rimane interdetta e piacevolmente sorpresa. Fiori e parole per lei vanno a braccetto.
Ludmilla è una bella ragazza solare e allegra ma poco disponibile a dare troppa confidenza a chiunque. Nutre una certa diffidenza verso chi le da del tu al primo incontro, che le rifila pacche sulle spalle e le parla come se si conoscessero da quando si sono trovati una accanto all’altro nella nursery dell’ospedale.
“E no! Lasciami almeno il tempo di capire chi sei! Poi sono pronta a concederti tutta la fiducia che vuoi ma al buio no!” Era questa la classica riflessione che faceva quando incontrava per la prima volta una persona che si comportava così.
Tutte le mattine, inforcata la Bianchi Gran Turismo, fa i due chilometri che la dividono dall’ufficio. Immancabilmente sia col sole, sia con la nebbia. Con la pioggia e la neve ricorre al bus, che lei aspetta pazientemente alla fermata vicino a casa.
Alle sette la sveglia la tira giù dal letto e con gli occhi assonnati e semichiusi si dirige in cucina per mettere sul fuoco la moka per il primo caffè della giornata.
“Se avessi un compagno…” riflette appoggiando il capo sul bancone, pronta a schiacciare un nuovo pisolino nell’attesa di sentire il gorgogliare che profuma di caffè. “Se avessi un compagno, me lo porterebbe a letto. Invece…”. Un nuovo lungo sospiro accompagna l’aroma inconfondibile che risveglierebbe anche una morta di sonno come lei.
Dopo la solita trafila del bagno per i trucchi e del rovistare nell’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare scende nel box per recuperare la Bianchi dalla tipica livrea azzurra e farsi i due chilometri che la separano dall’ufficio.
Tutte le mattine di ogni mese, estate e inverno, è la consueta pedalata che la sveglia totalmente, sentendo il frusciare del vento sulla pelle del viso.
“Oggi è il 20 settembre ed è venerdì. La settimana si chiude qui e domani è il primo giorno d’autunno” dice Ludmilla che sta entrando nell’ufficio, scoprendo che un ignoto ammiratore le ha fatto un omaggio floreale. Rosse rosse e bianche con qualche rametto di verde a far da cornice.
Si volge verso Teresa, la compagna con la quale condivide quello spazio, per interrogarla sull’ipotetico spasimante, perché nel suo immaginario pensa immediatamente al più classico dei principi azzurri, che arriva sul destriero bianco. Istantaneamente scaccia questa fantasia improbabile, perché finora del mitico principe azzurro non ne ha scovato le tracce. In realtà finora non ha incontrato nessuno di suo gradimento.
“Chi ha portato il mazzo?” le chiede con un filo di voce appena tremolante.
“Non lo so” risponde candida. “Era già qui, quando sono arrivata”.
“Eppure non può esserci arrivato da solo” replica Ludmilla con tono più rinfrancato.
“Chiedi in portineria. Forse loro lo sanno. Di certo è passato di lì”.
Detto e fatto: fa un salto all’ingresso ma la curiosità rimane intatta. Nessuno sa nulla. Nessuno ha visto entrare un mazzo di fiore. Nessun fattorino ha consegnato fiori.
“Forse” azzarda uno degli addetti. “Forse era nascosto sotto un impermeabile…”.
“Ma non è presto?” domanda stupita.
“Qualcuno lo porta già” risponde pronto.
“Chi sono i freddolosi?” chiede con tono incalzante Ludmilla.
“Non lo so” replica infastidito, alzando le spalle.
Delusa ritorna sui suoi passi. Il mistero continua. Anzi diventa più fitto.
“Non è possibile che si sia materializzato da solo” ragiona, rileggendo quel cartoncino color crema, dove una mano ignota ha vergato «Può un gesto bastare più di mille parole?» con una penna stilografica e inchiostro color seppia, perfettamente intonato al biglietto.
“Chi può essere?” si domanda nuovamente rigirando tra le mani quel rettangolo di carta di Pineider, raffinato e importante.
Si siede e tenta di concentrarsi sul lavoro. Niente da fare, il pensiero è fisso come un chiodo nel muro. Osserva colleghi e colleghe, quando entrano per conferire con lei nella speranza di cogliere un segno, un impercettibile indizio della mano misteriosa che ha vergato quella frase, che continua a frullare nella testa.
Qualcuno entra, lanciando un’occhiata distratta al mazzo che sta in modo appariscente sulla scrivania. Altri non lo notano per nulla come se fosse trasparente. Alcuni sorridono e azzardano un commento sul tipo «Compi gli anni?».
Nemmeno le telefonate sono d’aiuto. Tutte impersonali, distaccate, nessuna battuta o commento. Nulla di nulla. L’ansia di sapere cresce senza che uno spiraglio la illumini.
La mattina scorre lenta come se il fiume impetuoso, che scandisce il tempo, sia diventato un rigagnolo appena accennato, dove l’acqua ristagna tra i sassi.
Finalmente scocca l’ora della pausa pranzo. Ludmilla di solito inforca la sua Bianchi e con pedalate eleganti e decise torna nell’appartamento da single dove abita. Oggi però non ne ha voglia, preferisce fermarsi nel bar sotto l’ufficio a farsi un tramezzino e un bicchiere di vino bianco. Vuole camminare, riflettere, smaltire la curiosità. E pensa, mentre oziosa percorre i portici del Duomo. Le vetrine non la catturano, le persone sono fantasmi, mentre cerca di dare un senso a quel biglietto.
“Chi conosce la mia morbosa passione per la lettura?” si domanda, rigirando per l’ennesima volta quel biglietto.
Nessuna risposta fa capolino. Nell’ambito lavorativo nessuno è a conoscenza questo suo smodato amore per i libri. Mai una volta ha portato con sé al lavoro un volume, nemmeno tenendolo nascosto nella capace borsa che porta a tracolla. Nessuno di sua conoscenza l’ha sorpresa a leggere né di nascosto né apertamente.
Alla ricerca del biglietto fruga di nuovo nelle tasche, dove l’ha riposto. Si siede su una panchina all’ombra di una maestosa quercia e lo esamina con attenzione.
“Questa grafia è maschile o femminile?”
Nota le lettere arrotondate senza svolazzi, ordinate e precise. Consonanti e vocali sono unite tra loro, esattamente allineate come se posassero su un ipotetico filo perfettamente diritto.
“Potrebbe essere un uomo come una donna. Nessun indizio dichiara il sesso dello scrivente”.
Continua a pensare al maschile, non disdegnando una mano femminile.
“Chi usa ancora la stilografica?” si domanda incredula. “Ma sì! Solo un uomo potrebbe farlo! Solo un uomo sui quarant’anni potrebbe avere il vezzo di utilizzarla come indice di originalità e distinzione”
Di nuovo ripone con cura nella tasca interna della borsa il prezioso cartoncino e riprende la via dell’ufficio.
Mentre cammina assorta e dubbiosa, un viso la osserva e sorride.
“Quante volte ti ho vista entrare da Feltrinelli e sederti nel salottino a leggere qualche pagina di un libro. Quante volte sei uscita dalla libreria con un romanzo sotto il braccio” riflette sorridente. “Un mazzo di fiori ti ha spiazzata”
Parte seconda
La segue con l’occhio vigile e lucido, poi con le gambe. La può lasciare correre avanti in tutta tranquillità, perché sa perfettamente dove sta andando. Ludmilla è un libro aperto, come quelli che compra in libreria.
Quando la vede scomparire nell’ingresso dell’azienda dove lavora, accelera il passo, perché deve tornare in ufficio.
La ragazza non si è accorta di nulla, assorta nei suoi pensieri, ma non le era possibile perché ignora l’identità di quella misteriosa persona. Passata la portineria, sale le scale e entra nell’ufficio ancora vuoto. Si siede e osserva il mazzo con cura come se una folgorante ispirazione la guidasse a capire da dove arriva. La carta è anonima, la confezione potrebbe essere di un fiorista qualsiasi.
“Di sicuro non viene da un posto remoto tramite un servizio tipo Interflora. Di negozi di fiori non ce ne sono molti in città. Sono rimasti in pochi. Ma quale sarà?” si domanda, riafferrando il biglietto che era scivolato fuori dalla tasca.
Torna a guardare le rose, che non paiono soffrire la mancanza di acqua. Le sembrano vive, pronte a sorriderle, forse in modo enigmatico.
“Stasera come le porto a casa?” riflette, ricordando che non ha vasi adeguati. Non ci pensa per nulla di lasciarli in ufficio ad appassire.
«Rimane il problema dove collocarli. Comprare un vaso non ci penso proprio. Ma come faccio?» riflette, mentre un brivido le corre lungo la schiena.
“Ciao”.
Ludmilla sobbalza per lo spavento.
“Ti ho fatto paura?” domanda Teresa visibilmente dispiaciuta.
“Ero soprappensiero” risponde sollevando gli occhi.
“Non sei andata a casa?”
“No, non ne avevo voglia. Sono rimasta in città a gironzolare un po’…”.
“E a fare lo Sherlock Holmes!” soggiunse la collega.
Ludmilla arrossisce e non replica.
“Trovato qualcosa?” le chiede Teresa.
“No”.
“Eppure in qualche modo sono arrivati fin qui. Di certo non in volo”.
“Sì ma non capisco il gesto”.
“Un tuo ammiratore segreto!”
“Tanto segreto che non so come ringraziarlo” conclude Ludmilla con una punta di inquietudine.
Le viene un dubbio perché a presidiare la portineria si alternano due gruppi. Quello del mattino stacca alle 14 e quello del pomeriggio stacca alle 22.
“Forse sono arrivati ieri sera” dice in un sussurro, abbandonandosi sullo schienale della poltrona.
“Cosa?” domanda Teresa che non ha ben compreso quello che la collega stava borbottando.
“I fiori”.
“Come sono arrivati?”
“Non lo so ma vado a sentire il secondo turno, quello pomeridiano” dice alzandosi di scatto per precipitarsi fuori.
Arrivata in portineria trova due guardiani differenti rispetto alla mattina.
“C’eravate voi ieri pomeriggio?”
“Certamente. Come tutti i giorni di questa settimana” risponde uno dei due.
“Per caso hanno consegnato dei fiori per Ludmilla Cherchi?” domanda speranzosa.
“Sì. Perché?”
“Ah!” esclama felice. “Chi li ha consegnati?”
“Non saprei dirlo con certezza. Era un ragazzo coi capelli lunghi”.
“Ma no! Hai visto dei film!” esclama il collega. “Era una ragazza talmente magra che avrebbe potuto essere scambiata per un ragazzo”.
“Ma non ha detto nulla?” richiede con la speranza di scoprire qualcosa.
“Solo questo ‘Devo consegnare questo mazzo di rose alla signorina Ludmilla Cherchi’ e io l’ho accompagnata nel suo ufficio, perché pensavo che fosse ancora dentro”.
“Accidenti. Ieri pomeriggio ero in permesso” borbotta delusa.
Ringrazia i due guardiani e ritorna a capo chino in ufficio.
“Allora Sherlock?” le domanda ironica Teresa.
“Ne so quanto prima. E’ venuta una ragazza ieri pomeriggio alle diciotto. Chi sia e da quale fiorista sia stata incaricata non lo sa nessuno” replica affranta e delusa.
“Ha scelto un orario curioso per una consegna” nota con un pizzico di ironia la collega.
“Sì. Insolito e ben scelto per rimanere anonimo. I guardiani, non avendomi visto uscire, hanno pensato che fossi in straordinario e l’hanno accompagnata fino al nostro ufficio, trovandolo vuoto”.
“Per forza! Ero uscita un quarto d’ora prima. Però non sono convinta della casualità della consegna”.
Ludmilla rimane in silenzio e riprende a lavorare, anche se distratta dal pensiero di scoprire l’anonimo ammiratore.
Mentre la ragazza è immersa in mille congetture, un’altra persona sorride beffardamente.
“Immagino che sia in preda di mille dubbi nel tentativo vano di scoprire chi le ha mandato quel mazzo di fiori”.
Una telefonata interrompe le sue riflessioni che riprendono al termine della lunga conversazione.
“Ti conosco troppo bene per fare passi falsi. So quali sono i tuoi orari, quando sei in ferie. Non c’è angolo della tua vita che mi sia ignoto. Ti ho studiata, analizzata. Voglio rendere la tua vita…”.
Un nuovo squillo mette fine a questi pensieri.
Ludmilla alle cinque esce come al solito con un grande mazzo di rose. Prende la Bianchi e posa nel cestino davanti i fiori. Pedala con calma per evitare che cadano per strada.
Una macchina si stacca dal marciapiede e la segue a distanza.
Si muove lenta nel traffico cittadino, quando all’improvviso si ferma di schianto contro il muro del giardino Pareschi.
“É morta!”
“No, respira ancora!”
“Ti dico che è morta!” ribadisce una donna. “Guarda quando sangue esce dalla testa e scivola di lato dalla bocca”.
Sirene e lampeggianti blu appaiono sulla scena. Si fermano e prestano soccorso.
“Servono i pompieri!” dice concitato uno del 118.
Ludmilla pedala tranquilla, ignorando che una macchina la seguiva e adesso è immobile sul marciapiede contro un muro.
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L'incontro – Capitolo 36
L'incontro – Capitolo 35
Anticipo di qualche giorno l’uscita del trentacinquesimo capitolo de L’incontro, che è ormai alle battute finali.
Perché? Riparto con un nuovo racconto, le qui prime quattro puntate sono già state pubblicate. Per facilitare la lettura e per comodità dei lettori pubblicherò in settimana in rapida sequenza i primi due, già usciti sul blog di Newwhitebear e gli altri due da Caffè Letterario.
Dunque buona lettura della nuova puntata della storia di Micaela e a presto col resto.
Il Borgo – Capitolo 75
Il 10 agosto si ritrovarono tutti davanti alla rocca a festeggiare la fine del cantiere. Solo qualche abitazione era priva di arredi. A queste avrebbero provveduto col tempo, visto che la gestione sarebbe stata a loro carico. Le altre erano state arredate con mobili e lampade, raccolte negli ultimi due anni.
La chiesa era quella che presentava più completa per arredi, vetrate e dipinti. Lorenzo e Matteo avevano realizzato il portone con pazienza e perizia, usando i disegni di Eva. Il legname era tutto di recupero ed era stato restaurato con abilità da Betta con l’aiuto di Alba. Chiunque lo osservasse, destava una magnifica impressione, come se fosse un autentico portale antico. Sulle finestre laterali erano state montate vetrate colorate, che narravano la storia dei SS. Giovanni e Paolo. Pure l’altare, in legno vecchio, era stato disegnato da Eva. L’arredamento interno era in gran parte il frutto dei pellegrinaggi di Giacomo nel ferrarese e nel modenese. Il ragazzo si presentava ai parroci, proponendo loro di sostituire le vecchie e consumate panche con delle nuove. Molti avevano accettato, qualcuno nicchiò ma alla fine il raccolto fu abbondante. Lucidate e rattoppate erano tornate a splendere. Più complicato era stato reperire gli arredi sacri ma alla fine qualcosa era stato trovato. Betta aveva poi ripreso qualche frammento dei vecchi affreschi e, dopo il restauro lungo e paziente, li aveva sistemati sulle pareti.
La ragazza aveva dimostrato una grande abilità nel restauro sia di mobili sia di tele, oltre che a essere un’oculata amministratrice della cassa della onlus. Anche Alba si era rivelata una valida allieva, dando più di una mano alla maestra. Ben presto la voce della bravura di restauratrice si era sparsa nelle località vicine e arrivarono molte richieste. «Non vi chiedo nulla» diceva ai committenti. «Fate una libera donazione al Borgo». Il lavoro non mancò con effetti benefici alla cassa.
Marco organizzò con l’aiuto di associazioni ambientaliste un’interessante mostra nei locali del Foro Boario a Modena con le fotografie su come procedevano i lavori. Il ricavato delle vendite finì anch’esso nel conto del Borgo.
Laura scrisse sulle loro attività sia sul web sia sulla carta molti articoli, che suscitarono interesse e curiosità e che stimolarono diverse persone a contribuire economicamente alla riuscita del progetto.
In conclusione furono tre anni di disinteressato fervore, durante i quali nessuno si tirò indietro. Un periodo costellato da tanti litigi e incomprensioni, da amori sbocciati e da gelosie profonde. Però adesso, per una sera, era tutto dimenticato, felici del positivo esito della loro iniziativa, sulla quale nessun osservatore esterno avrebbe scommesso un centesimo. Gli screzi erano un lontano ricordo.
La serata non sembrava che terminasse mai. Nessuno aveva sonno, nessuno era stanco. Tutti erano allegri.
Era all’incirca la mezzanotte, quando il Vecchio comparve tra loro.
“Grazie, ragazzi” disse loro, sedendosi accanto al fuoco.
Laura prese un nuovo ciocco e lo gettò tra le fiamme che tendevano a morire. Queste di colpo ripresero vigore.
“Benvenuto tra noi!” esclamò allegra la ragazza, mentre gli altri zittirono. “Il Borgo è tornato a nuova vita”.
“Vedo che è rinato. Tutto questo lo devo alla vostra abnegazione e tenacia”.
Teresa stava per rompere l’atmosfera magica che si stava instaurando con «Uffa! Ancora con questa lagna! Parla da sola rivolgendosi all’aria», quando fu zittita da Lorenzo con un bacio. Tentò di liberarsi dalla morsa del ragazzo ma alla fine si calmò e rimase in silenzio.
“C’è anche un’altra bella notizia…” continuò la ragazza.
“Quale?” domandò il Vecchio curioso.
“…Proprio in questi giorni il comune di Fiorenzuola…” riprese Laura. “… ci ha concesso la gestione del Borgo per quindici anni. Una novità stupenda!”
“Cosa significa?”
“Il Borgo rimarrà esattamente come si vede ora. Nessuno per tutto il tempo, che lo gestiremo, potrà trasformarlo”.
Il Vecchio sorrise e si strinse nelle spalle.
FINE
“Vedo Ersilia, Tonino e tutti gli altri che stanno facendo festa e mi chiamano a gran voce. Ora li raggiungo. Addio, ragazzi” disse salutandoli.
Si alzò e sparì dalla loro vista.
L'incontro – Capitolo 34
Il Borgo – Capitolo 74
Matteo riuscì a fissare un appuntamento per il sabato successivo alle 11. Tutti furono presenti all’incontro.
Il sindaco, quando vide i dieci ragazzi che occupavano l’intero studio, inarcò un sopracciglio per la sorpresa.
“Un bel gruppo” disse. “Vedo facce nuove”.
Si presentarono i nuovi e rimasero in attesa che cominciasse a parlare.
“Non ho molto tempo da dedicarvi. Al massimo mezz’ora” continuò freddo. Era infastidito dalla loro presenza.
“Potrebbero essere sufficienti anche solo cinque minuti” intervenne Laura con decisione.
“Benissimo. Cominciamo subito senza perdere ulteriore tempo. Il motivo della vostra visita?”
“Castiglioncello dovrebbe essere completamente restaurato entro settembre o ottobre del prossimo anno, al massimo, se riusciamo a trovare tutti i fondi necessari…” cominciò Giacomo.
“Avete intenzione di chiederci un’elargizione?” lo interruppe bruscamente il sindaco.
“Nessuna richiesta in tal senso” disse Betta seccata per l’interruzione. “Contiamo di farcela da soli, come negli anni passati. Speriamo di ottenere donazioni sufficienti per avviare e concludere i lavori”.
Il primo cittadino si rilassò e stava iniziando a chiedere di nuovo la motivazione, quando Lorenzo lo precedette.
“Per meglio gestire il progetto abbiamo costituito una onlus, Il Borgo, della quale sono il presidente…”.
“Ottima scelta” interruppe il sindaco.
“…Come tale, chiediamo l’affidamento in gestione del Borgo risanato per un certo numero di anni…”.
“Perché il comune dovrebbe acconsentire?” domandò stupito.
“Con il nostro impegno e con il denaro raccolto esclusivamente da privati abbiamo valorizzato un cespite che per il comune valeva in misura sensibilmente inferiore allo stato attuale. Come ricompensa del lavoro svolto…”.
“Veniamo al concreto. Per quanti anni?”
“…Diciamo almeno venticinque anni con la manutenzione a nostro carico. Quindi nessun gravame sulle casse comunali” concluse il ragazzo.
Il sindaco, mentre rifletteva, consultò l’orologio e notò che erano passati appena dieci minuti.
“Fatemi avere una proposta scritta da sottoporre al consiglio comunale”.
“Sarà fatto al più presto”.
“Altri argomenti da trattare?” domandò il primo cittadino.
“Nient’altro, salvo la curiosità di conoscere lo stato del progetto del ripristino del ponte sul Santerno” chiese Lorenzo.
“Ancora in alto mare. I soldi sono scarsi e l’opera non rientra nelle priorità comunali e regionali. Soddisfatto?”
“Sì” rispose, allungando la mano per indicare che per loro l’incontro era concluso.
Usciti dal palazzo comunale, si ritrovarono al bar sulla piazza Agnolo.
“Però potevamo ricordargli che aveva promesso un aiuto economico” disse Laura, scocciata per la non decisione del sindaco.
“Sarebbe stata una pessima trovata. Ci avrebbe chiuso la porta in faccia. Almeno uno spiraglio c’è” ammise sconsolato Giacomo.
“Condivido” aggiunse Mattia. “Avete visto come si è rilassato dopo che Betta gli ha detto che non eravamo in cerca di soldi”.
“Sì, però l’aveva promesso pubblicamente” continuò polemica Laura.
“Facciamo come sempre. Pubblici appelli in rete. Qualcuno di generoso lo troviamo” disse per chiudere l’argomento Marco.
Consumato un veloce pasto nel ristorante Al Cacciatore, ripartirono per tornare a casa.
L’inverno trascorse senza particolari novità, salvo qualche donazione che andò a incrementare la cassa. Il 2012 non si presentava sotto i migliori auspici. La crisi mordeva e pochi erano disponibili a mettere mano al portafoglio. I fondi non avrebbero garantito più di quaranta giorni di cantiere. Lorenzo fece avere al sindaco di Fiorenzuola la loro proposta e rimase in fiduciosa attesa del suo buon esito.
Erano i primi di aprile, quando arrivò la comunicazione che la domanda era stata accolta, limitando la gestione a quindici anni. Nel frattempo qualche altro spicciolo era affluito in cassa.
Rimasero un po’ delusi per il numero degli anni concessi ma accettarono lo stesso il documento che diventò ufficiale. La onlus ‘Il Borgo’ avrebbe gestito a partire dal 1 settembre 2012 Castiglioncello, avendo come onere la garanzia di manutenzione. Potevano sfruttare a fini turistici il luogo senza trasformazioni delle abitazioni o della rocca. Avevano il copyright sullo sfruttamento pubblicitario. Eventuale personale assunto era a carico della onlus. Il comune non avrebbe corrisposto un euro a sostegno dell’operazione.
Rimaneva comunque il problema di trovare le risorse necessarie per completare l’opera. Le elargizioni e donazioni erano insufficienti per garantire di pagare maestranze e materiali. Le idee fioccarono ma nessuna era risolutiva.
“Se ci lavoriamo anche noi” disse Betta durante una delle tante chat su skype. “Possiamo arrivare a ferragosto con le disponibilità attuali”.
“Ma certo che ci diamo da fare” rispose Laura. “Nessuno si tirerà indietro!”
Il 22 di maggio il cantiere riprese e si concluse felicemente il 7 agosto.
Il Borgo era rinato.
“Il giorno di San Lorenzo sarà una grande festa” proclamò sorridente e soddisfatta Laura.
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Il Borgo – Capitolo 73
Quando i quattro ragazzi raggiunsero il campo in riva al Santerno, Lorenzo e Teresa non c’erano. Erano partiti subito dopo la salita al Borgo di Betta e Giacomo. L’atmosfera era ancora elettrizzata per il duro scambio di parole tra le due ragazze. Nessuno voleva parlare e tacitamente chiusero le tende e se ne andarono.
Si dovevano smontare i due campi prima dell’inizio dei lavori sulla passerella pedonale e sulla teleferica. Non rimaneva molto tempo a disposizione. Il secondo week end di ottobre fu all’insegna della pioggia al punto che decisero di disertare l’appuntamento, rimandandolo al fine settimana successivo con la speranza in un miglioramento del tempo. Salire al Borgo con la pioggia o, subito dopo che aveva piovuto, era estremamente pericoloso, come aveva sperimentato Teresa. Fortunatamente la settimana successiva fu soleggiata e sufficientemente calda da asciugare prato e salita. Le previsioni meteo preannunciavano sole con al massimo qualche nuvola.
Laura, Matteo e Lorenzo arrivarono il venerdì mattina e verso sera furono raggiunti dal resto del gruppo. I primi arrivati cominciarono a smontare le tende da campeggio non utilizzate per stenderle al sole di ottobre per asciugarle. Non era il solito clima allegro e spensierato degli incontri precedenti. Si percepiva una forte tensione. Poche parole, qualche battuta ma niente di più. Laura e Teresa si ignoravano a vicenda. Lorenzo era combattuto tra le due ragazze e avrebbe voluto che facessero pace.
«Quella sciacquetta, se ci prova ancora, si pentirà di essersi aggregata al gruppo» rifletteva Laura, osservandola di nascosto. «Le strappo i capelli a uno a uno». Se per caso incrociavano gli sguardi, un lampo di rabbia partiva da entrambe prima che si spegnesse, girando il capo. In ugual maniera si notavano scintille, se per sbaglio si sfioravano. Laura era cupa, nervosa e pronta a scattare per un nonnulla. Era insomma elettrizzata oltre misura.
Non molto diverso era lo stato d’animo di Teresa che rimuginava scenari di lotta e di insulti. «Quella troietta crede di essere la padrona di tutto e di tutti. Deve decidere tutto lei e gli altri a capo chino accettare le sue scalmane» si diceva, mentre aiutava Lorenzo a raccogliere sedie e tavoli da sistemare ordinatamente sul prato.
Betta osservava preoccupata le due antagoniste e, nonostante non provasse grandi simpatie verso Laura, parteggiava apertamente nei suoi confronti. «Teresa è una scansafatiche. Ha lavorato poco in questi due anni. In compenso ha fatto gli occhi dolci con Mattia, che, parola di donna, non è stato insensibile. Non ho le prove ma credo fermamente che abbia tradito Laura più di una volta».
Nonostante la vistosa tensione si arrivò alla domenica pomeriggio senza apprezzabili scontri o litigi. I due campi erano stati sgomberati sia dalle tende da campeggio sia dalle attrezzature di servizio. Il prato appariva vuoto e largamente chiazzato di marrone la dove erano state collocate. Tutto il materiale era stato sistemato nel magazzino di Moraduccio in attesa del prossimo anno.
Si ritrovarono nella casa presa in affitto in paese per le ultime decisioni prima della chiusura di tutte le attività. Era un piccolo edificio di mattoni, un tempo rossi, con tre vani più un servizio e un sottotetto raggiungibile tramite una botola. Era il regno di Betta e della sua aiutante, Alba. Qui aveva restaurato mobili e infissi, tele e altri oggetti. Adesso appariva vuota e silenziosa. Non era allacciata alla rete elettrica ma sfruttava un piccolo generatore a pannelli solari per illuminare gli interni.
Si sistemarono nella stanza più grande, che in origine avrebbe dovuto essere la camera da letto. Seduti intorno al tavolo da campeggio che era stato collocato nel centro, si udiva il brusio delle loro chiacchiere. Un colpo di tosse fece calare il silenzio.
“Ormai il Borgo è stato recuperato…” cominciò Giacomo, subito interrotto.
“Veramente di lavoro ce ne è ancora” disse Lorenzo.
“Non lo nego” replicò il ragazzo. “Però tutti gli edifici hanno un tetto e ogni apertura è chiusa per proteggere gli interni”.
“Questo lo sappiamo” domandò Matteo. “Quale altra grana abbiamo?”
“Nessuna grana. Una semplice riflessione…”.
“Come la stai prendendo larga” esordì Eva, che non riusciva a comprendere dove volesse arrivare.
“Provo ad accorciare” affermò il ragazzo. “Quando il Borgo sarà completamente finito, noi non possiamo accampare nessuna pretesa. Detto in altre parole. Se il comune di Fiorenzuola volesse vendere le abitazioni o l’intero complesso, noi possiamo solo assistere…”.
“No!” interruppe Laura, che fino a quel momento era rimasta silenziosa. “Il Borgo è nostro!”
“Mi spiace deluderti ma non è così” replicò Lorenzo.
“Perché?” domandò incredula.
“Il comune ci ha concesso una licenza edilizia per il suo risanamento ma il reale proprietario rimane lui”.
“Allora cosa dobbiamo fare?” chiese con la voce incrinata dall’ira.
“Suggerisco di chiedere un appuntamento col sindaco” disse Giacomo.
“E poi?”
“Chiediamo come onlus di gestire a tempo il Borgo” rispose il ragazzo.
“Pensate che ce lo conceda?” intervenne Marco che aveva seguito con interesse l’intera conversazione.
“Credo di sì. Anzi ne sarei quasi certo” affermò Giacomo, come se fosse sicuro delle sue affermazioni.
“Ma il comune potrebbe ricavarci una bella sommetta dalla vendita” intervenne Lorenzo. “Ho sentito dire che una società di gestione di località turistiche era disposta qualche anno fa di pagare bene il Borgo e l’area adiacente. Voleva ricavarci un bel resort”.
“Sarebbe una vigliaccata!” esternò Alba.
“Potremmo chiederne la gestione per cinquant’anni, ad esempio, facendoci carico della manutenzione” suggerì Matteo.
“Esattamente il mio stesso pensiero” confermò Giacomo.
“Ma ci sono dei costi” affermò Betta. “Dobbiamo fare delle buoni valutazioni economiche prima di avanzare una qualsiasi proposta…”.
“Sembri il classico ragiuner!” la canzonò Mattia. “Non vorrei essere nei panni di Giacomo…”.
“Perché?”
“Dovrà mettersi col piattino in bocca all’angolo della strada per avere qualche soldo in tasca”.
Una fragorosa risata accolse l’ultima battuta, mentre Betta diventò rossa un po’ per rabbia, un po’ come vittima del dileggio del gruppo.
“Ma ha ragione Betta” intervenne Eva a sostegno. “Abbiamo delle serie difficoltà economiche per il prossimo anno. Non credo che il futuro sia più roseo”.
Laura era irrequieta, mentre Teresa pareva distaccata.
“Credo che, se facciamo un buon lavoro il prossimo anno, per un certo periodo non dovremmo avere grosse spese” spiegò Giacomo.
“No, no!” esternò Laura. “Il sindaco non può negarci l’assegnazione. Quando partiamo?”
“Calma, calma” esclamò Marco. “Prima dobbiamo essere sicuri di farcela. Poi chiediamo udienza al sindaco”.
“Uffa! Quante lungaggini! Si parte e si va” affermò battagliera la ragazza.
“Lorenzo” domandò Mattia, attirandone l’attenzione. “Quanto pensi che possa costare la manutenzione annua del Borgo?”
“Difficile da quantificare. Dipende”.
“Spara una cifra” lo incitò Matteo.
“Così a spanne direi circa 15.000€ per il ripristino da atti di vandalismo e per la normale manutenzione degli edifici”.
“Non mi pare una grossa cifra” disse Betta. “Qualche visita guidata, qualche donazione. Potremmo anche farcela”.
“Allora domani partiamo per Fiorenzuola?” intervenne Laura che mordeva il freno.
“Domani, no di certo” raffreddò gli entusiasmi Lorenzo. “Forse sabato prossimo se è disponibile”.
“Bene” disse Matteo. “Telefono e prendo appuntamento”.
Ancora qualche schermaglia dialettica impegnò il gruppo, prima di salutarsi con un arrivederci al sabato successivo.